Triangolo rosso

È morto a 95 anni nella sua Raffadali il compagno Di Benedetto, grande combattente per la libertà, protagonista della Resistenza, parlamentare comunista e a lungo sindaco della sua città siciliana

Quegli anni esaltanti di pericolo e di gioia con Salvatore Di Benedetto

 

di Gianfranco Maris

 

Quando arrivai a Milano, nei primi giorni di novembre del 1943, nella notte, non cercai neppure di vedere mia madre, andai diritto in corso di Porta Nuova, dove sapevo che avrei potuto incontrare Salvatore Di Benedetto e parlargli, in quella casa dove erano passati Elio Vittorini, Renato Guttuso, Mario Alicata, Pompeo Colaianni, Pietro Ingrao, Ernesto Treccani, Gillo Pontecorvo, Celeste Negarville, Giancarlo Pajetta e Giansiro Ferrata, nella casa che era sempre stata, apparentemente, la casa di abitazione di Angelo Impiduglia. Avevo conosciuto Salvatore Di Benedetto nel 1937, quando frequentavo la II liceo classico al Carducci e ritenevo che fosse soltanto il fratello, emigrato a Milano in cerca di lavoro, di un mio compagno di classe. Non lo era, lo capii in seguito, quando, annodata una salda amicizia, cominciò a prestarmi qualche libro, a sostegno o contestazione di qualche lunga nostra discussione. Vedevo, su questi libri, un timbretto, piccolo, tondo tondo, che, circolarmente, recava soltanto una scritta: “Ventotene”. Seppi allora che con quel timbretto erano contrassegnati dalla censura del campo di confini politico di Ventotene i libri ricevuti dai confinati e, tra loro, da Salvatore Di Benedetto e visionati prima di consentirne la lettura. La circostanza rinsaldò ulteriormente la nostra amicizia e diede ragioni più forti al nostro sentire comune. Seppi che Salvatore Di Benedetto, funzionario del Partito comunista, dopo essere stato condannato dal Tribunale Speciale per la sua attività politica in Sicilia, dopo essere stato mandato in Africa come soldato, dopo essere ritornato ed avere ultimato l’espiazione della pena nel confino di polizia di Ventotene, si era portato a Milano per continuare nella clandestinità la sua opera di organizzatore della lotta del partito contro il fascismo. Furono anni, quelli dal 1937 al 1943, estremamente ricchi di sentimenti, di sogni, di impegno, di attese e di speranze, anche se io, dal 1941 al 1943, ero stato al fronte, quindi lontano da Milano. Ma avevo saputo della grande manifestazione che Salvatore Di Benedetto aveva organizzato alla caduta del fascismo a Milano il 25 luglio del 1943, insieme a Pietro Ingrao; avevo saputo del suo arresto insieme a Vittoriani e Ferrata e, ciò che mi spingeva in quei primi giorni del ’43 ad andare direttamente da lui, senza neppure cercare di vedere mia madre, avevo saputo che egli oramai operava attivamente fra gli organizzatori della Resistenza in Lombardia, in contatto diretto con Luigi Longo. Lo cercai proprio perché, giunto a Milano, immediatamente, senza indugio alcuno, volevo trovare la strada per la lotta della Resistenza, volevo ritrovare i contatti con Vittorio Bardini, volevo trovare i contatti con le Brigate Garibaldi. Questa ricerca di Salvatore Di Benedetto torna nel mio cuore e nel mio ricordo, forte e dolorosa, perché il 30 aprile scorso Salvatore Di Benedetto, a 95 anni, è morto nella sua casa di Raffadali, in Sicilia, nella terra che sopra ogni altra ha amato e per la quale ha dato tutto l’amore e tutta la forza di lotta della sua vita. Durante la Resistenza ci siamo poi persi di vista, perché nel 1944 io fui arrestato dalla Gestapo e dopo una lunga detenzione nelle mani della Gestapo e dopo essere transitato per il campo di Fossoli, dopo la fucilazione di 67 miei compagni, nel luglio del 1944 fui mandato a Mauthausen; mentre Salvatore Di Benedetto, trasferitosi a Roma su incarico del Partito, operando nei castelli Romani, nel corso di un’azione di guerra a Tivoli, fu più che gravemente ferito, fu straziato. Nel dopoguerra, grande invalido, ha continuato ad essere, soprattutto, un grande combattente per la pace e per il partito, coprendo per anni e anni le funzioni di deputato prima e di senatore poi e per anni e anni l’incarico di sindaco del Comune di Raffadali. Anche in questi anni le nostre vite si incrociarono perché a lungo fummo entrambi impegnati nel Senato a Roma. I ricordi della nostra vita comune si affollano nel mio cuore e nella mia memoria e mi rendo conto di quanto io gli sia debitore per le radici dei pensieri e delle scelte che nella mia mente e nel mio animo si radicarono in quegli stupendi anni di pericolo e di gioia che vanno dal 1937 al 1941. Con Salvatore Di Benedetto scompare uno degli esponenti più rappresentativi di una grande Sicilia che ha lottato per la libertà, la giustizia sociale e la democrazia; uno degli esponenti più rappresentativi di un grande partito che ha saputo porre le basi di una grande lotta e guidarla nell’unità e anche nel dialogo. La figura di Salvatore Di Benedetto resta un esempio per le nuove generazioni. Per me una parte della mia vita e un indelebile ricordo.

Triangolo Rosso, maggio 2006

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