la Repubblica
Per
un film Berlino torna nazista in scena la “Pura verità di Hitler”
Nelle
strade bandiere e svastiche per il dittatore in versione comica
dal
nostro corrispondente Andrea Tarquini
Berlino
- Svastiche
e uniformi naziste nel centro
neoclassico di Berlino. Erano solo le riprese d'un film satirico, ma l'idea
del regista ebreo tedesco Dani Levy ha irritato, infastidito e diviso l'opinione
pubblica. E per molti turisti quelle bandiere con la croce uncinata sono state
uno shock. Peccato che debutti così il primo film made in Germany che, un po'
sulla scia del memorabile «Grande dittatore» di Charlie Chaplin, tenta di
ridicolizzare il Fuehter. E di prendere in giro senza pietà il paese che lo
seguì fino all'ultimo. L'idea dissacrante è venuta a Dani Levy. Già noto al
grande pubblico, anche in Italia, per «Alles auf Zueckef». Godibilissima
commedia su una famiglia ebrea divisa dalla Guerra fredda, che si ritrova a
Berlino Est dopo la caduta del Muro per dividersi l'eredità della madre
appena morta. Mein Fuehrer: die wirklich wahrste Wahrheit ueber Adolf Hitler,
"la più vera verità su Adolf Hitler", s'intitola il film che
dovrebbe uscire in Germania a fine anno. Ma una cosa, notano i media, è
l'umorismo degli ebrei sugli ebrei. O la satira sui clamorosi fallimenti e
soprusi del socialismo reale, anche in Germania est. Altro è una vistosa
occupazione del Lustgarten - la piazza dove si affacciano il Duomo e lo Altes
Museum, lungo lo Unter den Linden - con centinaia di comparse in uniforme
nazista, decine e decine di bandiere del Reich e stendardi delle Ss. «Non sono
temi per una commedia o un film comico, io ho vissuto quell'epoca, ricordo
ancora l'orrore», dice un vecchio passante, Wolfgang Kraenow. Jan Dettweiler,
un ventenne della provincia, non è meno turbato: «Queste scene fanno paura.
Cosa
pensano della Germania i turisti stranieri a Berlino?». Dani Levy si difende.
«voglio presentare Hitler come un miserabile, un omuncolo isterico». E
quindi deridere graffiando la Germania che seguì il suo dittatore fino
all'ultimo. La parte del Fuehrer è affidata a Helge Schneider, intelligente
comico del genere demenziale, star dei cabaret e dei tv network. Ricorda un
po' Paolo Villaggio agli inizi. Ulrich, Muehe impersona un ebreo capitato per
caso sulla piazza. L'occasione della satira è l'ultima adunata nazista. Era il
gennaio 1945, Hitler parlò proprio sulla piazza del Lustgarten a centinaia di
membri delle Ss, della Wehrmacht e del partito e a gente condotta là a forza.
«Non ci hanno neanche chiesto un parere, se potevano girare davanti alla
nostra chiesa e appendervi di fronte bandiere naziste», protesta Margrit Hilmer,
curatrice del maestoso Duomo protestante. E s'interroga sulle ferite alla
Memoria: «Ma l'industria del cinema davvero ha un permesso speciale, licenza
di far tutto ciò che vuole nella capitale?» Paul Spiegel, presidente della
comunità ebraica tedesca, invita a sdrammatizzare. «Sia Helge Schneider,
sia il regista Levy», dice, «secondo me sono persone fidate. Capaci di
affrontare questi temi in un film con la dovuta sensibilità». Molti turisti
di passaggio si dicono feriti. "Si possono girare film satirici su tutto,
ma il nazismo era troppo atroce», afferma Laurel Radomska, 23 anni, americana.
«Il primo impatto, vedendo quelle bandiere, è stato scioccante», dicono
Ellen e Gerben Rozenberg, olandesi venuti dall'Aja. Il governo spd-neocomunista di Berlino città-Stato appoggia il regista. Forse
incarna la
voglia disperata dei tedeschi di voltare pagina, di sentire l'orrore più
lontano. Magari anche solo scherzando su Hitler come già si fa con successo,
anche nel nuovo cinema, sul socialismo reale. La coscienza della Germania
e del mondo non sembrano acconsentire.
la
Repubblica, 8 marzo 2006