Patria indipendente

La nascita della Resistenza con il contributo popolare

Quei contadini che aiutarono partigiani e soldati

 

di Armando Barone

 

Il comunicato governativo che l’8 settembre annunciava la fine della guerra e che aveva fatto esultare il cuore di molti italiani, aveva dato inizio a quella tragedia che per diciotto mesi sarà caratterizzata da un continuo stillicidio di bombardamenti, distruzioni, deportazioni, massacri di popolazioni inermi. La notte medioevale si era abbattuta sull’Italia e sembrava non aver più fine. Ma l’8 settembre segnò anche l’inizio del nostro riscatto. La vera Italia, quella risorgimentale e non quella fascista che ormai era stata definitivamente condannata dalla storia, cominciava risorgere nei suoi figli migliori. Nello stesso momento in cui era dichiarato l’armistizio, Roma veniva abbandonata dal Governo con il Re in testa, lasciando l’esercito allo sbando senza più nessuna guida. Molti reparti avevano iniziato un’eroica ed impossibile resistenza contro il tedesco invasore. Lo spirito combattivo non era del tutto scomparso. Se i generali, invece di darsi alla fuga, si fossero organizzati meglio molto probabilmente si sarebbe potuta opporre una dura e lunga resistenza favorendo l’avanzata alleata e rendendo più difficile la posizione tedesca. A Roma si assiste alla resistenza dei militari a Porta San Paolo. A Monfalcone e nel Carso inizia subito la Resistenza in collegamento con la guerriglia jugoslava, per non parlare delle quattro giornate di Napoli e di Lanciano. Ovunque ci saranno tentativi di resistenza. All’estero l’eroica resistenza di Cefalonia costerà la morte per fucilazione di 4.500 fra ufficiali e soldati. A Lero ci fu la resistenza dell’ammiraglio Mascherpa che sarà fatto prigioniero dai tedeschi e tradotto nelle carceri di Parma, dove sarà fucilato assieme all’ammiraglio Campioni. Parma ha dedicato loro una lapide che è stata murata sulla facciata della Chiesa di San Giovanni. Di questi esempi ce ne sono a migliaia. Noi ci siamo limitati a ricordarne alcuni dei più importanti Intanto vediamo che già a novembre nelle montagne si erano formati i primi e consistenti gruppi di forze partigiane. E tutto questo avviene con la sentita e attiva partecipazione della popolazione che, per il De Felice sarebbe la cosiddetta “zona grigia”. Strano modo di interpretare la storia a proprio uso e consumo. E a questo proposito, Giorgio Vaccarino fa giustamente notare che «senza la spontanea partecipazione popolare, la sola azione dei partiti popolari avrebbe rischiato di rinnovare in se stesso il glorioso isolamento della prima élite risorgimentale, pur ridimensionata, in una società che aveva conosciuto alcuni decenni di movimento operaio». Non bisogna però dimenticare che sono stati proprio i partiti a suscitare il movimento popolare. Nessun dubbio che i partiti che oggi sono tanto disprezzati, abbiano organizzato la Resistenza, anzi ne siano stati l’anima. Si sa che il loro sforzo sarebbe stato vano senza l’appoggio della popolazione. Da ciò deriva quindi il carattere popolare della stessa Resistenza. Ma la vera novità è consistita nella partecipazione dei contadini che nel Risorgimento erano stati completamente assenti. Si tratta di un fatto veramente rivoluzionario. «Dietro gli uomini che rischiavano la vita – osservava acutamente il Salvemini – nella lotta quotidiana contro i tedeschi e i fascisti, vi era una seconda linea, estesa quanto il paese, che provvedeva a sostenerli, a finanziarli e curarli, perché in quei mesi per la prima volta nella storia d’Italia (…) le popolazioni rurali [che pure non avevano conosciuto Riforma protestante né Rivoluzione francese] parteciparono attivamente alla guerra civile non più stando dal lato reazionario, ma mosse da una coscienza nazionale e sociale, confusa quanto si vuole, ma sicuramente orientata e pronta ad affrontare anche l’ultimo sacrificio». A contatto con i partigiani, i contadini incominciavano ad acquisire quella consapevolezza politica che li renderà parte attiva della Resistenza inserendoli a pieno diritto nella vita nazionale. In questo processo politico-culturale il CLN che si era costituito il 9 settembre 1943 a Roma, svolge una grande attività al nord, forte di una capacità politica organizzativa, entrando spesso in contrasto con il Governo del Sud, che subiva l’azione frenante e moderata degli alleati, in special modo degli inglesi, senza però determinare nessuna frattura verticale. Difatti tutto ciò non riuscì ad indebolire minimamente lo spirito della Resistenza. Nel 1944 la lotta partigiana si intensificò. Verranno costituite anche delle repubbliche autonome come quella di Montefiorino nella provincia di Modena, che per poterla riconquistare i tedeschi dovettero impiegare tre divisioni. Lo stesso avverrà in Piemonte in provincia di Cuneo, dove i partigiani mantenevano occupate ampie zone. Gli scioperi degli operai del 1944 serviranno a rafforzare la lotta partigiana. I nazisti si vendicavano infierendo contro la popolazione. Esempio della massima barbarie nazista furono le stragi di Boves, di Sant’Anna di Versilia e soprattutto di Marzabotto. Non bisogna dimenticare ancora la strage delle Fosse Ardeatine. Complici di tutti questi episodi furono gli stessi fascisti, come osservatori passivi e a volte come partecipanti attivi. Come avevo già accennato, l’appello del generale Montgomery rivolto ai partigiani per la momentanea cessazione dei combattimenti, nella pratica non ebbe nessun effetto. Anzi, nei pochi mesi che precedettero il 25 aprile, lo spirito combattivo si era espresso in tutta la sua maggiore potenza. Un esempio c’è dato dai sanguinosi combattimenti nella zona della Val d’Ossola. Dall’8 settembre 1943 al 22 ottobre del 1944, i partigiani riuscirono a respingere tutti gli attacchi nazi-fascisti. Altro esempio è rappresentato dalla Sacca di Fornovo in cui i partigiani avevano circondato migliaia di tedeschi che risalivano da La Spezia, costringendoli alla resa. Di tali episodi è ricca la Resistenza. Per concludere, la Resistenza con il sacrificio e con il sangue dei partigiani e di tanti cittadini, contadini compresi, era riuscita a ridare all’Italia, con l’indipendenza e la libertà, quella dignità nazionale che vent’anni di fascismo avevano cercato di calpestare e di distruggere. Di questo si dovrebbero soprattutto ricordare i nostri revisionisti che in questi ultimi anni non hanno fatto altro che parlare di morte della Patria, confondendo la fine del fascismo con quella della stessa Patria. La vera Patria – che già nel periodo fascista aveva dimostrato di essere presente e viva in alcuni grandi intellettuali come Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Nello e Carlo Rosselli, Giacomo Matteotti ed Antonio Gramsci – insorgerà armata per riappropriarsi di quei valori risorgimentali che momentaneamente sembravano essere stati oscurati da una insulsa e feroce dittatura. Non per nulla molte delle divisioni partigiane porteranno il nome di Garibaldi, considerato come la massima espressione del nostro Risorgimento.

Patria indipendente, settembre 2007

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