la Repubblica
Irving
il "negazionista"sconfitto in Tribunale
Lo
storico, noto per le sue tesi che ridimensionano la Shoah, aveva denunciato una
scrittrice per diffamazione
E dopo il verdetto esultano gli
ebrei di tutto il mondo. Il Centro Wiesenthal: "Vittoria della storia
sull'odio"
LONDRA
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Aveva ridimensionato il numero di vittime del nazismo, aveva detto e scritto che
nei campi di sterminio voluti da Hitler si moriva di "normali"
malattie e non certo nelle camere a gas. Lo storico britannico David Irving
aveva anche fatto causa per diffamazione contro la studiosa statunitense Deborah
Lipstadt e la casa editrice Penguin Books, che in un libro lo aveva definito un
"negazionista" dell'Olocausto. Dopo aver studiato il caso il giudice
dell'Alta Corte, Charles Gray, ha stabilito però che la diffamazione non c'è
stata. Si conclude così un caso che aveva mobilitato non solo i movimenti
ebraici ma anche tutti gli storici liberal, concordi nel definire pericolose le
tesi estremiste e revisioniste dello stesso Irving. I più sdegnati,
naturalmente, erano stati i superstiti dei lager nazisti. Indignati che lo
scrittore inglese avesse esposto le sue teorie anche ai raduni di militanti
neonazisti (perciò Irving è stato proibito di mettere piede in Germania,
Canada e Australia). Nei suoi scritti, viene messo in dubbio l'uso dei forni
crematori da parte dei nazisti, e si sostiene che il numero degli internati
morti nei campi di concentramento è decisamente inferiore ai dati ufficiali.
Sempre secondo queste teorie, la maggior parte degli ebrei morti a Auschwitz
furono uccisi da malattie come il tifo, e non dal gas. In tribunale, lo storico
ha deciso di difendersi da solo: in aula ha ammesso alcuni "errori di
copiatura, errori di omissione", ma ha puntualizzato di non aver negato
l'Olocausto; al contrario, avrebbe cercato di richiamare l'attenzione sugli
aspetti più importanti della vicenda. Richard Rampton, l'avvocato che ha difeso
la Lipstadt, titolare della cattedra di Ebreo moderno e Studi sull'Olocausto
alla Emory University di Atlanta, ha sostenuto che durante la causa Irving ha
perpetuato le falsità "in nome di una pseudo riabilitazione di Hitler e
della diffusione di propaganda antisemita". Ma alla fine questa linea non
ha pagato, il ricorso è stato respinto: ora l'uomo deve pagare anche le spese
processuali e gli onorari degli avvocati della controparte. Irving ha
preannunciato appello. E, a dimostrare ulteriormente l'importanza del caso, c'è
stata la decisione delle autorità israeliane, presa qualche settimana fa, di
divulgare il memoriale del criminale di guerra Adolf Eichmann, mettendolo a
disposizione della Lipstadt, per confutare le tesi riduttive di Irving
sull'Olocausto (i diari sono consultabili anche online). Per questo il verdetto
è stato accolto con soddisfazione negli ambienti ebraici: il Centro Wiesenthal
lo ha definito "una vittoria della storia sull'odio."
Da la Repubblica, 11 aprile 2000, per gentile concessione