Magazine del Corriere della sera

Controbiografie – Il caso «Grass»

Ecco gli anni ruggenti che l’«SS» Günther non vi ha raccontato

Le bevute, le molestie, le continue erezioni, i proclami. Così viveva fra gli artisti di un locale di Düsseldorf il giovane scrittore tedesco che ha fatto scandalo svelando i trascorsi nazisti. Magazine è tornato nel suo passato: ritrovando amici, nemici e molte sorprese

di Agostino Gramigna

 

La giornata era molto fresca, nonostante fosse luglio, a Stoccarda. Il padre di Ute Scheub, co-fondatrice del giornale tedesco Taz, prese il microfono e, senza tradire emozione, salutò e brindò ai suoi camerati delle SS. Poi di fronte alle 2.000 persone della sala, che si trovavano lì per ascoltare Günther Grass sproloquiare contro la guerra in Vietnam, ingoiò un veleno e si suicidò. Il futuro premio Nobel per la letteratura ('99) rimase molto colpito. Chiese di incontrare la famiglia di Ute, per conoscere la storia del camerata nazista che si era suicidato alla maniera di Hitler. Correva l'anno 1969, era il tempo in cui il quarantaduenne Grass, ormai famoso scrittore, era diventato un punto di riferimento per la giovane generazione tedesca post-guerra, che si stava ribellando ai genitori che avevano detto sì al nazismo. Quella che per emulazione portava i baffi come Grass e rollava le sigarette proprio come faceva lui. Forse anche per questo, l'uomo che ha scritto Il Tamburo di latta, che ha denunciato l'orrore hitleriano attraverso i suoi libri, mai avrebbe pensato che un giorno la sua Germania, anche quella di sinistra, gli si sarebbe rivoltata contro. Dopo aver confessato alla Frankfurt Allgemeine di essersi arruolato volontario nelle SS. Circostanza che ha documentato nel libro (autobiografia) da poco uscito in Germania. Ne sono scaturiti dibattiti e discussioni, in patria e all'estero. E feroci accuse, per aver taciuto 60 anni. Nemmeno Stern l'ha risparmiato. Grass, ha ricordato il settimanale tedesco, ha avuto molte occasioni per confessare. Avrebbe potuto dirlo a Paul Celan, che è stato in un campo di concentramento, quando passeggiava con lui a Parigi. Avrebbe dovuto dichiararlo alla metà degli anni '80, quando lo scrittore criticò duramente l'ex cancelliere Helmut Khol per aver invitato Reagan a Bitburg, un cimitero dove sono sepolti 49 militari delle Waffen SS. Poteva confessarlo al suo biografo ufficiale, Michael Jürgs, ex direttore di Stern, che oggi preferisce non parlare, non ha tempo, dice, troppe interviste, troppe richieste. Troppo rumore. Peccato. Perché forse avrebbe potuto contribuire a comprendere il silenzio di un Nobel su una verità scioccante per i tedeschi, sbattuta adesso in un libro che si chiama Spellando le cipolle. Forse non tutti lo sanno, ma le cipolle sono importanti nella vita di Grass. La mattina è davvero molto fredda, per essere ancora agosto a Düsseldorf. Tra il verde, circondata da platani e alberi maestosi con abbondanti foglie gialle, si trova il Künstler Atelier Haus. La palazzina è a cinque piani, stile liberty e facciate in grigio. Dentro, alle pareti, quadri appesi ovunque. Sono tutte opere degli artisti che ci abitano. Al primo piano, Hannelore Köhler e la sua vicina Trude Esser, ostica e indurita dal tempo, grande amica ai tempi dell' Accademia di Günther Grass. Poco più sopra, c'è la casa-atelier di German Becerra, un'artista che incontrava Grass al Csikós, un ristorante ungherese, assieme a Franz Witte, artista geniale, molto intimo di Grass (quando si trasferì a Berlino, Grass, conoscendo le difficoltà economiche del pittore, gli inviava soldi e pacchetti di cibo). Piove, esce il sole e ancora piove. Il clima cambia in continuazione, in questa città bagnata dal Reno. Köhler guarda gli alberi, fuori dalle gigantesche vetrate. È circondata dai suoi quadri, pennelli e sculture. Oggi, dice, è il mio compleanno. È nata nel 1927, come Grass. «Certo che me lo ricordo. Günther studiava nella stessa classe di Trude, io in quella a fianco. Sono trascorsi molti anni, mio Dio... Grass fu costretto a cambiare professore. Era allievo di Tages, poi passò nella classe di Otto Pankok. Voleva ritrarre una modella nuda, con le gambe aperte. Litigò con Mages che si rifiutò. Era passionale, selvaggio, aveva molte donne». Köhler lo conobbe in una festa, vestito davvero strano, un pantalone rosa e bianco, dal quale pendevano fili e nodi da tutte le parti. Grass aveva la stoffa del leader. Occupava la scena, era sempre al centro. Una volta, Köhler lo sorprese in aula di disegno. Era circondato da studenti, in gran parte donne. Leggeva e recitava poesie di Heine. Trude Esser, che pare sia stata un'amica molto intima di Grass, limitava la sua amicizia alla vita dell’Accademia. Non lo seguiva da Csikós, dove l'ex Waffen-SS andava con gli amici per suonare, fare baldoria, bere alcol e mangiare goulasch.

IL MONDO DI CSIKÓS

Il proprietario di Csikós si chiamava Otto Schuster, un ungherese che amava l'arte e gli artisti, e che in città aveva altri locali. Lo squattrinato Grass ci andava ogni sera per suonare il waschbrett (10 marchi e menù a metà prezzo), per mangiare e sbronzarsi con Slibovitz (una grappa un­gherese) e birra cecoslovacca. Nel suo ultimo libro, lo scrittore parla molto di Csikós che, ai tempi, chiamava la cantina delle cipolle. «Una montagna, servivano per il goulasch», ricorda Becerra che oggi vive tra Düsseldorf e la Borgogna. Di quel periodo, così importante per la formazione e la carriera del giovane Grass, restano oggi, oltre ai ricordi, una foto del suo libretto di iscrizione alla Kunstakademie (ritratto con la cravatta che gli aveva dato padre Fulgenzius della Caritas, dove alloggiava) e un quadro (Das Blechtrommelbild, Il Tamburo di latta), dipinto da Becerra e Franz Witte, oggi esposto nel museo cittadino. Lo aveva commissionato Otto Schuster, per fare pubblicità al suo locale. Sono raffigurati tutti gli artisti dell'epoca, in forma di caricatura. C'è anche Grass, con baffi e un piatto sopra la testa come cappello, c'è Trude, c'è Otto Schuster, ci sono i professori dell'Accademia.

A COLONIA DA NON-TEDESCHI

A sseldorf, Grass c'era arrivato da Colonia, dove abitavano i suoi genitori e la sorella che intanto avevano abbandonato Danzica. Vivevano da rifugiati, trattati dai contadini, che gli avevano dato una stanza, come sporcizia, non-tedeschi. Günther Grass aveva deciso di fare lo scultore. Suo padre non voleva. Era un simpatizzante nazista, aveva un piccolo negozio a Danzica e un giorno spiegò a suo figlio, già diventato famoso, che aveva amato Hitler per un senso di grandezza e opportunismo: il suo negozio subiva meno la concorrenza. Lasciò Colonia dopo aver letto su un giornale che riapriva l'Accademia a Düsseldorf. L'inverno era quello del 1946, la temperatura segnava meno 15 gradi. In realtà la Kunstakademie era ancora chiusa. Lavorò, allora, come scalpellino in un cimitero. La mattina andava a lavorare e prendeva il tram, sempre affollato. C'erano molte donne che parlavano di teatro e che volevano fare le attrici. Il contatto con i corpi produceva nel giovane Grass continue erezioni. Pensava ad altro, per distrarsi, ma non c'era nulla da fare. Temeva che gli altri se ne accorgessero. Come se ne accorsero i professori a Danzica, qualche anno prima, quando fu cacciato dal ginnasio: con la sua cricca, aveva molestato una studentessa. La testimonianza è di Klaus Rainer Röhl, ex marito di Ulrike Meinhof, suo compagno al ginnasio di Danzica. A Düsseldorf, Grass fu ospite della Caritas: padre Stanislao gli aprì le porte della biblioteca, padre Fulgenzius lo vestiva e lo faceva mangiare. Lo scrittore ha sempre avuto parole di affetto e di gratitudine, per i padri francescani. Almeno a parole. Dopo Il Tamburo di latta, ormai famoso, padre Fulgenzius cercò di mettersi in contatto. Avrebbe voluto incontrarlo. «Grass rifiutò, non trovò mai il momento», dice adesso padre Mattheus. «Fulgenzius ci rimase molto male. Grass si giustificò dicendo che non voleva più ricordare quei tempi». Fino a qualche anno fa, la sola cosa che ricordasse la presenza di Grass alla Caritas era una sua scultura. Ma neanche quella c'è più, afferma padre Mattheus, s'è persa. Non s'è persa però la memoria di Becerra, né quella di Trude Esser. Che un po' sono rimasti scossi dalla confessione del loro ex compagno. «A quei tempi non discutevamo di politica. Certo Grass era uno che voleva cambiare il mondo, come tutti i giovani. Ma della guerra o delle SS, Günther non ha mai fatto cenno. Pensavamo a goderci la vita». «Con me parlava solo di amori», aggiunge Trude Esser. La prima sbandata d'amore, Grass la ebbe a Danzica, durante il ginnasio. La ragazza lo rifiutò e lui soffrì moltissimo. Poi fu la volta di Anna Schwarz (che avrebbe sposato), una donna minuta, che aveva conosciuto in Svizzera di ritorno da un viaggio in Francia. Anna era un ballerina, dal corpo minuto, dotata di uno scatto straordinario nella spina dorsale. Grass, grande affabulatore, se ne innamorò subito. Che fos­se un grande affabulatore lo riferì più di una volta Franz Witte a Becerra. «Quando parla non si capisce mai se dice la verità o inventa». Un giorno a Milano, in compagnia di Feltrinelli e di Camilla Cederna (1963), Grass raccontò che con i suoi primi soldi aveva acquistato il 51 per cento di una società petrolifera. Era una balla, ma l'aveva raccontata così bene che tutti l'avevano bevuta. Raccontava un sacco di balle anche alle donne e non faceva nulla per reprimere il suo carattere focoso e passionale. La prima volta che portò fuori Anna Schwarz, pensò di invitarla in pasticceria, salvo poi rinunciare perché a lui non piacevano i dol­ci. La condusse in una birreria e cominciò a bere. Tanto, da dimenticarsi di lei. Attaccò briga con i tipi della bettola. Anna lo fissava muta, stupita che un uomo potesse bere litri di birra senza mai andare in bagno, a fare pipì. Se ne innamorò. Anna, che lasciò suo marito perché non ne poteva più dei suoi tradimenti, abita ancora a Berlino. Röhl la incontrò una volta a casa di Grass, proprio a Berlino. «Voleva creare un'associazione di scrittori della nostra generazione. Fui colpito da sua moglie: riservata, appartata. Non disse una parola».

FOCOSO COME UNO ZINGARO

Con le donne Grass ha avuto un rapporto viscerale. Forse troppo. «Una sera vennero da me il direttore Millach e il maestro Weigle», ricorda Röhl. «Tu sei amico di Grass? Per capire da che parte stessi. È stato cacciato tre volte dalle scuole per intemperanze. Un anno è stato pure bocciato». Quando fu scacciato dal ginnasio Conradinum, andò alla Horst-Wessel Oberschule. «La sua però non era una banda, pre­cisa Röhl, perché all'epoca c'erano pure bande goliardiche antinaziste (Stauberbande). Era a capo di una cricca, formata da circa 20 studenti che si riunivano nel cortile della scuola durante la pausa. A quelli come Röhl, dal fisico cicciottello, la cricca lanciava di tutto: castagne, pietre, ghiande. Era un modo per mettere alla prova i deboli. Grass era forte fisicamente, il migliore nello sport, assieme a Gullatz, amico pure di Röhl. A scuola giocavano a Schlagball (una sorta di baseball). Vinceva chi colpiva fisicamente, con la palla e la mazza, un giocatore della squadra avversaria. Anni fa, in un'intervista, Grass dichiarò che se fosse nato tre anni prima sarebbe diventato un criminale e di aver seguito la massa. Ma che non era entrato a fare parte della Hitler Jung. Tuttavia, Röhl con il Magazine lo ricorda come una figura robusta, statuaria, coi capelli cortissimi ed entusiasta del nazismo. Tanto che a 16 anni, quando arrivò l'ordine di arruolarsi, Grass fini nelle Flak Kompanie (aviazione) dove andavano i migliori e poi nei RRD (Rad Reich Dienst), cioè i gruppi al servizio del Reich. Dopo l'addestramento, il premio Nobel si arruolò nelle SS, a Dresda. «Era tutto molto chiaro, dice Röhl, un percorso preciso. Mi stupisce quando Günther parla di queste cose con stupore». Grass chiamava il suo compagno di ginnasio Susanna la piagnona. Era il professore di educazione fisica, Wallerand, a incitare all'odio contro i deboli. Una volta fu lo stesso Grass a spiegare il suo carattere focoso con le sue origini zingare. Non sa però spiegarsi da dove gli venne l'impulso a scrivere. Il suo primo romanzo lo compose a 16 anni: il giornale della Hitler Jung aveva bandito un concorso letterario. Ambientò la sua storia nel Medioevo e i suoi personaggi erano Casciubi (discendenti di una popolazione slava). Si fermò al primo capitolo: tutti i protagonisti li aveva «suicidati». Ute Scheub aveva 14 anni quando suo padre si suicidò. Un gesto, ha scritto di recente sul Kölner Stadt Anzeiger, di un uomo che non ha saputo fare i conti con il passato. A differenza di Grass, che lo ha fatto, con i suoi libri. Hannelore Köhler sospira, continua a guardare le gocce di acqua che cado­no dalle foglie degli alberi, e ricorda suo marito che si chiamava Günther. Era nato nello stesso anno di Grass. «Chiesero anche a lui, a 16 anni, di entrare nelle Waffen-SS. Fecero pressioni. Ma rifiutò. Non gli fecero nulla. Si poteva dire no, capisce? Grass invece si arruolò. Però era proprio un selvaggio». E sospira.

Magazine del Corriere della sera, 14 settembre 2006

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