la Repubblica

Anticipiamo in esclusiva alcuni brani delle memorie di Joachim Fest, "lo no"

Dopo lo scandalo su Grass ecco la voce di un "coetaneo"

Andrea Tarquini

 

Berlino - Una resistenza tedesca al nazismo, almeno una resistenza passiva di massa, sarebbe stata possibile, se solo la borghesia tedesca avesse rifiutato di collaborare. È la testimonianza che Joachim Fest, massimo storico conservatore tedesco vivente, offre con le sue memorie, Ich nicht, cioè lo no, che La Repubblica anticipa in esclusiva per l'Italia. Le memorie sono dedicate agli anni d'infanzia e gioventù, e soprattutto alla figura del padre, Johannes, uno dei pochi coraggiosi: preside di liceo affrontò licenziamento e persecuzione della Gestapo, emarginazione e povertà perché si era rifiutato di iscriversi al partito nazista (Nsdap) e di collaborare. Offrono uno stralcio di vita reale sotto il tiranno scritto con penna magistrale sui drammi che spaccarono in quegli anni la borghesia tedesca. E segnarono il suo fallimento: fu incapace, sostiene Fest, di fermare Hitler e così condannò la Germania alla catastrofe dell'anno zero. Dopo lo scandalo delle memorie di Günter Grass, ecco un'altra grande voce su quel passato. La voce di un coetaneo di Grass, che rifiutò come il padre di collaborare col regime. Fest si arruolò nella Wehrmacht contro il parere del padre. Ma lo fece non per convinzione bensì per evitare l'arruolamento forzato nelle SS.

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Hitler e il Preside

La storia del padre Johannes che rifiutò di iscriversi al partito nazista e di collaborare – “Un mese dopo l’incendio del Reichstag si moltiplicarono gli indizi che il regime lo sospettava di attività antistatali. Venne poi il definitivo licenziamento” – “Amici, colleghi e vicini cominciarono a schivarlo, a passare sul marciapiedi dell’altro lato quando lo vedevano passeggiare”

 

Gennaio 1933. L'ascesa al potere di Hitler.

"Quei giorni, quelle settimane di paura e orrore, sentimenti che a casa nostra si coglievano nell'aria, mi divoravano l'animo. Mio padre, appresa la notizia, lasciò il suo ufficio di preside e corse a una riunione politica in centro. Tornò verso mezzanotte, e fino al mattino discusse con mia madre. Disse che non credeva ad alcuna delle illusioni: che Hitler sarebbe diventato saggio, che il successo lo avrebbe ammorbidito. O che sarebbe fallito rivelandosi un ciarlatano (...) Un giorno ci portò in viaggio nel metrò, per parlarci della "ora grave" del paese.(...) "Anche mio padre cadde in disgrazia. Un mese dopo l'incendio del Reichstag si moltiplicarono gli indizi che il regime lo sospettasse di "attività antistatali". Il 20 aprile 1933 fu convocato al municipio di Lichtenberg e informato che egli, con effetto immediato, era congedato dal pubblico impiego (...) venne poi il definitivo licenziamento, effettivo dal 1° ottobre 1933. Gli fu concessa una pensione di meno di duecento marchi mensili, e gli assegni familiari. Fu per noi il crollo nella Povertà" .

Disoccupazione, miseria, re­pressione

"C'era ben ragione di aver paura. Bastavano quegli uomini col mantello di cuoio che bussavano improvvisi alla porta di casa col saluto nazista, e creavano subito un'atmosfera minacciosa. Senza una parola, si ritiravano con mio padre nella camera-fumoir degli uomini, mentre mia madre restava col volto sbarrato nell'angolo-guardaroba. E quando in  famiglia sedevamo assieme al tavolo da pranzo, ci capitava di parlare di amici che improvvisamente erano spariti, e di altre persone, che non erano più tema di conversazione perché avevano cessato anche di essere amici. All'inizio del 1936 io e mio fratello Wolfgang udimmo di nascosto da dietro il muro, nella nostra stanza, una delle rare litigate tra i nostri genitori (…) mia madre chiese a papà se non voleva entrare nel partito nazista. Lei non ce la faceva più con questa vita di privazioni, "ti prego", (…) anche dopo un passo del genere, resteremo noi stessi, disse ancora. "No, questo proprio no. Aderire cambierebbe tutto", replicò lui. “La non verità” insistette mamma, "è sempre stata lo strumento della piccola gente contro i potenti" (…) mio padre, a sorpresa, rispose: "Noi non siamo piccola gente, non quanto a questi temi".

L'isolamento dei dissidenti. Il mondo celebra Hitler

"Non solo amici, colleghi e vicini cominciarono a schivare mio padre, a passare sul marciapiede dell'altro lato quando lo vedevano passeggiare. No, Hitler era accolto da esultanza e giubilo non solo in patria ma anche - e ciò ebbe conseguenze di gran lunga più devastanti - all'estero. Che cosa volevano dargli tutte quelle delegazioni servili di combattenti francesi, di giornalisti o funzionari sportivi, che posero l'Europa ai piedi del dittatore tedesco? (…) Un altro colpo furono le Olimpiadi, celebrate come festa della riconciliazione".

La Notte dei Cristalli

"Il 9 novembre 1938 il potere organizzò la cosiddetta Notte dei Cristalli e, disse mio padre, gettò la maschera e mostrò al mondo il suo vero volto. La mattina dopo papà andò a passeggiare per la città, e tornato a casa ci narrò delle distruzioni: sinagoghe date alle fiamme, vetrine dei negozi in frantumi, vetri dappertutto, stoffe dei sarti e libri sparsi come rifiuti per strada. Chiamò alcuni amici, chiese loro di vedersi subito. Ma solo i Rosenthal accettarono l'invito. A quei tempi l'unico compagno di classe ebreo, senza preavviso, sparì dalla scuola. Era un tipo silenzioso, quasi chiuso in se stesso, io mi chiesi se fosse così per il timore di essere respinto. In classe, c'interrogammo a lungo sulla sua assenza. Finché un giorno, a un passo dalla Stazione Slesia egli mi apparve improvvisamente e colse l'occasione di dirsi addio di persona. Come ebreo, mi disse, in ogni caso presto non sarebbe stato più ammesso a scuola. Ora la sua famiglia aveva la possibilità di emigrare in Inghilterra, e non voleva lasciarsela sfuggire. (…) Uno di quei giorni il dr. Meyer venne da noi a Karlshorst per un tè (…). Era sulla metà o la fine dei cinquanta, e ci disse che sua moglie era morta, perché in questo mondo non aveva più voglia di vivere". (…) Mio padre mi chiese pochi giorni dopo di andare da lui ogni sabato dopo la scuola, e fare la spesa per lui. Per Meyer era sempre più difficile e imbarazzante entrare nei negozi, affrontare la gente".

Natale del 1939

“La guerra era già cominciata, lo notavamo dal buio la sera, le lanterne spente all'improvviso in strada. Se qualche finestra era troppo luminosa, da sotto più voci esortavano gridando "Lichtaus!", spegnete la luce! (…) A Natale 1939 ebbi come regali un pullover, tre paia di calzini, una camicia, e un libro, La storia della Gran Bretagna come potenza navale. Mio padre me lo aveva voluto regalare, sia per distogliermi dalla lettura di Thomas Mann, che non amava, sia, mi disse, per farmi capire contro quale avversario Hitler era sceso in guerra".

Perquisizione della Gestapo

"Attenti, riceverete una visita", ci avvertì una telefonata anonima (…) Mio padre si sbrigava tra una stanza e l'altra a nascondere ogni libro o oggetto compromettente, e bussarono con fragore alla porta. Due uomini, la cintura del mantello ben stretta, entrarono senza presentarsi e al grido di "Heil Hitler". Insieme a mio padre si rinchiusero nella camera-fumoir. Udii voci pacate, solo a tratti passarono a toni concitati. Dopo circa mezz'ora, i visitatori se ne andarono. Per fortuna senza aver controllato la radio, mio padre accorse da mia madre, per rassicurarla con tutto il cuore. Solo dopo la guerra sapemmo chi era stato il misterioso informatore, che con la sua telefonata aveva voluto aiutarci".

Espulsi dal ginnasio per una caricatura di Hitler.

"Col temperino incisi una caricatura stilizzata di Hitler sul banco; Gerd Donner, caro compagno di classe, la vide subito e mi disse "grattala subito via!". Senza aspettare la mia reazione, estrasse un coltellino e lo fece egli stesso (…) tutti si alzarono in piedi, l'insegnante dr. Appelt entrò; e "com'era il suo dovere" fece rapporto al capo locale della Hitlerjugend" (…) Fu convocato mio padre. Gli dissero che avrei dovuto lasciare la scuola al più presto possibile, a Pasqua 1941. "E farà bene a portar via con sé anche i suoi altri due figli", disse il pubblico ufficiale.

Visita al Dottor Meyer

"Ascoltandolo nella sua casa presso Hallesches Tor io notai qualcosa a cui non avevo risposta. La cosa peggiore: i grandi poeti, Goethe e Schiller e gli altri, non mi apparivano non colpevoli del suo destino … quanto spesso lui con sua moglie aveva riflettuto sull'opportunità di espatriare. Ma poi la fiducia nella cultura del popolo tedesco aveva avuto la meglio...un popolo, diceva il dottor Meyer, che aveva dato al mondo Goethe e Schiller e Lessing, Bach e Mozart e tanti altri, sarà incapace di comportarsi da barbaro (…) bè', mi disse, "vede come ci siamo sbagliati?" .

Al seminario a Freiburg. Studente, poi arruolato

"Nel collegio dove io e mio fratello Wolfgang studiavamo vigevano regole da chiostro. L'Odissea e Virgilio, e Schiller, erano le lezioni quotidiane, Il mio sapere faceva balzi in avanti. Arrivò l'ordine d'arruolamento per l'addestramento come ausiliari della Flak, la contraerea (…). Il servizio nel campo d'addestramento di Haslach fu stupido come ogni addestramento militare".

Vacanza a Berlino, l'atroce sospetto di papà

"Andammo in vacanza a Berlino per Natale 1941. Papà volle portarci a parlare, appartati, nel parco (…) ci disse della sua indignazione a una notizia data da una sola singola trasmissione della Bbc. La notizia che gli ebrei deportati non venivano assegnati a nuove residenze all'est, bensì assassinati a decine di migliaia. Papà si aspettava tutto da Hitler, ma ancora credeva si trattasse di una storia inventata dalla propaganda di guerra inglese. Ma disse "io prego che quanto ho ascoltato alla radio non sia vero".(…) Pochi mesi dopo, verso l'inizio di maggio 1943, ricevetti al ginnasio di Freiburg una lettera di mio padre: era stato più volte presso Hallesches Tor, ma non aveva trovato più il nostro amico "dr.  Mueller". Temo il peggio per lui".

Volontario o no? Lo scontro col padre

In quest'epoca (ndr. inizio del 1944) esplose un vivace, insolito scontro tra me e mio padre. Gli avevo scritto in una lettera che mi ero presentato volontario nell'aviazione. Mi telefonò, infuriato. "Volontario! Per questa guerra! Hai pensato a me? A noi?" lo gli dissi che tutta la mia classe si era presentata volontaria. E presentarsi volontario per le forze regolari offriva l'unica possibilità di scampare all'arruolamento forzato nelle SS. (…) Pochi giorni più tardi ricevetti una sua lettera indignata, sorprendentemente esplicita. "Non ci si presenta volontari per questa guerra criminale di Hitler, neanche per scampare all'arruolamento nelle SS. Una scelta simile devi lasciarla a Dio, o al Destino". (…) Anni dopo la guerra, ne parlammo una volta sola. "In quello che fu il nostro unico serio scontro durante il periodo nazista, non avevi torto. Ma io avevo ragione!".

Wolfgang, il fratello maggiore, muore al fronte

"In un bel giorno di sole di novembre, venne la notizia: Wolfgang era morto in un ospedale militare nell'Alta Slesia già a metà ottobre, una settimana dopo il suo ventesimo compleanno (…) In missione al fronte si ammalò di polmonite. Era spossato, due commilitoni lo portarono al comando del reparto. Il comandante lo chiamò "vigliacco, disertore, renitente", e puntandogli la pistola contro lo rinviò in prima linea. Due ore dopo l'arrivo in trincea cadde svenuto, e fu portato all'ospedale militare (…) A mamma che lo visitò in corsia disse morente "Non preoccuparti, quel po' di vita che ho vissuto era troppo breve per fare grandi danni".

La cattura

"Avanzavo abbassandomi e schiacciato contro il muro, quando improvvisamente mi trovai di fronte un soldato americano; il mitra puntato e pronto a far fuoco: hands up! Come on! Hands up, boy!(…) Buttarono via nei rifiuti tutti i libri di letteratura nel mio zaino. Chiesi di riaverli. Il tenente prima mi disse 'Voi monelli nazisti dovete abituarvi a non avere più il diritto di chiedere niente" Poi ci ripensò, silenzioso, andò verso il mucchio di spazzatura, raccolse tre dei miei liberi. La raccolta di poesie di Goethe, le Marmorklippen di Ernst Jünger, l'Autoritratto du Josef Weinheber. Chiesi perché aveva lasciato nella spazzatura tutti gli altri, lui rispose: "Ah, no, non di nuovo la rapace voglia d'aver tutto dei tedeschi. Gli altri libri restano dove sono".

@"Ich nicht" / Rowohlt verlag, Rhinbek 2006 - in libreria il 22 settembre

la Repubblica,7 settembre 2006

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