la Repubblica
Il Papa chiede ai cristiani
"pentimento per la Shoah"
Il documento sulle responsabilità della Chiesa
nell'Olocausto parla di "pregiudizio antigiudaico" ma assolve Pio XII.
ROMA
- "Il crimine della Shoah rimane un'indelebile macchia nella storia del
secolo che si sta concludendo". Nella breve lettera di Giovanni Paolo II
che apre "Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah", l'attesissimo
documento vaticano sulle responsabilità della Chiesa nell'Olocausto, il Papa si
rivolge ai fedeli, e scrive che in vista del Giubileo la Chiesa "incoraggia
i suoi figli e figlie a purificare i loro cuori, attraverso il pentimento per
gli errori e le infedeltà del passato e li chiama a mettersi umilmente di
fronte a Dio e a esaminarsi sulla responsabilità che anch'essi hanno per i mali
del nostro tempo". Nelle tredici pagine del documento, a cui la Commissione
per i rapporti religiosi con l'Ebraismo ha lavorato per oltre undici anni, il
Vaticano parla esplicitamente dei "pregiudizi antigiudaici presenti nelle
menti e nei cuori di alcuni cristiani" per secoli, pregiudizi alimentati da
una "erronea interpretazione del Nuovo Testamento", e ammette che
l'antigiudaismo dell'Europa cristiana facilitò lo sterminio ordinato da Hitler.
Per questo antigiudaismo la Chiesa chiede perdono, ma con un distinguo preciso:
antigiudaismo non significa antisemitismo, che si basò invece "su teorie
contrarie al costante insegnamento della Chiesa circa l'unità del genere umano
e l'uguale dignità di tutte le razze". L'ammissione della
"colpa" antigiudaica tuttavia non rappresenta la condanna alla Chiesa
che il mondo ebraico si aspettava e aveva chiesto a Giovanni Paolo II. Nei
confronti dell'Olocausto, ribadisce infatti il documento vaticano, le
responsabilità dei cristiani sono personali: "Molti furono totalmente
ignari della soluzione finale che stava per essere presa contro un intero
popolo; alcuni trassero vantaggio dalla situazione; altri infine furono mossi
dall'invidia. Il giudizio sui comportamenti, dunque, va dato caso per caso e,
per farlo, è necessario conoscere ciò che precisamente motivò le persone in
una specifica situazione". Il documento sulla Shoah assolve dunque in pieno
l'operato di Pio XII, contro cui si è sempre levata la critica del mondo
ebraico. Pio XII, afferma il documento del Vaticano, si oppose all'antisemitismo
e al razzismo del regime nazista. Fin dalla sua prima enciclica "Summa
Pontificatus" del 20 ottobre 1939, sostiene il documento, Pio XII
"mise in guardia contro le teorie che negavano l'unità della razza umana e
contro la deificazione dello Stato". A Papa Pacelli il Vaticano riconosce
dunque il merito di aver salvato "personalmente o attraverso suoi
rappresentanti centinaia di migliaia di ebrei". E cita testimonianze di
"organizzazioni e personalità ebraiche rappresentative che riconobbero
ufficialmente la saggezza della diplomazia di Papa Pio XII", cita la visita
di Leo Kubowitzki, segretario generale del World Jewish Congress, cita gli 80
delegati di ebrei scampati ai campi di concentramento ricevuti da Papa Pacelli
nel 1945, e infine, in una nota, il documento vaticano riporta il messaggio di
Golda Meir per la morte di Pio XII: "... Quando il terribile martirio si
abbattè sul nostro popolo, la voce del Papa si elevò per le sue vittime. La
vita del nostro tempo fu arricchita da una voce che chiaramente parlò circa le
grandi verità morali al di sopra del tumulto del conflitto quotidiano.
Piangiamo un grande servitore della pace". Il documento "è più di un
atto di pentimento", destinato alla Chiesa universale, e che vuole
stimolare la riflessione. Così il commento del cardinale Edward Cassidy,
presidente della Commissione che ha lavorato al testo per undici anni. Un
documento " non definitivo", che lascia aperta la strada degli storici
anche su Pio XII. Quanto a Papa Pacelli, Cassidy ha detto che "la storia
deve essere scritta con oggettività, cercando la verità".
Da la Repubblica, 16 marzo 1998, per gentile concessione