Triangolo rosso
Le nostre storie
Febbraio ’43: L’incredibile vicenda nella capitale del Terzo Reich rievocata da un libro e poi da un film
“Ridateci figli e mariti” A Berlino, nella Rosenstrasse, le donne sconfiggono Hitler
(I. P.)
Rosenstrasse, il
bellissimo film della regista tedesca Margarethe Von Trotta, racconta un fatto
che ha dell'incredibile: la liberazione nella Berlino di Hitler di un migliaio
di ebrei, al culmine di una manifestazione di donne nel febbraio del 1943
attorno ad una caserma nel cuore della capitale, per l'appunto nella via
Rosenstrasse. La storia, assolutamente autentica, è narrata in un libro di
Nina Schroder, che si intitola Le donne che sconfissero Hitler (Pratiche
editrice, pagine 287, euro 17,56), dal quale la Von Trotta ha preso le mosse.
Ottengono così la liberazione dei loro congiunti ebrei
Gli ebrei, uomini e donne, erano stati arrestati su ordine di Goebbels, il potente ministro della propaganda, che intendeva offrire, con questa azione, un regalo all'amato Führer per il suo cinquantaquattresimo compleanno, che cadeva il 20 aprile del '43. Tutti gli ebrei erano stati prelevati dalla Gestapo nelle fabbriche dove erano costretti a lavorare come operai o manovali, indipendentemente dalla loro condizione sociale. Più di mille erano stati portati nel casermone della Rosenstrasse, un tempo sede amministrativa della Comunità ebraica. Tutti gli ebrei erano "mezzosangue", vale a dire congiunti con "ariani", figli o mariti delle donne che, venute a conoscenza degli arresti, si riversarono prima a piccoli gruppi, che poi, man mano, diventarono sempre più folti, nella strada per chiedere la liberazione dei loro cari: "Ridateci i nostri mariti", "Ridateci i nostri figli". Per tutte le ore della giornata e della notte, tenendosi per mano, le donne continuarono a ritmare, a viva voce, la loro richiesta, incuranti delle minacce, che, però, non andarono oltre l'invito ad andare via. Nel libro, che si basa sulla testimonianza di otto persone, vengono avanzate alcune ipotesi sul perché della decisione di Goebbels di liberare gli ebrei. Lo stesso Goebbels ne parla nel proprio Diario del 6 marzo del '43, una settimana dopo la retata: "Purtroppo hanno avuto luogo scene piuttosto spiacevoli davanti ad una casa di riposo ebraica: la popolazione si è radunata in gran numero e ha persino preso le difese degli ebrei. Ordino allo SD ("Sicherheitsdienst", Servizio di sicurezza) di non continuare ad evacuare gli ebrei in un momento così critico. Meglio aspettare ancora qualche settimana. Allora potremo portare a termine l'evacuazione con maggior scrupolo. Si deve intervenire ovunque per prevenire eventuali danni. Alcuni passi dei provvedimenti dello SD sono così politicamente dissennati da non poterli lasciare agire da soli per dieci minuti". Di quel "momento così critico" parla anche uno degli arrestati, il barone HansOskar Lowenstein de Witt: "C'è solo una spiegazione che ha una parvenza logica, i fatti di Rosenstrasse avvennero dopo Stalingrado. Centinaia di migliaia di tedeschi erano morti miseramente o erano caduti prigionieri dei russi. Ci furono terribili bombardamenti su Berlino, il morale della popolazione era sotto terra. Il freddo, la malnutrizione, la paura delle bombe [...] eravamo tutti allo stremo delle forze. Si considerino i dati seguenti: eravamo circa in duemila nella Rosenstrasse. Se ciascuno di noi avesse avuto anche solo cinque parenti cristiani, ariani, questi fanno diecimila ariani colpiti dall'uccisione della moglie, del marito, dello zio o del nipote. Perciò i responsabili devono aver pensato: aspettiamo la vittoria finale. Allora deporteremo anche quella gente". Tutti i particolari della storia rivestono carattere eccezionale. Per esempio come fecero a sapere quelle donne dove si trovavano rinchiusi i loro cari? Una di loro, la signora Ursula Braun, ha dichiarato: "A me lo disse mia madre, ma come fece a saperlo non ho idea. Era girata la voce. Insomma andai in Rosenstrasse e il trovai altre donne. Era davvero come fosse accaduto un miracolo".
Da Triangolo Rosso, n.
1 maggio 200