la Repubblica

La storia - Vita e morte dei deportati ecco lo schedario delle Ss

Il minuzioso archivio tenuto dai nazisti e custodito dalla croce Rossa sta per essere aperto agli storici. A Bad Arolsen ci sono schede individuali di 17 milioni di internati: ebrei, gay, zingari, dissidenti e militari

dal nostro corrispondente Andrea Tarquini

 

Berlino – Eugen Kogon, austriaco, arrivò a Buchenwald il 12 giugno 1941. All'ingresso dovette consegnare cappello, cravatta, mutande. Per compagni di detenzione aveva polacchi, olandesi, italiani deportati dopo l'8 settembre. Tutte le loro vicende furono registrate con zelo dalle Ss. L'Archivio del Terrore esiste ancora, nella placida cittadina termale barocca di Bad Arolsen, in Assia. Adesso, 61 anni dopo la disfatta di Hitler, sta per essere reso pubblico per storici e familiari. Così ha deciso il governo Merkel. Milioni di storie individuali di vittime del nazismo riemergeranno dall'oblio. E si riaccende l'antica polemica: quanto sapeva la Croce rossa, che inviava osservatori e aveva contatti con gli zelanti archivisti hitleriani? Quella conservata a Bad Arolsen è una mole di dati enorme, ci dice Udo Jost, direttore del Centro internazionale di ricerca della Croce rossa tedesca, messo in piedi a Bad Arolsen dagli Alleati dopo il 1945. «Schede su 17 milioni e mezzo di persone, 30 milioni di documenti. Abbiamo cominciato a registrare tutto su dossier elettronici: il 65 per cento del lavoro è già fatto, sono 4,5 terabyte (milioni di megabyte). Arriveremo a 8». Con freddo zelo criminale, le Ss catalogavano i destini di ogni prigioniero, dall'arrivo fino alla morte. Tutto scritto a mano, dai nazisti oppure da internati costretti a collaborare. La Storia dell'Olocausto non dovrà essere riscritta, ammette Jost. Eppure, da quando il ministro della Giustizia Brigitte Zypries ha annunciato a Washington che i documenti saranno accessibili agli storici, l'attesa è grande. Il 16 maggio, a Lussemburgo, i paesi che dal dopoguerra decidono insieme sull'archivio - Usa, Regno Unito, Francia, Russia, Israele, Polonia, Grecia, Olanda, Benelux e Italia - diranno la parola finale. «Non possiamo dare nomi né dati personali, le leggi sulla privacy lo impediscono», spiega Jost. Ma con l'assenso tedesco all'accesso agli archivi, cade l'ultimo muro. Stanze di scaffali, fascicoli ingialliti dal tempo. Oggetti sequestrati all'arrivo, a segnare il varco dell'inferno. Borse e borsellini, foto di famiglia, bottoni, sigarette, chiavi di casa, tessere delle razioni di guerra. Sono annotati anche i simboli sui pigiami da detenuto: giallo gli ebrei, rosso i prigionieri politici, grigio i teologi, rosa gli omosessuali. Dall'arrivo in poi, spiega Jost, ognuno diventava un numero di catalogo. Origini, accuse, sospetti. Tendenze e gusti personali, malattie, ogni carie curata oppure no. Fino alla morte, per malattia, stenti, o “tentativo di fuga illegale”. Chi cadeva colpito alla schiena dalle pallottole dei Mauser calibro 9 (esecuzioni mascherate) era cancellato a fine dossier con un tratto rosso. Chi finiva nelle camere a gas veniva semplicemente derubricato, spariva passando per il camino. L'archivio nella placida città termale aiuta ancora i sopravvissuti, o le famiglie. Come nel caso degli italiani. O del prigioniero francese, forzato in una fattoria tedesca. Aveva avuto un bimbo dalla figlia del contadino, fu punito con la deportazione a Buchenwald. Dopo la guerra non si incontrarono più, ora sono morti. Ma quel bimbo e i suoi fratellastri francesi nati nel dopoguerra si sono ritrovati grazie al grande archivio, e oggi si rivedono ricordando la famiglia che non ebbero mai insieme.


il partigiano

Polacco, ebreo, resistente

Scampato a Hitler emigrò in America per sfuggire ai russi

Nello schedario delle Ss risulta come nemico armato del Reich. Fu arrestato in un combattimento nel 1943. Venne internato subito a Buchenwald, e un anno dopo trasferito a Sachsenhausen. Era giovane e di sana e robusta costituzione, notano le cartelle di registrazione delle Ss. Per questo fu assegnato a lavori pesanti per l'industria militare del Reich. Riuscì ad arrivare vivo alla Liberazione, ma la situazione nella sua patria era divenuta pericolosa per lui, partigiano "bianco" (anticomunista) della Armia Krajowa. Chiese di non essere rimpatriato per evitare misure repressive dell'Armata rossa. Dopo controlli e verifiche fu accettato come rifugiato politico negli Usa.

l'ufficiale

L'italiano fedele a Badoglio

Arrestato dopo l’8 settembre morì in prigionia

Arrestato dopo l'8 settembre 1943, probabilmente in combattimento tra la Wehrmacht e i reparti del Regio Esercito fedeli al governo Badoglio. L'ufficiale fu deportato come nemico e traditore in un campo di concentramento na­zista. Dopo alcuni mesi morì, forse per stenti, forse ucciso in un tentativo di fuga. Negli archivi militari italiani si era persa ogni sua traccia. La famiglia si è rivolta alle autorità di Bad Arolsen e ha avuto i primi dati sui suoi ultimi mesi di vita. Le ulteriori ricerche sulla sua drammatica vicenda possono avere un ruolo importante anche nella lunga controversia sugli internati militari italiani, cioè i soldati italiani arrestati dai nazisti dopo il passaggio dell'Italia a fianco degli alleati.

il contadino

Il forzato francese e i suoi figli

Sopravvisse alla guerra ma non conobbe il suo bimbo

Il giovane della regione di Bordeaux fu arrestato e deportato dagli occupanti tedeschi. Assegnato ai lavori agricoli in una fattoria tedesca, s'innamorò della figlia del fattore. Ebbero una storia d'amore, e lei restò incinta. Quando le Ss si accorsero della gravidanza e interrogarono la famiglia, il giovane francese fu subito deportato a Buchenwald. Lei fu costretta a un matrimonio combinato con un tedesco di provata fedeltà al regime. Lui arrivò vivo alla liberazione, tornò in Francia, si sposò ed ebbe figli, Il figlio nato dalla relazione con la giovane tedesca oggi ha più di sessant'anni e vive in Germania. Grazie all'archivio di Bad Arolsen ha rintracciato la famiglia francese: il padre è morto, ma con i fratellastri ha stretto un solido rapporto.

l'operaio

Un olandese nell' officina della Krupp

Ai lavori forzati, è riuscito a ottenere un risarcimento

Secondo i dossier conservati a Bad Arolsen, questo olandese militante di sinistra - legato ai Soldati d'Orange, partigiani fedeli alla Corona esule a Londra - fu arrestato nel 1941 dalla "polizia verde", il corpo militare collaborazionista attivo nell'Olanda occupata. Fu assegnato come forzato alle officine Krupp nella produzione militare per il terzo Reich. Arrivò vivo alla fine della guerra, tornò in patria. Grazie agli archivi di Bad Arolsen ha potuto ricostruire dati e prove sui suoi quattro anni di lavoro per il colosso dell'industria pesante tedesca, e ottenere risarcimenti che l'azienda e lo stato tedesco hanno dovuto versare sul suo fondo pensioni in Olanda


L’iter

Dopoguerra - Alla fine della guerra la Croce rossa acquisisce gli archivi delle deportazioni tenuti dalle Ss.

Il segreto - Per 60 anni le carte sono state a disposizione dei soli ex deportati e dei loro famigliari.

L’apertura - Quest’anno la svolta: gli archivi di Bad Arolsen saranno finalmente aperti anche agli storici.

la Repubblica, 4 maggio 2006

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