la Repubblica
Berlino,
ancora vivi i nazisti di Cefalonia
Documentario
tv riapre l'inchiesta sulla strage
BERLINO
- Sono ancora in vita, liberi e indisturbati, una decina di militari tedeschi
responsabili della strage di Cefalonia. E la magistratura, spinta da un
reportage tv appena andato in onda che ha raccontato al grande pubblico quel
terribile massacro di soldati italiani dopo l'8 settembre '43, ha riaperto
un'inchiesta. È quanto afferma "Mord auf Kefalonia", strage a
Cefalonia, appunto il documentario curato da Hans-Ruediger Minowe da un ex
diplomatico, Manfred SteinkuehIer. Per informare e ricordare, la Ard, la prima
rete tv pubblica tedesca, lo ha appena mandato in onda in prima serata. Il film,
tre quarti d'ora serrati, ricostruisce gli eventi di allora con l'aiuto di Marco
Pazzini, presidente dell'associazione dei sopravvissuti di Cefalonia. Dopo la
resa italiana e la scelta di continuare la guerra a fianco degli angloamericani
e contro l'ex alleato, il Terzo Reich, i soldati della divisione Acqui del Regio
Esercito schierati nell'isola greca di Cefalonia rifiutarono di consegnarsi alle
truppe speciali della Wehrmacht. Li affrontarono in combattimenti, vennero
sconfitti data la schiacciante superiorità di forze in campo dei tedeschi, e
massacrati uno a uno, dal comandante, il generale Antonio Gandin, fino alle
reclute più giovani. Nel 2001 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi andò nell'isola a rendere omaggio alle vittime della strage. Cefalonia
fu l'atto di nascita della Resistenza italiana. Per la democrazia postbellica
tedesca, resta una delle pagine più imbarazzanti e disonorevoli del passato.
Pagina che il documentario di Minow e Steinkuehler riapre, spingendo la
giustizia a indagare su complicità e coperture dopo il '45. Il giudice Maass a
Dortmund, che indaga su diversi criminali nazisti, ha assicurato che non sa dove
gli eventuali criminali di guerra ancora in vita si trovino, e che li farebbe
arrestare subito se li trovasse. I realizzatori del documentario dubitano che
sia davvero così difficile rintracciarli. E ricordano il precedente di
Friedrich Engel, il "boia di Genova" scovato proprio da un reportage
della Ard, condannato l'anno scorso per crimini di guerra e ora in carcere
nonostante l'avanzata età.
la Repubblica - 19 gennaio 2003