la Repubblica

Due arresti per l’indagato eccellente

di Antonio Gnoli

Di solito a un imputato, eccellente si riconoscono prerogative - per non dire privilegi - che ai comuni malcapitati sono negate. Il che non significa che un processo con l'accusa di essersi macchiati di crimini di guerra sia meno drammatico. Fatto sta che Carl Schmitt godé di quel rispetto che la fama di giurista gli aveva procurato. Ma dopotutto la posizione di indiscutibile superiorità intellettuale, esercitata durante gli anni del nazismo, poteva risultare un aggravante. In fondo è su questa sottile linea psicologica e morale che si giocala partita tra un intellettuale avventuriero (la definizione fu dello stesso Schmitt) e Robert Kempner, lo scaltro giurista incaricato di interrogarlo nelle settimane che Schmitt passerà nel penitenziario di Norimberga. Di tutta la vicenda - che si compone dei tre interrogatori (in parte qui accanto anticipati) che Schmitt subì e i pareri che gli furono chiesti intorno ad alcune questioni politico-giuridiche - c'è una ri­costruzione meticolosa fatta da Helmut Quaritsch e ora apparsa in italiano con il titolo Carl Schmitt. Risposte a Norimberga (Laterza, pagg. 199, 16 Euro). A un primo sguardo può colpire che l'arresto non fu uno solo ma due. Tra il 1945 e il 1946 fu messo in un campo di internamento di Berlino e interrogato dal comando militare americano. La detenzione, particolarmente penosa come risulta da una lettera del giurista alla moglie, durò circa un anno. Provata la sua estraneità ai crimini di guerra venne scagionato. Il successivo arresto, del marzo del 1947 fu a quanto pare ri­chiesto dalle autorità tedesche. Ma in mancanza di nuovi elementi che rivelassero aspetti deprecabili del comportamento di Schmitt sotto il nazismo, quella decisione appariva sospetta. Quaritsch avanza l'ipotesi che l'obiettivo di Kempner era un altro: servirsi di un giurista che conosceva perfettamente i meccanismi dello stato totalitario per arrivare a stabilire le responsabilità oggettive di quegli uomini che ricoprirono cariche importanti nel regime. Insomma, Hitler sarebbe stato giudicato dalla storia, ma come stabilire il grado di coinvolgimento di coloro che lo appoggiarono e si sarebbero giustificati con l'argomento che furono costretti a farlo? È questa la vera posta in palio: la responsabilità del singolo nel sistema totalitario. Schmitt conosceva perfettamente i meccanismi decisionali. Kempner gli offriva il proscioglimento definitivo, in cambio pretese che la sua dottrina per una volta fosse messa al servizio dello stato liberale.


Carl Schmitt si difende

A Norimberga il celebre giurista fu interrogato sul suo sostegno teorico al nazismo

 

Lei, professor Schmitt, non è tenuto a rispondere, se non vuole o se pensa che le sue dichiarazioni possano essere utilizzate contro di lei. Ma se è disposto a rispondere, allora la pregherei di dire la piena verità, di non tacere e non trascurare nulla. È disposto?

«Sì, ovviamente».

E se dovessi toccare qualcosa che potrebbe accusarla, lei potrà semplicemente dire: di questo non intendo parlare.

«Sono già stato interrogato nel centro interrogatori statunitense e nel campo di internamento. Sarei lieto di poter dire tutto quello che so. Ma vorrei sapere che cosa mi viene addebitato. Tutti gli interrogatori svoltisi finora si sono conclusi con discussioni di carattere scientifico».

Non so che cosa altri signori le abbiano chiesto. lo le dico molto chiaramente che cosa a me interessa: la sua partecipazione diretta o indiretta alla pianificazione di guerre di aggressione, crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

«Pianificazione di guerre di aggressione è una nuova fattispecie molto ampia».

Credo che lei, quale professore di diritto pubblico, sappia esattamente che cos'è una guerra di aggressione. Concorda con me che Polonia, Norvegia, Francia, Russia, Danimarca e Olanda sono state aggredite? Sì o no?

«Ovviamente, ovviamente».

Lei non ha fornito le basi ideologiche per simili cose?

«No».   

I suoi scritti non possono suscitare l'impressione che lei lo abbia fatto?

«Non credo, per chi li abbia letti».

Non ha lei auspicato un nuovo ordinamento internazionale nel senso delle idee hitleriane?

«Non nel senso delle idee hitleriane, e non l'ho nemmeno auspicato, ma ho semplicemente fatto una diagnosi».        

Qual era il suo giudizio sulla questione ebraica in generale e su come è stata affrontata nel Terzo Reich?

«Come di una grande sciagura, e questo fin dall'inizio».

Ha giudicato come una sciagura l'influenza dei suoi colleghi ebrei che erano professori di diritto internazionale?

«A parte Erich Kaufmann non c'era nessun professore di diritto ebreo. Egli era militarista e bellicista. La frase: "L'ideale sociale è la guerra per la sicurezza  è sua, ed è tratta dal libro Die clausula rebus sic stantibus e dal volume Grundlage des Völkerrechts».

Qui però non c'è Kaufmann, ma lei.

«Non lo voglio accusare. Non vorrei nemmeno dare l'impressione di accusare quest'uomo».

Non sosterrebbe neppure che c'era una certa differenza tra un diritto internazionale e un diritto pubblico influenzati giudaicamente e quelli che lei ha insegnato e propagandato?

«La posizione dei colleghi ebrei non era sufficientemente univoca per poter sostenere questo».                        .

Non ha mai scritto niente che andasse in questa direzione?

«No».

Lei non ha mai scritto niente?

«Solo una volta ho scritto che nella teoria del territorio i teorici ebrei non avevano alcuna comprensione per tale teoria del territorio».

Dove lo ha scritto?

«In un breve saggio apparso su una rivista per la ricerca sullo spazio nel 1940-41».

Come si intitola il saggio?

«Non riesco proprio a ricordarmi il titolo».

Da chi era pubblicata la rivista?

«Dall'ufficio del Reich per la ricerca sullo spazio» (…)

Aveva una croce uncinata nella sua sigla editoriale?

«Sì, certo».

Se si leggono i suoi scritti si ricava un'impressione molto diversa da quella che lei ora vuole dare.

«Se li si leggono per intero hanno ben poco a che fare con la questione degli ebrei».

Lei ammette però che questa è assolutamente una teoria di diritto internazionale dello spazio vitale?

«lo parlo di grande spazio».

Anche Hitler era per il grande spazio.

«Lo sono stati tutti, anche personalità di altri Stati».

Leggendo questo saggio si avverte però il più puro stile hitleriano.

«No, Sono orgoglioso di non aver avuto più nulla a che vedere con esso dal 1936».

Prima quindi si può trovare in lei lo stile hitleriano.

«No, non ho detto questo. Fino al 1936 ho pensato che fosse possibile dare un senso a queste frasi fatte».

Lei si è occupato della direzione di diverse riviste di cui prima non si occupava. La Deutsche Juristen - Zeitung, per esempio?

«Dal 1934 al 1936».

Non sarebbe stato meglio non occuparsene?

«Sì, ora lo si può dire».

Vuole forse contestare che si tratta del più puro stile Goebbels? Sì o no?

«Contesto che nel contenuto e nella forma si tratti di stile Goebbels. Vorrei sottolineare il contesto altamente scientifico del passo. Per intenzione, metodo e formulazione si tratta di pura diagnosi».

Vuole aggiungere ancora qualcosa?

«lo sono qui come che cosa? Come accusato?».

Questo lo si chiarirà.

«Tutto ciò che ho detto, e in particolare il passo citato, è da intendersi, per motivazioni e intenzioni, in senso scientifico, come tesi scientifica che potrei sostenere dinanzi a qualsiasi consesso scientifico del mondo».

Noi però siamo di fronte a un tribunale. Lei era il giurista-capo, uno dei più importanti giuristi del Terzo Reich.

«Uno che nel 1936 è stato pubblicamente diffamato su Das Schwarze Korps non può essere definito in questi termini.

Come si concilia la sua affermazione con il fatto che lei, dopo il 1936, ha tenuto conferenze finanziate dal Reich nazista a Budapest, Bucarest, Salamanca, Barcellona, e al Deutsches lnstitut di Parigi, un famigerato istituto di spionaggio e di propaganda, e in altri posti ancora? Ha tenuto conferenze? Sì o no?

«Sì, ho tenuto conferenze. Esse non sono state pagate».

Chi le ha pagato i viaggi?

«Una parte gli istituti che mi invitavano, una parte gli enti tedeschi»,

Quindi, il Reich nazista.

«Queste per me rappresentavano una tribuna, non ne avevo altre» (...)

Per chiarirei ancora una volta su qual è la tesi della pubblica accusa: lei ha collaborato in posizione decisiva alla preparazione di guerre di aggressione e di altri atti criminali a esse connessi? Qual è la sua risposta? La potrebbe precisare in una frase?

«Non ho occupato posizioni decisive né ho collaborato alla preparazione di guerre di aggressione».

la Repubblica, 19 gennaio 2006

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