Triangolo rosso

La “persecuzione religiosa”

Testimoni di Geova

Prima delle SS arrivò il fascismo

Arrestati e confinati a cominciare dal 1927 anche per compiacere le autorità della Chiesa in vista del Concordato – Dichiarati fuori legge in Germania nel 1933: iniziava il genocidio per soffocare la loro obiezione di coscienza

 

di Pietro Ramella

 

La Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova per ricordare i correligionari deportati nei lager nazisti, ha organizzato, nel corso dell’anno, due incontri a Milano e Sesto San Giovanni. Alle iniziative hanno partecipato rappresentanti di amministrazioni pubbliche, della cultura e della società civile (tra cui l’Aned). Le manifestazioni – come abbiamo ricordato anche nel numero precedente di Triangolo Rosso – sono state integrate da una mostra di 36 pannelli, provenienti dalla Germania, dalla proiezione di un documentario video I Testimoni di Geova, saldi di fronte all’attacco nazista e dalla testimonianza di superstiti o loro parenti. Fino ad oggi sono stati ottocento gli incontri (università, scuole, comuni e carceri) per inquadrare storicamente il tema della “burocrazia dello sterminio” nazista, che ha perseguitato per motivi razziali ebrei e zingari, per motivi ideologici gli oppositori politici e per motivi religiosi appunto i Testimoni di Geova. Prima di rievocare la drammatica repressione nazista occorre ricordare, a chi in Italia vuole riscrivere i testi di storia, che il fascismo fu maestro di repressione: oltre agli antifascisti infatti perseguitò, ben prima delle ignobili leggi razziali del 1938 che avrebbero colpito i cittadini di razza ebraica, i seguaci della Bibbia, come risulta dall’esame di cinque circolari diramate dal Ministero dell’Interno nel periodo 1929-1940, contenute nei fascicoli depositati presso l’Archivio centrale dello Stato a Roma. Non può passare sotto silenzio il fatto che la discriminazione fu dettata da un calcolo meschino, volto a compiacere le autorità religiose con cui il regime, per allargare il suo consenso, stava intessendo i contatti, che avrebbero portato al Concordato dell’11 febbraio 1929 tra lo “Stato italiano e la Santa Chiesa”. Tra il 1927 ed il 1943 in un elenco di 142 persone arrestate e mandate al confino per motivi religiosi, 83 erano Testimoni di Geova. Con lo scoppio della guerra ventisei furono condannati dal Tribunale speciale fascista, a quasi 190 anni complessivi di carcere per aver diffuso pubblicazioni bibliche che, secondo gli inquirenti, prendendo posizione contro il conflitto, avevano offeso la dignità del duce, del re, del papa e di Hitler. Tra gli arrestati alcune donne, Maria Pizzato e le sorelle Protti. Riferendosi ad Albina Protti Cuminetti, una detenuta comune fece la seguente considerazione: “A lei che non vuole uccidere hanno dato undici anni e a me che ho ucciso mio marito ne hanno dati dieci…”. Due Testimoni italiani conobbero l’agghiacciante esperienza dei lager nazisti: Salvatore Doria, detenuto nel carcere di Sulmona dove scontava undici anni inflittigli dal Tribunale speciale fu deportato prima a Dachau e poi a Mauthausen. Liberato dagli alleati, ritornò in Italia, ma duramente provato nel fisico morì nel 1951 a 43 anni. Narciso Riet, nato in Germania da genitori italiani, braccato da fascisti repubblichini e nazisti per diffusione di pubblicazioni bibliche, venne arrestato a Cernobbio e deportato a Dachau. Sottoposto ad atroci torture, fu assassinato prima della liberazione dei campi. I relativamente pochi casi d’arresto e deportazione che colpirono i Testimoni italiani, si spiegano con la loro scarsa presenza nella penisola, che secondo le fonti variava da un minimo di 100 ad un massimo di 250 seguaci. In Germania, all’avvento di Hitler al potere, i Bibelforscher (Studenti biblici) erano circa 20.000. Nel luglio 1933, con le leggi che sopprimevano ogni parvenza di democrazia, furono dichiarati fuori legge.

L’unica opposizione tra le confessioni religiose

Le motivazioni? Ha scritto Bruno Segre: “Per i nazisti, i Testimoni incarnavano tutto ciò che i nazisti odiavano. Il Movimento era internazionale, influenzato dall’ebraismo attraverso l’utilizzazione dell’Antico Testamento e la sua escatologia; predicava il comandamento che ordinava di non uccidere e quindi rifiutava il servizio militare…”. Essi, infatti, pur essendo scrupolosi nell’osservare le leggi, si scontrarono con l’ideologia totalizzante del nazismo, poiché si rifiutavano, per una questione di fede, di imbracciare le armi, di lavorare per l’industria bellica, di aderire al partito nazista e di osannare il Fürher. Bibbie e pubblicazioni bibliche furono confiscate e date alle fiamme, i credenti picchiati e arrestati per aver partecipato a riunioni di culto, alcuni internati nei campi di concentramento di recente istituzione. Quelli impiegati nelle amministrazioni pubbliche, vennero licenziati, i loro figli pesantemente discriminati a scuola e bocciati, malgrado gli ottimi voti, perché si rifiutavano di partecipare alle adunanze paramilitari. Unici, tra tutte le confessioni religiose, i Testimoni di Geova presero posizione contro il regime denunciando sulle loro pubblicazioni clandestine la barbarie dell’ideologia hitleriana, tanto che la Gestapo formò un’unità speciale per perseguitare quanti, di nascosto, continuavano a praticare e diffondere i precetti della loro fede. Nel 1938, anno della “notte dei cristalli”, (una notte di terrore, che scatenò con la distruzione dei negozi ebraici, un’ondata di uccisioni, violenze e arresti), su 20.000 Testimoni circa la metà finì nei campi d’internamento, dove furono contraddistinti dagli altri prigionieri da un triangolo viola cucito sull’uniforme. Per il trattamento spietato 2.000 di loro vi trovarono la morte. Nei lager essi continuarono coerenti a resistere passivamente tanto che per rompere la loro solidarietà si decise di sparpagliarli in blocchi diversi. Ma poi si dovette fare marcia indietro quando ci si accorse del pericolo rappresentato dal loro attivismo “missionario”. Nel corso della seconda guerra mondiale, circa 300 Testimoni furono condannati alla pena capitale dai tribunali militari quali obiettori di coscienza ed in gran parte decapitati, perché la fucilazione era ritenuta una pena troppo mite. Nello stesso periodo, approfittando dell’isterismo bellico, i nazisti presero nei confronti dei figli dei “geovisti” misure inumane. Infatti, negando ai genitori la patria potestà, li strapparono alle famiglie per affidarli a “centri di rieducazione”, affinché fossero educati all’ideologia nazista. La storia dei Testimoni di Geova nella Germania nazista ha avuto un aspetto singolare: essi, unici tra tutti i dissidenti, avevano la possibilità, sia da internati che da obiettori, di riacquistare la “libertà” con un atto d’abiura del loro credo, il che spiega perché i nazisti si accanirono tanto contro di loro, non ritenendo, infatti, che le motivazioni di fede di un gruppo numericamente limitato potessero opporsi alla trionfante ideologia nazista.

 

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L’atto di abiura

 

Ecco l’atto di abiura che i Testimoni di Geova potevano sottoscrivere per uscire dai campi di concentramento:

“Ho lasciato completamente l’organizzazione [degli Studenti Biblici o Testimoni di Geova] e mi sono liberato nel modo più assoluto degli insegnamenti di questa setta. Con la presente assicuro che mai più prenderò parte all’attività degli Studenti Biblici. Denuncerò immediatamente chiunque mi avvicini con l’insegnamento degli Studenti Biblici o riveli in qualche modo di farne parte. Consegnerò immediatamente al più vicino posto di polizia tutte le pubblicazioni degli Studenti Biblici che dovessero essere inviate al mio indirizzo. In futuro stimerò le leggi dello Stato, specie in caso di guerra difenderò armi alla mano, la madrepatria e mi unirò in tutto e per tutto alla collettività.

 

 Da Triangolo Rosso, ottobre 2001

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