Triangolo rosso
Una ricerca che non è mai stata fatta: la giornata della memoria deve ricordare il loro eroico sacrificio
Colmare un vuoto Quanti furono i poliziotti oppositori del regime deportati dai nazisti?
di Giuseppe Vollono*
Il 27 gennaio è il “Giorno della memoria”, istituito con legge 211 del 20 luglio 2000 per ricordare la barbarie consumata nel corso dell’ultimo conflitto mondiale con deportazioni, persecuzioni e stermini perpetrati dalla criminale ideologia nazista. È la data della liberazione, nel 1945, del campo di sterminio di Auschwitz, la cittadina polacca di Oswiecim, luogo simbolo dei circa 900 campi di concentramento.
Il ricordo-simbolo è la tragedia della “shoah”, l’eliminazione, con il sistema delle camere a gas ed i forni crematori, degli Ebrei. Ma oltre alla shoah vanno ricordati quanti, oppositori del regime o etnie considerate “inferiori”, subirono deportazioni, prigionia e morte e coloro che si opposero, a rischio della propria vita, salvando o proteggendo i perseguitati. Sarebbe quindi riduttivo considerare il “giorno della memoria” solo come l’ennesima persecuzione subita dalla popolazione ebraica: è tutta la criminale politica nazista che va considerata allo scopo di scongiurare nel futuro una sua sciagurata e malaugurata riedizione. “Ricordare” è quindi un dovere oltre che morale, giuridico, per cui si rivela essenziale, per il raggiungimento dello scopo che la legge si prefigge, ricostruire, all’interno di ogni organismo, la storia delle tragedie subite e individuare quanti al progetto criminale si opposero in modo da formare e tramandare un patrimonio morale. Non credo che la Polizia abbia fatto qualcosa in merito. Anzi, credo abbia cancellato quel passato lasciando nell’oblio anche quegli episodi che la morale prima e la legge poi, impongono di ricordare. Sarebbe stato doveroso fare un censimento di quanti, in un clima particolarmente politicizzato, in una situazione di assoluta negazione della dignità umana e di privazione di ogni elementare forma di libertà, si opposero all’attuazione di una politica persecutoria, sia essa di matrice religiosa, politica o etnica, facendo prevalere la voce della coscienza e della morale, mettendo a rischio la propria esistenza. Un esempio emblematico, emerso solo in questi ultimi tempi, è il sacrificio del dottor Giovanni Palatucci. Questi, in servizio alla Questura di Fiume, si adoperò per salvare almeno 5000 ebrei dalla sicura e già predisposta deportazione finendo la sua nobile esistenza nel famigerato campo di sterminio di Dachau in Baviera. Con lui vanno individuati altri casi dei quali in Polizia non si è mai parlato e che possono rappresentare esempi di cui essere fieri.
Da Udine otto deportati: solo uno sopravvisse
Quando lo scorso anno si rievocò per la prima volta il “giorno della memoria” si
risvegliò in me il ricordo della mia prima sede di servizio, la Questura di Udine. Ebbene, nel 1959, a soli 15 anni di distanza dai fatti, già non si parlava più dei poliziotti deportati nel 1944.Venni a conoscere, solo perché addetto all’Ufficio di gabinetto, di due funzionari, che non tornarono più, per i quali trattai i relativi fascicoli per ragioni di assistenza familiare. Li ritenni casi isolati. In occasione della seconda rievocazione, quella di quest’anno, sono riuscito a conoscere i nomi di tutti i deportati, che furono ben 8, dei quali uno solo riuscì a sopravvivere. Con l’occasione ricordo anche l’azione altamente meritoria svolta dal dottor Guido Lospinoso, questore di Udine fra il 1949 e il 1954, che svolse azione analoga a quella del dottor Palatucci. Appresi le sue gesta da un giornale che illustrò l’attività svolta in favore degli ebrei francesi solo dopo il suo pensionamento e quando avevo lasciato da anni la Questura di Udine. Mi permetto a questo punto di sostituirmi all’Istituzione nel ricordare, sommariamente e sulla base di ricordi personali - che certamente vanno integrati - il dottor Guido Lospinoso, entrato in Polizia nel 1915. Nominato Ispettore generale, sul finire del 1942 fu inviato dal ministero dell’Interno a Nizza, capoluogo della parte della Francia occupata dalle truppe italiane, dove si erano rifugiati circa 40.000 ebrei dopo l’inizio delle deportazioni in massa. Il dottor Lospinoso, in attesa di risolvere il “caso” con le autorità tedesche, aveva il compito di organizzare campi di concentramento sulla costa. Esclusa questa possibilità, per esigenze connesse alla difesa costiera, i rifugiati furono raccolti nella Savoia, a ridosso del confine italiano, in alberghi appositamente requisiti. Quando nella primavera del 1943 il Governo diede ordine di passare alla fase della consegna degli ebrei rifugiati ai Tedeschi, l’alto funzionario di Polizia adottò un’ intelligente tattica dilatoria per differire l’ordine adducendo difficoltà di ogni genere per organizzarne il trasporto. Nel frattempo, con discrezione, agevolò l’allontanamento graduale degli ebrei verso il territorio italiano per cui, all’atto dell’armistizio, ben pochi erano quelli ancora rimasti e che si dispersero con la ritirata del nostro Esercito. Rientrato a Roma, il dottor Lospinoso fu costretto a nascondersi perché la Polizia politica tedesca voleva fargli pagare lo smacco subito. Collocato a riposo nel 1954, morì, eroe sconosciuto, senza riconoscimenti ufficiali, con la sola gratitudine delle Comunità ebraiche francesi, nel 1972.
Non era “polizia-fascista” ma soltanto “polizia”
Mi sono già fatto promotore, presso l’ANPS di Udine, perché attivino le necessarie procedure affinché, in occasione del “giorno della memoria” del prossimo anno, vengano adeguatamente ricordati, con una lapide, sia il questore Lospinoso che i deportati del 1944. Ma è l’Istituzione Polizia che deve dare un impulso al problema a livello nazionale nel ricercare e ricordare i propri martiri sconosciuti e i propri eroi. L’occasione potrebbe essere appunto il prossimo anno, in occasione del sessantesimo anniversario dell’inizio delle persecuzioni tedesche nella parte d’Italia occupata. La Polizia deve andare orgogliosa di loro e far sì che il loro esempio possa essere un punto di riferimento per le giovani generazioni ed affermare il principio che, al di là della legge e delle disposizioni, c’è un codice etico che la coscienza deve seguire. Le leggi razziali, vergogna della legislazione italiana nel 1938, non rispondevano alle esigenze morali e, specie nella successiva fase della deportazione per la conseguente eliminazione, andavano “civilmente” disattese. C’è chi lo fece in modo eclatante e chi in silenzio ma tutti animati dalla stessa fede nei principi dei diritti dell’uomo, quei diritti ora sacramentati nell’articolo 3 della Costituzione. Il ricordo non può essere generico come tante targhe e lapidi che ricordano globalmente i Caduti. I poliziotti deportati e quelli che misero a repentaglio la propria vita erano uomini con tanto di storia personale e professionale per cui vanno ricordati ed esaltati con i loro nomi e le loro qualifiche. Nel “Libro delle memorie ai caduti della Polizia”, edito nel 1989, dei Caduti in seguito a deportazione non v’è menzione alcuna. Essi non appartenevano alla “Polizia fascista” ma solo alla “Polizia” e nell’adempimento del loro dovere dimostrarono non di seguire un’ideologia ma la legge della civiltà e dell’etica. Va colmato il vuoto della “nostra memoria” prima che si perda definitivamente. Per quanti, a rischio della propria vita, salvarono quella degli altri, va proposto un riconoscimento non solo dell’Amministrazione ma della Patria. Intanto mi pare doveroso citare (nell’elenco qui sopra) i nostri colleghi della Questura di Udine che nel 1944 furono deportati nei campi di sterminio nazisti: ad essi, ed agli altri poliziotti ancora ignoti, ed a quanti si opposero e diedero protezione ai perseguitati, vada il ricordo commosso ed il rispetto della Polizia italiana.
*dirigente superiore di Polizia a riposo
Dalla questura di Udine ai campi di sterminio
Vice Commissario dr Filippo Accorniti, Tropea (CS) 1916-Mauthausen, morto presunto
Vice Brigadiere Bruno Bodini, Pontebba (UD) 1909-Buchenwald 14.3.1945
Impiegato di P.S. Giuseppe Cascio,Messina 1908-Mauthausen 12.2.1945
Commissario dr Antonino D’Angelo, Catania 1912-Mauthausen 12.4.1945
Agente Angelo Pisani, Brescia 1912-Mauthausen 2.1.1945
Vice Commissario dr Mario Savino, Pozzuoli (NA) 1914-Mauthausen 15.3.1945
Commissario dr Giuseppe Sgroi, Catania 1910-Mauthausen 16.4.1945
Maresciallo Spartaco Toschi, nato a Udine, unico sopravvissuto da Mauthausen
Da Triangolo Rosso, luglio 2002