Patria indipendente

Sant’Anna di Stazzema: finalmente 10 ergastoli

Il Tribunale militare di La Spezia ha così reso giustizia ai pochi superstiti. I loro racconti

 

Sì, una sentenza esemplare anche se in aula, dietro la gabbia degli accusati, non c’era nessuno. Non c’erano, cioè, gli assassini che il 12 agosto del 1944, straziarono e sterminarono, a Sant’Anna di Stazzema, 560 persone. In modo infame, naturalmente: a raffiche di mitragliatrice, con le bombe a mano e dando fuoco alle case dei contadini e ai fienili nei quali la gente, ingenuamente, aveva cercato rifugio. Sulla piazzetta del paese, venne poi organizzato una specie di sabba infame con un gran fuoco appiccato a decine e decine di poveri corpi con l’aiuto delle panche di legno della chiesa. In mezzo al gran fuoco c’erano sicuramente dei feriti e c’erano il parroco del paese, decine e decine di donne e tanti bambini. Il pretesto? Che nella zona operavano i partigiani. Ma nessuno degli abitanti di Sant’Anna era direttamente un partigiano. I colpevoli della strage? I soldati e gli ufficiali del battaglione Galler, della 16ª Panzergrenadierdivision che poi continuò stragi e massacri a Marzabotto e in altre località. La sentenza del Tribunale militare di La Spezia è stata di dieci ergastoli per altrettanti nazisti. Ecco, a futura memoria, i loro nomi: tenente Karl Gropler, luogotenente Georg Rauch, sottotenente Gerard Sommer, sergenti Alfred Schoneberg, Ludwig Goring. Poi ancora Ludwig Heinrig Sonntag, Alfred Concina, Horst Richter, Werner Bruss, Heinrich Schendel. Sono tutti vivi e in Germania coltivano rose nel giardinetto di casa o sono ospiti di qualche casa di riposo. Hanno vissuto tutti questi anni in santa pace. La storia del processo del Tribunale militare contro il gruppo dei massacratori nazisti è lunga e complicata. Prima il celeberrimo “armadio della vergogna” (così battezzato dal giornalista Franco Giustolisi) dentro il quale furono scoperti centinaia e centinaia di fascicoli sulle stragi naziste in Italia. Tra quei fascicoli c’era anche quello di Sant’Anna. Si scoprì che, negli stessi giorni della Liberazione, una Commissione alleata per i crimini di guerra si era occupata di quella strage, interrogando testimoni e ascoltando i pochi superstiti. Poi, le indagini erano state condotte anche dalle autorità militari italiane, con la volontà di andare fino in fondo e punire i criminali nazisti. Poi, era arrivato un ordine del governo con il quale si chiedeva alle autorità militari di mettere tutto a tacere, perché la Germania era, ormai, nella Nato e schierata con l’Occidente. Non era quindi il caso di chiedere l’estradzione dei colpevoli di Sant’Anna. Non solo: alcuni Paesi (Jugoslavia, Grecia e Albania) avevano chiesto l’estradizione di alcuni nostri criminali di guerra durante le conquiste mussoliniane. Ma erano tutti Paesi legati in qualche modo all’Urss e dunque non potevamo consegnare i nostri criminali di guerra a Paesi del “blocco orientale”. Insomma, in nome della guerra fredda, era bene mettere tutto a tacere. Così il Procuratore generale militare archiviò tutti i procedimenti contro i nazisti con l’incredibile formula (inesistente nel codice penale militare e civile) della “archiviazione provvisoria”. Durante il processo contro Erich Priebke, il massacratore delle Ardeatine, il Procuratore militare Antonino Intelisano scoprì quell’armadio sistemato in un angolo buio della Procura militare generale e chiuso a lucchetto. Sulla faccenda dei fascicoli nascosti è stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta che è ancora al lavoro. Il dottor Intelisano, comunque, recuperò tutto e inviò alle Procure militari di competenza tutte le carte dell’armadio della vergogna. Al Tribunale militare di La Spezia era toccata, per competenza territoriale, l’infame strage di Sant’Anna. Il pubblico ministero dottor Marco De Paolis si era messo subito al lavoro costituendo un vero e proprio gruppo di indagine, al comando di un tenente colonnello dei carabinieri e un paio di carabinieri interpreti. C’erano voluti più di due lunghissimi e difficilissimi anni di lavoro e mille viaggi in Germania, in America, in Austria per controllare archivi storici e documenti sulla seconda guerra mondiale. Erano state chieste estradizioni e condotti decine di interrogatori diretti o per rogatoria. Un lavoro portato avanti tra mille difficoltà e centinaia di nuove deposizioni tra i superstiti e chi aveva visto qualcosa e poteva raccontare. Indagini e accertamenti, per alcuni, “ormai inutili per il passare degli anni”. Come era stato detto per Priebke, insomma. Ma il dottor De Paolis, proprio come Antonino Intelisano, riteneva giusto che i parenti dei massacrati di Sant’Anna e i pochi superstiti, avessero un po’ di giustizia e per questo era andato avanti con pazienza e testardaggine. A volte, persino criticato dai colleghi della Procura militare. Infine era arrivato il momento della conclusione dell’inchiesta. Poi il processo per la strage era giunto finalmente in aula e il dottor De Paolis aveva presentato la propria richiesta ai giudici: i dieci nazisti, senza ombra di dubbio tutti presenti a Sant’Anna e provenienti dalle SS che si erano occupate dei campi di sterminio, dovevano essere condannati all’ergastolo. La strage e il massacro non potevano finire di nuovo nel dimenticatoio. D’altra parte, per reati di tale gravità, non è prevista la caduta in prescrizione. Così, il 22 giugno scorso, i giudici (presidente il dottor Ufilugelli) erano usciti dalla camera di consiglio ed avevano annunciato di aver accolto le richieste del dottor De Paolis. Insomma, dieci ergastoli per gli accusati del massacro di Sant’Anna. In aula, i superstiti dell’eccidio si erano abbracciati l’uno all’altro, avevano pianto, si erano stretti intorno al dottor De Paolis. Poi erano corsi ad abbracciare il sindaco di Stazzema. Molti di loro, appena appena bambini, erano scampati alla strage perché qualcuno un poco più grande, anche a costo della propria vita, era riuscito in una difficilissima operazione di salvataggio. Una di queste salvatrici, proprio di recente, è stata decorata di Medaglia d’Oro al valor civile da parte del Presidente della Repubblica Ciampi. Per ricordare il massacro di Sant’Anna di Stazzema, vogliamo pubblicare alcune delle testimonianze rese da chi vide e fu protagonista dell’infamia. Si tratta di testimonianze rese, in periodi diversi, alla Commissione militare americana che indagò su Sant’Anna, ai Carabinieri e agli inquirenti che hanno indagato agli ordini del dottor De Paolis. Le testimonianze vengono pubblicate senza un ordine preciso, ma in modo coerente al racconto generale dei fatti.

Testimonianza di: ROSSI Demesio, Forte dei Marmi, Italia. Rilasciata a: Val di Castello; Italia. Data: 8 Ottobre 1944. Alla presenza di: Maggiore Edwin S. Booth, JAGD, Commissario; Maggiore Milton R. Wexler, IGD, consigliere militare. Il testimone depose sotto giuramento.

Domande del Maggiore Wexler.

D: Dichiari nome, età e residenza.

R: Rossi Demesio di 49 anni di Forte dei Marmi, Italia. Attualmente risiedo nella parrocchia di Culla, Italia.

D: Si è recato a Sant’Anna dopo l’eccidio?

R: Sì.

D: In che giorno?

R: Il 13 agosto 1944.

D: A che ora?

R: Verso le 13,00.

D: Ha fatto personalmente delle foto a Sant’Anna quel giorno?

R: No.

D: Sa di qualcun altro che ha fatto foto oltre al prete?

R: No.

D: Quanti morti si ricorda di aver visto a Sant’Anna?

R: Non ho avuto modo di contarli.

D: Mi sa dire se c’erano dei bambini fra i morti?

R: Sì.

D: I resti erano bruciati o avevano ancora della carne sulle ossa?

R: Alcuni erano bruciati ed altri avevano ancora carne.

D: Quanti bambini ha visto?

R: Credo all’incirca 30.

D: Quante donne ha visto?

R: Non lo so perché era impossibile da vedersi. Ho contato i bambini.

D: Si è recato al seppellimento il giorno successivo?

R: No.

D: Sa perché quelle persone vennero uccise?

R: Non lo so.

D: Dal numero di ossa che ha visto, direbbe che furono assassinate più o meno di cento persone?

R: Più di 100.

D: Direbbe che erano più o meno di 200?

R: Di più.

Domande del Maggiore Booth.

D: Ha collaborato al seppellimento di qualche corpo?

R: No.

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Testimonianza di CURZI Marino.

D: Quante case ha visto bruciare nel paese di Sant’Anna?

R: Circa cinquanta o sessanta.

D: Queste case erano raggruppate o sparse per il paese?

R: Erano in tre gruppi.

D: Venne bruciata la chiesa?

R: No, solo l’esterno dal fuoco fatto nella piazza.

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I tedeschi vennero, mi presero per mano e condussero me, mia madre, i miei nonni nel cortile sul retro. C’erano due bambini. Ci mitragliarono e ci diedero fuoco. Io ero ferito e ustionato. Un uomo (Simonetti Giuliano) mi salvò dalle fiamme. In tutto c’erano circa 12 persone.

In fede MARSIGLI Mario di 6 anni. Evacuato di Pietrasanta

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Erano circa le 7 di mattina quando 4 o 5 tedeschi vennero da Vaccareccia, ci fecero abbandonare la casa e ci ordinarono di uscire in cortile, c’erano circa 30 persone. Dalla porta di casa cominciarono a mitragliarci e poi buttarono foglie di grano incendiate. Io non rimasi ferita. Non appena vidi il fuoco cercai di scappare. Mi videro subito e fui colpita ad una gamba, ma riuscii comunque a raggiungere la casa dove rimasi finché l’eccidio non fu terminato.

In fede BOTTARI Giuseppa

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L’anno 2000, addì 25 del mese di agosto, negli uffici della Stazione dei Carabinieri di Campi Bisenzio, alle ore 08.30. Avanti a noi sottoscritti Ufficiali di P.G. Mar. Leuter Francesco, effettivo al suddetto Reparto in intestazione  è presente ANTONUCCI Lina, in oggetto generalizzata, il quale sentito in qualità di persona informata sui fatti, in merito alla richiesta nr. 49/50-1 datata 11.08.2000 del Comando Compagnia Carabinieri - N.O.R.M. - di Viareggio, riferisce quanto segue.

D: Cosa sa riferire in merito all’eccidio di popolazione civile da parte di militari tedeschi il giorno 12.08.1944 in Sant’Anna di Stazzema?

R: All’epoca dei fatti abitavo con mia nonna Giuseppa Bernabbò in località Argentiera del comune di Ponte Stazzemese. Quel giorno fui svegliata alle ore 06,00 del mattino da una vicina di casa tale Mafalda, in quanto i tedeschi ci attendevano sotto casa per portarci via. Dopo poco venimmo messi in fila indiana e obbligati, sotto la minaccia delle armi a recarci in località “La Vaccareccia”. Ivi giunti, dopo che furono cacciate le mucche, venimmo costretti ad entrare in una stalla. Dopo poco tempo spararono contro di noi con le mitragliette, buttarono dei bengala all’interno e diedero fuoco alla stalla. Io mi trovavo in fondo alla stalla coperta dai corpi di altre persone, ma grazie all’aiuto di una certa Milena, riuscii a salire al primo piano dello stabile. Dopo alcune ore passarono degli uomini che erano riusciti a scappare prima dell’arrivo dei tedeschi e unitamente a loro riuscimmo ad arrivare in una casa non bruciata e a salvarci.

D: Ricorda gli autori della suddetta strage?

R: Non ricordo altri particolari, visto che avevo nove anni e sono trascorsi cinquanta anni dal fatto. Non ho altro da aggiungere.

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L’anno 2000, addì 1 del mese di agosto, in Pietrasanta, negli Uffici della Stazione Carabinieri, alle ore 16,10. Dinanzi a noi M.C. Costantini Felice, C.te del suddetto Reparto, è presente BERRETTI Romano, in oggetto generalizzato, il quale viene escusso sulla strage di Sant’Anna di Stazzema, avvenuta in data 12.8.1944, su richiesta della Procura Militare presso il Tribunale di La Spezia (N. 498/00/A MR-TN). Personalmente, il 12 agosto del ’44, non ero a Sant’Anna ma mi trovavo presso la mia abitazione in località “La Porta”. Nell’eccidio ho perso tre sorelle che si trovavano in paese da una nostra zia, anche lei trucidata con le sue due figlie. Non sono in grado di fornire nessun dato utile per l’identificazione degli autori, sia perché non vi ero e anche perché a quell’epoca avevo solo sette anni.

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L’anno 2000, addì 29 del mese di luglio, in Pietrasanta, negli Uffici della Stazione Carabinieri, alle ore 12,05. Dinanzi a noi MC. Costantini Felice, c.te del suddetto Reparto è presente PIERI Mauro, in oggetto meglio generalizzato, il quale viene escusso sulla strage di Sant’Anna di Stazzema avvenuta in data 12.8.1944 su richiesta della Procura Militare presso il Tribunale di La Spezia (N. 498/A/00 MR-TN).

In data 12 agosto 1944, mi trovavo con la mia famiglia (mio fratello Romano, sorella Romana, fratello Enzo e mia madre Ulivi Maria e padre Pieri Alfonso Santi) in località “Argentiera” di Sant’Anna, più precisamente all’interno dell’abitazione di Bernabò Isola. La mattina, prima delle ore 7,00, passarono dinanzi la casa, Pieri Duilio e Farnocchi Italo, i quali avvisarono che lungo la mulattiera dello “zuffone” vi era una colonna di soldati tedeschi che veniva verso di noi o meglio verso l’Argentiera. Mio padre si rifugiò nei boschi vicini e noi, siamo rimasti in casa. Dopo circa 15 minuti, sono giunti due soldati tedeschi che indossavano una divisa mimetica (non ricordo né stemmi o decorazioni tanto da poter arrivare a identificare un Reparto). Uno di questi mi diede una spinta, poiché mi trovavo sulla soglia e fece alzare sia la mia famiglia che altri sfollati presenti, riunendoci tutti in strada, mentre l’altro militare salì su per le scale e fece scendere le rimanenti persone. In tutto eravamo in quindici fra donne e bambini. In fila, ci scortarono lungo la mulattiera per Sant’Anna, sino a giungere alla località “Focetta”, ove ci fecero fermare. Qui vi era una biforcazione e chiesi da quale parte dovevo andare. Un soldato, con uniforme tedesca, si è avvicinato a me, ed in perfetto italiano, più precisamente in dialetto versiliese, mi ha detto testualmente «vai a quelle case là», indicandomi la località “Vaccareccia”. Giunti in quest’ultimo sito, ci hanno fatto entrare in una stalla. Dopo poco, ho notato un soldato che sembrava ci contasse, entrando anche all’interno della stalla. Immediatamente dopo, ho visto uno di questi soldati mostrarci su una mano delle bombe e quindi dopo poco, aprire la porta e buttarle dentro. Le esplosioni avvennero dopo qualche secondo, durante i quali abbiamo cercato, invano, di uscire. Io vidi mio fratello Romano, rimanere appoggiato in piedi al muro e cercai di tirarlo giù e in questo mentre è giunto un soldato, che sulla porta, armato di pistola ha sparato due colpi a Romano, uno a me (colpito alla gamba destra) e notando chi ancora si muoveva, dava il colpo di grazia. Ricordo che questi aveva circa 20-25 anni, alto circa m. 1,75-1,80, piuttosto robusto con viso tondo. Non ricordo altro. Dell’italiano, posso dire che era un uomo alto, forse più di mt. 1,80, robusto, con un viso rubizzo, rosso. Non sono in grado di riferire altro di utile per identificare gli autori. Non ho altro da aggiungere.

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L’anno 2000, addì 7 del mese di Agosto in Seravezza negli uffici della locale Stazione Carabinieri alle ore 9.20. Avanti a noi sottoscritti Ufficiale di P.G. V.B. Vitale Antonino, effettivo al suddetto Reparto, è qui presente BERTELLI Romolo, in rubrica meglio generalizzato, il quale in merito agli eventi occorsi in Sant’Anna di Stazzema il 12 Agosto 1944, rilascia la seguente dichiarazione.

A.D.R.: La mattina del 12 agosto 1944, io e mio fratello, unitamente ad altri due amici, Mancini Attilio e Mancini Ermanno questi ultimi già morti, ci siamo rifugiati nel bosco in quanto avevamo sentito degli spari dall’altra parte del paese. Lì siamo rimasti fino a che non abbiamo sentito più sparare. Dopo che i tedeschi andarono via per Val di Castello rientrammo a casa assieme ai miei genitori. Appena arrivati a casa ci siamo accorti che i tedeschi avevano bruciato la casa. Lì abbiamo soccorso una donna ferita, che si trovava a un chilometro da casa mia, assieme ad una ventina di morti. Subito accompagnammo la ferita all’ospedale di Val di Castello. Non ho conosciuto nessun tedesco, e non ricordo di aver sentito né nomi o Reparti di appartenenza dei tedeschi. Non ho altro da aggiungere e di quanto sopra detto previa lettura e conferma, mi sottoscrivo.

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L’anno 2000 addì 3 del mese di Agosto in Seravezza negli Uffici della locale Stazione Carabinieri alle ore 8,40. Avanti a me sottoscritto Ufficiale di P.G. M.C. Pigliacelli Pino Comandante della suddetta Stazione è qui presente BARTOLUCCI Leopolda in rubrica generalizzata la quale in merito agli eventi occorsi in Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto 1944 rilascia la seguente dichiarazione.

A.D.R.: All’epoca dei fatti avevo 11 anni e vivevo con mia madre e mio padre in Sant’Anna di Stazzema proprio davanti la chiesa. La mattina del 12 agosto 1944, mia madre mi svegliò, di prima mattina in quanto aveva saputo che vi erano i tedeschi e bisognava scappare. Infatti mi portò insieme alla mia cuginetta Bibolotti Anna Maria, di anni 7, in Valdicastello. A casa rimase mio padre che era invalido ad una gamba. Durante il tragitto e poco prima di arrivare a Valdicastello si notò levarsi da Sant’Anna di Stazzema un intenso fumo scuro. La gente diceva che i tedeschi avevano bruciato le case. Mia madre rimase a Valdicastello sino alle ore 17,00 allorquando decise di ritornare a Sant’Anna di Stazzema per sapere notizie di mio padre. Durante il tragitto però si incontrò parecchia gente tra cui una nostra parente Pieri Nella. Costei riferiva a mia madre di aver visto il marito, ossia mio padre, tra le vittime dell’eccidio e la sconsigliava di andare sul posto. Si decise quindi di non andare a Sant’Anna e si rimase a dormire con mia zia. Il giorno dopo soltanto mia madre si recò a Sant’Anna di Stazzema e quando la rividi era sconvolta.

A.D.R.: In merito ai fatti suesposti non posso riferire circa i nominativi dei responsabili. Per sentito dire all’epoca qualcuno dava la responsabilità a Reder che comandava il drappello di tedeschi ritenuti responsabili dell’eccidio. Ero, come detto “piccola”, per cui tutte le cose le sapevo per sentito dire da persone attualmente morte.

A.D.R.: La mia parente Pieri Nella abita attualmente in Sant’Anna di Stazzema ed è sposata con Bertelli Romolo.

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L’anno 2000, addì 30 del mese di luglio, nell’Ufficio della Stazione Carabinieri di Querceta, alle ore 16.10 circa. Avanti a Noi sottoscritti Ufficiali di p.g. M.O. Guadagnucci Ebano appartenenti al suddetto Reparto è presente il Sig. ULIVI Mario, in epigrafe meglio generalizzato, il quale sentito a seguito di disposizione della Procura Militare di La Spezia circa il reato di Violenza con Omicidio commesso in Sant’Anna di Stazzema il 12.08.1944, riferisce quanto segue.

A.D.R.: Io il giorno 12.08.44 mi trovavo sul luogo dell’eccidio ed avevo solamente cinque anni, sono stato con altri familiari fucilato ma fortunatamente non sono stato ucciso; non sono in grado di riferire notizie utili alla individuazione di qualche colpevole in quanto non ricordo proprio nulla perché ero spaventato e ferito da schegge di proiettili. Non ho altro da aggiungere o modificare ed in fede di quanto sopra mi sottoscrivo.

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L’anno 1996, addì 12, del mese di settembre, in Pietrasanta, negli Uffici del Comando Stazione Carabinieri, alle ore 11.00. Avanti a noi M.O. Gian Luigi Bitti e pari grado Nicola Locci, entrambi appartenenti al reparto in intestazione, è presente il Signor BIBOLOTTI Agostino, in epigrafe meglio generalizzato il quale viene sentito in ordine a crimini di guerra commessi da ex appartenenti alle FF.AA. tedesche ed in particolare a quello noto come “eccidio di Sant’Anna” avvenuto il 12. 08.1944. Al riguardo il Bibolotti dichiara:

Nel periodo in cui avvenne l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, la mia famiglia si trasferì da Pietrasanta in quella località come altre famiglie “sfollate”. La mattina del 12.08.1944, attorno alle ore 06.00, mentre mi trovavo ancora a letto nella casa che occupavo con i miei familiari in località “Vaccareccia” di Sant’Anna, udii un colpo alla porta di ingresso. Alzatomi per aprire la porta mi trovai di fronte un militare tedesco il quale impartì a me ed i miei familiari di uscire di casa. Così facemmo e fummo condotti, insieme ai componenti di altre due famiglie, in una stalla vicina. I tedeschi erano in numero di 10/15. In tal frangente un tedesco, nella sua lingua, chiese che due uomini fossero usciti. Io e mio fratello Alfio ci facemmo avanti. Ci furono affidati due apparati radio da trasportare a spalla. Un militare tedesco iniziò quindi a sparare all’interno della stalla, anzi ricordo di aver udito dei tonfi sordi che non mi parvero veri e propri colpi di arma da fuoco. Ritenni allora, come ancora ne sono oggi convinto, che stesse usando un lanciafiamme. A conferma di ciò la stalla in argomento andò distrutta dal fuoco e l’unico superstite, mio nipote Marsili Mario, che all’epoca aveva soli sei anni, rimase gravemente ustionato. Io e mio fratello fummo quindi condotti sulla piazza della Chiesa del paese e messi al muro. Un soldato tedesco era già pronto per fucilarci con il moschetto in mano quando sopraggiunse un ufficiale il quale riferì: “Valdicastelo Kaputt”, facendo desistere il milite. Fummo quindi incolonnati e ci incamminammo, sotto la minaccia costante delle armi, verso Valdicastello. Transitammo per il sentiero chiamato “Cacciadiavoli” che parte dal retro della Chiesa di Sant’Anna ma che potrei definire come secondario. Intendo dire, che non si trattava del sentiero solitamente usato per raggiungere o ripartire da Sant’Anna in direzione di Valdicastello. Su tale percorso, giunti in prossimità di un mulino, sul sentiero vidi il corpo senza vita di una donna. La colonna militare, con noi prigionieri – eravamo un gruppo di almeno 16 uomini – giunse in Valdicastello intorno alle ore 12.30. Qui ci divisero in diversi gruppi: io fui avviato poi a Nozzano di Lucca (in seguito fui deportato a Fossoli di Carpi e poi in Germania); altri, come mio fratello, furono inseriti immediatamente nel gruppo da deportare.

A.D.R.: Ritengo che i tedeschi presenti in Sant’Anna il 12 agosto e che presero parte al massacro fossero quantomeno un centinaio, forse anche più.

A.D.R.: Ricordo che i tedeschi vestivano delle uniformi di colore chiaro con berretto a tesa.

A.D.R.: Nel mio permanere in Sant’Anna, dopo la mia cattura, non vidi uccidere alcuno, eccezion fatta per i miei familiari e gli altri occupanti della stalla di cui ho parlato. Sulla piazza della chiesa, però, vidi ardere i corpi di numerose persone, accatastati nei pressi dell’entrata della chiesa.

A.D.R.: Solo al mio rientro in Italia dalla prigionia germanica, venni a conoscenza del fatto che 14 uomini che come me erano stati prelevati in Sant’Anna la mattina del 12 agosto’44 ed utilizzati per il trasporto a valle di materiali, erano stati fucilati sul greto del fiume in Valdicastello. Solo in questa circostanza mi resi conto di aver avuta salva la vita per il puro caso di aver trasportato la radio trasmittente. Non ho altro da aggiungere, al momento, o modificare, di quanto sopra esposto faccio comunque riserva di comunicare ulteriori utili informazioni di cui avessi ricordo.

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L’anno 2003, addì 25 del mese di giugno, negli uffici dell’Ospedale di San Giovanni Rotondo (FG) alle ore 10,30. Davanti a noi sottoscritti Ufficiali di P.G. Maresciallo Capo CC Costantini Felice, effettivo ed in servizio presso la Stazione Carabinieri di Pietrasanta e Maresciallo Ordinario GdiF in servizio presso l’Ufficio in intestazione, assistiti dal signor Martino Giovanni, infermiere presso il suddetto nosocomio, è presente il  signor MASELLI Rocco Nazario, in oggetto generalizzato, il quale  viene sentito in merito al procedimento penale nr. 89/02/RNR, in merito all’eccidio perpetrato in Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto 1944. Il sig. Maselli Rocco Nazario riferisce quanto segue.

Facevo parte della Regia Marina e dopo l’8 settembre 1943 dopo lo sbando delle Forze Armate e dopo varie vicissitudini e qualche tempo mi recai a Sant’Anna di Stazzema dove precedentemente avevo una relazione con una ragazza che ricordo chiamarsi forse Ilda o Elda. Nell’estate del 1944 mi rifugiai tra le montagne di Stazzema dove incontrai tale Celozzi, che se volevo arruolarmi tra i partigiani dovevo scendere a Stazzema.  Quindi entrai a far parte della formazione partigiana capeggiata da Bandelloni Lorenzo. Non ricordo quanti fossimo a far parte di quella formazione né ricordo nomi di persone, tranne il citato Celozzi perché era di San Severo nella mia stessa regione. Ricordo che vi erano alcune persone scappate dal carcere di Massa di cui non ricordo il nome che facevano parte della stessa formazione tra cui ricordo una persona originaria della provincia de L’Aquila. La nostra zona di operazioni della nostra formazione era San Rocchino, Sant’Anna e sopra il paese di Farnocchia dove stavano i tedeschi. Ricordo che Bandelloni non ci diceva mai niente, parlava solo con i suoi più diretti sottoposti, a noi ci veniva detto solo di controllare alcune postazioni. Tra le fila dei partigiani non ricordo ci fosse stato alcun soldato tedesco disertore, ricordo che c’erano dei polacchi e dei mongoli scappati dalle fila dell’esercito tedesco ed arruolati tra i partigiani. Non ricordo che i tedeschi affissero un bando di sfollamento da Sant’Anna, né mi risulta che fosse stato affisso un contrordine da parte dei partigiani. Sono a conoscenza, perché riferitomi da persone che avevano le case in montagna ed andavano al paese di Sant’Anna, che la popolazione temeva una imminente rappresaglia da parte dei tedeschi. Prima della strage, da parte dei partigiani non ci fu nessuna azione contro i tedeschi. Il giorno 12 agosto 1944, il giorno del massacro, non assistetti personalmente alla strage perché mi trovavo nascosto sopra la strada di Farnocchia. Quando ho saputo quello che era successo mi recai a casa della Ilda o Elda e la trovai morta unitamente ad altre persone della sua famiglia, colpite da armi da fuoco. Non sono a conoscenza di nessun nome di soldati tedeschi che hanno compiuto la strage di Sant’Anna né sono a conoscenza di nomi di comandanti delle truppe tedesche che erano in quella zona. Ricordo solamente che indossavano delle divise grigio-verdi. Non ho mai conosciuto personalmente il parroco della Culla Don Vangelisti, tranne che per averlo visto qualche volta alla messa.

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L’anno 1996, addì 18, del mese di settembre, in Sant’Anna di Stazzema (LU), Via Pero n. 5, presso l’abitazione di Bartolucci Leopolda, alle ore 17.00. Noi sottoscritti M.O. Gian Luigi Bitti e parigrado Nicola Locci, entrambi appartenenti al Comando in intestazione, diamo atto che è presente il Sig. BARTOLUCCI Arnaldo, in epigrafe generalizzato, il quale viene sentito in ordine alle indagini delegate dalla Procura Militare della Repubblica di La Spezia, relative al crimine di guerra, meglio noto come “eccidio di Sant’Anna” perpetrato in Sant’Anna di Stazzema il 12.08.1944. A tal proposito il Bartolucci dichiara:

All’epoca dei fatti oggetto di indagine, ed anche il 12 agosto 1944, con la mia famiglia mi trovavo in Sant’Anna di Stazzema, località “Argentiera”, perché sfollati da Marina di Pietrasanta ove abitavamo. Ricordo che quel giorno, intorno alle 07.00, mentre mi trovavo ancora a letto, udii una raffica di mitra ed alcune persone che gridavano di scappare perché arrivavano i tedeschi. Mio nonno, mio padre ed io, usciti di casa, ci nascondemmo a circa venti metri dalla casa di mio nonno, nella boscaglia ai margini della mulattiera. Dal nascondiglio potemmo così notare il transito delle truppe tedesche. In particolare ricordo che uno dei primi soldati si fermò e, rivolto a coloro che seguivano, gridò «Avanti, avanti ancora!» in un perfetto italiano. La colonna militare proveniva da onte Ornato. Preciso che potei vedere transitare sul sentiero circa una sessantina di persone compresi gli abitanti di “Moriconi” e della “Argentiera” che avevano rastrellato. La colonna si diresse verso “La Vaccareccia” ove trucidarono le persone rastrellate. Rimanemmo presso il nostro nascondiglio sino a che la colonna di tedeschi non ci ebbe superato. Ricordo che mio nonno ed altri si recarono alla Vaccareccia onde sincerarsi dell’accaduto: di ritorno ci riferirono che «li avevano uccisi tutti».

D: Ricorda che uniformi indossassero i militari tedeschi?

R: Avevano delle uniformi di colore verde.

D: Ricorda di militari in qualche modo travisati o mascherati?

R: No, ricordo che alcuni avevano un berretto militare del tipo a tesa.

D: Circa la provenienza della colonna militare sa dare migliori indicazioni?

R: Vedemmo provenire la colonna da Monte Ornato. Ritengo provenissero da “Vallecchia” dopo aver oltrepassato “Solaio”, “Vitoio”. Dico ciò in quanto correva voce all’epoca che tale fosse stato il percorso effettuato dai tedeschi. Ritengo opportuno rappresentare che mia nonna, all’epoca dei fatti, raccontava che, recandosi a Valdicastello per delle compere, più volte aveva udito pronunciare delle minacce del tipo “la pagherete”, rivolte agli abitanti di Sant’Anna. Non saprei indicare l’identità di coloro che minacciavano in tal senso. Non ho altro da aggiungere o modificare e di quanto sopra esposto mi sottoscrivo.

Patria indipendente, 24 luglio 2005

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