Triangolo rosso
DORA
La pubblicazione è stata predisposta e realizzata dalla dott.ssa Cornelia Klose, direttrice, e dall’equipe di collaboratori del Kz-Gedenkstätte Mittelbau - Dora nel 1996. Una copia è stata consegnata alla delegazione piemontese guidata dal presidente del Consiglio Regionale in visita al Kz il 5 settembre 1996. Desidero vivamente ringraziare l’efficiente gruppo di lavoro operante nell’Archivio Museo del Kz Dora che mi ha consentito di lavorare in questi mesi sulla pubblicazione per evidenziare - e in modo aggiornato - la specificità della deportazione politica e militare al Kz Dora negli anni 1943-1945.
di Italo Tibaldi
Dora è un Kommando di Buchenwald dall’agosto 1943 all’ottobre 1944, situato nelle colline dell’Harz, a nordovest di Buchenwald, e a sud-ovest di Magdeburgo e dell’Elba, tra le cittadine di Ellrich e di Nordhausen, il Kz è costruito a fianco della collina di Kohnstein. Dora nasce quale Arbeitskommando del Kz di Buchenwald nel 1943 e, a seguito dei raids aerei alleati, Hitler decide di costruire progressivamente le fabbriche di armi nelle officine sotterranee al fine di metterle al riparo. Il 17 e 18 agosto 1943 la Royal Air Force distrugge la base di Peenemünde, sul mar Baltico, dove i nazisti avevano installato il centro sperimentale delle loro armi segrete, le V1 e le V2 sulle quali contavano per capovolgere a loro favore la situazione militare. La decisione è altresì quella di trasferire le officine che producono le V1 e le V2 in un luogo sotterraneo scavato nel Kohnstein dove esistevano già gallerie. L’impresa industriale Mittelwerke è incaricata dei lavori, e il nome Mittelbau indica l’insieme delle installazioni disposte attorno a Dora. Viene usata la mano d’opera concentrazionaria che presenta il doppio vantaggio di essere poco costosa, e di poter essere ridotta al silenzio con lo sterminio per proteggere il segreto della fabbricazione delle armi vitali per il Reich. I primi deportati raggiungono Dora il 25 agosto 1943 qualche giorno dopo il bombardamento di Peenemünde; Dora è un Kommando di Buchenwald sino al 28 ottobre 1944, quando diventa un Kz autonomo con il nome originale di Dora Lager Mittelbau perché sia più facilmente salvaguardato il segreto sulle V1 e V2. Quando Dora raggiunge la sua autonomia, il 28 ottobre 1944, la presenza effettiva rilevata da una nota inviata in quel giorno dall’Arbeitsstatistik di Dora al capo dell’Arbeitsansatz di Buchenwald indica numericamente:
2. 911 deportati addetti alla costruzione (1-2-3-4-5 Baubrigade)
963 deportati addetti alla stazione (1-2 Eisenbahnbaubrigade)
500 deportati addetti Klosterwerke - Blasskenburg
272 deportati addetti Curt Heber - Osterode
789 deportati addetti Rautal Werke - Wernigerode
3. 435 deportati addetti A5 - B3 - B4
23. 614 deportati addetti Dora
32 534 totale deportati
Dall’attenta lettura e riflessione sui questionari-testimonianza dei superstiti, già in gran numero alla segreteria nazionale all’Aned ho rilevato i momenti vissuti così come descritti che mi pare diano un senso della realtà testimoniata individuale e collettiva della deportazione degli italiani militari e politici al Kz Dora. Tre i pericoli che si possono distinguere nella storia del Kz. Dall’agosto 1943 all’aprile 1944 si è costruito il campo esterno e installato l’officina nelle gallerie esistenti, poi si è dato inizio agli scavi delle nuove gallerie. Tutti i testimoni concordano nell’indicare che le condizioni di vita sono estremamente difficili soprattutto per i deportati che lavorano nelle gallerie e che “non vedono mai il giorno”. Il ritmo del trasporto dei vagoncini è infernale. Nelle gallerie dove risuonano continuamente gli spari delle mine per le “volate” è impossibile riposare. Nei sei mesi seguenti, dal maggio all’ottobre 1944 sembrano avvenire alcuni miglioramenti, si installa qualche lavatoio e si organizza una infermeria. Ma ciò è dovuto al fatto che sui vari fronti di guerra la Wehrrmacht sta subendo terribili sconfitte e occorre produrre ad ogni modo e sempre più massicciamente quelle armi segrete che costituiscono ormai la sola speranza di vittoria. Il terzo periodo, tra l’ottobre 1944 e l’aprile 1945, le condizioni di vita diventano terribili, il Reich ristretto nel proprio territorio deve attivare un forte razionamento e il cibo dei deportati è considerevolmente ridotto. Si aggrava la brutalità dei Kapò e delle SS perché necessita un rendimento esagerato per aumentare la produzione di V1 e V2, ancora adesso che l’invasione del Reich è imminente. Purtroppo non vi sono elementi certi per quantificare a quale livello giunse il grado di forzata produttività dei deportati. Circa lo svolgimento del progetto e la salvaguardia del segreto facilmente si può intendere che se Hitler conferisce alle SS di Himmler l’autorità assoluta per l’esecuzione che programma delle armi segrete è perché le SS hanno, più di ogni altra formazione nazista, i mezzi per far rispettare il segreto. Tuttavia mettere nelle mani di uomini deportati perché antinazisti la costruzione di armi vitali costituisce egualmente un paradosso. Essi sono naturalmente tentati di attuare azioni di sabotaggio. Per impedirle le SS attuano una sorveglianza stretta e permanente ed usano l’arma del terrore: perciò i deportati di Dora conosceranno un calvario di particolare crudeltà. Tutte le testimonianze insistono sulle rigorose condizioni di vita, sul ritmo infernale del lavoro, sulla malvagità dei Kapò, sugli sforzi fisici smisurati imposti a dei corpi indeboliti dalle privazioni alimentari, con il fatto che per la maggior parte i deportati sono inesperti a questi lavori. Sono tentato di chiedermi se questa inesperienza compensa il fatto che comunque sarà mantenuto il segreto, garantito perché questa mano d’opera schiavizzata non dovrà mai più essere liberata. La gran parte delle testimonianze dei superstiti rievocano atti di sabotaggio, in quanto le V1 e le V2 necessitano di delicati apparecchi facilmente guastabili nei loro componenti e difficilmente rilevabili prima dell’ultimazione di ogni congegno per il lancio. Sono atti di sabotaggio che si moltiplicano a partire dalla fine del 1944, anche stimolati dalla prospettiva di una prossima disfatta della Wehrmacht. Il primo razzo V1 esplode sulla Gran Bretagna nella notte del 15 giugno 1944, ma degli 11.300 razzi V1 lanciati sull’Inghilterra un quinto (2.260) sono difettosi sulla rampa, mentre delle 10.800 V2 lanciate sino al maggio 1945, 5.000 esplodono al lancio e soltanto la metà raggiunge le isole britanniche. È comunque difficile stimare quale è stato l’effetto negativo di questi insuccessi dovuto all’opera attiva di sabotaggio, certo è che in questo periodo la repressione diventa feroce: durante gli ultimi mesi a Dora, vengono giustiziati più di 300 deportati. Nell’aprile 1945 i bombardamenti aerei si intensificano nelle vicinanze del Lager; le fortezze volanti sorvolano quotidianamente il Kz e gli allarmi sono incessanti, interrompendo la produzione che subisce pesanti ritardi, e anche i materiali indispensabili non giungono più, mentre le centrali elettriche colpite interrompono la corrente continua. Anche la disciplina pare allentare, ma la vita resta estremamente difficile e dolorosa. La fine di Dora è prossima. Alla sera dell’8 aprile 1945 l’aviazione alleata bombarda e distrugge Nordhausen, a tre chilometri dalle gallerie di Dora. “Alle quattro del mattino il lavoro viene fermato, viene dato l’ordine di radunarci sulla piazza dell’appello con le nostre coperte perché il campo deve essere evacuato. Verso le undici siamo tutti in ordine per blocchi.” I 25.000 deportati sfilano davanti alla cucina per prendere “qualcosa” da mangiare, ma terminata la distribuzione soltanto la metà ha avuto “qualcosa”. La sera, circa 3.000 deportati sono trattenuti nel Kz, gli altri 22.000 evacueranno domani con vagoni bestiame. Molti italiani sono nel gruppo dei partenti e subiranno una partenza ed un viaggio allucinante che durerà sei giorni, senza alcun rifornimento alimentare. Mangeranno l’erba e le radici che raccolgono ad ogni fermata, dopo sei giorni hanno percorso 250 chilometri e sono scaricati a forza di calci a Bergen Belsen, nuova meraviglia dell’organizzazione nazista. Il numero dei deportati di Dora e dei suoi Kommando, che il 28 ottobre 1944 era di 32.534, prima dell’evacuazione ha già avuto un’impressionante flessione: più di 15.000 i morti, e molti moriranno durante l’evacuazione. Non vi è la camera a gas nel Kz Dora, ma Marcel Ruby, autore della pubblicazione Le livre de la deportation intervistando Jean Mialet, che fu relatore durante l’XI congresso a Prato nell’incontro dell’Aned il 10 marzo 1995 con i presidenti dei Comitati Internazionali, dirà che nessuna statistica definitiva ha potuto sinora essere compilata ma più di 60.000 deportati sono passati per il Kz Dora e nei suoi Kommando più di 20.000 sono morti. Queste cifre paiono per difetto le più attendibili. Dovevo questo mio impegno agli amici e compagni del Kz Dora, a Gianni Araldi, Albino Moret, Francesco Ghisiglieri e a quanti in questi anni hanno descritto sul “Triangolo Rosso” il loro mondo di Dora. Poi dovevo concludere l’articolo che avevo scritto molti anni or sono, nel quale rappresentavo le notizie note del Kz Dora (luogo di amministrazione, apertura, liberazione, assegnazione di numeri, serie numerica generale, e serie numeri “o” assegnati ai prigionieri di guerra italiani, cioè agli “IMI” deportati a Dora. Ma oggi devo anche un grato pensiero alla dott.ssa Ada Buffulini (la cara Ada) per aver ispirato, seguito, e amorevolmente curato la realizzazione del Diario di prigionia di Calogero Sparacino – Dora 0160 - che fu pubblicato nel 1984 e che è un atto di omaggio per tutti i deportati in quel Kz. Grazie per avermi dato questa opportunità.
Da Triangolo Rosso, giugno 1997