la Repubblica
Boia
di Bolzano, sì all’estradizione
L’ex
Ss del lager vive in Canada: era stato condannato all’ergastolo – La
decisione dopo anni di richieste. Misha Seifert ha già presentato appello. Le
accuse dei superstiti dei campi di prigionia – Per anni ha avuto la copertura
della cosiddetta “Internazionale nera”
di
F. R.
Milano
- Misha Seifert, il "boia"
del lager di Bolzano, può essere estradato in Italia. L'ha deciso, con un atto
politico, il ministro della Giustizia canadese. Seifert, che dal 1951 vive a
Vancouver, venne condannato all'ergastolo nel 2000 dal tribunale militare di
Verona. Ma la decisione della giustizia canadese è solo un altro passo
avanti, verso la consegna dell'ucraino torturatore e assassino. Il suo
difensore ha già presentato appello, e in caso di un altro verdetto negativo
potrà ancora ricorrere alla Corte Suprema. E il "boia di Bolzano" ,
che ha 82 anni, forse ce la farà a morire senza entrare in carcere. La morte di
Seifert potrebbe chiudere questa vicenda, trascinata dalla giustizia canadese
in maniera che molti ex-deportati del lager di Bolzano giudicano scandalosa.
L'ex-caporale delle Ss, un sadico responsabile delle sevizie e della morte di
molti detenuti, trovò riparo in Canada mentendo sui propri trascorsi e
ottenendo la cittadinanza. Quando venne rintracciato e
messo sotto processo a Verona, la sua consegna al tribunale italiano avrebbe
potuto essere sbrigata rapidamente. Aver mentito quando chiese la cittadinanza
era condizione sufficiente per un'espulsione. Non è andata così. Misha Seifert
ha potuto avvalersi di ogni più minuta garanzia offerta dalla giustizia
canadese, e probabilmente anche di protezioni da parte della cosiddetta
"Internazionale nera", la rete di sostegno agli ex-nazisti braccati.
Il processo italiano, intanto, dimostrava senza ombra di dubbio la sua
colpevolezza. Molti superstiti del lager di Bolzano non avevano dimenticato
l'ucraino che aveva avuto dal comando del carcere mano libera per torturare e
sopprimere le sue vittime. Lui e Otto Sein, l'altro boia che non è mai stato
rintracciato, sono un incubo per molti, a sessant'anni di distanza.
Nell'ottobre dell'anno scorso, poi, i superstiti del lager hanno dovuto
affrontare un'altra prova intollerabile. Una Corte canadese venne in Italia, e
in una sala d'albergo alle porte di Verona condusse un nuovo processo, che
aveva come unico obiettivo quello di valutare se a Seifert potesse essere
revocata la cittadinanza. Quel procedimento, nel corso del quale numerosi
testimoni dovettero affrontare durissimi interrogatori da parte del
difensore di Seifert, non risulta sia ancora concluso. E nemmeno l'ultima
decisione del ministro della Giustizia canadese, che stabilisce la consegna del
"boia", mette la parola fine alla vicenda.
la
Repubblica, 15 aprile 2006