Triangolo rosso

Rileggendo il bel libro di Enrico Deaglio

Fingendosi console spagnolo a Budapest ha salvato migliaia di ebrei - Il film sulla sua vita visto da 12 milioni di telespettatori - Oltre mezzo milione di ebrei ungheresi assassinati dai nazisti in pochi mesi

Perlasca: il civile coraggio di comportarsi come un Giusto

 

di Ibio Paolucci

 

Verrebbe voglia di spedirli a Maramarosziget tutti quelli che sostengono che l'Olocausto è un'invenzione dei giudei e dei comunisti. Maramarosziget è una cittadina al confine fra la Romania e l'Ungheria, che ebbe il "privilegio" nel marzo del 1944 di divenire parte della "Zona I di degiudeificazione" tedesca, affidata nelle mani di quel galantuomo di Adolf Eichmann. Arrivati i tedeschi in paese, per gli ebrei non ci fu più il diritto di possedere oggetti di valore. Se non si consegnavano si finiva ammazzati. Poi, uno dietro l'altro, piovvero sul capo degli ebrei le proibizioni: vietati i ristoranti, i caffé, i viaggi in treno, l'uscita in strada dopo le sei del pomeriggio. Poi l'obbligo della stella gialla. Gli ebrei, giorni dopo, furono chiusi in due ghetti e, contestualmente, i tedeschi nominarono un Consiglio ebraico, un Comitato del lavoro, un Ufficio di assistenza sociale (Sic!), un Dipartimento di igiene (Sic!). Un apparato complesso per far apparire che una tale sistemazione sarebbe durata se non in eterno per lo meno per parecchio. E invece una notte portarono via tutti. Destinazione Auschwitz. Pochissimi, da contarsi sulle dita delle mani, gli scampati. Ma fra questi un ragazzino che si chiama Elie Wiesel, che molti anni dopo riceverà il Premio Nobel per la pace. Grande scrittore, racconta come si svolsero i fatti. Ma a parte l'alto spessore della prosa, le cose a Maramarosziget non si svolsero in maniera sostanzialmente diversa da altri luoghi. Fatte le debite proporzioni e la maggior durata dei tempi, nei ghetti di Lodz o di Varsavia le tecniche impiegate furono le stesse. Le notizie sulla cittadina ungherese le abbiamo prese dallo splendido libro di Enrico Deaglio La banalità del bene, che è la storia eroica di Giorgio Perlasca, pubblicata da Feltrinelli. Dal libro, come è noto, è stato tratto un film per la Rai, che è stato visto da dodici milioni di spettatori. Dal medesimo libro si apprende che tra il 1941 e il 1945, degli 825.000 ebrei ungheresi, ne morirono o, meglio, ne furono assassinati 565.000, mentre circa 260.000 scamparono alla morte. Migliaia di questi, che si trovavano a Budapest, furono salvati grazie all'azione di Perlasca, un commerciante italiano che si trovava nella capitale magiara nell'inverno del '44, spacciandosi per il console spagnolo. Perlasca, che allora aveva 34 anni, non era un antifascista. Era stato anzi un convinto fascista, al quale però ripugnavano le leggi razziali del '38, che aveva combattuto come volontario in Spagna, dalla parte di Franco, meritandosi un attestato di benemerenza che gli servirà poi, a Budapest, per giocare, a rischio della propria vita, la parte del console di Spagna: di un paese, cioè, neutrale sì, ma amico di Hitler e, dunque, anche del regime fascista ungherese di Szalasi, succeduto all'ammiraglio Horthy. Perlasca si trova imbottigliato a Budapest l'8 settembre del '43. La sua aspirazione è semplicemente quella di tornare in Italia. La sua scelta avviene un po' dopo, quando i nazisti occupano l'Ungheria e anche lui, per salvarsi, cerca rifugio nella sede dell'ambasciata spagnola, che ottiene proprio grazie all'attestato di benemerenza franchista. Come si sa, nella Spagna c'era un regime fascista, che, però, nei confronti degli ebrei, aveva un atteggiamento diverso, tale da consentire a molti di essi di ottenere riparo in abitazioni sotto la protezione dello stato spagnolo. Grazie a ciò, quando il vero ambasciatore lascia l'Ungheria, Perlasca, anziché abbandonare a sua volta quel paese come avrebbe potuto, rimane nell'ambasciata assumendo le vesti del console e operando, da subito, attivamente, per salvare migliaia di ebrei, fornendo loro documenti falsi e rifugio in abitazioni sotto la protezione spagnola. Tornato in Italia, a Padova, soltanto anni dopo sarà "riscoperto" da un gruppo di donne ungheresi residenti in Israele, adolescenti nel '44, che a lui dovevano vita. Uscito dal silenzio dopo quasi mezzo secolo, Giorgio Perlasca, è stato onorato come eroe e "uomo giusto" in Ungheria, Israele, Stati Uniti, Spagna e, finalmente, grazie al libro di Deaglio, prima della morte, avvenuta il 15 agosto 1992, anche in Italia

Da Triangolo Rosso, marzo 2002

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