TESTIMONIANZE di SOPRAVVISSUTI

Hans Marsalek *

Appunti di una tragedia umana. Mauthausen  

* Storico austriaco e oppositore al nazismo. Internato per quattro anni nel campo di sterminio di Mauthausen fino alla Liberazione.

Era una chiara e fredda notte invernale, illuminata dalle stelle. La temperatura di 8 gradi sotto lo zero e tutto attorno al campo di concentramento il terreno era coperto da 20 a 30 centimetri di neve. Nella baracca si trovavano circa 570 detenuti, 75 dei quali, gravemente malati, non poterono prendere parte alla rivolta e rimasero nella baracca. Dopo aver strangolato il capo baracca e i suoi inservienti si costituirono i gruppi di combattimento. Si parlò della tattica da adottare per la fuga e dell’itinerario da seguire e un alto ufficiale sovietico tenne un breve discorso. Dopo di che i detenuti saltarono simultaneamente nel cortile dalla porta e dalle finestre della baracca, cominciando l’assalto alle torri di guardia con gli estintori e il lancio di oggetti di ogni genere (1). Coperte e abiti bagnati misero in corto circuito il di ferro spinato elettrizzato e dopo una lotta relativamente breve la torre di guardia situata a est era stata conquistata. Da questa, con il fuoco della mitragliatrice, furono rese innocue le sentinelle della torre vicina. Ma già in questa prima fase della fuga molti detenuti rimasero uccisi e più di un centinaio per lo sforzo fatto nella lotta e nello scavalcamento del muro non poterono fuggire che per pochi metri. Rimasero sul terreno nelle immediate vicinanze o si trascinarono in giro lentamente. Questi detenuti, e con essi anche quelli che erano rimasti nella baracca, furono tutti trucidati quella stessa notte dalle SS. La maggior parte dei fuggiaschi si diresse verso nord, verso la frontiera cecoslovacca (allora protettorato di Boemia e Moravia). Fu organizzata immediatamente una vasta battuta. La direzione SS del campo diramò a tutti i gendarmi che poterono essere raggiunti la disposizione di «non riportar vivi nel campo i catturati». In alcuni distretti la battuta si protrasse per tre settimane. Presero parte alle ricerche quasi tutte le SS del Comando, unità dell’esercito, reparti SA dell’Alto Danubio, iscritti al partito nazista e gruppi della Gioventù hitleriana. Le SS dettero a questa operazione il nome di «caccia alla lepre del Mühlviertel». L’ampiezza della battuta è descritta in un telegramma dalla polizia di Linz del 3.2.1945, diretto al RSHA e firmato dal dott. Teichmann: «Oggetto: fuga di detenuti dal campo di concentramento di Mauthausen. Riferimento: nostro telegramma del 2.2.1945. Dei 419 evasi (2)  il 2.2.1945 ne sono stati catturati oltre 300, dei quali 57 viventi nel territorio di Mauthausen, Gallneukirchen, Wartberg, Pregarten, Schwertberg e Perg. Coloro che sono ancora fuggiaschi si nascondono nelle paludi, nei boschi e nelle fattorie private del territorio di Perg e cercano di fuggire lungo il confine tra l’Alto e il Basso Danubio, in direzione del Protettorato… La collaborazione con la Wehrmacht e le altre formazioni è perfetta. La battuta continua solamente nei distretti di Perg, Freistadt, Krummau e Kaplitz. Negli altri distretti essa è cessata il 2.2.1945 alle ore 15.00 …». Secondo un rapporto della gendarmeria nel territorio di Mauthausen le SS e i loro ausiliari avrebbero «catturato e per la maggior parte fucilato sul posto» circa 100 evasi. Il capo della gendarmeria di Mauthausen Fleischmann scriveva quanto segue, nel suo libro-giornale, circa l’atteggiamento dei fuggiaschi verso la popolazione: «… bisogna riconoscere che i detenuti evasi dal campo di concentramento si sono comportati assai correttamente con la popolazione. Non hanno compiuto nessun atto di violenza, assassinio, incendio o altro. Erano preoccupati unicamente di chiedere da mangiare per la calmare la fame e abiti civili per poter proseguire…». Il maggior della gendarmeria Johann Kohout, per anni comandante la stazione di Schwertberg, immediatamente dopo la liberazione, nel 1945, scrisse nel libro-giornale della stazione una relazione particolareggiata sulla sete di sangue e sull’isteria di massa di cui era stata colta parte della popolazione nel corso della battuta: «… il 2.2.1945 qui cominciò la fine del mondo. In questo giorno, e in quelli che lo seguirono, furono fatte ricadere sulla popolazione di Schwertberg colpe infinite e infiniti dolori… Il podestà aveva comunicato a tutte le stazioni che dal campo di concentramento di Mauthausen erano evasi 500 criminali pericolosi … I due gendarmi di servizio uscirono subito in perlustrazione in direzione di Hartl e rilevarono sulla neve delle tracce di piedi nudi sanguinanti. Probabilmente i piedi avevano risentito della marcia. Dalle impronte era possibile arguire che questi erano stati avvolti in pezze tenute assieme con dello spago. I gendarmi cancellarono le orme con gli stivali … Le contadine e i contadini raccontarono loro dello spavento provato quando si videro qualcuno improvvisamente accanto nella stanza o magari vicino al letto. Altri avevano sorpreso dei detenuti nella stalla o nel fienile, intenti a spezzettare  e a divorare delle rape. In una casa avevano preso del formaggio e una pagnotta, altrove una giacca, un cappello, delle scarpe. Sempre se ne erano andati subito… Verso l’alba i gendarmi erano giunti a Hartl, dove si imbatterono in un gruppo di SS con cani … Tutte le strade provenienti da Mauthausen erano già occupate da squadre d’assalto. Gli uomini erano equipaggiati come per una battuta di caccia. Tutt’intorno era deserto, perché si sparava su tutto quanto si muoveva. Fu così che il giorno dopo un dirigente della Gioventù hitleriana, che partecipava anch’egli alla «caccia alla lepre», fu ucciso da una SS ai limiti di un bosco, dal quale stava uscendo. Nelle prime ore del mattino (3) tutte le squadre popolari, i pompieri e i dirigenti politici furono messi in stato di allarme e, radunati sulla piazza del mercato, si sentirono dire che da campo di concentramento di Mauthausen erano evasi 500 criminali pericolosi, che costituivano una grande pericolo per gli abitanti e che dovevano essere messi al più presto in grado di non far del male. Gli uomini così raccolti furono suddivisi in gruppi di ricerca e ebbe inizio un assassinio in grande stile, un bagno di sangue. La poltiglia nevosa delle strade si tinse con il sangue degli uccisi. Ovunque si incontravano degli evasi, nelle abitazioni, nelle rimesse, nelle stalle, nei fienili, nelle cantine; quando non venivano fatti uscire per essere ammazzati al primo angolo della casa, venivano trucidati sul posto indipendentemente da chi era presente…. Alcuni furono decapitati con le accette. A Schwertberg e dintorni in quei giorni devono essere stati uccisi circa 150 poveri uomini. I cadaveri vennero lasciati dove erano caduti… Gli intestini e i genitali rimasero esposti agli occhi di tutti …. Il giorno dopo la carneficina continuò. Gli uomini assunsero nuovamente la responsabilità di spargere del sangue e si registrarono atti di ferocia che la popolazione di Mühlviertel non avrebbe mai potuto immaginare. Così, per esempio, una squadra di volontari aveva rinchiuso 7 detenuti nel carcere comunale. Il negoziante … di Schwertberg che si trovava per caso alla gendarmeria, saputo che 7 evasi erano ancora in vita, fu preso da una furia bellica che doveva degenerare in eccidio. Aiutato da una SS egli trasse le 7 vittime dal carcere e le fece schierare nel cortile del palazzo municipale. Poi, una dopo l’altra, egli le abbatté dalla distanza di pochi metri col suo fucile K 98. e ciò malgrado che uno dopo l’altro s’inginocchiassero davanti implorando di aver salva la vita.. Nella cosiddetta Villa Lem abitava un tale … la cui moglie, di sera, mentre foraggiava le capre presso un fienile, sentì un rumore. Chiamò il marito che snidò un detenuto dal suo nascondiglio … Il contadino conficcò nel collo del malcapitato il suo temperino, facendo sgorgare il sangue. La donna saltò su a sua volta e allungò ancora un ceffone al morituro … E si potrebbe continuare, con ogni sorta di atrocità…». Secondo i dati delle SS tutti gli evasi sarebbero stati ripresi, ad eccezione di 17 o 19. Fino ad oggi è stato possibile individuare nell’Unione Sovietica solo nove ufficiali evasi che sono riusciti a salvarsi: Ivan Baklanov, Vladimir Scepetja, Ivan Bitjukov, Vladimir Sosjedko, Viktor Ukrainzev, Nicolaj Zemkalo, Michajl Rjabcinski, Aleksandr Michejenkov e Ivan Serdjuk. Come hanno potuto salvarsi questi nove fuggiaschi? Ukrainzev e Bitjukov erano stati nascosti da loro compatrioti e da un polacco in un solaio della casa del sindaco per il quale erano costretti a fare gli spaccalegna. Il sindaco, che aveva preso parte per parecchi giorni alle operazioni di ricerca, naturalmente non sapeva che  due dei fuggitivi erano nascosti in casa sua e che i suoi tre servi procuravano loro  vitto, calzature e indumenti. Lasciarono la fattoria 14 giorni più tardi. Ukrainzev fu preso molto tempo dopo come «lavoratore civile», ma non fece ritorno al campo di concentramento di Mauthausen. Bitjukov incontrò in Cecoslovacchia le truppe sovietiche che stavano avanzando. Sosjedko e Baklanov rimasero nascosti fino alla fine della guerra nei boschi di Waldviertel. Scepetja finì, sotto falso nome, in un campo per prigionieri di guerra e Michejenkov (4) fu tenuto nascosto nella Boemia meridionale della famiglia ceca di Vaclav Svec. Non si sa come si sia salvato Serdjuk. Zemkalo e Rjabcinski vennero tenuti nascosti fino a maggio del 1945 dalla famiglia di Johann e Maria Langthaler, di Winden di Schwertberg. È l’unico caso finora noto di una famiglia di contadini austriaci che abbiano affrontato per tre mesi i rischi derivanti dall’aver nascosto dei fuggiaschi. Oltre ai detenuti «K» dell’ordinanza Keitel del 2.3.1944 che abbiamo qui ricordati, dal marzo del 1943 all’aprile del 1945 passarono dalle carceri del campo altri 400 0 450 detenuti dell’operazione  «Kugel». Questi erano stati inviati dalla Gestapo di Vienna o di Linz per essere uccisi. Si trattava di sovietici, polacchi, e alcuni francesi, belgi e tedeschi. Non furono immatricolati, ma registrati nominativamente sia all’Ufficio politico che al carcere. I loro nomi risultano anche nei rapporti mensili sulle esecuzioni inviati al WVHA e al RSHA. Il detenuto politico ceco Karl Neuwirt, che nel 1944-45 era stato kapo dell’Ufficio politico, in una deposizione scritta del 12 maggio 1945 rilasciata alle autorità inquirenti americane a Mauthausen, affermò che i detenuti dell’operazione «Kugel» non venivano registrati nominativamente ma solo numericamente dall’Ufficio politico. Secondo i dati da lui forniti in conseguenza delle due operazioni «Kugel» sarebbero stati inviati al campo di concentramento di Mauthausen complessivamente  5.040 detenuti.

Note

(1)                Dalle tracce che sono state trovate sembra di poter arguire che inizialmente i detenuti abbiano cercato di scavare una galleria sotto la baracca e il muro di cinta settentrionale. È probabilmente causa la lentezza con cui tale iniziativa procedeva che fu deciso di desistere. Per evadere con il nuovo progetto non erano necessari né badili, né altri arnesi. Come armi da lanciare e per colpire furono usate le tavole del pavimento della baracca.

(2)                Nel numero 419 sono compresi solo quelli che riuscirono a lasciare il campo.

(3)                A Schwertberg, il 2.2.1945 (n.d.A.).

(4)                Aleksandr Michejenkov faceva parte di un gruppo di 5 detenuti evasi che cercarono di penetrare assieme in Boemia. Soltanto lui poté salvarsi. I suoi compagni furono ammazzati da contadini armati.

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