Triangolo rosso

Commemorazione a Cravasco, con i gonfaloni di Genova, di Comune, Provincia e Regione, autorità militari, bandiere dell’Anpi e delle Associazioni democratiche

Con Franco, il sopravvissuto, davanti a quel muro a secco dove caddero diciotto martiri

 

di Flavio Ghiringhelli

 

La prima volta che sono stato a Cravasco con Franco eravamo nel ‘47. Con Franco ci eravamo conosciuti nell’ambiente che entrambi frequentavamo alla Federazione del Pci, ma la nostra era anche amicizia di famiglia, mio padre e suo padre antifascisti, perseguitati, incarcerati, uniti nella Resistenza. Con Franco ci unì poi l’idea di organizzare in Liguria un grande Campeggio internazionale della gioventù e fu per questo che ci trovammo, gambe in spalla, a girare in lungo e in largo la riviera ligure, da levante a ponente, per trovare un grande pianoro, tra i pini marittimi, adatto allo scopo. E lo trovammo, bellissimo, tra Arenano e Cogoleto, con alle spalle i maestosi Appennini e davanti, in declivio, a pochi minuti, il mare! E fu così che, tra un’escursione e l’altra, un giorno, Franco, decise di portarmi a Cravasco, il paesino dell’entroterra dov’era stato fucilato, nel marzo del ‘45, con i suoi compagni di lotta, salvandosi, lui, miracolosamente! Da Pontedecimo ci incamminammo, a piedi, percorrendo quella stessa strada, attraverso Campomorone, Isoverde e, su su, per la montagna brulla, sino al piccolo cimitero del paese dove avvenne l’eccidio dei diciotto antifascisti (erano venti ma due riuscirono a fuggire dal camion durante il trasporto) prelevati dal carcere di Marassi, in rappresaglia all’uccisione, in battaglia, di otto militari tedeschi, da parte dei partigiani. Franco, per prima cosa mi fece vedere uno dei cipressi all’esterno del piccolo camposanto dove, dopo essere stato abbandonato sanguinante tra i corpi trucidati dei compagni, durante la notte, si era arrampicato nascondendosi tra i fittissimi rami frondosi. Non si capacitava di come aveva fatto ad introdursi tra quei fittissimi rametti caratteristici dei cipressi sperando di sparire alla vista dei fascisti! E fu così, in quella posizione che invece, ai primi chiarori del mattino dopo, una bambina, passando di lì, inorridita alla vista di tutti quei cadaveri, scappò urlando verso il paese, chiamando i contadini, dicendo di aver visto un uomo sull’albero! Accorsero i contadini e, in mezzo a quello scempio, affettuosamente lo aiutarono a scendere (quell’uomo era un ragazzo di 19 anni!) e, dopo le prime cure, rifocillato, lo istradarono verso il vicino passo appenninico dove, salvo, si poteva riunire nelle formazioni partigiane. Poi Franco, dopo la nostra avventura al campeggio di Cogoleto, durato alcuni anni, si trasferì con la famiglia a Roma ed io, per trovare lavoro come illustratore, dopo dieci anni trascorsi all’Unità di Genova come vignettista politico, nel ‘58 mi trasferii a Milano. Solo una volta, anni dopo, lo rividi a Roma un giorno e andammo ai colli romani a bere il vino bianco. Nel 2003 e 2004, con alcuni amici tornai a Cravasco riabbracciando, dopo tanti anni, Franco con commozione. Quest’anno, da Milano, con la mia sezione dell’Anpi vicentina. Sul vecchio muro a secco contro cui erano stati assassinati i martiri, un semplice monumento con incisi nomi e foto dei caduti. Alla commemorazione solenne partecipano i gonfaloni di Genova, di Comune, Provincia e Regione, autorità militari, bandiere e gonfaloni dell’Anpi e delle Associazioni democratiche. Dopo la messa, officiata nella vicina chiesa, sul posto, il sindaco di Cravasco ha aperto la cerimonia con un intervento rivolto soprattutto ai giovani presenti, dando poi la parola al presidente dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza, senatore Raimondo Ricci che ha narrato con estrema particolarità il martirio sofferto dai patrioti, con grande passione e commozione da uomo anche lui provato dagli stessi passati terribili di prigionia, torture e morte sfiorata, nella sofferta lotta contro gli orrori del nazifascismo, descrivendo la lunga via crucis dei diciotto, uniti nella lotta per la libertà, camminando verso la morte cantando, consci del loro sacrificio per un futuro migliore del mondo. Un monito, oggi, per i giovani. Un’orazione che, sottolineava Ricci più volte, sarebbe forse stata per lui l’ultima e, per questo così angosciata per i recenti insistenti tentativi di revisione delle fondamentali conquiste democratiche sociali ottenute con tali sacrifici di vite immolate per una pace ora nuovamente minacciata. Più avanti, salendo nel sentiero nel bosco, un cippo con incisa la bellissima poesia del grande poeta genovese Edoardo Firpo, anche lui vittima del regime fascista, incarcerato a Marassi e alla Casa dello studente, triste luogo di torture.

Triangolo Rosso, luglio 2005

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