la Repubblica
Tutti
i sommersi e i salvati d’Italia
Nasce un atlante con i nomi dei deportati nei lager nazisti
di
Massimo Novelli
Ē
il grande libro dei sommersi e
dei salvati. Oltre quarantamila nomi di donne e di uomini, stranieri compresi,
che furono inviati dall'Italia per motivi politici e razziali, dal settembre
1943 alla primavera del 1945, nei lager nazisti.
Di loro soltanto il dieci per cento
fece ritorno. A ricostruire minuziosamente
la storia della deportazione dal nostro Paese, attraverso
uno studio che va ben al di là
del pur importante censimento delle vite offese, sono stati alcuni giovani
ricercatori del dipartimento di storia della facoltà di Lettere e filosofia
dell'Università di Torino: Fiammetta Balestracci, Francesco Cassata, Giovanna
D'Amico, Bruno Maida (che sta ultimando l'imponente bibliografia ragionata) e
Giovanni Villari. Il loro lavoro, diretto dal professor Nicola Tranfaglia,
coadiuvato dallo storico Brunello Mantelli, è cominciato due anni fa e si
concluderà alla fine del prossimo anno, con una verosimile appendice nel 2006
per quanto riguarda gli internati nei lager più piccoli. «La nostra - spiega
Tranfaglia - è la prima ricerca a livello scientifico su questo tema; un
atlante pressoché completo in cui, alla ricognizione precisa dei nomi dei
deportati, si uniscono i dati che permettono di registrarne la provenienza
geografica e sociale, il mestiere, i precedenti antifascisti, i trasferimenti
da un campo all'altro». Base di partenza è stata la registrazione delle
vittime italiane del Terzo Reich e della Repubblica di Salò che, in lunghi anni
di ricerche e tra svariate difficoltà, era stata messa a punto dall'ex
deportato piemontese Italo Tibaldi. Un elenco, questo, che, nota Maida, «pur
essendo stato messo assieme senza avere a disposizione grandi mezzi, resta però
fondamentale». Come di notevole aiuto sono stati gli studi locali
sull’internamento, pubblicati in questi anni in molte città e regioni
d'Italia, e soprattutto la fitta rete di collaboratori che si è creata: dagli
Istituti storici della Resistenza di tutta Italia all'Aned, l'associazione
degli internati politici; dalle istituzioni pubbliche dì nazioni quali la
Germania, l'Austria, la Polonia, la Repubblica Ceca, ai musei che sono nati
negli ex lager, fino al Cedec,
il Centro di documentazione ebraica. L'indagine
degli studiosi torinesi si è ampliata progressivamente, affinando e
rielaborando scientificamente la gran massa di informazioni. Al punto di
scoprire, ricorda sempre Maida, «che il numero dei deportati dall'Italia finora
conosciuto era in difetto rispetto alla realtà, e di individuare la
presenza di italiani in campi come Terezin, vicino a Praga: centotrenta
persone, in questo caso, di cui non si sapeva nulla. Come si sapeva poco o
niente dell'internamento di centoventi donne italiane a Mauthausen». Ma la
ricerca dell'Università subalpina, finanziata dalla Compagnia di San Paolo, non
ha consentito soltanto di
redigere in maniera esauriente le liste della sofferenza indicibile e della
morte di migliaia di italiani, in gran parte ebrei e partigiani; ma anche
renitenti alla leva, disertori dall'esercito fascista, religiosi di diverse
confessioni, zingari, omosessuali, prigionieri alleati, profughi stranieri,
ostaggi di rastrellamenti, detenuti comuni. «Nella ricerca, che ha
volutamente tenuto fuori i circa seicento mila militari italiani inviati in
Germania, per limitarsi alla deportazione politica e razziale, - dice Tranfaglia
- abbiamo cercato di rispondere a numerosi interrogativi». Si è voluto dare un
volto alle vittime di Hitler, naturalmente, ma pure comprendere l'organizzazione
del sistema concentrazionaria e di annientamento, le modalità della
deportazione, le logiche del lavoro schiavizzato e quelle dei trasferimenti da
un lager all’altro, in taluni casi dovuti a esigenze di produzione industriale
della macchina bellica tedesca e in altri determinati, con fini di distruzione e
di morte, da motivazioni di tipo ideologico. Una ricca documentazione,
inoltre, evidenzia il ruolo avuto
dalla Rsi nella deportazione. Continua lo storico: «Stanno emergendo con forza
le complicità dell' apparato fascista, in particolare per quanto concerne i
rastrellamenti che precedevano l'invio nei campi». L'indagine dei ricercatori
dell'Ateneo torinese è approdata ormai a un buon punto. Il censimento è giunto
a coprire, allo stato attuale, i tre quarti dell'intera deportazione
dall'Italia. Si tradurrà in due volumi corposi, comprensivi di vari saggi, e un
Cd-rom con i nominativi degli internati.
Da la Repubblica, 24 dicembre 2004, per gentile concessione