Patria indipendente

Dovevano scrivere: “Sto bene”

Cartoline e francobolli dall’inferno dei lager

a cura del C.I.F.R.

Centro Italiano Filatelia Resistenza

 

Il 27 gennaio si celebra il “Giorno della Memoria”, disposto da una legge della Repubblica Italiana del 2000 che individua nel «27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati» (art. 1 della Legge n. 211/2000). Shoah è un vocabolo ebraico che significa catastrofe, distruzione. Il termine è sempre più utilizzato per definire ciò che accadde agli ebrei d’Europa dalla metà degli Anni 30 al 1945 e in particolar modo nel quadriennio finale, caratterizzato dall’attuazione del progetto di sistematica uccisione dell’intera popolazione ebraica. Ricordarsi di quelle vittime serve a mantenere memoria delle loro esistenze e del perché esse vennero troncate. E la memoria di questo passato serve ad aiutarci a costruire il futuro. Anche attraverso i ricordi filatelici che molti Paesi hanno realizzato negli ultimi sessant’anni. Molti Stati hanno istituito un “Giorno della Memoria”. L’Italia lo ha fissato al 27 gennaio: la data in cui nel 1945 fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz. In effetti altri ebrei, d’Italia e d’Europa, vennero uccisi nelle settimane seguenti. Ma la data della Liberazione di quel campo è stata giudicata più adatta di altre a simboleggiare la Shoah e la sua fine. I campi di concentramento furono l’anello finale della catena di terrore con cui la Germania legò l’Europa occupata dal 1940 al I945. Tutte le vie del dolore conducevano al campo di concentramento e nella maggior parte dei casi alla morte. Ebrei, politici, partigiani, prigionieri di guerra russi, commandos alleati e una moltitudine di altri esseri umani, donne e bambini, strappati dalle loro case, si trovarono a milioni a Belsen, Buchenwald, Dachau, Majdanek, Ravensbruck, Auschwitz, Birkenau, Mauthausen e in altre migliaia di Konzentrazionslager per morirvi o forse per uscirne per sempre segnati. “Konzentrationslager” erano definiti tutti quei campi che per la loro importanza divenivano centrali e disponevano di autonomia operativa. A ciascuno di essi era assegnato il compito di sfruttare al massimo i deportati. Nel febbraio del 1933 le S.A. (Sturm Abteilung ovvero “Sezioni d’Assalto”, la prima organizzazione paramilitare del Partito Nazista) prepararono l’installazione di un campo di concentramento a Oranjenberg dentro una vecchia fabbrica di birra. In esso vennero internati i dissidenti del regime nazista. Le “SS” (SchutzStaffel), in un primo tempo addette alla protezione del partito nazionalsocialista, assumevano, dopo la “Notte dei lunghi coltelli” (30 giugno 1934), la direzione dei campi di concentramento. Il 22 marzo 1933 veniva aperto il campo di Dachau, il primo lager nazista. Ne seguivano altre migliaia sparsi nelle località più malsane della Germania e dell’Europa. I deportati venivano trasportati per ferrovia, su carri bestiame, ed al loro arrivo trovavano le “SS”, pronte alla violenza, con cani lupo addestrati allo scopo. I deportati venivano prelevati dal loro Paese d’origine ed imboccavano un cammino senza ritorno. Il lager era delimitato da una recinzione di filo spinato percorso dall’alta tensione. Le torrette servivano per tenere sotto controllo i prigionieri. Ogni baracca costituiva un “blok” e comprendeva una o più camerate. Ad Auschwitz esistevano addirittura stazioni interne di controllo. All’ingresso del campo una scritta campeggiava sul cancello d’ingresso «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi, vedere cartolina postale). Al momento di entrare nel lager ognuno era privato dei suoi averi. Sulla casacca, che come i pantaloni era di tessuto a strisce alternate in grigio e celeste, figurava il numero di matricola ed un triangolo colorato (rosso con l’iniziale della nazionalità per i politici, verde per i criminali) oppure la stella di David per gli ebrei. Nelle lettere che varcavano i confini del lager si dovevano scrivere notizie confortanti e rassicuranti. La frase «Ich bin gesund» (sto bene) era d’obbligo (vedi stralcio di cartolina postale)! I nazisti sfruttavano il lavoro del deportato per produrre materiale bellico (V1, V2, aerei) da utilizzare contro il suo stesso Paese. Dunque, anche l’umiliazione di dover contribuire alla guerra! Debilitati nel fisico, tormentati dalla fame e da ogni genere di malattia, come ulteriore tortura dovevano trainare un rullo di enormi dimensioni e peso. Lo scopo era quello di limitare la resistenza dell’individuo. Per i deportati che varcavano la soglia dell’infermeria del campo le speranze di salvezza erano minime. Si trattava davvero dell’anticamera della morte. Nei forni crematori del campo si bruciavano i cadaveri di coloro che erano deceduti. Nell’aria si diffondeva l’odore acre di carne umana bruciata che ricordava ai deportati la morte sempre in agguato. Il 6 gennaio 1945 nel campo di Birkenau aveva luogo l’ultima esecuzione nella quale venivano giustiziate quattro deportate ree di aver aiutato dei prigionieri durante la rivolta dell’ottobre 1944. In alcuni lager (Buchenwald, Mauthausen) i deportati riuscivano ad autoliberarsi mentre in altri giungevano le truppe sovietiche (Auschwitz) o degli USA (Dachau). Il 1° aprile 1945 il Generale Gorge S. Patton visitava il K.L. Buchenwald dove la rivolta degli internati era risultata decisiva. Ad Auschwitz trovarono la loro fine molti personaggi politici, scrittori, artisti, poeti, militari, ebrei e non solo, fra cui il frate luterano Maximilian Kolbe, i francesi Danielle Casanova e Pierre Masse e molti altri per i quali sono stati emessi francobolli speciali o sono stati predisposti annulli speciali. «Condanniamo i criminali nazisti» era scritto sull’annullo polacco del 1947. Fino ad oggi, ben pochi sono stati giudicati e condannati. (vedi annullo postale polacco per Auschwitz).

Patria indipendente, 21 gennaio 2007

 

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