la Repubblica

Strage S. Anna, tre Ss a giudizio

Era il 12 agosto del 1944, i nazisti massacrarono 560 persone. Gli ufficiali, che vivono in Germania, hanno oggi 83 e 80 anni - Processo dopo 60 anni dall'eccidio, il governo sarà parte civile - I nomi dei colpevoli del Battaglione Panzergrenadier erano rimasti ignoti fino a pochi mesi fa - La prima udienza è fissata per il 20 aprile. Ma la lista degli indagati sembra destinata ad allungarsi

di Simona Poli

FIRENZE - Chi è ancora vivo lo tiene fisso in fondo agli occhi il ri-cordo di quel giorno di sessant'anni fa: 12 agosto 1944, le Ss massacrano 560 abitanti di un paesino arroccato tra le vette delle Alpi Apuane, in Versilia. Bambini, anziani e donne per la maggior parte, gente senz'armi, arresa in partenza, terrorizzata, strappata via dalle case, ammassata all'aperto, macellata senza pietà. In Italia il nome di Sant'Anna di Stazzema è legato alla strage nazista, una delle tanti rimaste senza colpevoli. Fino a ieri, fino alla decisio-ne del giudice per le udienze preliminari dei tribunale militare di La Spezia Roberto Rivello di rinviare a giudizio tre ex ufficiali del II Battaglione Panzergrenadier, divisione Riechsfuhrer Ss. Due di loro hanno 83 anni, il terzo 80, si chiamano Gerhard Sommer, Alfred Schonenberg e Ludwig Sonntag. I loro nomi sono saltati fuori appena qualche mese fa, dopo l'apertura dei cosiddetti "armadi della vergogna" che per decenni hanno nascosto al mondo le atrocità compiute dai tedeschi in ritirata, impedendo a testimoni e sopravvissuti di chiedere giustizia per familiari e amici uccisi e gettati nelle fosse comuni. Erano sei e non solo tre i presunti colpevoli. Per due di loro (Werner Bruss e Georg Rauch) è stato pronunciato il non luogo a procedere e per l'ultimo, Heinrich Schendel di 82 anni, Rivello ha rinviato gli atti al pubblico ministero dandogli 5 mesi di tempo per fare altre indagini. Il processo inizia il 20 aprile, Sant'Anna in aula ci sarà, il Comune si è costituito parte civile insieme all'Associazione dei martiri, alla Provincia di Lucca, alla Regione Toscana e - da ieri - anche al governo italiano, che parla attraverso l'avvocato di Stato Gian Mario Rocchitta: "I crimini nazifascisti sulle popolazioni inermi hanno assunto il significato di simbolo di tutto ciò il significato è contro il diritto e la dignità dell'uomo". Assenti gli imputati, che non si erano presentati neppure alla prima udienza preliminare del 2 dicembre scorso, a cui assistevano invece gli abitanti di Sant'Anna Enio Mancini, ora direttore del museo della Resistenza, ed Enrico Pieri, che quel 12 agosto perse tutta la sua famiglia. "In questi anni - spiegavano - abbiamo sofferto anche per il fatto che nessuno ha pagato per questa strage, né i tedeschi né gli italiani che fecero da guida ai nazisti". Una parte di verità adesso sta emergendo e la lista degli indagati sembra destinata ad allungarsi. Il pubblico ministero della procura militare di La Spezia Marco De Paolis - che per accelerare le ricerche sulle stragi un anno fa ha creato un gruppo investigativo bilingue composto da carabinieri e Guardia di finanza - ha aperto un secondo procedimento per il reato di strage a carico di altre ex Ss ancora viventi, Tra queste Mathias Alfred Concina, 85 anni, italo-tedesco, residente in Germania in una casa di cura per anziani. Era stato sentito come persona informata dei fatti ma il suo status è cambiato durante l'interrogatorio: avrebbe fatto parte dello stesso battaglione comandato da Sommer che, insieme ad altri quattro reparti, sterminò 560 civili indifesi. La tesi della "rappresaglia" non sta in piedi. "Quella di Sant'Anna è stata una strage pianificata", sostiene De Paolis, "e Chi l'ha diretta sapeva di eseguire ordini manifestamente criminali". Per decidere il rinvio a giudizio sono bastati 100 minuti alla camera del consiglio.

la Repubblica - 13 gennaio 2004


STAZZEMA - Sant'Anna chiede i dossier delle stragi

Sant'Anna di Stazzema chiede l'armadio della vergogna, che per 50 anni ha celato 695 fascicoli che documentavano le stragi nazi-fasciste. Il sindaco di Stazzema, Lorenzoni, vuole custodire nel Museo della Resistenza di Sant'Anna l'armadio simbolo del sopruso e della vergogna della verità occultata.

la Repubblica - 18 febbraio 2004


Grazia a Priebke, no di Ciampi

"Possibile solo con il perdono dei familiari delle vittime" - Ieri al Quirinale nell'incontro con il presidente tedesco Rau. "Valutare il significato di quel periodo per l'Italia"- Una contrarietà espressa in modo chiaro, assoluto. A pochi giorni dall'approvazione della legge Boato

di Giorgio Battistini

ROMA - Nessuna grazia a Priebke. Lo annuncia Carlo Azeglio Ciampi in persona, lo stesso giorno in cui vengono vietate dal prefetto di Roma manifestazioni di sostegno e protesta per l'ipotesi di grazia al criminale nazista (92 anni) responsabile dell' uccisione di 335 persone alle Fosse Ardeatine. Un no chiaro ed esplicito pronunciato al Quirinale, di fianco al presidente tedesco Rau, rispondendo alla domanda d'una giornalista tedesca. Un no che dev'essere anche pesato un po' al capo dello Stato, perché pronunciato in presenza del suo amico Rau: l'uomo che, nell'estate di tre anni fa a Marzabotto, commosso chiese scusa a nome del popolo tedesco per il dolore provocato dai nazisti. È arrivato in serata a Roma, il presidente della Germania, per una sorta di commiato ufficiale, a poche settimane ormai dalla scadenza del suo mandato. Un cordiale incontro nello studio di Ciampi a parlare d'Europa. Poi la conferenza stampa davanti a giornalisti italiani e tedeschi. E proprio da una di questi, riferendosi allo scontro sulle tre manifestazioni annunciate, (giudicate una "provocazione" dall'Anpi, Associazione partigiani, osteggiate dal sindaco Veltroni infine proprio da una di questi, riferendosi allo scontro sulle tre manifestazioni annunciate, indicate una "pro (giudicate Associazione partigiani, osteggiate dal sindaco Veltroni infine vietate dal prefetto Serra) arriva la domanda sulla grazia a Priebke, rilanciata in mattinata da un articolo di Adriano Sofri su Repubblica. La contrarietà di Ciampi è espressa in modo chiaro, netto, assoluto. E oltretutto cade pochi giorni prima dall'approvazione, alla Camera, della legge Boato che modifica i criteri stessi della concessione di grazia ora previsti dal la Costituzione. Il suo no è indiretto e trasparente. In Italia, dice, "la grazia presuppone il perdono dei familiari delle vittime. E non credo che gli attuali sentimenti dei familiari di coloro che sono sepolti alle Fosse Ardeatine, dove ogni anno mi reco a rendere omaggio, siano tali da condividere questa richiesta di grazia". Un no motivato su una materia che tante volte ha riempito le cronache, dopo la cattura del criminale nazista in Sudamerica (ora agli arresti in un'abitazione esterna al carcere). L'argomento, spiega senza nemmeno sfiorare la parola "grazia", "implica una precisa valutazione di ciò che ha significato, per gli italiani, il periodo doloroso che va dall'armistizio dell'8 settembre al termine della guerra". Perché "l'orrendo eccidio delle Fosse Ardeatine è qualcosa di più d'un delitto. È un delitto contro l'umanità che ha colpito profondamente i sentimenti del popolo italiano". L'argomento è chiuso. Per le verità Erich Priebke (come nel '78 Herbert Kappler, liberato dalla moglie con la complicità degli apparati di Stato in cambio d'un indispensabile prestito all'Italia) sembra disporre d'un piccolo personale "partito" in Italia. D'una lobby che si batte per la sua riabilitazione, anche a colpi d'interviste Ancora una nei giorni scorsi. Lui stesso, cinque anni fa, ha querelato decine di giornali italiani, chiedendo massicci risarcimenti perché l'avevano definito "torturatore di massa, carnefice". Nell'ottobre scorso un'accesa battaglia dei familiari delle vittime ha bloccato una sua intervista alla radio di Stato. Immediata protesta d'un deputato di An, Antonio Serena, per evitare che "in futuro si ripetano situazioni vergognose e antidemocratiche". Come il blocco dell'intervista all'ex ufficiale nazista, appunto. S'è parlato soprattutto d'Europa e della sua Costituzione nell'incontro al Quirinale tra i due presidenti, italiano e tedesco. Ciampi rifiuta l'idea d'una unione "a due velocità. Mai pensato a un'avanguardia di fondatori né tantomeno a gruppi di testa di alcune nazioni", spiega. "La firma del Trattato costituzionale, in questo momento difficile, sarebbe una potente iniezione di fiducia" per l'economia. Il tempo stringe, la Costituzione non può fallire, concordano i due presidenti d'accordo fin dal '99: "Siamo chiamati a non rinviare oltre una grande responsabilità". Serve adesso "uno scatto d'orgoglio e l'esercizio d'una responsabilità politica". Con un altro rinvio "tutto diventerà più difficile".

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Quel diritto a non perdonare

di Miriam Mafai

Io non ho avuto né parenti né amici seppelliti in quel carnaio. Non sono dunque tra coloro che potrebbero o dovrebbero, secondo Adriano Sofri, perdonare quello che era allora un giovane ufficiale tedesco e che oggi è un novantenne condannato all'ergastolo, e consentirgli di tornare a casa sua, a Barilolce, dove lo aspetta una moglie altrettanto vecchia e malata. Ho visto anch'io i manifesti affissi sui muri di Roma nei quali i promotori di una manifestazione per la grazia a Priebke accostavano il suo nome a quello del detenuto di Pisa. Un accostamento osceno. Ma non riesco, per quanto onestamente mi sforzi, a condividere la posizione di Sofri, quando chiede alla comunità ebraica di Roma di perdonare l'ergastolano, o più precisamente, di "voltare le spalle e il viso alla scena nella quale si consumerà il tempo estremo di uno che si prestò ad essere un odioso nemico". Non faccio nemmeno parte della comunità ebraica di Roma. E non credo che si debba chiedere a questa un atto di generosità o di comprensione. Anche perché tra le vittime delle Ardeatine non c'erano solo ebrei, ma anche ragazzi che, nati e cresciuti a Roma, non sapevano forse nemmeno dove fosse la sinagoga, e ufficiali del nostro esercito che, combattendo contro i tedeschi, pensavano di servire ancora il Re. A me sembra che nessuno di noi, dei sopravvissuti a quelle tragiche vicende, abbia il diritto di perdonare. Solo le vittime potrebbero, forse, farlo. Ma quelle non ci sono più. Sono state sepolte sotto la calce e il tufo di quella cava a pochi chilometri dal centro della nostra città. Ci sono reati, i delitti contro l'umanità, che non cadono mai in prescrizione. Tra poche settimane, il 20 aprile, sarà celebrato a La Spezia il processo contro gli autori della strage di S. Anna di Strazzema, dove nel maggio del 1944, centinaia di civili vennero trucidati, molti bruciati vivi con i lanciafiamme (non vennero risparmiati nemmeno i bambini, nemmeno le donne in stato interessante) da un gruppo di SS agli ordini di un certo sergente Sontag. Non credo si esprima in questi tardivi processi nessuna volontà di vendetta. Ma un desiderio di verità e di giustizia si. Ed io credo che questo desiderio di verità e di giustizia non possa, non debba, venir soverchiato dalla pur comprensibile umana pietà di cui si è fatto interprete e portatore Adriano Sofri, l'unico che può farlo con tanta sensibilità, intelligenza, e pudore. lo, lo confesso, non ci riesco. E, da legno secco della storta pianta umana di cui tutti siamo fatti, non credo che questo mio sentimento Possa essere considerato alla stregua di una mancanza di umanità, quasi una colpa. Il nostro mondo è ancora oggi pieno di, atrocità consumate a danno di vittime innocenti. il fatto che tali atrocità vengano ancora commesse non ci esime dal ricercare e condannare i responsabili di quelle commesse nel passato Al contrario. Se chiedo, sia pure invano, che Pinochet, ormai vecchio e gravemente malato, sia condannato per i suoi delitti non vedo perché dovrei provare compassione per il vecchio nazista che è stato riconosciuto, e si è ammesso colpevole della strage delle Ardeatine. Per questo, a differenza di Sofri ho condiviso la decisione di Walter Veltroni e del prefetto Serra di non concedere una Piazza della nostra città a coloro che intendevano manifestare a favore della grazia per il vecchio e non pentito nazista. Per questo ho apprezzato le parole pronunciate ieri sera dal presidente Ciampi che ancora una volta ha saputo interpretare i sentimenti della maggior parte di questo Paese, cui qualcuno vorrebbe impedire di ricordare il proprio passato, sottoponendolo ad una sorta di lobotomia in virtù della quale nessuno dovrebbe più essere in grado di distinguere le vittime dagli assassini.

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"Quell'uomo non s'è mai pentito non arriverà la nostra clemenza"

Parla Giovanni Gigliozzi: alle Fosse Ardeatine ha perduto un cugino. "Aveva 30 anni e due figli..."

di F. Sa

ROMA - "Impazzita. Capite? Impazzita. Sotto i miei occhi. Ho visto una donna diventare pazza all'improvviso davanti al corpo del figlio ucciso alle Fosse Ardeatine". Perdonare Priebke? Giovanni Gigliozzi, presidente dell'Anfim (Associazione nazionale dei martiri caduti per la libertà della patria) risponde raccontando questo episodio.

Ma se il presidente Ciampi vi chiedesse un sì o un no?

"Perdonare... no. Come potremmo? il perdono presuppone un mutamento nell'atteggiamento di chi ha fatto il male".

Priebke dice di "pensare ogni giorno a quei poveri caduti"...


"Sono passati sessant'anni, ma quell'uomo non ha cambiato atteggiamento. Non ha rinnegato niente. Continua a ripetere che è stato costretto dagli ordini".

Qualcuno sostiene che non ha senso tenere rinchiuso un vecchio di novantuno anni...

"Guardi che il nostro non è bisogno di vendetta. Non c'entra niente. Ma c'è stata una sentenza definitiva e Priebke adesso deve scontare la pena. E poi ... ".

E poi?

"Quei poveretti non avevano fatto nulla e sono stati strappati alle loro famiglie e uccisi".

Lei ha perso qualcuno alle Fosse Ardeatine?

"Sì, mio cugino", Giovanni Gigliozzi per un attimo si interrompe. Poi riprende, "Romolo Gigliozzi", scandisce lentamente il nome, "Era un ragazzo di trent'anni con due figli piccoli".

Che cosa ha fatto?

"Niente. Assolutamente niente. Quando i soldati sono arrivati lui era appena uscito da un bar della Magliana. Ecco, si sarebbe salvato, era già salvo, ma per un attimo ebbe paura che i suoi figli piccoli fossero rimasti nel bar. E tornò dentro... per questo lo hanno ucciso. Perché temeva che i suoi figli fossero in pericolo e non è riuscito a trattenersi". Romolo Gigliozzi oggi, se fosse vivo, avrebbe novant'anni, uno meno di Priebke. Sarebbe nonno. Invece la sua vita è finita nelle Fosse Ardeatine, una delle 335 scelte a caso in giro per Roma. Giulia Spizzichino ha perso 20 famigliari nel campi di sterminio e altri 7 quel 24 marzo 1944: "Ero affacciata alla finestra, ricordo mio nonno che saliva sul camion... e con lui i miei zii, i cugini. Sapevo che stava succedendo qualcosa di terribile, che non li avrei mai più rivisti". Il perdono? "lo Priebke l'ho già perdonato, anche se quel giorno è morta una parte di me. Se la mia vita è stata devastata. Ma io non posso perdonare in nome dei morti, non posso parlare per chi è stato ucciso con un colpo alla nuca. No, è giusto che Erich Priebke sconti la sua pena".

la Repubblica - 6 marzo 2004


Sabato blindato a Roma dopo il divieto alle manifestazioni

"No alla grazia per Priebke" tutti d'accordo con Ciampi - Fini si schiera con il capo dello Stato. Gasparri: anche per Sofri lo stesso rigore - Bertinotti: quell'uomo continua a rivendicare i suoi crimini, la partita è chiusa

di Massimo Lugli

ROMA - Una città blindata ma tranquilla e, nel mondo politico, un coro di consensi alla decisione di Carlo Azeglio Ciampi: nessuna grazia per Erich Priebke. Molte voci contrarie a un provvedimento di clemenza per l'ex capitano delle Ss si levano anche da destra mentre l'associazione "Uomo e libertà", dopo il divieto delle tre manifestazioni indette per ieri pomeriggio, si è riunita in un'assemblea al residence Ripetta. Grande assente il parlamentare Carlo Taormina che il giorno prima aveva revocato la sua adesione. Tra il pubblico, invece, anche Paolo Signorelli, condannato a tre ergastoli per il terrorismo nero e successivamente assolto. Qualche croce celtica al collo e qualche svastica tatuata sul collo ma, nel complesso, un pubblico da matinée teatrale età media sulla sessantina. Sul palco, anche i familiari di due martiri delle Fosse Ardeatine: Annamaria Canacci e Liana Gigliozzi. Paolo Giachini, presidente dell'associazione (che ospita Erich Priebke a casa sua) ha definito l'ex ufficiale "l'ultimo prigioniero della seconda guerra mondiale". Grandi applausi quando Giachini ha attaccato Israele "il paese con le leggi razziali più dure del mondo". Tutt'intorno, un apparato di sicurezza imponente che ha dato un aspetto minaccioso allo shopping del sabato pomeriggio. Presidiata anche piazza Santissimi Apostoli dove dovevano svolgersi le tre manifestazioni vietate all'ultimo momento. Alle Fosse Ardeatine, un presidio silenzioso di familiari dei martiri: "Vogliamo essere lasciati in pace e conservare la memoria delle vittime". "Sono molto soddisfatto, il territorio è stato ben presidiato dalle forze dell'ordine e non ci sono stati incidenti, tutto è andato bene" riassume il prefetto Achille Serra. Ma il nome del detenuto novantunenne continua ad agitare il panorama politico. "Bene a questo rigore del Capo dello Stato nei confronti di Priebke, che condivido pienamente dice il ministro Maurizio Gasparri benissimo anche al super rigore che ci sarà nei confronti di Sofri. Non voglio fare accostamenti impropri ma l'Italia non capirebbe un gesto di clemenza nei confronti di Sofri". Anche il vicepremier Gianfranco Fini condivide le parole di Ciampi su Priebke ma rifiuta di tirare in ballo Adriano Sofri: "Nulla da dire su chi fa certi paragoni, non c'è l'obbligo di parlare di tutto". Lapidario il presidente della regione Lazio, Francesco Storace (An): "Sono contrario alla grazia, se Priebke ha commesso degli errori è giusto che paghi". Consensi alla linea dura di Ciampi da Fausto Bertinotti ("Priebke è una persona che rivendica i crimini che ha commesso Per me la discussione si chiude qui") E Paolo Cento (Verdi): "La grazia è improponibile, si tratta di crimini contro l'umanità". Rocco Buttiglione, ministro delle politiche comunitarie, ricorda che "senza il perdono delle vittime, nessuno ha diritto di perdonare".

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Così parlò il boia delle Ardeatine" Io un assassino? Che parolona"

Maggio 1994: l'incontro con Priebke nel suo rifugio andino di Bariloche pochi giorni prima dell'arresto - "Non mi sono mai nascosto, tanti di noi vivono in Italia e nessuno si scandalizza" - "Quel giorno certo che sparai, più volte  - Era un ordine e quelli erano tutti terroristi"

di Emanuela Audisio

Priebke, dieci anni fa. Viveva a Bariloche, una specie di Baviera argentina, con a destra le Ande. Posto non facilmente raggiungibile: duemila chilometri da Buenos Aires, venti ore di treno, ventidue di pullman, quattro ore di strada di montagna dalla città più vicina. "Repubblica" fu il primo giornale ad intervistarlo. Erich Priebke, come si faceva chiamare, era sull'elenco telefonico. Ed era molto disponibile. Non si vergognava, né si pentiva di nulla. Abitava in via 24 Settembre, al numero 167, dove c'era una clinica. Stava all'ultimo piano di una sua palazzina, affittata ad una casa di cura. Bariloche sembrava un pezzo di Foresta Nera: tetti d'ardesia, chalet con gerani, salumerie con specialità tedesche in vetrina, birrerie con il nome "Vecchia Monaco", pasticcerie che esponevano apfelstrudel, edicole con quotidiani di Francoforte in bellavista (la stampa argentina invece a terra, dietro al bancone). Herr Priebke indicò fiero che aveva lavorato proprio in quel negozio, in quell'orgia di salsicce. Disse che li si trovava bene: c'era il lago Nahuel Huapi, le montagne con la neve, e bei salmoni da pescare. Però l'Italia era un'altra cosa. C'era ancora a Roma quel ristorante ai Fori? Dio, come si mangiava bene. Gli sarebbe piaciuto tornarci. Gli ufficiali tedeschi erano ben serviti. E poi gli spettacoli all'Arena di Verona, grandiosi. Priebke era contento di parlare con un giornale italiano, citava altri nomi di trattorie, voleva sapere se si mangiava ancora fuori, in terrazza. Sospirava, con fredda nostalgia: chissà, magari un giorno. Si arrabbiava solo se qualcuno, parlando di lui, usava la parola "nascosto". Figurarsi se si era nascosto. "Ero qui, lavoravo negli alberghi, come maitre. E viaggiavo, sono stato a Berlino, in Italia. Sempre con il mio nome. Chiesi anche un incontro con Kappler, quand'era nel carcere di Gaeta, ma non fu possibile vederci. Allora gli scrissi, cose private. Io le cose le ho sempre dette: alle Fosse Ardeatine prima sparò Kappler, poi noi, gli altri ufficiali. Alcuni di loro vivono ancora in Italia, nessuno li cerca, nessuno si scandalizza. Non farò i nomi, perché non voglio metterli in difficoltà. Ho sempre parlato con i miei amici di Badoglio, del duce, senza difficoltà". Piccolo gesto della mano, come a dire: lasciamo perdere, roba passata. Lo infastidiva anche la timidezza della domanda sulle Fosse Ardeatine: lui aveva sparato? "Ma certo, cara". Quante volte? "Una, due, tre: come posso ricordare con precisione? E poi che importanza ha? Era un ordine. E quelli erano tutti terroristi". No, questo non era vero. "Ma si, dai". Si considerava un assassino? "Oddio che parolona. Ho ammazzato, così mi avevano detto di fare. Ma non per gusto personale. Tra l'altro a noi ufficiali, dei morti in via Rasella non importava niente. Fossero stati nostri ragazzi. Ma erano del Tirolo, più italiani che tedeschi". insomma, soldati che potevano anche essere uccisi, senza che uno nato a Berlino sentisse il dovere dì piangerli". Insisteva sulle Fosse Ardeatine: "Nessuno di noi pensava o voleva vendicarsi, l'ordine arrivò molto dall'alto. Kappler fu inflessibile, costrinse a sparare anche il cuciniere". Priebke era direttore della scuola "Primo Capraro" di Bariloche, dove non si parlava male di Hitler, dove era vietato mostrare film sui campi di concentramento. A chi interessavano in quella località di montagna dove nel corso degli anni avevano trovato rifugio un centinaio di nazisti in doppiopetto? Priebke parlava del suo arresto a Bolzano, il 13 maggio 1945, con il generale Karl Wolff, comandante delle Ss in Italia, come un atto di vigliaccheria. Era poi riuscito a fuggire da un campo di prigionia, a nascondersi a Vipiteno, dove aveva fatto lavori di campagna, "molto faticosi". Infine l'imbarco a Genova con moglie e figli, ma soprattutto con un passaporto della Croce Rossa. Non capiva la giustizia italiana: cosa volevano da lui? "Bariloche è piena di ex nazisti. Così come l'Italia. Ne conosco molti che a guerra finita sono rimasti a vivere nei dintorni di Roma. Ce n'era anche uno, fidanzato con una ragazza italiana, che era stato addirittura scelto come comparsa in un film sulle Fosse Ardeatine. Dicevano che in divisa sembrava un perfetto tedesco. Anche Harster, il mio capo, che contava molto più di me, ogni anno andava a vedere gli spettacoli all'Arena di Verona. Senza mai essere fermato. Gli italiani esagerano, perché se la prendono con me? La colpa è dei partigiani, di chi fece l'attentato". Era un vecchio stizzoso, Priebke. A posto con la storia, con il suo passato e presente. Peccato, non avere più tempo per andare a pesca di salmoni. Peccato, tutta questa ostinazione nel ricordare. A cosa serviva?

la Repubblica - 7 marzo 2004


A Sant'Anna la commissione bicamerale

Da lì ha cominciato il suo itinerario nella storia delle stragi

Prima visita a Sant'Anna di Stazzema dei parlamentari della commissione bicamerale d'inchiesta sui crimini nazisti presieduta da Flavio Tanzilli. "Abbiamo deciso all'unanimità di iniziare da qui il nostro itinerario delle stragi", ha detto ieri Tanzilli, "credo che sia nostro dovere capire quali siano state le modalità e le responsabilità dell'occultamento dei fascicoli sulle stragi. Stiamo visionando il materiale cartaceo che abbiamo richiesto, compreso quello che acquisiremo all'estero con le rogatorie internazionali in Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre ai 695 fascicoli nascosti nell'armadio di Palazzo Cesi". E un'altra pagina poco nota della Resistenza in Toscana, secondo il consiglio regionale, riguarda il ruolo dei militari nella guerra di Liberazione: le leggi razziali dei 1938 colpirono anche i soldati di origine ebraica che furono costretti al congedo permanente. Di questo particolare aspetto si discuterà a Livorno giovedì 25 marzo (ore 16.30, al centro Lem di piazza del Pamiglione). A presentare l'iniziativa ci sarà il vicepresidente del consiglio regionale Enrico Cecchetti.

la Repubblica - 23 marzo 2004


"Non ho nessun rimorso per la strage di Stazzema"

Rintracciato da Gente ad Amburgo l'ex ss del massacro nazista

di Gianluca Monastra

ROMA - Nessun pentimento, solo tanta voglia di chiudere col passato. Gerhard Sommer sessanta anni dopo non vuol sentire più parlare di un piccolo paese della provincia toscana, Sant'Anna di Stazzema, e di una delle più feroci stragi di civili compiute dai nazisti in Italia negli ultimi capitoli della seconda guerra mondiale. Nel 1944, Sommer era un sottotenente di 23 anni delle Ss al comando della settima compagnia del secondo battaglione Panzer grenadier, i militari responsabili del massacro. Oggi è un pensionato che vive in una villa di un quartiere residenziale alla periferia di Amburgo. In Italia lo attende la prima udienza del processo per quel lontano massacro: 560 persone uccise e bruciate nell'agosto 1944 nel paese a pochi chilometri da Lucca. E raggiunto dagli inviati del settimanale Gente taglia corto senza lasciar spazio ai pentimenti: "Non ho rimorsi di nessun tipo, ho la coscienza pulita. Per me è una storia chiusa e vorrei non parlarne più". Nelle foto pubblicate dal settimanale e trasmesse ieri sera dal Tg5, l'ex ufficiale è ripreso nelle strade del quartiere dove vive e dove i vicini io descrivono con poche parole: "E solo un pensionato come tanti di questa zona". Storia chiusa, un pensionato come tanti altri. Non la pensa così la procura militare di La Spezia che lo attende per il processo al via il prossimo 20 aprile. Così come altri quattro Ss, Sommer è accusato di violenza pluriaggravata e continuata con omicidio contro privati nemici. Fra gli imputati è il più anziano e il più alto in grado, elementi che lo chiamano in causa come l'accusato numero uno. Anche nelle parole di un altro imputato, l'ex sottufficiale Alfred Concina, tratte dal verbale di interrogatorio, non c'è l'ombra di un rimorso: "Si, Sant'Anna mi dice qualcosa...si trattava di quella grande porcata. Sant'Anna era un grande covo di partigiani, li i soldati tedeschi hanno subito tanti danni. Poi vennero uccisi dei partigiani, anche dei civili, lo so. Personalmente non vi presi parte". Proprio lunedì scorso, la Commissione bicamerale d'inchiesta sulle ragioni dell'occultamento dei fascicoli sulle stragi naziste ha scelto Sant'Anna per la sua prima missione. "Stiamo già visionando dice il presidente della commissione, Flavio Tanzilli i documenti che abbiamo richiesto, e continueremo a lavorare leggendo le carte che acquisiremo all'estero con le rogatorie internazionali in Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti".

la Repubblica - 24 marzo 2004


Stragi nazifasciste, aperti gli armadi della vergogna

Tolto il segreto a 60 dei 695 fascicoli ritrovati nel 1994 a Roma. Anche le carte relative alla fucilazione di Salvo D'Acquisto

di Gl. M.

Roma - La fucilazione dì Salvo D'Acquisto, la rappresaglia contro tre ragazzi uccisi dopo essere stati sorteggiati con dei fiammiferi di legno. Le carte sono rimaste chiuse per anni e ora tornano alla luce per raccontare la vera storia delle stragi naziste in Italia. Alla vigilia dei primi processi ad ufficiali e sottufficiali delle ex Ss, la commissione parlamentare d'inchiesta su quei crimini lontani ha tolto il segreto a 60 fascicoli dei 695 ritrovati nel 1994 in una stanza di Palazzo Cesi, negli uffici giudiziari militari di Roma. Le carte erano nascoste nell'armadio della "vergogna", un mastodontico schedario con dentro la storia di reati mai perseguiti e di 15 mila fra uomini, donne e bambini trucidati dai nazisti tra il 1943 e il 1945. La commissione parlamentare d'inchiesta ha deciso di togliere il segreto e di rendere pubblici 60 atti della procura militare di Roma, tutti relativi a crimini commessi nel Lazio dopo l'8 settembre del'43. «I procedimenti relativi a questi fascicoli sono stati archiviati, o perché non è stato possibile identificare l'autore dei fatti, o perché è intervenuta la prescrizione», spiega il presidente della commissione, Flavio Tanzilli (Udc). Quindi, più che l'impulso a nuove inchieste, la decisione della commissione rappresenta la testimonianza di una giustizia negata e il contributo per la ricostruzione storica di quei crimini. Obiettivo della commissione è anche chiarire le responsabilità che portarono nel 1960 all'atto del pg militare presso la Corte suprema di Cassazione, Santacroce, di disporre l'archiviazione provvisoria di quei fascicoli. E tra politici che la commissione ha intenzione di sentire c'è il senatore a vita Giulio Andreotti, nel 1960 ministro della Difesa. Fra gli atti desecretati c'è la fucilazione del vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D'Acquisto, ucciso «il 23 settembre 1943 ad opera di militari tedeschi non potuti identificare». Nel fascicolo ci sono quindi altri italiani, carabinieri, soldati, impiegati, falegnami, macellai, tutti uccisi dai tedeschi nel 1943 e nel 1944 nei dintorni di Roma. Per la fucilazione di Antonio Righi, macellaio, e Guido Gori, muratore, avvenuta il 3 ottobre 1943, il procedimento penale è a carico di un ufficiale delle Ss tedesche, capitano o tenente, di nome Felluer.
la Repubblica - 8 aprile 2004


Sant'Anna, la storia a processo

Prima udienza sull'eccidio del '44, assenti i tre ex ufficiali delle SS - Nel silenzio i familiari recitano ad alta voce i nomi delle vittime. Trovata la foto di un'altra strage, forse finora sconosciuta

di Maurizio Bologni

La spezia - «Mi chiamo Mario Marsili, ho 66 anni, sono qui per mia madre, Genni Bivolotti Marsili, medaglia d'oro al valore, per i miei nonni Umberto Bivolotti e Bianca Navarri, tutti trucidati dalle SS a Sant'Anna di Stazzema». Mario Marsili in piedi davanti alla corte del tribunale militare di La Spezia che chiama l'appello delle parti offese presenti in aula. Prima e dopo Marsili dalle sedie riservate al pubblico si alzano una dopo l'altra 40 persone. Recitano uno stringato rosario: generalità, nome e cognome dei loro morti nel massacro del 12 agosto 1944. Un anziano elenca 9 fratelli. Una donna ricorda la sorellina, la più piccola vittima della strage: Anna Pardini, 20 giorni di vita. Un'altra sottolinea che la mamma, quando fu assassinata dalla mitraglia nazista, era incinta di 7 mesi (7 furono le vittime in gravidanza). La prima udienza del processo a tre SS per l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, 560 vittime, soprattutto donne e bambini, si apre così. Brividi che scuotono i giudici, il pm Marco De Paolis, gli 11 avvocati tra cui Carlo Federico Grosso e Paolo Trombetti. «QUELL'APPELLO mi ha fatto drizzare la pelle» confesserà più tardi Gianmario Rocchitta, l'avvocato dello Stato, che si oppone con passione all'eccezione di un difensore: «Ma come si fa a dire a questa gente che i loro parenti sono stati uccisi da un alleato» insorge Rocchitta. Non è solo un'udienza tecnica, anche se la giornata se ne va nell'infinita serie di camere di consiglio per disancorare il processo dalle questioni preliminari. Una dopo l'altra vengono respinte tutte, quattro complessivamente, anche quella che ha un enorme valore simbolico. La corte boccia i certificati medici dell'imputato Alfred Schonemberg, che cerca di giustificare la sua assenza al processo. È una stroncatura che suona cosi: «Nessuna giustificazione, i massacratori di persone inermi li vogliamo in aula». Alla costituzione di parte civile di Presidenza del consiglio, Regione, Provincia di Lucca, Comune di Stazzema e Associazione delle vittime si aggiunge quella di cinque familiari. Alcuni di loro preannunciano la richiesta di risarcimento danni: 200.000 euro. «No, io non voglio soldi, sono qui per chiedere giustizia e per ricordare la mia piccola mamma, un grande eroe» dice invece Marsili, che all'epoca della strage aveva 6 anni. «Quando ci spinsero nella stalla, colpendoci col calcio dei fucili, lei mi nascose dietro una porta. Poi affrontò i nazisti lanciando contro uno di loro uno zoccolo. La fulminarono con una mitragliata. Finirono il lavoro col lanciafiamme. Uscii vivo solo io, ustionato dappertutto». Fuori dall'aula parla anche Mauro Pieri: «Persi la mamma, due fratelli, una sorella, quarantuno parenti in tutto. Io quelli non li perdono. Voglio che il processo si faccia alla svelta e che vengano condannati perché i loro familiari sappiano dì avere un criminale in casa». Il 29 e 30 giugno le prossime udienze del processo che si spera di chiudere entro l'anno, anche se gli iscritti nella lista dei testimoni del pm De Paolis sono 118 (ne verranno ascoltati la metà). Mentre si apre il processo su una delle più sanguinose stragi naziste, procedono le indagini dei carabinieri e dei finanzieri bilingue comandati dal colonnello dell'Arma Roberto D'Elia su altri eccidi in Toscana. Nel Bundesarchiv di Coblenza gli investigatori hanno recuperato una foto agghiacciante: in primo piano un palazzo, forse un municipio, e su un lato un viale alberato disseminato di cadaveri impiccati. Adesso i carabinieri lanciano un appello perché si faccia avanti chi riconosca quei luoghi. Domani gli investigatori raccoglieranno la deposizione di 4 testimoni delle stragi di Civitella, Cornia e San Pancrazio, nell'aretino, dove furono trucidate 211 persone. Nel massacro hanno accertato i carabinieri furono impiegati anche gli orchestrali del Musikorps organico al Battaglione Herman Goering. Cinque i nazisti per i quali il pm De Paolis chiederà il rinvio a giudizio dopo l'estate. Stessa sorte toccherà ad un pugno di ex SS ritenuti responsabili della strage di San Polo, a cinque protagonisti dell'eccidio di Marzabotto, ad uno della strage di San Terenzo. Prossimo appuntamento il 28 aprile. C'è l'udienza preliminare nella quale De Paolis chiederà il rinvio a giudizio di un responsabile del massacro della Certosa di Farneta, 35 morti, tra cui un vescovo venezuelano e altri 11 religiosi svizzeri, spagnoli, francesi e persino un tedesco torturati e uccisi. «Abbiamo 40 nuove testimonianze, alcune terribili» dice il colonnello D'Elia. «Raccontano di religiosi costretti a tenere in bocca il breviario, a fare flessioni con traversine di ferro, di barbe incendiate e crani spaccati sotto i tacchi delle SS».
la Repubblica - 21 aprile 2004


"Rispettate il dolore delle vittime"

Processo per la strage di Sant'Anna di Stazzema, schermaglie tra accusa e difesa - Oggi sarà sentito il colonnello dei carabinieri che ha condotto le indagini

di Marzio Fatucchi

Appena partito, il processo per l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, la strage nazista che il 12 agosto del 1944 vide l'uccisione nella cittadina lucchese di 560 Civili, vede giàle prime schermaglie tra difesa e accusa. Gli avvocati dei sei inquisiti, SS dei Panzergrenadier-SS Reichsfuehrer, hanno presentato ieri anche una eccezione su una presunta «indeterminatezza del reato contestato perla mancata identificazione di tutte le vittime». «Tutti gli imputati conle loro azioni hanno contribuito all'eliminazione di oltre 400 persone, è necessario rispettare il dolore» ha ribattuto il Prn militare, Marco De Paolis. Nessuno dei sei accusati (Gerhard Sommer, Alfred Schoneberg, Heinrich Ludwig Sonntag, Karl Gropel, Alfred Mathias Concina, e Horst Richter, ultra ottantenni o giù di lì era ieri in aula. Il tribunale militare di La Spezia ha disposto ieri la riunificazione dei procedimenti, quello originario, a carico di Sommer, Schoneberg e Sonntag, con quello partito dopo, a carico di Concina, Gropler e Richter. I sei, arrivati sul banco degli imputati dopo la riapertura nel 1994 dell'«Armadio della vergogna», dovranno affrontare anche le dichiarazioni del pentito Ludwig Goering: per l'ex sottufficiale SS, anche lui partecipe al massacro, e stato deciso un giudizio immediato il prossimo 6 ottobre. Il tribunale, presieduto dal giudice Franco Ufilugelli (a latere il collega Enrico Lussu), si riunirà oggi, per finire di discutere le eccezioni (finora respinte) e poi il 12 luglio. Parti civili (enti locali, Regione Toscana, lo Stato) e parenti seguono con un maxischermo presso una sala vicina. Il processo entrerà nel vivo oggi, con l'audizione dei consulenti e del colonnello Roberto D'Elia che guida il pool di indagini sulle stragi nazifasciste.

la Repubblica - 30 giugno 2004


Strage Farneta, lo Stato non è parte civile

LA SPEZIA - La presidenza del Consiglio dei ministri non si è costituita parte civile nel processo per il massacro dì 60 persone, nella Certosa di Farneta, avvenuta nei '44 ad opera delle Ss, Lo conferma Giammario Rocchitta, che rappresenta lo Stato nel processo per la strage di Sant'Anna di Stazzema in corso a La Spezia. Al processo intanto spunta un supertestimone. E dal presidente della commissione parlamentare, Flavio Tanzilli, parte un invito: «Riapriamo l'inchiesta sull'eccidio di Gubbio».

la Repubblica - 1 luglio 2004


Il Processo - Riconosce in foto l'autore della strage

«Si, è lui». Sono bastate poche parole a Vincenzo Rizzo, scampato nel settembre del '44 alla strage dei frati dei civili alla Certosa di Farneta, a riconoscere in una foto del sergente delle SS Eduard Florin, oggi deceduto, il sottufficiale che, direttamente alle dipendenze del tenente Hermann Langer, imputato per quella strage, con un trucco fece penetrare le SS nella abbazia. È successo ieri davanti al tribunale militare della Spezia.

la Repubblica - 30 settembre 2004

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