la Repubblica

Salò, la legge arriva al Senato

Equipara repubblichini e partigiani. L’Unione: nuova vergogna - Da domani in aula la discussione. Appello dell'Anpi a Pera e Casini. Cofferati: decisione della maggioranza insensata.  

di Claudia Fusani

Roma - Diventeranno «militari belligeranti» gli uomini che scelsero di servire Mussolini e la Repubblica di Salò tra il 1943 e il 1945. Diventeranno tutti servitori della patria, così come lo sono i partigiani, i reduci di quella stagione: non solo chi militò nelle quattro divisioni - Littorio, Monte Rosa, San Marco e Italia - ma anche quelli delle bande criminali, come la banda Koch o la banda Carità che davano una mano ai tedeschi nei rastrellamenti a nord della Linea Gotica. Se va tutto come previsto, domani il disegno di legge presentato da An, primo firmatario il senatore Riccardo Pedrizzi, sarà approvato dal Senato per approdare subito dopo alla Camera. L'opposizione non ci sta. «Nel merito e nel metodo» osserva il senatore diessino Walter Vitali: «Questo ddl era scomparso dall'agenda dei lavori un anno fa quando il centrodestra provò a barattarlo con i finanziamenti per il 60 esimo della Liberazione. Adesso è spuntato fuori di nuovo per fare un favore ai repubblichini». Il centrosinistra parla di «assurdità storica basata su discutibili fondamenti giuridici e costituzionali» (Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna) e di «decisione assurda e insensata» (il sindaco di Bologna Sergio Cofferati). «Una nuova legge vergogna con cui si cerca di riscrivere la storia» attacca il verde Paolo Cento. Le Associazioni partigiani di Firenze, il primo comune che si ribellò un anno fa al disegno di legge coinvolgendo tutti i consigli comunali, e di Bologna hanno scritto una lettera al presidente del Senato Marcello Pera e della Camera Pier Ferdinando Casini perché blocchino l'approvazione della legge. Di tutto ciò il senatore Pedrizzi si dice «contento e onorato»: le polemiche sono immotivate perché «i militi della Rsi furono uomini che scegliendo Salò, il generale Graziani e Mussolini, rimasero fedeli alla Patria pur sapendo persa la guerra». Quindi, a tutti gli effetti e dal punto di vista giuridico, «erano militari belligeranti». Per il centro sinistra, invece, «il parlamento sta per approvare una legge che viola la Costituzione antifascista. Dopo l'8 settembre del 1943 il governo legittimo dell'Italia era a sud e non a Salò. Nella "Storia d'Italia" di Giorgio Candeloro i "repubblichini" sono stati circa duecentomila: 52 mila andarono con il generale Graziani, centomila furono arruolati nella Guardia nazionale repubblicana agli ordini di Renato Ricci, 4 mila nella X-Mas, ventimila arruolati direttamente con i tedeschi. «Ma il conto deve tener presente - osserva il professor Paolo Pezzino, consulente della Commissione parlamentare sulle stragi nazifasciste - anche le Brigate nere e le varie bande». Oggi è rimasto qualche migliaio di reduci.

la Repubblica 10 gennaio 2006


La polemica - “Ingiurioso riabilitare i repubblichini di Salò”

di Silvio Buzzanca

Roma - Il Senato si appresta a riaprirei battenti e l'Anpi, l'Associazione nazionale dei partigiani, si mobilita contro il disegno di legge, calendarizzato per l'11 gennaio, che mira a riconoscere lo status di militari belligeranti ai soldati della Repubblica sociale italiana. Un'equiparazione che, secondo l'Anpi è esclusa «in maniera incontestabile» da una legge del 26 aprile 1945, che recita: «Gli ufficiali della Forze Armate che abbiano cooperato e cooperino, dal 13 ottobre 1943, con le forze armate che combattono contro l'Italia, sono senz'altro cancellati dai ruoli con perdita del grado, indipendentemente dall'azione penale da esprimersi nei loro confronti in applicazione delle leggi penali militari e di altre leggi speciali». Il disegno di legge, voluto da Alleanza nazionale, ma sostenuto anche da altri senatori della Cdl, ignora dunque questa legge dello Stato, - Decreto legislativo luogotenenziale 26aprile 1945, numero 294 - mai cancellata. Una norma che non può essere "superata" dalla sentenza del Tribunale supremo militare del 1954, su cui si fondano le motivazioni favorevoli all'equiparazione. Inoltre un gruppo di giuristi, fra cui i presidenti emeriti della Corte costituzionale Giuliano Vassalli e Giovanni Conso, hanno fatto notare che la Cassazione, anche a Sezioni unite, prima e dopo il 1954, ha «ritenuto legittime una lunga serie di condanne per i delitti di aiuto militare al nemico e di aiuto al nemico nei suoi disegni politici». E affermano che il disegno di legge in questione si trova in un conflitto insanabile con l'ordinamento giuridico vigente in Italia, con il diritto internazionale, con la stessa Costituzione e con la verità storica». Motivi che spingono il centro sinistra e molti studiosi ad avversare il provvedimento. Ieri, per esempio, lo storico Enzo Collotti ha scritto sul Manifesto che «si vuole capovolgere un paradigma interpretativo di fondamentale importanza per la Repubblica antifascista». Secondo Collotti è palese l'intento di «riabilitare i combattenti della Rsi e attraverso di essi l'intera esperienza della Repubblica sociale di Mussolini». In prima fila contro il progetto di legge anche Armando Cossutta. Secondo il presidente del Pdci, ex partigiano, «la destra intende chiudere la legislatura con uno schiaffo alla Resistenza, a tutti coloro che hanno immolato la propria vita nella lotta di liberazione».

______________________________  

Morto il partigiano “Bill” arrestò Mussolini a Dongo

Negli ultimi anni aveva proposto la necessità di una "riconciliazione" con gli ex fascisti. E tenne una conferenza in un circolo di An – Urbano Lazzari scoprì il Duce nascosto trai tedeschi. Poi sostenne che fu Longo a giustiziarlo

di Massimo Novelli

Torino - Era la mattina del 27 aprile 1945 quando a Dongo, sul lago di Corno, gli uomini della cinquantaduesima brigata Garibaldi fermarono un'autocolonna tedesca diretta in Svizzera. A bordo del quinto camion, i partigiani scorsero un uomo rannicchiato in un angolo, con l'elmetto in testa e addosso un cappotto militare ben abbottonato. «Camerata ubriaco, vino!» cercò di spiegare un soldato. Insospettito, uno dei partigiani avvertì il compagno «Bill», il più alto in grado. Lui si avvicinò, osservò, capì: «Lo chiamai. Prima gli dissi: "Camerata!". Niente, nessuna risposta. Allora feci: "Eccellenza!". Ancora niente. Provai così: "Cavalier Benito Mussolini!". Ebbe come una scossa elettrica. Saltai sul camion e, di fronte al suo stupore, gli dissi: "In nome del popolo italiano, io l'arresto"». L'uomo che arrestò il Duce, il «Bill» di quei giorni di furore e di liberazione, è morto martedì notte all'ospedale di Vercelli. Si chiamava Urbano Lazzaro, aveva ottantun anni e una vita avventurosa e controversa alle spalle. Dopo la fine della guerra era entrato nella società idroelettrica Sip. In veste di funzionario aveva girato il mondo, stabilendosi quindi a Rio de Janeiro. Ma i venti mesi di guerra partigiana, i misteri legati all'arresto e alla fucilazione di Mussolini e di Claretta Petacci, e soprattutto quelli riguardanti il famoso «oro di Dongo», continuarono a segnare la sua esistenza. Erano ricordi pesanti, incancellabili, per chi era comunque entrato nella storia. E «Bill» cominciò a riversarli in libri di memorie e di polemiche, uno dei quali scritto con Pier Luigi Bellini delle Stelle, il «Pedro» che era stato al suo fianco nella primavera del '45. Andando controcorrente, e forse anche contro la verità dei fatti, l'ex vice commissario politico della cinquantaduesima Garibaldi iniziò a sostenere la tesi che sarebbe diventata un suo cavallo di battaglia. Era quella che individuava in Luigi Longo, uno dei capi della Resistenza e del partito comunista clandestino, futuro segretario generale del Pci, l'uomo salito a Giulino di Mezzegra per giustiziare il Duce e la Petacci. Secondo Lazzaro, in sostanza, il vero comandante «Valerio», il fucilatore di Mussolini, sarebbe stato «Gallo», il nome di battaglia di Longo, e non Walter Audisio, come invece raccontarono e raccontano sempre le versioni ufficiali. Negli ultimi anni, Lazzaro aveva poi intrapreso un suo discusso processo di revisione del periodo partigiano, propugnando una sorta di «riconciliazione nazionale» con gli ex fascisti della Repubblica di Salò. Su posizioni di destra, come ormai lo consideravano i compagni della Resistenza, nel giugno del 1997 «Bill» volle stupire ancora una volta tutti e accettò di tenere una conferenza in un circolo di Alleanza Nazionale. Pur non pentendosi del suo passato «rifarei quello che ho fatto allora, allo stesso modo, con lo stesso spirito di quei giorni»), nell'afosa Vercelli fu il protagonista di una serata a suo modo memorabile. Accolto da un senatore postfascista come «un galantuomo», Lazzaro raccolse più di applauso affermando, tra l'altro, che Mussolini era stato ucciso senza un regolare processo e che la fucilazione, sebbene l'ordine di ammazzarlo fosse stato emanato da tutto il Comitato di Liberazione Nazionale, «fu arbitraria». L'uomo che aveva contribuito in qualche modo alla fine del Duce, quella sera, volle ancora dire qualche parola sul «rispetto che egli ebbe per il prigioniero eccellentissimo». l militanti di An parlarono infine di «serata storica». Più di un ex partigiano preferì commentare, con amarezza, che iniziative di quel genere avrebbero condotto alla «fine della storia e delle sue differenze».­

la Repubblica 5 gennaio 2006


La polemica - "Partigiani uguale repubblichini" al Senato arriva la legge ad hoc

Protestano le associazioni della Resistenza. Cossutta: schiaffo alla guerra di Liberazione - La Cdl torna alla carica, il testo andrà in aula subito dopo le feste

Roma - La Cdl torna alla carica sul disegno di legge che mette sullo stesso piano i "repubblichini" di Salò e i combattenti della Resistenza. La conferenza dei capi­gruppo del Senato ha infatti deciso di rimettere all'ordine del giorno il contestatissimo provvedimento e l'11 gennaio, alla riapertura di Palazzo Madama, o il 12, il testo potrebbe essere esaminato e votato. La decisione ha subito sollevato le proteste dell'Unione, «È in atto l'estremo tentativo - commenta il presidente dei Comunisti italiani Armando Cossutta - di mettere sullo stesso piano i partigiani ed i volontari della libertà, e chi ha partecipa­to, invece, su ordine dell’esercito invasore, a rastrellamenti, a fucilazioni e a sevizie orrende». «Rispetto per i morti, nessun sentimento di odio, conclude Cossutta - ma tutte le forze, di ogni formazione politica, che si riconoscono nei valori della resistenza debbono saper dire un deciso no a questo pericoloso spirito di revanche volto a cancellare la memoria storica delle pagine più dolorose delle vita nazionale». «Trovo aberrante che la maggioranza del Senato abbia voluto iscrivere all’ordine del giorno per i primi di gennaio la proposta vergognosa di equiparare i reduci di Salò ai partigiani che contribuirono a liberare l'Italia dall'occupazione tedesca e dalla dittatura fascista», aggiunge Walter Vitali, ex sindaco di Bologna e oggi senatore ds. Mobilitati anche i capigruppo comunali del centro sinistra di Firenze che parlano di «uno schiaffo alla Resistenza, a tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita ed hanno combattuto nella lotta di Liberazione del paese dal nazifascismo». Protesta anche la provincia di Bologna e annuncia mobilitazione l'Anpi, l'Associazione dei partigiani. Il progetto di legge, primo firmatario il senatore di An Giovanni Collino, sostenuto da un nutrito gruppo di colleghi di partito, è composta di soli due articoli. Il primo recita che «i soldati, i sottufficiali e gli ufficiali che prestarono servizio nella Repubblica sociale italiana (Rsi) sono considerati a tutti gli effetti militari belligeranti, equiparati a quanti prestarono servizio nei diversi eserciti dei paesi tra loro in conflitto durante la seconda guerra, mondiale». Il secondo ordina ai distretti militari di aggiornare i fogli matricoli degli interessati. Il testo, dopo il Senato, dovrebbe, essere approvato dalla Camera e forse non ci saranno i tempi tecnici per arrivare al varo definitivo. Ma la Cdl, e in particolare An, vuole fissare un altro mattone revisionista. Inoltre il partito di Fini, dopo avere concesso alla Lega la devolution e all'Udc il proporzionale vuole marcare la sua presenza. Dunque An preme per l'approvazione, del provvedimento, da sbandierare in campagna elettorale insieme al giro di vita sulla droga. La discussione generale sul disegno di legge Collino si è svolta nello scorso febbraio, quando la Cdl cercò di "scambiare" il finanziamento per le celebrazioni del 60 della Liberazione con il via libera all’equiparazione fra i combattenti. (si.bu.)

la Repubblica 31 dicembre 05

sommario