Patria indipendente
Molti tedeschi si batterono fino alla morte
L’opposizione antinazista sotto il regime di Hitler
I giovani della “Rosa Bianca” e i combattenti dell’Orchestra Rossa
di Gabriella Rabottini
In Germania l’opposizione di minoranze molto attive e risolute accompagnò dall’inizio alla fine il regime nazista, subendo la repressione più dura e spietata: diversi fattori distinsero questi movimenti dagli altri movimenti resistenziali europei. Mancava la presenza di uno stato occupante che in altre nazioni aveva coagulate larghe fette di popolazione attorno al concetto di patria e di sentimento nazionale. L’estrema frantumazione e differenziazione dei gruppi politici e sociali, che avrebbero potuto stimolare un forte movimento antinazista e il controllo assoluto sulle masse esercitato dal regime contro ogni forma di dissenso e opposizione – già nell’autunno del 1933 l’emigrazione antinazista denunciò la presenza di 45 campi di concentramento e la deportazione di 40.000 persone – ecco, l’estrema frammentazione impedì ai diversi nuclei di aggregarsi e formare un movimento di massa. Inoltre la massiccia fuga dalla Germania di molti esponenti politici e intellettuali contribuì ad indebolire una possibile opposizione. Queste circostanze hanno fatto sì che molte interpretazioni storiografiche abbiano dubitato dell’esistenza di una resistenza tedesca. Tra il 1933 e il 1939 l’opposizione antinazista si proponeva innanzitutto di rovesciare il regime, con lo scoppio della guerra l’obbiettivo più concreto divenne quello di fare uscire il Paese dal conflitto; in questo periodo registriamo più di 300 gruppi di opposizione che agivano clandestinamente attraverso la distribuzione di stampe, volantini e impedendo con atti di sabotaggio il normale funzionamento della macchina nazista. Abbiamo già accennato all’emigrazione antinazista che, nel febbraio del 1936, vede 118 esponenti politici e intellettuali, fra cui Heinrich Mann, riunirsi a Parigi per sviluppare un manifesto articolato in quattro punti: denuncia dell’arbitrio della violenza e del terrore del regime nazista, richiesta dei diritti elementari del popolo tedesco, solidarietà dei gruppi di opposizione e creazione di un comitato per la ricostruzione di una Germania libera. Ma all’interno della Germania il manifesto di Parigi non ebbe eco sufficiente: il terrorismo e la demagogia nazista, l’esaltazione dell’orgoglio nazionalistico, le rivendicazioni imperialistiche, portavano al nazionalsocialismo sempre più consensi. Il movimento Freies Deutschland (Germania Libera) fu costituito nell’estate del 1943 per iniziativa di emigrati politici e intellettuali in Unione Sovietica, in collaborazione con prigionieri della Wehrmacht, con l’obbiettivo dell’incitamento alla ribellione per rovesciare il governo nazista. Il Comitato fu affiancato dalla lega degli ufficiali tedeschi presieduta dal generale von Seydlitz alla quale aderì anche l’ex comandante della VI armata di Stalingrado, maresciallo Paulus, cosa che ebbe una non trascurabile eco in Germania. L’attività del Comitato Freies Deutschland si avvalse della diffusione di materiale propagandistico e di trasmissioni radiofoniche. Una forma di resistenza non trascurabile, ma molto dibattuta, riguarda le due confessioni cristiane tedesche da cui uscirono nobili figure di antinazisti. Una delle poche pubbliche denunce contro gli arresti, le persecuzioni arbitrarie e le uccisioni di invalidi venne dalla voce del vescovo van Galen di Muenster, uno dei vescovi invitati a Roma da Pio XI per redigere l’enciclica Mit brennender Sorge, nella quale si condannava il regime nazionalsocialista. Al vescovo Wurm, della regione del Wuerttemberg, dobbiamo vibranti denunce dello sterminio degli ebrei, mentre il pastore Dietrich Bonhoefer, che inizialmente emigrò ma poi rientrò nel suo Paese sollecitato dalla sua coscienza, prese vari contatti con la resistenza ma fu poi arrestato, internato e impiccato nel 1945 nel campo di concentramento di Flossenburg. Il movimento clandestino che mantenne più continuità fu quello legato al partito comunista, che influenzò indubbiamente il più importante gruppo antinazista anteriore allo scoppio della guerra, il gruppo Schulze-Boysen-Harnack, noto anche come Rote Kapelle (Orchestra Rossa), come fu definito dalla polizia nazista. Nel 1936 l’ufficiale d’aviazione Harro Schulze-Boysen raccolse attorno sé, a Berlino, persone di diversa provenienza politica, fra cui alcuni comunisti; nel 1939 il gruppo si fuse con quello organizzato da Arvid Harnack, funzionario del ministero dell’economia. La posizione sociale dei due principali esponenti permise al gruppo di raggiungere diversi ambienti della capitale del Reich, legando assieme intellettuali, alti funzionari dell’amministrazione e nuclei operai, costituendo così una larga rete di contatti e di propaganda nel resto del Paese. A loro viene attribuita la diffusione del periodico clandestino Innere Front (Fronte Interno). L’attività fu di propaganda e di solidarietà con i perseguitati politici e razziali, ma anche di appoggio attivo alla resistenza nei territori occupati; il gruppo riuscì a stabilire un contatto radio con l’URSS. Nel 1942 più di 60 condanne a morte chiusero la vicenda della Rote Kapelle. Molti furono i gruppi minori vicini al partito comunista. Fra questi quello capeggiato dall’operaio berlinese Robert Uhrig che nel 1938 organizzò un nucleo di lavoratori estendendo l’attività in tutto l’ambiente operaio berlinese e anche in altre città; l’organizzazione fu scoperta e distrutta all’inizio del 1942. Il gruppo di Beppo Roemer, in contatto con quello di Uhrig, chiuse la sua storia con il bilancio di un centinaio di impiccagioni. L’organizzazione operaia guidata da Georg Lechleiter, con base a Mannheim, sede di importanti industrie belliche, diffuse la propaganda antinazista attraverso il giornale illegale Der Vorbote (Il Presagio); i suoi principali esponenti furono giustiziati il 15 settembre 1942. Uno dei gruppi più combattivi operava ad Amburgo, città di tradizione proletaria, guidato dagli operai Baestlein, Jacob e Abshagen, usciti tutti e tre dal campo di concentramento di Sachsenhausen; oltre all’attività di propaganda il gruppo tentò di costituire un apparato militare: l’organizzazione era in contatto con la Rote Kapelle e con un altro gruppo berlinese guidato da Anton Saefkow, che aveva raccolto nella sua organizzazione i superstiti del gruppo di Uhrig. L’intero gruppo fu annientato, i tre principali esponenti furono giustiziati il 18 settembre del 1944 mentre altre centinaia di condanne testimoniano l’estensione della rete clandestina da essi creata. Un gruppo singolare fu quello composto da giovani ebrei, che raccoglieva anche molti lavoratori delle fabbriche Siemens, guidato dal costruttore Herbert Baum; nel 1942 organizzò addirittura un attentato appiccando il fuoco a un padiglione di propaganda antisovietica: il gruppo fu distrutto, Baum morì sotto tortura e altri 22 componenti furono giustiziati. Una pagina a parte meritano i giovani del gruppo della Rosa Bianca, “Die weisse Rose” di Monaco, riuniti attorno alla figura del prof. Kurt Huber. Spinti più che da convinzioni politiche da uno sdegno profondo di fronte al nazismo e alle sue colpe nei confronti dei tedeschi e del mondo intero, agirono creando e distribuendo volantini in molte città della Germania, in cui incoraggiavano la popolazione a ribellarsi attraverso la resistenza civile, resistenza che si trasforma nell’ultimo volantino (sei in tutto, fra l’estate del 1942 e il febbraio del 1943) in resistenza attiva. Inoltre cosparsero la città con slogan antinazisti (“Libertà” sui muri dell’università e “Abbasso Hitler” sulle strade di Monaco) e cancellarono molte svastiche ed emblemi del partito nazionalsocialista. Il gruppo era in contatto con Falk Harnack, fratello di Arvid, e con il pastore Bonhoefer per la creazione di un coordinamento dei vari gruppi resistenziali. Durante la distribuzione del sesto volantino presso l’università di Monaco i fratelli Scholl, i fondatori e ispiratori del gruppo, vennero catturati e la Rosa Bianca terminò tragicamente la sua storia. Il 22 febbraio 1943 i fratelli Hans (24 anni) e Sophie (21 anni) Scholl vennero decapitati insieme al compagno Cristoph Probst (23 anni) e qualche mese dopo la stessa sorte toccò al prof. Huber e ad altri studenti dello stesso gruppo. Dopo la condanna a morte dei fratelli Scholl fu emanato un provvedimento per cui i parenti dei condannati dovevano essere arrestati e condotti in campo di concentramento. La rete cospirativa più vasta fu quella legata al complotto del 20 luglio 1944, nella quale confluirono uomini della Wehrmacht, esponenti confessionali, conservatori, socialdemocratici, civili e nobili, come quelli legati al circolo di Kreisau, nato intorno alla figura del conte Helmut von Moltke. Fra gli esponenti più in vista dell’organizzazione troviamo Ludwig Beck, ex capo di stato maggiore dell’esercito, il conservatore Karl Goerdeler, ex borgomastro di Lipsia, che nei piani dei cospiratori sarebbe divenuto il futuro cancelliere del Paese, e il colonnello von Stauffenberg, che eseguì personalmente l’attentato al Führer depositando una bomba nella sala riunioni del suo quartier generale. L’attentato fallì e Hitler sopravvisse. Stauffenberg fu fucilato insieme ad altri suoi complici, Beck si suicidò e la dittatura e il terrorismo conobbero un ulteriore inasprimento: le vittime della sanguinosa repressione ammontarono a qualche migliaio (persino il più popolare condottiero dell’esercito nazista, il maresciallo Rommel, fu costretto al suicidio). Fra i singoli che esercitarono un’opposizione al regime nazifascista ricordiamo il falegname Georg Elser, che nel novembre del 1939 cercò di realizzare un attentato contro Hitler con lo scopo di fermare la guerra ed affermare la pace in Europa; fu fucilato a Dachau pochi giorni prima della fine della guerra, il 9 aprile 1945. Un episodio poco noto relativo alla resistenza civile è quello delle donne della Rosenstrasse: nel febbraio del 1943 i nazisti catturarono a Berlino circa 1.700 ebrei, molti dei quali erano sposati con donne tedesche, e li rinchiusero in un edificio situato appunto sulla Rosenstrasse; le mogli e le figlie di questi uomini protestarono giorno e notte, nel rigido inverno berlinese, di fronte all’edificio finché dopo una settimana i prigionieri furono rilasciati. Questi sono solo alcuni dei gruppi di opposizione al nazionalsocialismo in Germania. Non ci è dato sapere con precisione quanti furono gli oppositori al regime nazionalsocialista che perirono o furono condannati; sappiamo che i tedeschi imprigionati e deportati sono stati non meno di un milione, qualcuno parla di 800.000 oppositori morti. Sappiamo che non pochi si elevarono su di una massa completamente priva di sensibilità morale e su di una cultura docilmente asservitasi al terzo Reich; tedeschi che tentarono una disperata lotta contro un regime terrorista che esercitava un controllo assoluto sulla popolazione; donne e uomini che scelsero senza dubbi di ribellarsi e che iscrissero il loro nome in una storia poco conosciuta e poco riconosciuta. Donne e uomini spinti da un imperativo morale, lo stesso che portò Hans Scholl a scrivere con una matita clandestina sulle pareti della cella, prima di essere condotto alla ghigliottina, le parole di Ghoete «Vivere a dispetto di ogni male».
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Il Gedenkstaette Deutscher Widerstand (Museo della Memoria della Resistenza tedesca) sorge presso il Bendlerblock a Berlino, luogo dove lavorava il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg e dove fu organizzato il tentativo di colpo di Stato del gruppo del 20 luglio. Nel cortile principale, dove avvenne la sua fucilazione, sorge un monumento dedicato ai resistenti tedeschi. Il museo, inaugurato nel 1968, si articola in 26 sezioni dedicate a singoli e a gruppi che dal 1933 al 1945 si ribellarono alla dittatura nazionalsocialista e presenta più di 5.000 foto e documenti. Lo scopo di questa istituzione non è solo espositivo, ma è soprattutto quello di essere un luogo di apprendimento attivo e di formazione politica, attraverso l’organizzazione di seminari, di ricerche e approfondimenti per scolari e studenti, attraverso proiezioni di film e documentari, l’installazione di mostre temporanee, la pubblicazione di libri; possiede inoltre una ricca biblioteca. Viene visitato da circa 70.000 persone l’anno ed è sostenuto finanziariamente dal Land di Berlino e dalla Repubblica Federale Tedesca. Il museo possiede un sito internet: http://www.gdw.berlin.de
Citazioni dai volantini della Rosa Bianca
Tedeschi!… Staccatevi dal nazionalsocialismo disumano! Dimostrate con l’azione che voi la pensate diversamente. Una nuova guerra di liberazione sta per scoppiare… Strappate il mantello dell’indifferenza che avvolge il vostro cuore… Non prestate fede alla propaganda nazionalsocialista che vi ha iniettato il terrore dei bolscevichi… Separatevi in tempo da tutto quello che è collegato col nazionalsocialismo! Verrà un terribile ma giusto giudizio contro quelli che vili e indecisi si sono tenuti nascosti. La Germania futura potrà unicamente essere una federazione. Solo un sano ordinamento federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l’Europa indebolita… Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio degli stati criminali fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa.
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Libertà e onore! Per dieci lunghi anni Hitler ed i suoi seguaci hanno spremuto fino alla nausea queste due magnifiche parole tedesche, le hanno svuotate, alterate come possono fare soltanto i dilettanti, che gettano ai porci i più alti valori di una nazione… Il nome tedesco rimarrà disonorato per sempre se la gioventù tedesca non insorgerà e, insieme vendicando ed espiando, non schiaccerà i suoi aguzzini e non darà origine a una nuova Europa dello spirito.
Inge Scholl, sorella di Sophie e Hans
Alcuni studenti si assunsero la responsabilità di agire nel momento in cui la dittatura era onnipresente. Si assunsero la responsabilità dell’isolamento, non poterono più parlare con i parenti; accettarono chel’onnipotenza dell’organo statale non lasciasse loro alcuno spazio; si accontentarono di provocare delle crepe, invece di fare saltare le pietre angolari. Non vollero e non poterono nulla di più, e furono pronti a pagare con tutto quello che erano e che avevano.
Ferruccio Parri sui fratelli Scholl
E, passo dopo passo Hans scopre sempre di più le ragioni della ribellione. I grandi dello spirito tedesco, da Keller, a Ghoete, a Schiller, ai pastori della Chiesa suggeriscono le formule e le invettive. Con qualche meraviglia, con qualche commozione, nella evoluzione, nel progressivo allargamento di orizzonti di questo gruppo di giovani tedeschi scorgiamo ripetuta la stessa esperienza di tanti giovani italiani maturati dall’antifascismo alla Resistenza… Non conta l’ingenua cospirazione mancata di pochi giovani eroi, conta che la ribellione abbia potuto divampare spontanea tra la gioventù tedesca; conta questa nuova e pura riprova di una capacità morale di condanna, conta il poter credere nel popolo tedesco. Sono Hans e Sophie Scholl, sono i loro compagni di sacrificio, che espiano la colpa del popolo tedesco. Quel sangue che cola dal ceppo è una preziosa testimonianza.
Martin Niemoeller, pastore protestante, una delle figure più rilevanti dell’opposizione al nazismo all’interno della Chiesa evangelica fu imprigionato più volte e rinchiuso successivamente a Dachau dal ’41 al ’45. Ecco, a fianco, cosa scrisse il pastore Niemoeller sulla repressione nazista.
«Quando i nazi
presero i comunisti,
io ho taciuto;
non ero un comunista.
Quando imprigionarono
i socialdemocratici
io tacqui;
non ero un socialdemocratico.
Quando presero
i sindacalisti
io tacqui;
non ero un sindacalista.
Quando presero gli ebrei
io tacqui;
non ero un ebreo.
Quando presero me
non c’era più nessuno
che potesse protestare».
Patria indipendente, 21 gennaio 2007