Triangolo rosso

A proposito di un articolo di Dahrendorf sullo sterminio degli ebrei

Non convince la risposta che Ralf Dahrendorf, in “Oltre frontiera”, fornisce alla domanda della moglie Ellen, americana ed ebrea, che torna a chiedergli: “Ma che cosa sapevate? Che cosa di preciso, e quando?”.

Ma i tedeschi sotto Hitler sapevano o ignoravano?

 

di I. P.

 

Dahrendorf è un tedesco, nato nel 1929, che dunque, quando la Germania invase la Polonia, scatenando la seconda guerra mondiale, aveva dieci anni e quando terminò ne aveva sedici. La sua risposta è questa: “Che accadessero cose terribili, che tanta gente venisse uccisa nell’interesse dello stato, che la semplice appartenenza a una “razza” potesse significare la morte, molti lo sapevano in modo alquanto vago e impreciso. Ma era un sapere ignorando, o piuttosto un ignorare sapendo”. Più che una risposta sembra un gioco di parole. Hans Memmsen, uno dei maggiori studiosi tedeschi del Terzo Reich, nel suo ultimo libroLa soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio”, pubblicato da “Il Mulino”, sostiene che l’Olocausto ebbe inizio con l’aggressione dell’Urss e con gli stermini di ebrei che ne seguirono su vasta scala. “Le dimensioni del massacro - scrive - superano ogni possibile immaginazione. Le cifre, del resto, parlano da sole: a metà ottobre del 1941 l’“Einsatzgruppe A” riferì di avere effettuato 118.000 esecuzioni. L’Einsatzgruppe B 45.647, l’Einsatzgruppe C 80.000 e l’Einsatzgruppe D 54.496 (a tutto il 12 dicembre). Mezzo milione furono le persone che vennero complessivamente trucidate entro la primavera del 1942. A tutto questo occorre ancora aggiungere le esecuzioni dei prigionieri di guerra ebrei nonché l’atroce destino cui andarono incontro i profughi ebrei, falcidiati dalla fame e dalle epidemie e che trovarono la morte tra i fronti. L’Olocausto era già una realtà prima ancora di divenire formalmente parte del programma del regime, per cui il processo complessivo non può essere ridotto a un ordine del Führer o ad una “direttiva di Himmler autorizzata da Hitler”. E Dino Messina nel presentare il libro sul Corriere della Sera del 17 gennaio afferma che “non ci fu un demone cui tutti dovevano cieca obbedienza, ma tanti artefici dotati di volontà e di capacità di scelta, che rispondevano a un’unica ideologia e che riuscivano a costruire attraverso tentativi ed errori una macchina quasi perfetta dell’orrore”. A nostra volta potremmo aggiungere che i ghetti dove gli ebrei erano costretti a vivere in condizioni inumane erano sotto gli occhi di tutti e, in particolare, dei militari tedeschi, centinaia di migliaia, che presidiavano quelle città. Gabriele Nissim nel suo libro Il tribunale del bene (Mondadori editore, pagine 336, euro 18) ricorda che Kurt Gerstein, uno dei responsabili del servizio igiene delle SS, incaricato di acquisire i prodotti tossici destinati allo sterminio degli ebrei, cercò in tutti i modi di ostacolare questo processo di morte. Soprattutto tentò di far conoscere le notizie sul destino degli ebrei all’estero. Allo scopo si incontrò con il barone von Otter, segretario della legazione svedese in Germania, che inoltrò un rapporto molto dettagliato al proprio governo, che però lo chiuse in un cassetto per non mettere a rischio le relazioni, già difficili, con la Germania. Tramite un amico olandese fece avere queste notizie al governo inglese, che però non gli credette o, più probabilmente, fece finta di non crederci. Parlò, inoltre, con il vescovo protestante Otto Dibelius, che rimase sconvolto, ma gli fece sapere che era impotente. Infine riuscì ad avere un colloquio anche con monsignor Cesare Orsenigo, Legato pontificio a Berlino, che, dopo averlo ascoltato, lo mise alla porta. Esponenti della Comunità ebraica polacca riuscirono a raggiungere gli Stati Uniti per informare il governo americano, ottenendo, tanto per cambiare, lo stesso risultato. Poco e, anzi, per nulla convincenti sono anche le spiegazioni fornite dopo la pubblicazione della terribile fotografia ad alta definizione di un aereo inglese del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove si vede anche il fumo dei forni crematori e persino le colonne degli ebrei in attesa di essere gasati. Quella foto, che sarebbe finita fra 5 milioni di altre foto scattate dagli aerei britannici il 7 agosto del 1944, sarebbe stata scoperta solo ora, dopo la consegna di quei fotogrammi alla Keele University da parte dell’Aereal Reconnaissance Archive. È importante che quel documento sia reso noto, ma non prendiamoci in giro. Le notizie sullo sterminio degli ebrei circolavano, eccome. Le conosceva il Vaticano e le conoscevano i governi alleati. Ne erano al corrente anche i cittadini tedeschi, drogati fino all’inverosimile dalle dottrine naziste? È possibile che non tutti sapessero delle camere a gas e dei crematori. Ma che un ebreo, in quanto tale, appena nato o adulto, uomo o donna, fosse anche un genio come Einstein, poteva essere schiacciato impunemente come una mosca, beh, questo non era proprio possibile ignorarlo nella Germania di Hitler.

Da Triangolo Rosso, maggio 2004

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