la Repubblica

Profanate 40 tombe al cimitero ebraico – Ignobile raid a Milano

Il vento antisemita

A spiegare non basta il teppismo - Una ferita al senso stesso del nostro vivere insieme e al futuro

Gad Lerner

 

L'ebreo subdolo dominatore cosmopolita, padrone del denaro e quindi della globalizzazione che minaccia la nostra identità e il nostro benessere. L'ebreo che rinnegando la mansuetudine millenaria dell'esiliato si propone come avanguardia guerriera dell'imperialismo occidentale. Il solito ebreo di sempre, divenuto nel frattempo sionista e israeliano, torna così ad affiorare nell'immaginario degli sprovveduti come entità potente. Odioso. Minaccioso. Il Nemico. Lo avversano come tale non solo i terroristi islamici e i naziskin, ma anche capi di governo come l'iraniano Ahmadinejad e sacerdoti populisti come gli animatori della polacca Radio Maria. Per questo viviamo con tanta angoscia l'oltraggio arrecato nottetempo alle lapidi del cimitero ebraico di Milano. Aggrappati al dubbio che si tratti solo di un gesto vandalico privo di esplicite motivazioni antisemite, visto che mancano le odiose scritte di rivendicazione già vergate in centinaia di episodi analoghi sul civilissimo suolo francese. Speriamo di avere a che fare con semplice teppismo. Ma proprio l'esperienza d'oltralpe insinua il sospetto e richiama alla mente quei giovani volti, lo sparuto gruppetto di immigrati musulmani che il 25 aprile scorso bruciavano in piazza a Milano le bandiere con la stella di Davide, Ci riesce impossibile evitare un collegamento mentale di cui pure non esistono le prove, e ciò la dice lunga sul clima avvelenato che torniamo a vivere intorno alla questione ebraica perfino in Italia. Se poi le indagini chiariranno che l'abbattimento del­le lapidi sia l'effetto inconsape­vole dell'ubriachezza di alcuni fra i nomadi accatastati nel limitrofo campo di via Triboniano, bruciato e subito ricostruito due mesi fa, allora vivremmo l'ennesimo paradosso. Come dimenticare infatti che proprio gli zingari finirono nelle camere a gas insieme agli ebrei, e ancora oggi restano le vittime di un'ostilità difficilissima da vincere? Di un'integrazione da troppi rigettata? L'oltraggio alla memoria perpetrato nei confronti dei defunti contraddistingue una volontà di cancellazione dell'altro da sé. Ma produce anche cortocircuiti velenosi come l'ultima vignetta di "Liberazione" in cui l'abominio di Auschwitz viene scaraventato senza rispetto addosso alle sue vittime, quasi che ciò possa valorizzare le vittime palestinesi. Lascia sgomenti la scoperta di un antisemitismo che torna a riproporsi oggi attualissimo da diversi versanti, a destra come a sinistra, dalle viscere dell'islam a quelle del tradizionalismo cattolico. Le tombe profanate degli ebrei milanesi arrecano perciò una ferita al senso stesso del nostro vivere insieme, al tragitto futuro di una comunità democratica.


Milano, profanato il cimitero ebraico

Tombe spaccate e cippi abbattuti. La comunità: fatto senza precedenti – Per gli investigatori potrebbe trattarsi di vandalismo da parte di nomadi di un campo vicino - Allarme antisemitismo, sdegno delle forze politiche. La condanna da parte dei candidati Ferrante e Moratti

Massimo Pisa

 

Milano - Due tombe spaccate, un'altra quarantina di cippi buttati giù a calci. La violenza entra, per la prima volta nella storia della città, all'interno del cimitero ebraico di Milano. Lapidi profanate, scoperte dagli addetti alla sicurezza all'apertura, poco dopo le 14 di ieri e denunciate immediatamente alla polizia. Sul luogo gli uomini della Digos non hanno trovato scritte o simboli antisemiti, né rivendicazioni di alcun genere, e si escludono al momento gesti di matrice politica, neonazista o anti-israeliana. «Si tratta più probabilmente di comuni atti vandalici», fanno sapere gli investigatori. Il cimitero ebraico milanese è in via Jona, periferia Nord, alle spalle del cimitero Maggiore e vi­cino ai due più grandi campi nomadi della città: quello di via Capo Rizzuto, sgomberato un anno fa, e quello di via Triboniano, popolato da rom prevalentemente romeni e perennemente affollato da abusivi e irregolari. Proprio a un'incursione notturna da parte di nomadi stanno pensando gli uomini della Digos, intervenuti lunedì sera nel campo durante una festa rom dopo che l'allarme al vicino laghetto di pesca sportiva era scattato. «Magari qualcuno, ubriaco - ipotizza un investigatore - si è nascosto lì durante l'ispezione, o forse sono andati dopo e hanno fatto una bravata, per vendicarsi». Fuori dal settore 8, quello assaltato dai vandali, sono stati ritrovati pezzi di ringhiera appoggiati al muro di cinta del cimitero, usati probabilmente per arrampicarsi. Rivendicazioni a parte, l'episodio resta una ferita per la numerosa comunità ebraica milanese, la seconda per dimensioni in Italia dopo quella di Roma. «Un fatto grave e preoccupante - commenta il presidente Leone Soued - anche perché a Milano non si sono mai verificati episodi del genere. Di certo non è stato un lavoro breve, è servita anche una certa forza per divellere i cippi». Di «episodio senza precedenti nella nostra città» parla il portavoce della comunità Yasha Reibman: «Noi ebrei, l'Italia e Milano, le forze politiche, i giornali e quanti hanno responsabilità nel mondo della formazione e dell'educazione - aggiunge - abbiamo tutti il dovere di non abbassare la guardia, di vigilare contro l'antisemitismo in ogni sua forma». Parole di sdegno e di solidarietà per gli ebrei milanesi arrivano compatte, dalla giunta Albertini e dalle forze politiche milanesi e nazionali. Piero Fassino, segretario dei ds, ha telefonato direttamente a Soued per esprimere «la più ferma condanna per la profanazione delle tombe». Dalla Margherita arriva «preoccupazione per la pericolosa escalation di intolleranza su cui occorre la massima fermezza»). Anche i due sfidanti alle elezioni comunali di fine maggio, Letizia Moratti e Bruno Ferrante. Per il candidato sindaco dell'Unione quello di via Jona è «un gesto insensato e vile che deve essere con decisione e forza condannato», mentre l'ex ministro dell'Istruzione allarga l'orizzonte: «È in corso da mesi una campagna di odio e di disprezzo antisemita in Europa, in Italia e a Milano», sostiene la Moratti, legando le minacce antiIsraele di Ahmadinejad alle bandiere bruciate ai corteo del 25 Aprile e invocando «la denuncia esplicita dell'area di consenso per queste violenze».


l'intervista Claudio Morpugo, presidente dell'Unione delle comunità

"Ferito un luogo simbolo la città risponda agli incivili"

Alessia Gallione

 

Milano - È amareggiato per un atto «terribile e vigliacco». Ma il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Claudio Morpurgo vuole soprattutto «capire: lungi da parte degli ebrei italiani gridare all'antisemitismo quando non si conoscono i fatti».

Come giudica quello che è successo a Milano?

«Pur non conoscendone la paternità, è un gesto di grave inciviltà verso un luogo della memoria e un segno di disagio sociale rispetto al quale dobbiamo intervenire».

Come?

«Il cimitero ebraico di Milano è uno dei luoghi simbolo della multiculturalità come la stessa comunità, la più eterogenea d'Italia. Da ebreo lancio un appello alla città perché si impegni attivamente per costruire un tessuto sociale fondato sull'incontro tra le diverse culture. Solo così si potrà dare una risposta positiva a tanta inciviltà».

Questo episodio arriva dopo le bandiere bruciate e i fischi alla Brigata ebraica. Crede a una recrudescenza dell'antisemitismo?

«Bisogna stare all'erta: l'antisemitismo è un male che può sempre rinascere ed è il segnale di una società malata che ha difficoltà a fondarsi sul pluralismo e sul dialogo».


il caso Archivi aperti

Gli undici paesi (fra cui l’Italia) che hanno in cura gli archivi tedeschi di Bad Arolsen, che contengono documenti sull’Olocausto – hanno deciso ieri di aprire i documenti alla ricerca storica


Vandali nel cimitero degli ebrei

Abbattute 40 tombe, non era mai accaduto. La Comunità: un’offesa – Non sono state trovate scritte antisemite, forse un episodio di teppismo. Sospetti della polizia su alcuni nomadi di Triboniano

Il dolore lo smarrimento e la rabbia

Davide Romano

 

Speriamo siano "solo" dei teppisti. Questo è il primo pensiero che mi è venuto alla mente quando ho saputo della notizia dei danneggiamenti alle tombe ebraiche del cimitero Maggiore. Di solito, quando accadono cose di questo genere, il riflesso è quello di pensare all'estrema destra. Molte, troppe volte è successo - a partire dagli anni ottanta - che in giro per l'Europa le tombe ebraiche venissero profanate. In quei casi però gli autori di tali ignominie lasciavano la loro firma "politica", sotto forma di disegni raffiguranti svastiche piuttosto che con scritte inneggianti ad Adolf Hitler. In questo caso invece non ci sono segni, e quindi neppure indizi sugli autori né su cosa li ha portati a compiere quei gesti sciagurati. Forse non lo sapremo mai. Una sola cosa è certa: ad un ebreo neppure la morte sembra capace di garantire la tranquillità e la pace. Sapere che neppure i propri cari che riposano sotto terra stanno al sicuro, lascia nell'animo un sentimento difficilmente spiegabile: un misto di dolore, smarrimento e rabbia. Il dolore nasce dalla sensazione che con questi atti teppistici è come se i nostri morti venissero richiamati, come se dovessimo riaprire un libro ormai chiuso proprio laddove la pagina è stata strappata. Lo smarrimento è dato dall'impreparazione mentale ad avvenimenti così privi di senso, dall'incapacità di comprendere chi deve andare nei cimiteri a esprimere i propri squilibri.


Il racconto La memoria a terra tra rose di tutti i colori

Per entrare i teppisti hanno dovuto superare un muro alto quasi tre metri, poi è stato tutto facile – Roberto, la guardia, non si dà pace: “Ogni notte variamo gli orari per essere più efficaci”. Al di là della recinzione un gruppo di zingari sta riunito in cerchio e in silenzio

Stefano Rossi

 

Un muro di cinta alto tre metri, con delle griglie per le rose all'interno che sono state usate per scendere. Ai piedi del muro una striscia d'erba nascosta dai pini sul lato nord-est. Il sorvegliante che dice di arrivare solo fino all'edificio centrale, dove ci si raccoglie in preghiera, e di non spingersi negli angoli più lontani, perché quello è il giro che gli comanda la centrale. Non ci vuole molto per entrare nel cimitero ebraico alle spalle del cimitero Maggiore, a Musocco. Qualcuno lo ha fatto l'altra notte, uomini che con furia bestiale hanno violato le tombe consegnate alla pietà degli altri uomini. A calci, hanno abbattuto i cippi che portano l'iscrizione dei nomi, delle date di nascita e di morte. C'è voluta una forza che nasce dalla determinazione. I cippi erano fissati alle lastre tombali da un tondino di ferro. Ora sono coricati per terra, tra la ghiaia e i fiori, tante rose di tutti i colori. Rosse. rosa, gialle, arancioni, bianche. E poi biancospini, ortensie, sembra un giardino. Alcuni dei cippi sono solcati da un taglio trasversale, una ferita nella pietra. Anche quello di Riccardo Stein, uno dei tanti cognomi tedeschi. Stein come «pietra», appunto, ma nemmeno quella ha resistito a una notte di inutile follia che gonfia di tristezza il cuore della Comunità e di tutti i milanesi. I carabinieri percorrono i vialetti e tengono i conti che alla legge servono per distinguere e punire. Quaranta le tombe danneggiate, cinque quelle distrutte: «Frantumate in modo irreparabile», scandiscono i militari parlando con Massimo Meazza, che si presenta come istruttore direttivo dei servizi cimiteriali 3, competenza su cimitero Maggiore, Baggio a Muggiano: «Non ho mai visto uno scempio simile», dice. La profanazione è stata scoperta ieri alle 14.30. Nessuno se n'è accorto durante i turni di sorveglianza, quattro dalle 18 (dopo la chiusura) fino alle 6 di mattina. L'auto della Sicuritalia viaggia a dieci chilometri all'ora, per completare il giro impiega 32 minuti. «Ogni notte cerchiamo di variare l'orario dei passaggi, per non essere troppo prevedibili», spiega Roberto, la guardia quarantenne, seccato «perché me l'hanno fatta». In questo pezzo di cimitero Maggiore diviso da via Jona dal camposanto dei cristiani, riposano seimila ebrei divisi in undici campi. Il campo otto è l'ultima dimora per chi se n'è andato negli anni Ottanta. Nessun nome famoso, nessuna famiglia storica, sulle lapidi solo stelle di David, l'albero della vita (spezzato dalla morte), qualche candelabro. I sassolini che testimoniano le visite delle persone care, ma significano anche il destino comune del ritorno alla terra. Le sepolture provvisorie in attesa che sia trascorso l'undicesimo mese dal funerale: solo allora viene posata la pietra tombale. Non ci sono scritte antisemite o svastiche. C'è quindi cautela nella Comunità. «Fatto grave e preoccupante - lo definisce il presidente degli ebrei milanesi, Leone Soued - perché in città non si sono mai verificati episodi del genere». Compare Roberto Jarach, l'ex presidente: «Tutto fa pensare a una bravata, però...». Emanuele Fiano, neodeputato diessino, cammina fra le tombe devastate, indossa un abito nero e una kippah verde, perché per entrare - tutti i giorni tranne shabbath - è obbligatorio coprirsi il capo. «In Francia, due anni fa, ci sono stati 2.000 incendi nelle sinagoghe e la devastazione dei cimiteri è un tipico atto contro gli ebrei - dice ­però l'assenza di una firma ci porta a chiederci se questo atto sia veramente rivolto contro di noi. In ogni caso, è segno di una inciviltà che non fa dormire tranquilli». I carabinieri guardano oltre il muro, sopra il quale incombono i tralicci della periferia disperata di via Triboniano. C'era una festa al campo nomadi, una di quelle notti in cui si entra nel recinto del laghetto di pesca sportiva per rubare qualche trota. Gli zingari penetrano spesso nel cimitero. Fanno i loro bisogni, attingono acqua alla fontana con i bricchi di rame con due manici, che gli ebrei reggono con la mano destra per lavare la mano sinistra, e viceversa. Il gesto con il quale si separa la vita dalla morte. C'è il timore che siano stati loro, sebbene in chi ha impressa nell'anima la discriminazione non ci possa essere voglia di condanne sommarie. Oggi un gruppo di nomadi è raccolto in una riunione fuori da quello stesso muro di cinta, tutti seduti in cerchio su una lama di erba magra fra l'asfalto e il cimitero. Ma è inutile fare domande. La maggior parte è impegnata nel solito girovagare indaffarato fra le roulotte: Almeno mezzo milione di zingari morì durante la persecuzione nazista. La sezione a loro riservata - perché la morte è spesso divisa in sezioni - in quel grande cimitero che fu Auschwitz si chiamava Zingoje Lager, il lager degli zingari. Il primo agosto 1944 gli ultimi 4.000 furono mandati a morire. Nelle camere a gas, come gli ebrei.


l’intervista Nedo Fiano: un atto gravissimo - Dietro quel gesto solo squallore

"Continuerò a raccontare la mia esperienza ad Auschwitz finché vivrò"

Alessia Gallione

 

«Nel nostro cimitero? A Milano? E cosa hanno fatto? Non è possibile». Per un momento la voce di Nedo Fiano si rompe. Di fronte a un'altra ferita. Per lui, uno dei testimoni della Shoah, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz e liberato l'11 aprile del 1945 dalle truppe americane nel lager di Buchenwald dove era stato trasferito dai nazisti in fuga. Un altro brutto colpo. «Perché - dice­ - purtroppo questi sono fatti ricorrenti e sconvolgenti. Malgrado tutto, però, dobbiamo mantenere la calma e continuare ad avere fiducia non solo nel giudizio della storia ma anche nella vicinanza della stragrande maggioranza delle persone. Nonostante tutto, anche se questo richiede un grande sforzo perché verrebbe la voglia di piangere e gridare e protestare. Ma non servirebbe a nulla».

Fiano, ricorda un episodio simile a Milano?

«No, non lo ricordo. Sono avvenimenti che non riusciamo non solo a giustificare ma nemmeno a capire. Chi ha compiuto un atto simile è uno squallido personaggio che approfittando delle tenebre ha portato il suo messaggio vandalico».

Non crede che sia un gesto di antisemitismo?

«È un atto gravissimo: hanno profanato un luogo dell'eterno riposo, della pace eterna, del silenzio, del ricordo. Il mio timore è che la nostra resti solo una protesta, il solito lamento. Purtroppo lo rifaranno perché nessuno farà loro niente. Noi custodiamo un rispetto profondo ed eterno nei confronti dei morti. Il vero cadavere, la vera ombra, è chi profana la morte. Accanirsi sulle tombe vuol dire non avere il coraggio di venire fuori e affrontare le situazioni in prima persona. Non credo e non penso che ci possa essere posto nella coscienza di nessuno per giustificare questi atti».

Cosa si può fare?

«Non si possono risolvere nel breve periodo. Chi si macchia di simili azioni non può celarsi dietro un'ideologia. Purtroppo questi gesti sconvolgono ancora di più perché non se ne vede la finalità. Certo, potremmo mettere delle telecamere a protezione dei luoghi sacri, potremmo aumentare la vigilanza».

E basterebbe?

«No, perché si deve continuare a parlare. Fra poco lo farò a Vimodrone di fronte a dei ragazzi. In questi anni ho tenuto 700 conferenze nelle scuole, nelle università, nei carceri. Si fa tutto il possibile. Sto anche scrivendo un secondo libro sulla mia esperienza. Continuerò a raccontare finché vivrò».

 


Devastato il cimitero ebraico - Forse un commando di vandali

Quaranta lapidi abbattute nella notte, nessuna rivendicazione – A Milano un fatto simile non era mai successo. La città reagisce, unita nella condanna – In assenza di scritte e indizi certi gli investigatori sono cauti: meglio aspettare a parlare di odio razziale

Ferruccio Sansa

 

Una tomba distrutta. Poi un'altra. E ancora 40 lapidi abbattute. Sono le quattro di ieri pomeriggio quando i custodi del Cimitero Ebraico di via Jona (all'interno del Cimitero Maggiore) si trovano davanti il campo devastato. Subito parte la telefonata alla polizia. Arrivano le volanti, poi la Digos. Cominciano i rilievi e le indagini. Ma la rabbia si è già diffusa in tutta la città: non era mai successo a Milano. E il gesto viene immediatamente condannato da tutti. Forse chi ha devastato il cimitero ebraico questo non lo aveva previsto. Non aveva immaginato che accanto alle reazioni della comunità ebraica milanese (che con 8.000 membri è la seconda d'Italia) ci sarebbe stata la condanna durissima di quella islamica. «È un fatto grave e preoccupante, a Milano non si erano mai verificati episodi del genere», sono le prime parole del presidente della comunità ebraica milanese Leone Soued. E il rabbino capo Alfonso Arbib sospira: «Un grande dolore. Che gesto vile!». «La Comunità ebraica ha tutta la nostra solidarietà», non ha esitazioni Abdel Hamid Shaari, direttore dell'Istituto culturale islamico di viale Jenner. E aggiunge: «Esprimiamo una condanna chiara e senza esitazioni. Questo è un gesto non solo antisemita, ma anche antiumano». Ma che cosa può essere successo? «In assenza di scritte o indizi certi - aggiunge Emanuele Fiano, capogruppo Ds al Comune di Milano e deputato, consigliere dell'Unione delle comunità ebraiche - è bene sospendere il giudizio. Rimane il fatto che l'offesa e il disprezzo verso la morte altrui esprimono un grado di inciviltà che deve comunque far riflettere». Insomma, da più parti, anche dagli investigatori, arriva l'invito alla cautela: meglio aspettare prima di parlare di odio razziale. È importante, però, reagire comunque. Far sentire la voce della città. Per il Comune parla Riccardo De Corato (An), vice­sindaco uscente: «Sono certo che Milano e tutti i milanesi sapranno reagire a questo vile atto di vandalismo antiebraico di ritorno, quello di colpire le tombe nelle ore notturne». Tra le prime reazioni ci sono quelle dei candidati sindaci. Bruno Ferrante esprime «solidarietà e vicinanza alla comunità ebraica per un gesto insensato e vile che deve essere condannato con decisione e forza». E Letizia Moratti: «Tutta la mia solidarietà va alla comunità ebraica milanese colpita nel profondo delle memorie più care, ma lo sdegno non basta più. È necessario l’isolamento culturale e politico di chi compie questi atti sacrileghi e la denuncia esplicita dell’area di consenso per queste violenze ancora molto, troppo vasta nella nostra città». Un episodio grave, in un momento delicato per la città, come ricorda Giulio Gallera, assessore comunale ai servizi cimiteriali: «Questo gesto, in piena campagna elettorale, rende ancora più teso il clima che si respira negli ultimi tempi a Milano». E Franco Mirabelli, segretario provinciale Ds, lancia un appello: «Occorre rialzare la guardia contro ogni forma di vandalismo e di ostilità. Tutta la città si stringa attorno alla comunità ebraica».

la Repubblica, 17 maggio 2006

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