la Repubblica
Olocausto,
Irving il negazionista “Mi sono sbagliato, sono colpevole”
Lo
storico britannico sotto processo a Vienna per apologia del nazismo ammette
l'esistenza dello sterminio degli ebrei
Ma
l'accusa non gli crede: "E' un falso pentimento, una farsa"
Vienna
- Dietro front dello storico britannico, a lungo negazionista dell'Olocausto. In
un aula di tribunale. David Irving si è dichiarato oggi colpevole in base alla
legge austriaca al processo che si è aperto oggi a Vienna per apologia del
nazismo. Rispondendo a una domanda del giudice, Irving, ha detto "sì, mi
riconosco colpevole" (in seguito alla legge austriaca che vieta l'apologia
del nazismo) aggiungendo che "dovrò in parte rivedere i miei libri" e
che dovrà chiedere scusa alle persone offese (nella fattispecie gli ebrei). Ma
le parole dello storico non convincono la pubblica accusa: "È un falso
pentimento, una farsa". Davanti ai giudici Irving ha anche ribadito di
essere giunto alla conclusione, sulla base di sue nuove ricerche, di essersi
sbagliato e di essersi distanziato dalle sue tesi del passato. Irving ha detto
di riconoscere adesso l'esistenza delle camere a gas e dell'Olocausto. In realtà
già lo scorso dicembre lo storico autodidatta aveva ammesso di essersi
sbagliato e di aver trovato, in documenti conservati in archivi a Mosca e
Londra, le prove dello sterminio degli ebrei durante il nazismo. L'accusa ha
basato il suo impianto accusatorio su una serie di citazioni che negavano
l'esistenza dell'Olocausto e delle camere a gas prese da interviste e da libri
di Irving in passato. Il dispositivo principale dell'avvocato della difesa è
stato incentrato invece sui seguenti punti: i reati imputati a Irving risalgono
a 17 anni fa; l'imputato, essendo di nazionalità britannica, non
necessariamente poteva sapere all'epoca la severità della legge austriaca che
vieta l'apologia del nazismo; inoltre, secondo la difesa, a favore di Irving sta
il fatto che egli si dichiara colpevole, che non è pericoloso in Austria e che
ha 67 anni. Tutto questi elementi, dovrebbero a suo avviso valere da attenuanti
per un'eventuale condanna.
la
Repubblica 20
febbraio 2006