Patria indipendente

Per le partigiane 19 le Medaglie d’Oro

 

Bandiera Irma

n. 1915 Bologna. Partigiana combattente.

Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.

Meloncello, 14 agosto 1944. Nata da famiglia benestante ed educata ad alti sentimenti patriottici, dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte delle organizzazioni clandestine della Div. Partigiani “Bologna”, VII Brig. GAP “Gianni”, ove assunse lo pseudonimo di “Mimma” e il compito di staffetta. Il 4 agosto 1944 venne arrestata nello svolgimento di una missione che le era stata affidata. Dopo nove giorni di torture e sevizie per indurla a svelare i nomi dei compagni di lotta e gli scopi della azione venne fucilata proprio nei pressi della sua abitazione.

 

Bedeschi Ines

n. 1914 Conselice (Ravenna). Partigiana combattente.

Spinta da un ardente amor di Patria, entrava all’armistizio nelle formazioni partigiane operanti nella sua zona, subito distinguendosi per elevato spirito e intelligente iniziativa. Assunti i compiti di staffetta, portava a termine le delicate missioni affidatele incurante dei rischi e pericoli cui andava incontro e della assidua sorveglianza del nemico. Scoperta, arrestata e barbaramente torturata, preferiva il supremo sacrificio anziché tradire i suoi compagni di lotta.

Nord Emilia (Parma) - Riva del Po (Parma), 1° ottobre 1943 - 28 marzo 1945.

Nata da famiglia di agricoltori, si dedicò ai lavori dei campi al termine delle classi elementari. Dopo gli avvenimenti succeduti all’armistizio dell’8 settembre 1943, la sua casa ospitò i maggiori esponenti della Resistenza. Ne divenne la staffetta, recando ordini, disposizioni ed armi alle formazioni partigiane operanti nella Romagna e nel parmense.

Bianchi Livia

 

n. 1919 Melara (Rovigo). Partigiana combattente.

Nel settembre 1943, accorreva con animo ardente nelle file dei partigiani, trasfondendo nei compagni di lotta il fuoco della sua fede purissima per la difesa del sacro suolo della Patria oppressa. Volontariamente si offriva per guidare in ardita ricognizione attraverso la impervia montagna una pattuglia che, scontratasi con un grosso reparto nemico impegnava dura lotta, cui essa, virilmente impugnando le armi, partecipava con leonino valore, fino ad esaurimento delle munizioni. Insieme ai compagni veniva catturata e sottoposta ad interrogatori e sevizie, che non piegarono la loro fede. Condannati alla fucilazione lei veniva graziata, ma fieramente rifiutava per essere unita ai compagni anche nel supremo sacrificio. Cadde sotto il piombo nemico unendo il suo olocausto alle luminose tradizioni di patriottismo nei secoli fornite dalle donne d’Italia.

Cima Valsolda, settembre 1943 - gennaio 1945.

Umile donna di casa, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 volle partecipare attivamente alla lotta clandestina. Nella formazione partigiana “Ugo Ricci”, operante sulle montagne della zona del Lario, col nome di battaglia “Franca” fu portaordini e combattente. Il 21 gennaio 1945, dopo un violento combattimento, rifugiatasi con altri compagni di lotta in una casa di Cima di Porlezza fu con essi costretta alla resa con la promessa di avere salva la vita. I prigionieri furono invece condotti al cimitero locale e schierati contro il muro di cinta vennero falciati dalle armi automatiche. La partigiana “Franca”, rifiutò la salvezza che le veniva offerta e si unì al gruppo dei condannati, nel supremo sacrificio della vita.

 

Borellini Gina

n. 1919 San Possidonio (Modena). Partigiana combattente.

Giovane sposa, fin dai primi giorni dedicava tutta se stessa alla causa della liberazione d’Italia, rifugiando militari sbandati e ricercati e aiutandoli nel sottrarsi al servizio con i tedeschi, staffetta instancabile ed audacissima, trasportava armi, diffondeva opuscoli di propaganda, comunicava ordini, sempre incurante del grave pericolo cui si esponeva. Arrestata col marito, resisteva alle più atroci torture senza dire una parola sui suoi compagni di lotta. Tre volte condotta davanti al plotone di esecuzione assieme al suo consorte, continuava a tacere. Inopinatamente rilasciata, rifiutava di nascondersi in montagna per essere più vicina al marito tuttora detenuto. Fucilato questo, arrestatole un fratello, raggiunse una formazione partigiana con la quale affrontava rischi e disagi inenarrabili e non esitava ad impugnare le armi dando frequenti e luminose prove di virile coraggio. Sorpresa la sua formazione dalle Brigate Nere, gravemente ferita ad una gamba nella disperata eroica resistenza, non permetteva ai suoi compagni di soccorrerla, sola riusciva a frenare la copiosa emorragia e, traendo coraggio dal pensiero dei propri figli, si sottraeva alle ricerche nemiche. Nell’ospedale di Carpi, individuata dalla polizia fascista subisce, sebbene già in gravissime condizioni, estenuanti interrogatori, ma tace incrollabile nella decisione eroica. Amputatale la gamba, l’insurrezione la sottrae alla vendetta del nemico fuggente. Fulgido esempio di sacrificio e di eroismo. Modenese, 8 settembre 1943 - aprile 1945.

Modesta e laboriosa donna di casa, dopo l’8 settembre 1943 si dedicò col marito e con i fratelli alla lotta partigiana. Svolse in un primo tempo la pericolosa missione di staffetta; poi fu una delle più capaci organizzatrici dei “Gruppi di difesa della donna” incaricati di rifornire le formazioni partigiane di viveri, medicinali e vestiario. Arrestata col marito e torturata, assieme a lui resisteva senza dire una parola sui suoi compagni di lotta. Dopo la fucilazione del marito avvenuta il 19 marzo 1945 non esitò ad impugnare le armi entrando coraggiosamente nelle formazioni gappiste. Appartenente alla Brig. “Remo” come ispettrice e con la qualifica gerarchica di capitano, fu ferita nel combattimento di San Possidonio da pallottola esplosiva il 12 aprile 1945 e subì l’amputazione della gamba

sinistra. La mutilazione e la perdita del compagno non intaccarono il suo forte animo.

Subito dopo la Liberazione organizzò il movimento democratico femminile (UDI) a Concordia e fu animatrice di ogni azione per il miglioramento delle condizioni economiche e per la emancipazione della donna. Eletta Deputato al Parlamento per la 1a, 2a e 3a legislatura della Repubblica, la sua attività parlamentare fu rivolta particolarmente, alla soluzione dei problemi dei combattenti, fra cui quelli dei mutilati ed invalidi di guerra, partigiani e congiunti dei Caduti in guerra o per causa di guerra. Ha ricoperto la carica di Consigliere ai Comuni di Concordia e di Sassuolo, nonché quella di Consigliere alla Provincia di Modena. È stata Presidente della Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra della Sezione di Modena e Membro del Comitato Centrale della stessa. Risiedeva a Modena.

Capponi Carla

n. 1921 Roma. Partigiana combattente.

Partigiana volontaria ascriveva a sé l’onore delle più eroiche imprese nella caccia senza quartiere che il suo gruppo d’avanguardia dava al nemico annidato nella cerchia dell’abitato della città di Roma. Con le armi in pugno, prima fra le prime, partecipava a diecine di azioni distinguendosi in modo superbo per la fredda decisione contro l’avversario e per spirito di sacrificio verso i compagni in pericolo. Nominata vice comandante di una formazione partigiana guidava audacemente i compagni nella lotta cruenta, sgominando ovunque il nemico e destando attonito stupore nel popolo ammirato da tanto ardimento. Ammalatasi di grave morbo contratto nella dura vita partigiana non volle desistere nella sua azione fino a fondo impegnata per il riscatto delle concusse libertà. Mirabile esempio di civili e militari virtù del tutto degna delle tradizioni di eroismo femminile del Risorgimento italiano.

Roma, 8 settembre 1943 - 6 giugno 1944.

Iscritta alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si dedicò attivamente alla lotta clandestina di resistenza. Nelle formazioni GAP, col nome di battaglia “Elena”, fu vicecomandante di una formazione partigiana operante in Roma e nella provincia, a Valmontone, a Zagarolo e a Palestrina. Organizzatrice di numerosi atti di sabotaggio, fra i quali l’incendio nell’interno della città di un autotreno carico di carburante destinato a Cassino, partecipò il 23 marzo 1944 all’attentato di via Rasella contro una formazione militare tedesca. Fu eletta nel 1953 deputato al Parlamento per la 2a legislatura repubblicana per la circoscrizione di Roma, Viterbo, Latina, Frosinone. Risiedeva a Roma.

 

Deganutti Cecilia

 

n. 1914 Udine. Infermiera volontaria della CRI. Partigiana combattente.

Valorosa crocerossina, consapevole e cosciente delle tragiche ore attraversate dalla Patria invasa prendeva immediatamente la via del dovere e dava, in terra Friulana, la sua entusiastica attività al movimento della liberazione contro l’oppressione nemica. In lunghissimi mesi di lotta senza quartiere, nella volontaria diuturna feconda ed appassionata fatica metteva in luce tutta la sua purissima fede e dava ripetute prove dei sentimenti più nobili e delle virtù militari più salde. Individuata dal nemico ed esortata a porsi in salvo preferiva continuare a svolgere la sua multiforme attività patriottica finché veniva arrestata. Sottoposta a numerosi snervanti interrogatori e a ripetute torture per costringerla a svelare le fila dell’organizzazione clandestina che l’avversario sapeva a lei ben note, opponeva sempre un netto e deciso rifiuto anche quando i maltrattamenti superarono ogni limite di umana sopportazione. Non una parola usciva così dalle sue labbra. Condotta al supremo sacrificio, l’affrontava con la calma dei forti dando mirabile esempio del come la gente Friulana sa servire la Patria e per Essa morire.

Zona d’operazione, giugno 1944 - aprile 1945.

Insegnante elementare a Castione di Strada dal 1941, frequentò i corsi di infermiera volontaria della CRI presso il Comitato provinciale di Udine e prestò per qualche tempo servizio nell’ospedale civile e in quello militare di Udine. Trasferita al posto di soccorso ferroviario, ivi si trovava nel settembre 1943 quando militari e civili italiani venivano caricati nei carri bestiame e deportati in Germania. Le dolorose scene alle quali assistette la spinsero a partecipare alla lotta di Resistenza e divenne partigiana. Affiancatasi al gruppo di assistenza ai feriti, disimpegnò anche opera di collegamento collaborando attivamente con i radiotelegrafisti della Missione alleata. Arrestata il 6 gennaio 1945 ad Udine sotto l’accusa di spionaggio e favoreggiamento del nemico, fu fucilata a Trieste il 4 aprile successivo.

 

Degli Esposti Gabriella in Reverberi

 

n. 1912 Crespellano (Bologna). Partigiana combattente.

Due tenere figliolette, l’attesa di una terza, non le impedirono di dedicarsi con tutto lo slancio della sua bella anima alla guerra di liberazione. In quindici mesi di lotta senza quartiere si dimostrava instancabile ed audacissima combattente, facendo della sua casa una base avanzata delle formazioni partigiane, eseguendo personalmente numerosi atti

di sabotaggio e contribuendo alacremente alla diffusione della stampa clandestina. Accortasi di un rastrellamento, riusciva ad allontanare gli sgherri dalla propria casa per breve tempo e, incurante della propria salvezza, metteva al sicuro le figliole ed occultava armi e documenti compromettenti. Catturata, fu sottoposta alle torture più atroci per indurla a parlare, le furono strappati i seni e cavati gli occhi, ma ella resistette imperterrita allo strazio atroce senza dir motto. Dopo dura prigionia, con le carni straziate, ma non piegata nello spirito fiero, dopo aver assistito all’esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione con il sorriso sulle labbra e cadeva invocando un’ultima volta l’Italia adorata. Leggendaria figura di eroina e di martire.

Castelfranco Emilia, 17 dicembre 1944.

Appartenente a modesta famiglia di lavoratori, originaria della frazione di Calcara del comune di Crespellano, dopo l’8 settembre 1943 diede ogni sua attività alla lotta clandestina. Staffetta partigiana con la qualifica di tenente, prestò servizio in una formazione facente capo alla Divisione “Walter Trabucchi Modena”.

Del Din Paola

 

n. 1923 Pieve di Cadore (Belluno). Partigiana combattente.

Dopo aver svolto intensa attività partigiana nel Friuli nella formazione comandata dal fratello, ad avvenuta morte di questi in combattimento, viene prescelta per portare al Sud importanti documenti operativi interessanti il Comando alleato. Oltrepassate a piedi le linee di combattimento dopo non poche peripezie e con continuo rischio della propria vita ed ultimata la sua missione, chiedeva di frequentare un corso di paracadutisti. Dopo aver compiuto ben undici voli di guerra in circostanze fortunose, riusciva finalmente, unica donna in Italia, a lanciarsi col paracadute nel cielo del Friuli alla vigilia della liberazione. Nel corso dell’atterraggio riportava una frattura alla caviglia ed una torsione alla spina dorsale, ma nonostante il dolore lancinante, la sua unica preoccupazione era di prendere subito contatto con la Missione alleata nella zona per consegnarle i documenti che aveva portato con sé. Negli ultimi giorni di guerra, benché claudicante, passava ancora ripetutamente le linee di combattimento per recapitare informazioni ai reparti alleati avanzanti. Bellissima figura di partigiana seppe in ogni circostanza assolvere con rara capacità e virile ardimento i compiti affidatile, dimostrando sempre elevato spirito di sacrificio e sconfinata dedizione alla causa della libertà.

Zona di operazione, settembre 1943 - aprile 1945.

Figlia di ufficiale degli alpini combattente della Prima e della Seconda guerra mondiale e sorella di Renato caduto a Tolmezzo il 25 aprile 1944 e decorato della M.O. al V.M. alla memoria, consegui la maturità classica nel Liceo di Udine e si laureò in lettere presso l’Università di Padova nel 1945. Dopo l’8 settembre 1943 dedicò la sua attività alla lotta partigiana. Alle dipendenze del fratello comandante della “Prima banda di montagna” del Gruppo Divisioni d’assalto “Osoppo-Friuli”, allora in formazione, disimpegnò le funzioni di staffetta rendendo preziosi servizi anche nel campo informativo. Vincitrice di una borsa di studio, frequentò dal 1951 al 1953 l’Università di Pennsylvania in America conseguendo il titolo di “Master of Arts”. Insegnante di lettere ad Udine nelle scuole medie. Risiede a Udine.

 

Enriques Anna Maria

 

n. 1907 Bologna. Partigiana combattente.

Immemore dei propri dolori, ricordò solo quelli della Patria; e nei pericoli e nelle ansie della lotta clandestina ricercò senza tregua i fratelli da confortare con la tenerezza degli affetti e da fortificare con la fermezza di un eroico apostolato. Imprigionata dagli sgherri tedeschi per lunghi giorni, superò con la invitta forza dell’animo la furia dei suoi torturatori che non ottennero da quel giovane corpo straziato una sola parola rivelatrice. Tratta dopo un mese dal carcere delle Murate, il giorno 12 giugno 1944, sul greto del Mugnone, in mezzo ad un gruppo di patrioti, cadeva uccisa da una raffica di mitragliatrice: indimenticabile esempio di valore e di sacrificio.

Firenze, 15 maggio - 12 giugno 1944.

Laureata in lettere nel 1930, ed assunta come archivista negli Archivi di Stato fu a Firenze dal 1932 al 1939. Allontanata dall’ufficio per ragioni razziali, trovò rifugio in Vaticano dove venne impiegata nell’archivio di quella Biblioteca. Propagandista animosa, organizzò i primi gruppi di resistenza politica del Partito Democratico Cristiano, a Roma e poi a Firenze, quando nel 1943 raggiunse la famiglia colà residente. A lei fecero capo, dopo l’armistizio, le organizzazioni partigiane del livornese, della Lucchesia, della Val d’Orcia e della Val di Chiana e servì di tramite per la trasmissione di notizie politiche e militari ai comandi alleati. Si prodigò, inoltre, a favore di ebrei e ricercati politici. Pubblicò vari saggi sulla paleografia e su argomenti di storia medioevale.

Lorenzoni Maria Assunta (Tina)

 

n. 1918 Macerata. Crocerossina. Partigiana combattente.

Purissima patriota della Brigata “V”, martire della fede italiana, compì sempre più del suo dovere. Crocerossina e intelligente informatrice, angelo consolatore fra i feriti, esempio e sprone ai combattenti, prestò sempre preziosi servizi alla causa della liberazione d’Italia. Allo scopo di alleviare le perdite della Brigata, già duramente provata ed assottigliata nel corso delle precedenti azioni, onde rendere possibile una difficile avanzata, volle recarsi al di là della linea del fuoco per scoprire e rilevare le posizioni nemiche. Il compito volontariamente ed entusiasticamente assuntosi, già altre volte portato felicemente a termine, la condusse verso la cattura e verso la morte. Gloriosa eroina d’Italia, sicura garanzia della rinascita nazionale.

Firenze, Via Bolognese, 21 agosto 1944.

Figlia del Segretario generale dell’Istituto internazionale di agricoltura e Ordinario di economia politica nella Università di Firenze, alla dichiarazione della Seconda guerra mondiale era laureanda nella facoltà di Magistero. Crocerossina durante la guerra, dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte di uno dei gruppi della Resistenza operanti a Firenze che si fusero poi nella Brig. “V”, costituitasi e mantenutasi apolitica fino allo scioglimento, avvenuto nel settembre 1944. Conosciuta nell’ufficio informazioni della Brigata con la sigla “S.C. 28”, prese parte alla organizzazione di altri gruppi di informazione a Milano e in altre località del Nord, facilitando l’espatrio a numerosi ebrei e perseguitati politici. Durante i combattimenti svoltisi per la liberazione di Firenze nell’estate del 1944, dopo avere più volte oltrepassate le linee nemiche al di là del Mugnone e dell’Arno, veniva arrestata in un ulteriore tentativo di raccogliere preziose notizie per gli alleati. Rinchiusa in una cantina della villa Cisterna, cadde l’indomani, sotto una raffica di mitra tedesco in un tentativo di fuga durante l’interrogatorio.

Marchiani Irma

 

n. 1911 Firenze. Partigiana combattente.

Valorosa partigiana animata da grande ardimento, dopo essersi distinta per coraggio e sprezzo del pericolo nella battaglia di Montefiorino, veniva catturata dal nemico nel generoso tentativo di far ricoverare in luogo di cura un compagno gravemente ferito. Condannata alla deportazione e riuscita audacemente ad evadere, riprendeva il suo posto di lotta e partecipava ai combattimenti di Benedello battendosi con indomito coraggio e prodigandosi nella amorosa assistenza ai feriti. Caduta nuovamente nelle mani del nemico, affrontava impavida la morte, offrendo fieramente il petto al piombo che troncava la sua balda esistenza.

Pavullo nel Frignano, 26 novembre 1944.

Ricamatrice e modista si interessò anche di pittura, lasciando buone prove come ritrattista e miniaturista. L’8 settembre 1943 trovavasi nella zona del Frignano per motivi di salute, tuttavia partecipò alla lotta clandestina di Resistenza nelle prime formazioni partigiane come staffetta ed informatrice, dai primi mesi del 1944. Dal maggio successivo entrò a far parte definitivamente della Brig. “Roveda” della Div. “Modena”. Le sue capacità di infermiera e di organizzatrice, nonché le sue eccezionali doti di combattente, le ottennero la nomina a vice comandante del btg. “Matteotti” dove militò col nome di battaglia “Anty”.

Marighetto Ancilla

 

n. 1927 Castel Tesino (Trento). Partigiana combattente.

Generosa figlia del Trentino abbandonò la propria casa e la famiglia per rispondere all’appello della Patria a cui già il padre aveva sacrificata la vita. Unitamente al fratello maggiore divise i gravi rischi e i grandi sacrifici della lotta partigiana nella stagione più rigida e in zona impervia e pericolosa. Durante un rastrellamento, con uno sci spezzato da raffiche nemiche, si rifugiò sopra un albero. Individuata, scaricò la pistola sul nemico fino ad esaurimento delle munizioni. Catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: «Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli». Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza.

Col del Tocco - Passo Broccone - Comune di Castel Tesino (Trento), 19 febbraio 1945.

Di modesta famiglia di contadini e di casari, alla dichiarazione dell’armistizio, seguendo l’esempio del fratello maggiore, raggiunse sulle montagne del Trentino una formazione partigiana del Gruppo Brigate “Gramsci” e precisamente il btg. “G. Gherlenda” della Brig. “E. De Bortoli”. Fu fucilata in località Coazzo, appena diciottenne.

Menguzzato Clorinda

 

n. 1924 Castel Tesino (Trento). Partigiana combattente.

Valorosa donna trentina, fu audace staffetta, preziosa informatrice, eroica combattente, infermiera amorosa. Catturata dai tedeschi oppressori, sottoposta ad atroci sevizie, violentata dalla soldataglia, lacerate le carni da cani inferociti, con sublime fierezza opponeva il silenzio alle torture più strazianti, e nell’ultimo anelito gridava agli aguzzini: «Quando non potrò più sopportare le vostre torture mi mozzerò la lingua con i denti per non parlare». La brutalità teutone poté violarne il corpo, ma non piegarne l’anima ardente e l’invitto coraggio. La leonessa dei partigiani rimane fulgido esempio delle più nobili tradizioni di eroismo e di fede delle donne italiane.

Castel Tesino, 10 ottobre 1944.

Appartenente a modesta famiglia di contadini, esercitava il mestiere di venditrice ambulante. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu testimone un giorno, nella stazione di Trento, della triste scena presentata da un convoglio ferroviario carico di soldati italiani diretti ai campi di concentramento in Germania. Impressionata dalle umiliazioni inflitte ai nostri soldati, non esitò a scegliere quella strada che doveva poi costarle la vita a soli 19 anni. Raggiunte in montagna le prime formazioni partigiane, cui si aggregò in seguito anche il fratello, fu coraggiosa staffetta nel btg. “Gherlenda” della Div. “Gramsci”, nota come la “Garibaldina Veglia”.

Pratelli Parenti Norma

 

n. 1921 Massa Marittima (Grosseto). Partigiana combattente.

Giovane sposa e madre, fra le stragi e le persecuzioni, mentre nel litorale maremmano infieriva la rabbia tedesca e fascista, non accordò riposo al suo corpo né piegò la sua volontà di soccorritrice, di animatrice, di combattente e di martire. Diede alle vittime la sepoltura vietata, provvide ospitalità ai fuggiaschi, libertà e salvezza ai prigionieri, munizioni e viveri ai partigiani e nei giorni del terrore, quando la paura chiudeva tutte le porte e faceva deserte le strade, con l’esempio di una intrepida pietà donò coraggio ai timorosi e accrebbe la fiducia ai forti. Nella notte del 22 giugno, tratta fuori dalla sua casa, martoriata dalla feroce bestialità dei suoi carnefici, spirò, sublime offerta alla Patria, l’anima generosa.

Massa Marittima, giugno 1944.

Ispirata da sentimenti cristiani, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, seguendo l’esempio del marito, partecipò alla lotta clandestina di Resistenza con l’entusiasmo dei suoi giovani anni. Militò nel rgpt. “Amiata” della III Brig. “Garibaldi” operante nella zona di Massa Marittima. Nella piccola trattoria gestita dalla madre ebbe occasione di avvicinare ed indurre a disertare, per raggiungere le formazioni partigiane, numerosi prigionieri di nazionalità straniera al seguito delle truppe tedesche. Tradita da uno di questi, un mongolo emissario del nemico, la sera del 22 giugno 1944, quando già le unità germaniche erano in ritirata, fu arrestata in casa insieme con la madre. La mattina successiva fu rinvenuto il suo corpo straziato dalle fucilate.

 

Rosani Rita

 

n. 1920 Trieste. Partigiana combattente.

Perseguitata politica, entrava a far parte di una banda armata partigiana vivendo la dura vita di combattente. Fu compagna, sorella, animatrice di indomito valore e di ardente fede. Mai arretrò innanzi al sicuro pericolo ed alle sofferenze della rude esistenza, pur di

portare a compimento le delicate e rischiosissime missioni a lei affidate. Circondata la sua banda da preponderanti forze nazifasciste, impugnava le armi e, ultima a ritirarsi, combatteva strenuamente finché cadeva da valorosa sul campo, immolando alla Patria la sua giovane ed eroica esistenza.

Monte Comune, 17 settembre 1944.

Di origine cecoslovacca, insegnante nella scuola elementare ebraica a Trieste, per sfuggire alle persecuzioni razziali, fu costretta ad abbandonare la città dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Rifugiatasi a Portogruaro, partecipò attivamente alla lotta clandestina di Resistenza, quindi, nel febbraio 1944, si portò a Verona dove costituì, insieme a pochi altri, la formazione “Aquila” della Brig. “Pasubio”. Combatté in Valpolicella e nella zona di Zevio fino al giorno del suo cosciente sacrificio. Per il suo virile comportamento fu assunta dalla comunità ebraica quale simbolo della virtù e della forza d’animo del popolo d’Israele.

Rossi Modesta in Polletti

 

n. 1914 Bucine (Arezzo). Partigiana combattente.

Seguiva il marito nelle impervie montagne dell’Appennino Toscoemiliano e con lui divideva i rischi, i pericoli e i disagi della vita partigiana, animata e sorretta dalla fede e dall’amore per la Patria. Incaricata di umili mansioni assistenziali, chiedeva ed otteneva di prendere parte attiva alla lotta rifulgendo con le armi in pugno per coraggio e sprezzo del pericolo. Arrestata dai tedeschi resisteva eroicamente a torture e lusinghe e, senza proferire parola che potesse essere rivelazione, affrontava il plotone di esecuzione che spietatamente stroncò, insieme alla sua, l’esistenza di un figlioletto di appena un anno che, quale giovane virgulto, era avvinto al seno materno.

Zona di Solaia (Arezzo), 11 settembre 1943 - 29 giugno 1944.

Appartenente a numerosa famiglia di modestissimi agricoltori, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per quanto giovane madre, volle seguire il marito impegnato nella lotta clandestina di Resistenza sulle montagne dell’Aretino.

 

Tonelli Virginia

 

n. 1903 Castelnuovo del Friuli (Pordenone). Partigiana combattente.

Partigiana animata da profonda fede e dotata di elevate doti intellettive ed organizzative, svolgeva a lungo importanti rischiosi incarichi di collegamento fra varie formazioni partigiane e gli organi direzionali del movimento di resistenza del Veneto e della Lombardia. Ricercata attivamente, veniva catturata a Trieste e sottoposta per venti giorni ad atroci, inumane sevizie allo scopo di conoscere le preziose notizie in suo possesso. Vista l’impossibilità, grazie all’eroico spirito di sacrificio della martire, di trarre le informazioni richieste, gli aguzzini, esasperati, la bruciavano viva. Sublime esempio di cosciente sacrificio in nome della libertà della Patria.

Trieste, 29 settembre 1944.

Appartenente a famiglia numerosa di lavoratori, frequentò la Scuola per Infermiere. Donna coraggiosa e dotata di alto spirito di sacrificio, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 entrò a far parte del movimento di Resistenza disimpegnando con abilità e audacia le più difficili missioni. Il 17 settembre 1944, incaricata dal Capo della Delegazione Provinciale del Comando Generale Brigate “Garibaldi” di Udine di una nuova importante missione, partì per Trieste, in treno, ove, appena giunta, fu arrestata dalla polizia tedesca.

 

Vassalle Vera

 

n. 1920 Viareggio (Lucca). Partigiana combattente.

Ventiquattrenne, di eccezionali doti di mente, d’animo e di carattere, all’atto dell’armistizio, incurante di ogni pericolo, attraversava le linee tedesche e si presentava ad un comando alleato per essere impiegata contro il nemico. Seguito un breve corso d’istruzione presso un ufficio informazioni alleato, volontariamente si faceva sbarcare da un Mas italiano, in territorio occupato dai tedeschi. Con altro compagno R. T. portava con sé una radio e carte topografiche, organizzava e faceva funzionare un servizio di collegamento fra tutti i gruppi di patrioti dislocati nell’appennino toscano, trasmettendo più di 300 messaggi, dando con precisione importanti informazioni di carattere militare. La sua intelligenza e coraggiosa attività rendeva possibile sessantacinque lanci da aerei a patrioti. Sorpresa dalle SS tedesche mentre trasmetteva messaggi radio riusciva a fuggire portando con sé codici e documenti segreti e riprendeva la coraggiosa azione clandestina. Pochi giorni prima dell’arrivo degli alleati passava nuovamente le linee tedesche portando preziose notizie sul nemico e sui campi minati. Animata da elevati sentimenti, dimostrava in ogni circostanza spiccato sprezzo del pericolo. Degna rappresentante delle nobili virtù delle donne italiane.

Italia occupata, settembre 1943 - luglio 1944.

Diplomatasi nell’Istituto magistrale di Pisa ed abilitata all’insegnamento, era impiegata presso la Cassa di Risparmio di Lucca. Dopo l’8 settembre 1943, in seguito alla dichiarazione dell’armistizio, aderendo alla proposta del cognato Manfredo Bertini, decorato poi di M.O. al V.M. alla memoria, di collaborare con gli anglo-americani, abbandonò impiego e famiglia. Raggiunta Montella dopo avventuroso viaggio attraverso

le linee nemiche fu messa a disposizione dell’ «Office of Strategic Service» (Ufficio Informazioni della 5a Armata alleata) e incaricata di svolgere azione informativa e di collegamento con le formazioni partigiane in territorio occupato dai tedeschi. Dopo aver frequentato a Taranto un apposito corso di addestramento, il 18 gennaio 1944, munita di una radiotrasmittente, partiva da Bastia in Corsica con una motosilurante sbarcando qualche ora dopo nei pressi di Orbetello. Raggiunta Viareggio e presi contatti con esponenti del CLN di Firenze, si prodigò in azioni di sabotaggio e d’informazione, facilitando aviolanci di armi alle formazioni partigiane. Individuata il 2 luglio dai tedeschi la stazione trasmittente riuscì, col radiotelegrafista che l’accompagnava, a sfuggire alla cattura. Si aggregò alla formazione partigiana “Marcello Garosi” ed ottenuta altra radio operò fino alla liberazione di Lucca, passando poi a Siena. Nominata insegnante elementare, risiedeva a Cavi di Lavagna (Genova) dove è deceduta nel novembre

1985.

Versari Iris

 

n. 1922 Portico S. Benedetto (Forlì). Partigiana combattente.

Giovane di modeste origini, poco più che ventenne, fedele alle tradizioni delle coraggiose genti di Romagna, non esitò a scegliere il suo posto di rischio e di sacrificio per opporsi alla tracotante oppressione dell’invasore, unendosi ad una combattiva formazione autonoma partigiana locale. Ardimentosa ed intrepida prese parte attiva a numerose azioni di guerriglia distinguendosi come trascinatrice e valida combattente. Durante l’ultimo combattimento, circondata con altri partigiani in una casa colonica isolata, ferita ed impossibilitata a muoversi, esortò ed indusse i compagni a rompere l’accerchiamento e, impegnando gli avversari con intenso e nutrito fuoco, agevolò la loro sortita. Dopo aver abbattuto l’ufficiale nemico che per primo entrò nella casa colonica, consapevole della sorte che l’attendeva cadendo viva nelle mani del crudele nemico, si diede la morte. Immolava così la sua giovane vita a quegli ideali che aveva nutrito nella sua breve ma gloriosa esistenza.

Terra di Romagna, 9 settembre 1943 - 18 agosto 1944.

Nata da famiglia di modesti contadini, frequentò le scuole elementari. Dopo la dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, entrò a far parte della formazione partigiana “Battaglione Corbari” e si distinse nella rischiosa attività di portaordini per assicurare i collegamenti fra i nuclei partigiani operanti sui monti della Romagna. Arrestata dai tedeschi riuscì a fuggire ma, per rappresaglia, i suoi genitori furono presi e deportati in Germania e del padre non ebbe più notizie. Durante un combattimento fu gravemente ferita alle gambe e per non cadere nuovamente in mani tedesche preferì darsi la morte.

(a cura di Daniele De Paolis)

Patria indipendente, 11 marzo 2007

sommario