Patria indipendente

Il sacerdote Medaglia d’Argento della Resistenza

Don Luigi Vanessa il “prete combattente”

Un diario quotidiano di straordinaria importanza. La nascita a Rapallo. La brigata “Centocroci”

di Mario Canessa

 

Giovani e giovanissimi forse non sanno che durante la dittatura fascista nel nostro Paese il ribellismo clandestino aveva radici profonde, particolarmente in Toscana, Emilia, Liguria e Lombardia ed era costituito da cellule sparse, attive in varie città. Il nucleo centrale di queste cellule era formato generalmente da reduci delle Brigate Internazionali combattenti in Spagna, dagli antifascisti che avevano scontato pesanti condanne inflitte loro dall’abietto tribunale per la difesa dello Stato fascista, dai liberati dalle isole di Ponza, Ventotene, Tremiti e da altre località di confino. La maggior parte di queste persone, durante l’occupazione nazista, erano esponenti dei Comitati di Liberazione Nazionale (CLN), dirigenti di formazioni partigiane, oppure esperti di gruppi di azione patriottica (GAP) operanti nel tessuto urbano delle città. All’indomani dell’8 settembre 1943, nell’ora in cui toccava l’apice lo sfacelo delle forze armate e dell’ordine, in una situazione di generale sbandamento, vi furono intellettuali, impiegati, operai e contadini che, fortemente animati nella lotta contro l’occupante tedesco e i suoi scherani fascisti, seppero scegliere la via più dura del sacrificio e del nuovo onore nazionale, facendosi partigiani: così nasceva la Resistenza. Don Luigi Canessa nacque a Rapallo (Genova) nel 1912. Operaio-tipografo, a vent’anni entrò nel seminario di Chiavari e, appena ordinato sacerdote, pochi anni prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, fu inviato come parroco a Cassego di Varese Ligure (Spezia), paese sull’Appennino al confine con l’Emilia. Figlio del suo tempo, anch’egli dovette respirare l’aria inquinata e la prepotenza aggressiva del fascismo imperversante, tuttavia il suo temperamento fiero e indipendente, l’interesse per le problematiche sociali affrontate grazie all’approccio con i maestri delle democrazie moderne, formarono il suo animo ad una visione antifascista, motivata principalmente dal rifiuto della violenza e dell’ingiustizia. Nelle settimane che seguirono l’armistizio, insieme a don Giovan Battista Bobbio ed altri parroci della zona, contribuì all’assistenza dei giovani sbandati, offrì rifugio nella sua abitazione a ricercati per motivi politici o razziali e cooperò attivamente alla organizzazione dei primi nuclei partigiani. Con i parroci del comprensorio stabilì di preavvisare le popolazioni del sopraggiungere dei nazifascisti per mezzo di un particolare rintocco delle campane. La svolta vera e propria si ebbe nel 1944, quando don Luigi Canessa, senza esitazioni o ripensamenti, prese intrepidamente la strada della montagna, unendosi alla Brigata “Centocroci”, cui era stato assegnato il controllo e la vigilanza di un territorio di oltre 2.500 kmq, compreso tra la riviera e le valli del Vara, del Taro: zona ritenuta strategicamente importante ed impegnativa per l’intenso movimento di contingenti militari in contatto con le armate germaniche trincerate nell’attigua linea Gotica. Com’è noto, la denominazione di “Centocroci” si riferisce al toponimo montano con cui si individua la zona all’incrocio tra i confini liguri e romagnoli, da cui era possibile agiatamente controllare tutta una serie di valli, strade, fiumi e paesi circonvicini per un raggio davvero ampio. Nei 16 mesi di militanza attiva nei boschi delle montagne della zona, don Vanessa ebbe modo di annotare le vicende che andava vivendo con le brigate di cui era cappellano capo e fu per questo da tutti conosciuto come “il prete combattente”. Si ritiene degno e meritevole riportare di seguito alcune tra le più significative azioni di guerra alle quali il prete combattente partecipò con slancio ed ardore non comune. Dal suo diario si possono apprezzare in modo particolare le seguenti azioni:

6 giugno 1944 – Disarmati i presidi fascisti presso il passo del Bocco al monte Prinzera (Fornovo) e delle pezze di Borgo Taro. 22 militi catturati. Bottino: armi e munizioni.

15 giugno – Vengo informato che un reparto della X flottiglia Mas, non trovandomi a Cassego, ha incendiato e distrutto la casa canonica.

Stesso giorno, ore 14 – Due automezzi tedeschi vengono fermati a Borgo Taro e sequestrati abbozzi di piani riguardanti la linea gotica. Materiale fatto recapitare direttamente a “Gallo” (Italo Luigi Longo) del CLN Alta Italia di Milano.

16 giugno – Occupata la stazione ferroviaria di Ostia e minato il ponte parabolico di ferro, alto 17 metri, sul fiume Taro.

15 luglio – Aspri combattimenti per la liberazione di Bedonia, in stretta collaborazione con la Brigata “Coduri” comandata da “Virgola” (Eraldo Fico); nelle operazioni di accerchiamento una ventina furono i caduti, numerosi i feriti, di cui 70 deposero le armi e furono fatti prigionieri: con loro potemmo trattare la tregua.

Stesso giorno – A Bedonia si costituisce la libera repubblica del Val Taro (la prima durante la guerra di Liberazione), mediante l’organizzazione messa in atto da “Poe” (Achille Pellizzari), nominato prefetto del territorio. Con la nomina dei rappresentanti del popolo furono eletti i Sindaci, i Consiglieri Comunali, i Tribunali Popolari e furono iniziati i lavori per il ripristino della pista di atterraggio degli aerei in Borgo Taro. Si arrivò persino alla pubblicazione del giornale “La libera Italia” di cui però uscirono soltanto due numeri.

20 luglio – Nel corso di una violenta battaglia ebbe fine la libera repubblica partigiana di Bedonia; contingenti tedeschi recuperarono il controllo di obiettivi strategici, essenziali per i collegamenti con la linea Gotica e la Pianura Padana. Le battaglie furono citate dai bollettini di guerra alleati.

30 luglio – A Fornovo (PR) sede del comando tedesco, con la mediazione del cappellano capo, si procede ad uno scambio di prigionieri.

1° agosto – Una colonna formata dalla Feldgendarmerie composta da circa 150 uomini a bordo di 12 automezzi, proveniente da Berceto, viene bloccata sul torrente Manubiola. Il ponte fatto saltare costringe il nemico a dirottare su Ghiare e risalire lungo la strada. Dopo due ore di fuoco i nazisti si arrendono: catturati 80 prigionieri, 12 morti e numerosi feriti. Ingente il bottino di armi automatiche, due mitragliatrici da 20 mm e una efficiente stazione radio.

23-24 agosto – Nei pressi del passo Centocroci un battaglione di alpini della divisione “Monterosa” comandata da Farinacci (così si diceva), reca in testa una vistosa bandiera bianca, ritenuta un’intenzionale resa; improvvisamente però da una pattuglia viene lanciato in aria un razzo luminoso. Svanita la sorpresa con l’espediente della bandiera bianca, la reazione della nostra brigata si fa impetuosa: la colonna, fatta segno di un nutrito fuoco da tutti i lati, specie dei mortai, ritorna sui suoi passi. La mattina sul campo di battaglia restano soltanto abbondanti e copiose tracce di sangue.

28-29 agosto – Squadre tedesche di vigilanza, fra 1’imbocco della galleria ferroviaria di Borgallo-Pontremoli e la stazione di Borgo Taro vengono eliminate; contemporaneamente la stessa sorte tocca ai militari che presidiano l’impianto. Decine di soldati tedeschi rimangono esanimi al suolo e dentro la galleria nella quale erano riusciti ad infilarsi.

2 settembre – Il comando unico Parmense e la 1a divisione Liguria hanno delimitato il territorio su cui effettuare operazioni di guerriglia, mentre sulle strade nazionali della Cisa e dell’Aurelia si effettueranno settimanalmente azioni di disturbo per rendere precario il traffico delle truppe tedesche e fasciste dirette al fronte.

15 settembre – Inizia la rafforzata vigilanza sugli obiettivi che possono interessare il nemico. Viene ravvivato il servizio informativo. Nello stesso tempo si e costituito il IV comando di zona operativa, affidato alle due divisioni “Centocroci” e “Picchiara”, allacciate con la “Coduri”, stabilendo la sede a Varese Ligure.

16 dicembre – Al comando della “Centocroci” arrivano tre uomini accompagnati da due staffette. Si tratta di Enrico Mattei, Ferruccio Parri e Luigi Longo in transito verso il fronte. Scambiate informazioni sui sistemi e la guerriglia nel nord, sulle difficoltà dell’equipaggiamento adeguato per il rigore invernale, il gruppo ha proseguito la missione scortato in condizioni di massima sicurezza.

2 gennaio 1945 – Ancora una volta, grazie all’accorta mediazione del cappellano capo, si svolge uno scambio di prigionieri tra Campiano e Bedonia.

14 gennaio – Il comandante del battaglione internazionale maggiore dell’esercito inglese, Gordon Lett, stanziato a Rossano di Pontremoli, chiede l’invio di una squadra di specialisti della nostra divisione per un’importante mansione di aiuto ad un reparto di paracadutisti britannici bloccati nella zona di Codolo (Pontremoli). Nino Silicato, comandante della compagnia di manovra divisionale, con 80 uomini raggiunge il posto indicato. Dopo aver compiuto brillantemente la rischiosa impresa, nel viaggio di ritorno veniva accerchiato da forze nemiche e nell’azione di contrattacco veniva raggiunto da una raffica di mitraglia che stroncava la sua generosa e giovane esistenza.

Febbraio – Si compone il raggruppamento “Centocroci” con 3 brigate, un battaglione ed un reparto di esperti sabotatori sotto il comando unico di “Arta” (Giorgio Ferrari). Iniziano le operazioni di sabotaggio sulle strade statali.

20 marzo – Procede l’organizzazione per l’azione massiccia da sferrare nella battaglia finale.

7 aprile – Tutte le unità combattenti della zona hanno l’ordine di scendere a valle per attaccare e disarmare i presìdi nemici, in specie lungo la linea ferroviaria La Spezia-Parma. Vengono eliminati due caselli ferroviari. Nel liberare la stazione di Ostia il compagno Giorgio Susani, facendo scudo con il corpo per salvare la vita del comandante, perdeva la propria, raggiunto al petto da una fucilata. Catturati 13 militari tedeschi ed avviati al centro di raccolta in Val Ceno.

23-24 aprile – Dal comando unico viene disposto di assumere lo schieramento per la battaglia finale con il preciso ordine di spostarsi a piedi con 30 muli. Si diffonde la notizia che la guerra e finita ma i nazisti non si arrendono e continuano con bordate di sbarramento, ma dopo un duro contrattacco si ritirano.

25-26 aprile – Le staffette forniscono precise indicazioni sulle truppe nemiche ammassate tra Piantonia e Fornovo Val di Taro, valutate all’incirca 16.000 unità. L’attacco intimidatorio viene limitato a scaramucce di pattuglie. Gruppi di militari tedeschi, in previsione del peggio, si arrendono. Formazioni fasciste alzano grossi teli bianchi, depongono le armi e le consegnano ai partigiani mostrando un singolare lasciapassare, fornito da un tipografo di Fornovo. Continuano gli scontri tra le pattuglie.

29 aprile – L’impegno più grande e delicato è quello di custodire gli oltre 600 prigionieri catturati negli ultimi giorni. Nel pomeriggio arrivano due colonne di brasiliani, una da Collecchio e l’altra dal Salsomaggiore: è al loro seguito la Compagnia “Siligato”. I tedeschi lasciano le armi dappertutto, si arrendono e vengono incolonnati verso il campo di concentramento di Ozzano. Alcuni reparti della “Centocroci” si impegnano nel risanamento della zona, rastrellando ordigni pericolosi e mine per consentire il rientro della popolazione. A pochi minuti dalla fine delle ostilità, protratte oltre il termine ufficiale del conflitto, in un duro scontro tra pattuglie lasciano la vita “Eugenio” (Dario Gotelli di Varese) e “Isidoro” (Giuseppe Ravella di Montegroppo). Fra gli ultimi prigionieri italiani figurano il col. Vicelli, comandante delle brigate nere, il dr. Allegri e suo figlio, il ten. Costi ed il comandante Gallo. Quest’ultimo era tristemente noto nella provincia di La Spezia e fuori per nefande esecuzioni e ricordato sempre in testa ai cortei con le bandiere e i gagliardetti nei quali spiccavano le funeste simbologie fasciste delle due tibie incrociate e sormontate da lugubri teschi bianchi; in alcune sul retro era scritta l’imprecazione: a morte i comunisti!

30 aprile – Arriva la notizia che le forze popolari di Parma sono insorte e che le brigate 3a Julia, 12a  e 14a Garibaldi, insieme con la “Centrocroci” si erano unite nell’opera di ristabilimento dell’ordine, accolte per le strade sotto una pioggia di fiori.

* * *

Tutti noi partigiani che abbiamo combattuto nella Provincia di Parma siamo confluiti nella città per la parata finale. Siamo intorno a 8.000. Si marcia per le strade in una giornata di gloria di popolo, di bandiere, tra lo scrosciar degli applausi ed una costante pioggia di fiori. «È una pagina di gloria scritta dai partigiani», così furono le conclusioni dei discorsi dei comandanti e dei commissari politici con l’augurio alle nuove generazioni di saper portare avanti nel nostro Paese liberato dal fascismo lo spirito per il quale morirono i combattenti della Resistenza, lasciando memorie che sovrastano le umane cose. I seguenti dati sono una sintesi dell’opera svolta dai partigiani della “Centocroci”.

• 646 militari tedeschi catturati e fatti prigionieri;

• 308 tra alpini della divisione “Monterosa”, X flottiglia Mas, brigate nere e fascisti fatti prigionieri;

• 77 partigiani deceduti; i feriti non finirono contabilizzati;

• 141 civili caduti per fatti attinenti la guerra di Liberazione;

• 23 treni fatti deragliare con l’interruzione della linea per vari mesi;

• 21 mine esplosive collocate in strade transitate da convogli nemici;

• 32 operazioni di sabotaggio, di cui:

– deviazione a Borgo Taro di un treno carico di materiale bellico diretto a Parma;

– la linea alta tensione nei pressi di Albaredo;

– ponte di ferro parabolico con arcata alta m. 70 sulla linea ferroviaria La Spezia-Parma;

– minato un ponte ad una sola arcata tra Guinadi e Pontremoli sempre sulla linea La Spezia-Parma;

– ai ponti di Cella di Torza furono salvati tutti i macchinari del cantiere di Riva Trigoso, nascosti poi a Varese Ligure;

– salvataggio di un gruppo di paracadutisti britannici a Codolo (Pontremoli) su richiesta del Comando Alleato;

– 3 Medaglie d’Oro al V.M. alla memoria ai partigiani Nino Siligato, Giorgio Susani e Pietro Spezia.

Terminata la guerra il “prete combattente” tornò umilmente a svolgere la missione sacerdotale di Parroco di S. Giacomo in Corte e di S. Margherita Ligure senza chiedere nulla, senza vantarsi, sopportando talvolta l’incomprensione diffusa e tenace in alcuni ambienti. Attraverso questo diario possiamo comprendere passo dopo passo l’alto equilibrio della sua testimonianza di fede e di uomo antifascista, così come l’innegabile disposizione al sacrificio in un coerente programma di vita. Sempre presente alle celebrazioni patriottiche, anche in città lontane, o a raduni di partigiani anche di grande rilievo. Consigliere nazionale dell’ANPI fino alla sua scomparsa nel 1983. Don Luigi Canessa è stato decorato della Medaglia d’Argento al valor militare.

Patria indipendente, dicembre 2007

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