Triangolo rosso

Sesto 1944 - È  stato l'anno delle grandi proteste contro il fascismo

Gli arresti, la detenzione, i trasferimenti, i caduti e i sopravvissuti. L’altissimo prezzo pagato dagli operai. Nemmeno le minacce e le imposizioni del plenipotenziario tedesco e la presenza di truppe di occupazione fanno recedere gli operai dalle loro proteste. Gli scioperi e le manifestazioni assumono connotati prettamente politici: basta con la guerra, basta con il regime poliziesco, basta con la fame. Ci sono rappresaglie e tanti arresti. Molti vengono deportati nei campi di concentramento in Germania da dove non faranno più ritorno. Ma neanche gli arresti piegano i lavoratori: il giorno della fine dei soprusi si avvicina.

 

di Gianfranco Maris

 

Il 1944 è l'anno nel quale i fascismi, che hanno scatenato la guerra per imporre con le armi ai popoli d'Europa il loro farneticante ordine nuovo, mostrano anche nel nostro Paese tutta la loro ferocia e la loro criminalità. La criminalità e la ferocia di una guerra totale, che prevede ed attua anche l'annientamento dei civili dei paesi occu­pati. Un annientamento che il nazismo ed il fascismo attuano anche nei confronti dello stesso popolo italiano. Quando apparve che tutto il nostro popolo rifiutava di sostenere i misfatti di un fascismo che si era messo la maschera di Repubblica sociale e la livrea del servo, anche i cittadini non direttamente impegnati nell' opposizione e nella lotta armata, divennero destinatari e vittime della criminale violenza del fascismo e del nazismo. Nel Nord impegnato in una dura lotta armata di liberazione, la dimensione criminale della repressione del dissenso non armato si aggiunge e va oltre allo stesso male assoluto che fu la deportazione ebraica di sterminio. Il 1944 conosce la discesa diretta, nella lotta di liberazione, dei lavoratori italiani. L'Europa occupata dai nazisti aveva già conosciuto la lotta non armata dei lavoratori dei paesi occupati, in Belgio, nei Paesi Bassi, in Francia, in Lussemburgo, in Danimarca, soprattutto nel 1941, come protesta per la deportazione dei loro concittadini ebrei, in virtù di leggi che rifiutavano e che esprimevano soltanto la sottocultura e l'orrore dei fascismi. La discesa nella lotta di resistenza non armata da parte dei lavoratori italiani nel 1944, fu, per gli storici, il più grande sciopero generale attuato in Europa, la più grande protesta di massa con la quale i nazisti ed i fascisti dovettero confrontarsi. Il mattino dello marzo 1944 e per otto giorni, i lavoratori di Milano e della nostra provincia scesero in sciopero generale. Incrociarono le braccia anche i lavoratori dei settori industriali più delicati e custoditi, come quello degli armamenti. . Il Corriere della Sera non uscì. Incrociarono le braccia gli operai e gli impiegati della Atm, della Breda, della Magnaghi, della Brown Boveri, dell'Alfa Romeo, della Marelli, della Cge, della Motomeccanica, della Falk, della Om, della Innocenti, del­la Olap, della Pirelli, della Osva, della Allocchio Bacchini, della Bianchi, della Geloso. Ecco dove è nato il mito dell'antifascismo come rivoluzione tolemaica, che il presidente del Senato denuncia come mito antimoderno negativo, da mandare in soffitta. È  nato in una scelta di lotta etica e coraggiosa nella quale le parole della rivendicazione parlavano di libertà per i prigionieri politici e di pace! Una scelta di lotta non armata alla quale i fascisti ed i tedeschi risposero con la decimazione dei lavoratori e il loro invio nei campi annientamento di Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Ravensbrück, per le donne. Nella primavera e nell' estate del 1944 il nord del Paese fu percosso e straziato da altre vittime ancora, che non sono cosa diversa ed estranea rispetto alla riflessione che in questo giorno di memoria le istituzioni ed i cittadini sono invitati a fare. Non sono forse vittime del nazismo e del fascismo anche le donne, i bambini, i vecchi, assassinati, fuori da qualsiasi ragione delle armi, quasi in ogni villaggio, da S. Anna di Stazzema a Marzabotto? Una scia di sangue senza soluzione di continuità! 15.000 vittime di stragi che si aggiungono ai 40.000 deportati sterminati. Ed a queste vittime se ne aggiungono altre migliaia: sono i fucilati e gli impiccati della Benedicta, di Fondo Toce, delle Ardeatine, del Passo del Turchino, di Fossoli, di piazzale Loreto, del Grappa e di Trento. E una stagione di crimini contro l'umanità che non consente di frazionare la memoria. Una stagione di terrorismo che impone una riflessione unitaria sulla natura di annientamento della guerra e sulle responsabilità dei fascismi che l'hanno scatenata. Della Germania, sicuramente, ma anche del fascismo italiano, che mandò anch'esso le sue aquile a predare lontano, che occupò altri paesi, che privò della libertà altri popoli, nel farneticante disegno di un ordine europeo nuovo, che aprì anch' esso i suoi campi in Slovenia, in Croazia, in Libia, in Italia. È questo il passato, tutto il passato che oggi la nostra memoria deve evocare, non solo per esprimere una definitiva condanna, ma soprattutto per capire come tutto ciò sia potuto accadere e per impedire che mai più possa accadere in futuro, né qui da noi, né in nessuna altra parte del mondo.

Da Triangolo Rosso, a cura dell'ANED di Milano, maggio 2004, per gentile concessione

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