Triangolo rosso
Il drammatico destino degli 850 italiani di Neuengamme
Un Lager dei più terribili, dove perirono decine di migliaia di deportati. Il ricostruire la storia della presenza italiana, polverizzata in circa 80
di Alberto Berti
Il Lager di Neuengamme (1), situato nella Germania settentrionale nei pressi della città di Amburgo, venne aperto il 13 dicembre 1938 con l’arrivo di un trasporto di 100 deportati provenienti da Sachsenhausen, di cui Neuengamme inizialmente fu un comando esterno. Dopo l’occupazione della Polonia, Himmler voleva avere a disposizione un Lager capace di accogliere 40.000 polacchi, e così nella vecchia fabbrica di mattoni cominciarono ad affluire trasporti di piccola entità, 200 - 250 persone, tutte destinate a produrre mattoni. La materia prima, l’argilla, veniva estratta da una cava che si trovava dentro il recinto del Lager. Nel marzo del 1940 quello che inizialmente era soltanto un campo di lavoro dove si producevano mattoni e si costruivano i Blocchi in mattoni destinati ad ospitare nuovi e numerosi deportati, si trasformò in un Lager terrificante dove il terrore divenne di casa. La produzione di mattoni, come quella di pietrame vario che avveniva nelle cave Mauthausen, Flossenburg, Natzweiler e Gross Rosen, era gestita dalla Dest (2), società delle SS. La produzione della mattonaia di Neuengamme, con i suoi 50 ettari di terreno, venne incrementata non appena Himmler ebbe sentore dei grandi progetti in discussione tra Speer e Hitler. Quest’ultimo voleva meravigliare il mondo con il rifacimento in termini colossali delle due città tedesche Norimberga e Berlino per poi espandere tale rifacimento ad altre città. Himmler si propose così come fornitore di pietre e mattoni (non solo) con la Dest che avendo la possibilità di sfruttare il lavoro gratuito dei deportati, avrebbe anche contribuito a rimpinguare le casse delle SS. Per Amburgo il progetto dell’architetto Gutschow prospettava la sistemazione della città e delle sponde sull’Elba in chiave moderna. Quindi, non solo il Lager era funzionale a questo progetto che prevedeva la produzione di milioni e milioni di pezzi di mattoni all’anno, ma serviva anche con il lavoro dei deportati alla costruzione di un canale che dall’Elba consentisse di trasportare il materiale ad Amburgo che dista circa quaranta chilometri da Neuengamme. Inizialmente i trasporti verso questo Lager contavano poche centinaia di persone. Successivamente, nel 1940, cominciarono ad affluire trasporti consistenti: 3000 persone da Sachsenhausen, 500 da Buchenwald, ecc. Si trattava per lo più di polacchi e, con l’arrivo di questi deportati ebbero inizio i lavori per la costruzione della grande mattonaia (Klinkerwerke). Ormai il terrore era instaurato e radicato, ed il Lager continuò senza sosta ad accogliere deportati che i trasporti dagli altri Lager e la Gestapo di Amburgo e delle città vicine inviavano. Alla fine del 1940 il campo contava già 5000 deportati (430 erano morti negli ultimi mesi); a fine 1941 i deportati erano saliti a quasi seimila, esclusi 1000 prigionieri sovietici ed i loro 43 ufficiali arrivati in ottobre; a fine 1942 il numero era salito a 13.400 (ed i morti a quasi 4000). A fine 1943 la forza del Lager arrivò a 25.700 deportati e a fine 1944 a 48.800, di cui circa 10.000 donne. I morti di quell’anno superarono le 8000 unità. Alla fine di marzo del 1945 i numeri di matricola raggiunsero il numero di 87.000 per gli uomini e 13.000 per le donne, ma i trasporti continuarono ad arrivare. È stato stimato che nel Lager oltre ai deportati vennero inviate tra il 1938 e il 1945 anche 2000 persone fra uomini e donne, per lo più membri della Resistenza che furono impiccate, come i 71 membri del gruppo Baestlein - Absagen - Jacob, del quale facevano parte l’attrice Hanna Mertens e Magaret Zinke, ed anche il ramo amburghese della ‘Rosa Bianca’ che furono impiccati dentro al Lager il 23 aprile ‘45. Il Lager di Neuengamme con i suoi 80 sottocampi divenne così il più grande Lager della Germania settentrionale: passarono dentro i suoi reticolati circa 104.000 deportati e si stima che fra i 45.000 ed i 55.000 non sopravissero. Per tre mesi, fra il ‘41 ed il ‘42 tutto il Lager venne messo in quarantena perché le impossibili condizioni igieniche avevano provocato un’epidemia di tifo petecchiale. Vennero bloccate le uscite e tutti i trasporti, da e per Neuengamme; pochissime SS partecipavano agli appelli. L’epidemia, oltre le centinaia di vittime tra i deportati, causò la morte di 477 soldati sovietici. Sempre nei primi tempi, da Neuengamme venivano inviati continuamente deportati a Bernburg, uno dei sei centri dove si praticava l’eutanasia, per essere gasati. Per chi si avvicina alla storia della deportazione ed è indotto a confrontare le situazioni dei vari Lager, Neuengamme presenta alcune particolarità che lo differenziano dagli altri Lager. Ad esempio: c’erano veri e propri scambi di deportati tra i vari Lager: Auschwitz, Dachau, carceri della Gestapo, Stalag ed Offlag di militari russi. Neuengamme inviò più volte deportati indeboliti, incapaci di lavorare (nicht mehr arbeitsfaehigen), a Dachau, scambiandoli con lo stesso numero di deportati sani ed abili al lavoro che Dachau inviò a Neuengamme. Troviamo che fra i suoi campi “satelliti”vi sono anche Lager di 8-2-20-7-15 persone solamente. Ho voluto succintamente dare un”idea del Lager. Adesso parliamo degli italiani a Neuengamme. Dalla tabella che classifica i deportati per nazionalità, gli italiani passati per questo Lager figurano essere 850. Mi sembra necessario dire che la tabella indica soltanto quelli che all’entrata nel Lager dichiararono di essere italiani e ricevettero la “I”. Parecchi tra gli italiani dell’Istria, del Carso triestino, di Fiume, spesso partigiani nelle formazioni slovene o italo-slovene, dichiararono di essere di madrelingua slava e ricevettero la “J”. I primi italiani a Neuengamme, secondo i dati in possesso di un compagno francese che fa parte dell’AIN (Amicale Internationale Neuengamme), arrivarono con un trasporto proveniente da Vienna nell’ottobre 1943. Il trasporto, inviato dalla Gestapo, era formato da 400 deportati e comprendeva – oltre ad alcune decine di italiani, anche dei cecoslovacchi e degli jugoslavi. I loro numeri di matricola erano inferiori al 25.000. Nel luglio 1944 arrivò un altro trasporto da Vienna di 160 persone con parecchi italiani. Un altro trasporto ancora, comprendente deportati italiani, arrivò il 1° settembre 1944 da Belfort (Francia). Dei 900 deportati, 100 circa erano italiani e gli altri erano belgi e francesi. I loro numeri di matricola superavano il 42.000. Dopo questi trasporti gli italiani arrivarono direttamente da Dachau con i trasporti del mese di ottobre e successivi. Mentre i deportati dei primi trasporti (dei quali alla liberazione si conteranno alcuni sopravvissuti) erano politici che avevano partecipato alla Resistenza in Italia, in Francia e con i partigiani jugoslavi, gran parte di quelli arrivati da Dachau erano stati rastrellati dai tedeschi e dai loro alleati (brigate nere, cosacchi, spagnoli della Legione Azzurra) nei paesi dell’alto Friuli e della Carnia. Tra gli italiani a Neuengamme mancava un gruppo politico il quale si proponesse di tenerli uniti, assisterli e confortarli. Erano isolati, e dispersi negli 80 Lager “satelliti”; ciò provocò la demoralizzazione e li rese facilmente preda della morte. Un’altra considerazione voglio fare: esaminando i nominativi riportati nella Gazzetta ufficiale per l’indennizzo, ho notato una stretta similitudine tra i deportati di Laura e quelli di Neuengamme. Quelli di Laura dichiararono come campo di deportazione Buchenwald, molti di quelli di Neuengamme dichiararono solo Dachau. Queste dichiarazione rendono difficile la ricostruzione di una storia della presenza italiana a Neuengamme, come del resto mi era stato difficilissimo ricostruire la storia degli italiani deportati a Laura (3). Durante la visita che ebbi occasione di fare in rappresentanza dell’Aned per il congresso dell’AIN visitai il Lager che è forse l’unico ad essere rimasto com’era alla fine della guerra, eccetto alcune demolizioni effettuate dal Senato della città di Amburgo che entro il perimetro del Lager nel 1948 costruì un correzionale per minorenni che col tempo divenne un penitenziario per adulti in funzione ancor oggi. Mentre mi propongo di riparlare in un prossimo articolo di Neuengamme, mi sembra interessante accennare al congresso dell’AIN al quale ho partecipato in rappresentanza dell’Aned. Il tema base del congresso era la preparazione del futuro congresso del 2000 che coinciderà con il 55° anniversario della liberazione dei Lager. I due problemi più importanti che sono stati dibattuti riguardavano da una parte la necessità di riappropriazione di tutto il Lager da parte della Gedenkstaette (Memoriale) e l’altro come fare per poter finanziare l’arrivo, per il congresso del 2000, di gruppi di sopravvissuti o loro parenti dai paesi dell’Est. Occorre a questo proposito ricordare che dei 106.000 deportati di Neuengamme 35.000 erano russi e 16.000 polacchi. Per quanto riguarda la riappropriazione dell’intero comprensorio del Lager il grosso problema è costituito dal penitenziario inserito al centro di quello che era il Lager dividendolo così in due metà separate. Ci sono state delle promesse sia del sindaco di Amburgo che della signora Marquardt, ministro della cultura, che hanno promesso lo spostamento del penitenziario in altra sede ed hanno evidenziato come siano già stati stanziati i fondi allo scopo (120 miliardi!). La delibera dovrà venire votata tra breve dagli appositi organi consiliari.
Note:
1. Gran parte di questo scritto su Neuengamme è ripresa da scritti, testimonianze di amici e compagni dell’AIN, da dépliants e da un libro di Hermann Kaieburg edito dalla Dietz Taschenbuch-Bonn.
2. Deutsche Erd - und Steinwerke Gmbh.
3. Riportata dalla rivista dell’Istituto per la storia del movimento di liberazione di Trieste, “Qualestoria” nel n°1/2 aprile 1994 con il titolo “Tragica sorte dei militari italiani deportati a Laura”.
Da Triangolo Rosso, dicembre 1998