Vennero ad arrestarci in casa, all’una di notte, a causa degli scioperi cui
avevamo partecipato in venti o trenta, alla Breda.
Dopo essere state al carcere di San Vittore, ci trattennero
diversi giorni nel carcere di Bergamo prima di inviarci a Mauthausen: compimmo
quel viaggio su carri bestiame, che trasportavano cento o duecento donne per
vagone. Dopo Mauthausen ci trasferirono nelle prigioni di Vienna e
successivamente nel Lager di Auschwitz dove ci spogliarono e ci tagliarono i
capelli: non ci restò nulla fuorché il numero che ci impressero. Il mio era l’ 81297.Non portavamo però la stella, riservata invece agli ebrei
che avevano, peraltro, una numerazione diversa dalla nostra.
Di tanto in tanto riuscivamo a mangiare qualche rapa, che
spartivamo con altre detenute straniere: nella nostra baracca v’erano sette o
otto donne, strette come sardine sui tavolati di legno, con una sola coperta per
tutte quante.
L’appello avveniva alle cinque del mattino e durava fino
alle otto, all’aperto, anche sotto la pioggia.Se Vittoria Gargantini ed io dovessimo raccontare tutto ciò che abbiamo visto e
vissuto, un’intera giornata non sarebbe sufficiente. Nel descrivere
la vita ad Auschwitz, ad esempio, Vittoria non ha sottolineato a sufficienza
quanto terribile fosse quel campo perché, sebbene esistesse il forno
crematorio, i morti venivano lasciati insepolti, l’uno sopra l’altro.
Ripeto, per raccontare tutto ciò che abbiamo visto e vissuto ci vorrebbe molto
tempo.A differenza di Vittoria, alla fine della guerra andai a
Berlino a lavorare in una fabbrica, sulle trance, facendo anche il turno di
notte; non c’era nulla da mangiare.Gli americani ci spostavano continuamente da un campo di
concentramento all’altro a causa dei bombardamenti, finché giungemmo inPolonia in una fabbrica di mine. Il nostro gruppo era formato da una
decina di persone; io mi ammalai e per fortuna arrivarono a liberarci i russi,
che ci diedero da mangiare.Ricordo che soffrimmo di indigestione perché non ricevevamo
cibo da tempo.In seguito gli americani ci sistemarono in un campo da cui
fuggimmo riuscendo da sole a tornare a casa. Quando il campo fu liberato, pesavo trentacinque chili.
Da
«... per non dimenticare». Atti di due incontri a Nova Milanese, con le
presentazioni di Italo Tibaldi (ex deportato del Lager di Ebensee,
sottocampo del Lager di Mauthausen, autore del libro Compagni di Viaggio,
Ed. Franco Angeli, 1994, vice Presidente del Comitato Internazionale di
Mauthausen): «Donne nei Lager. La scelta di testimoniare» (ottobre 1995)
e «Sacerdoti nei lager» (aprile 1996), a cura di Laura Deleidi e Giuseppe
Paleari, Comune di Nova Milanese, Assessorato alla Cultura e Biblioteca Civica
Popolare.