Triangolo rosso

Il “nostro”oro e le responsabilità dei tedeschi

 

di Teo Ducci

 

La stampa internazionale ha dedicato largo spazio al libro di Daniel Jonah Goldhagen che, nella versione italiana edita da Mondadori s’intitola I volonterosi carnefici di Hitler. L’autore, che si qualifica storico, ripropone l’eterna questione della responsabilità collettiva del popolo tedesco per i crimini del regime nazista. Ancora una volta ci si chiede se i tedeschi sapevano, quali e quanti tedeschi sapevano e, se sapevano, che cosa sapevano? E, ammesso che sapessero, sono o non sono da considerare colpevoli per il loro silenzio? Personalmente mi affiderei alle parole di Telford Taylor, il Pubblico Ministero del tribunale militare internazionale di Norimberga, che così concludeva la sua arringa: “Non è il popolo tedesco che abbiamo trascinato sul banco degli accusati, perché i suoi cittadini democratici sono state le prime vittime del regime del terrore nazista. La responsabilità di quei crimini è comunque sempre e solo individuale”. A prescindere da questa ennesima discussione, nel suo libro l’autore dedica largo spazio alle imprese del famigerato Battaglione 101 (riservisti in gran parte di Amburgo), tutti un po’ anzianotti, che nelle retrovie del fronte orientale ne hanno combinate di cotte e di crude con un bilancio di 83.000 assassinati. Ma la loro storia è già stata dettagliatamente descritta da un altro autore. Dunque una minestra riscaldata. Altro argomento per polemiche a non finire: la questione dell’oro depositato nelle banche svizzere dai nazisti, del cui recupero si è reso promotore il Congresso ebraico. Che tutti noi, ebrei e non ebrei, arrivando nei vari Lager siamo stati immediatamente depredati di tutti i nostri averi, lo sanno anche i sassi. Gioielli, fedi nuziali, penne stilografiche, orologi e valute d’ogni genere sono finiti, a tonnellate, nelle casseforti di Berlino e da lì depositate nelle banche svizzere, perché il Terzo Reich in guerra aveva estremo bisogno di quelle riserve per i propri acquisti di materie prime e alimenti. Con la disfatta militare questo ingente patrimonio è rimasto nei depositi blindati delle banche svizzere. Ma chi potrebbe, individualmente, reclamare la restituzione offrendo prove attendibili di proprietà? Personalmente temo che nessuno possa farlo. Ma allora perché la rivendicazione viene avanzata solo dal Congresso ebraico, e in favore di chi? È inutile, di fronte alla riluttanza delle banche svizzere, tirare in ballo altri argomenti sul comportamento della Svizzera nel periodo nazista. Invece di minacciare opinabili ritorsioni lo stesso Congresso, o un’autorità internazionale, destini, per esempio, alla manutenzione e gestione dei memorial e agli studi sulla storia che rischia di svanire nel nulla fondi adeguati che scarseggiano minacciosamente. L’oro comunque non è solo degli ebrei, e sulla sua utilizzazione l’ultima parola spetta a noi ex deportati. L’on. Fini ha messo finalmente le carte in tavola. Dopo averci presi in giro con i molteplici cambiamenti di denominazione del suo partito camuffandolo da democratico anche se conservatore, adesso reclama nientemeno che la ricostituzione alla luce del sole del Pnf. Noi vogliamo solo ricordare che dalle costole del Pnf nel 1943 nacque la Repubblica Sociale Italiana la cui polizia ha consegnato 45.000 italiani nelle mani dei nazisti per farli deportare nei campi di concentramento e di sterminio. Può darsi che l’on. Fini lo consideri un errore che tuttavia non ha mai esplicitamente riconosciuto. Per noi è stata un’infamia. Ricostituire il Pnf significherebbe avallare quell'infamia. La rivista “Liberal” ha ripreso il vessato tema della comparazione fra campi nazisti e gulag sovietici. Sarebbe ora di finirla con questa sterile strumentalizzazione di una verità che sfugge ai soliti saccenti. I campi nazisti sono stati programmati dai nazisti prima ancora della presa del potere, i gulag sono stati istituiti nel corso della gestione del potere. È una differenza da poco. Ma è certamente una differenza. Il Cdec ha realizzato un bellissimo documentario con le testimonianze di superstiti dei Kz nazisti che è stato proiettato in seconda serata dalla Rai col titolo "Memoria: i sopravvissuti raccontano" ed è firmato da Ruggero Gabbai. Esso va ad arricchire un archivio internazionale promosso da Spielberg, l’autore di Schindler’s List. La Rai ha con sorpresa fatto sapere che la trasmissione - che non è stata interrotta da spot pubblicitari - ha avuto un’enorme pubblico. Altra sorpresa ha avuto la Rai, e ha dato a noi, la rimessa in onda di Schindler’s List, che ha registrato ben dodici milioni di apparecchi sintonizzati anche questa volta su uno spettacolo durato diverse ore senza alcuna interruzione. Dunque non è vero che la gente sia indifferente e che il nostro passato non interessi più nessuno. Adesso vorrei riferire su quanto ho appreso dalla stampa tedesca a proposito della grande mostra, promossa da un qualificato istituto storico, sui crimini commessi dalla Wehrmacht nelle retrovie del fronte orientale. La mostra ha avuto, come c'era da aspettarsi, un’enorme eco di controversie perché ha inteso far saper che non tutti i crimini dei quali si è avuta notizia sono da attribuirsi alle SS, perché anche l’esercito ha fatto la sua parte. Fatto sta che una folla immensa ha fatto bravamente la coda per ore e ore, spesso sotto la pioggia, per visitare la mostra. È stato una specie di pugno nello stomaco, per molti, ma anche un salutare misurarsi con quel passato che stenta a passare. La stampa internazionale ha pubblicato varie e spesso contraddittorie informazioni su indennizzi che la Repubblica Federale di Germania sarebbe disposta a riconoscere ai superstiti dei campi nazisti a vario titolo. Dalle nostre informazioni provenienti da fonte autorevole e attendibile, risulta che in effetti dei fondi destinati a questo scopo sono disponibili ma solo in favore dei cittadini di quei Paesi che non abbiano già negoziato accordi collettivi con la Germania. L’Italia ha già da tempo definito questi rapporti e quindi è bene che i cittadini italiani non si facciano illusioni di essere inclusi fra gli aventi diritto a qualsiasi ulteriore indennizzo. Vi sono anche delle possibilità di ottenere il pagamento del lavoro coatto svolto in favore di industrie tedesche. Ma occorre poterlo dimostrare con documenti autenticati alla mano. Non vogliamo scoraggiare nessuno, ma mettere in guardia contro facili illusioni. Il Governo italiano intende ridare ai maschi di casa Savoia la possibilità di rientrare in Italia. Perché no? Purché essi riconoscano che questa che li ospiterà è una Repubblica e si astengano dall’esprimere giudizi inaccettabili sulla Resistenza e la persecuzione degli ebrei.

 

Da Triangolo Rosso, giugno 1997

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