Patria indipendente

Mai dimenticare l’eccidio della Benedicta

Quindici ragazzi massacrati nel 1944

 

di Piero Montecucco

 

La mia memoria di sessant’anni fa è legata a un funerale. Sono grato a mio padre per avermici accompagnato. Le quindici bare erano allineate lungo i due lati della piazza del Mercato. Ciascuna di esse era attorniata dai genitori e dai parenti, che hanno potuto accogliere le salme dei giovani solo un anno dopo che erano stati trucidati dai tedeschi alla Benedicta nella notte del 7 aprile 1944. Nell’inverno 1943-1944 intorno al Monte Tobbio, nell’Appennino ligure-piemontese, si erano rifugiati i primi nuclei di giovani renitenti alla leva e partigiani, che rifiutavano di continuare la guerra e iniziavano il loro percorso di opposizione al fascismo. Nella primavera 1944 i giovani affluiti in montagna erano ormai diverse centinaia e facevano capo alla Benedicta, un cascinale annesso ad un convento benedettino medioevale. Anche se molti di questi giovani erano male armati e privi di istruzione militare, la loro presenza rappresentava un pericolo potenziale per tedeschi e fascisti, che decisero di organizzare un rastrellamento, allo scopo di sgominare le bande e di creare il terrore nella popolazione civile. Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani e colpirono duramente i giovani, impossibilitati a difendersi per mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, conoscendo il territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo. In diverse fasi i nazifascisti fucilarono 147 partigiani, altri caddero in combattimento, altri, fatti prigionieri, furono poi fucilati il 19 maggio al passo del Turchino. Altri 400 partigiani furono catturati e deportati in Germania, dove circa la metà lasciarono la vita nei campi di concentramento. Come si può facilmente immaginare, la notizia di questo eccidio si diffuse rapidamente e suscitò una grandissima impressione nella popolazione di tutta la zona e nei paesi da cui provenivano i giovani partigiani. Anche in una cascina isolata tra le colline, lontano dai paesi, come quella dove io ero nato e abitavo, le notizie della guerra si sapevano e si vivevano con grande trepidazione, anche perché vi erano coinvolti alcuni familiari. E ricordo bene, pur essendo un bambino, come la milizia fascista faceva sentire tutta la sua pressione sulle famiglie dei renitenti alla leva. La guardia comunale veniva da noi ogni due o tre giorni a cercare mio zio Talino. E un giorno arrivarono in gruppo i militi armati di tutto punto, sottoposero mio nonno ad un pesante interrogatorio, salirono sul fienile e lo passarono col tridente, pensando che mio zio fosse nascosto sotto il fieno… L’eccidio della Benedicta non ottenne lo scopo di piegare lo spirito popolare e di fermare il movimento partigiano. Che, anzi, dopo una seria riflessione sugli errori compiuti, riuscì a riprendere vigore e a riorganizzare nuove formazioni di resistenza, che intensificarono le azioni contro i nazifascisti, soprattutto in Val Borbera, dove alle “Strette di Pertuso” un centinaio di partigiani tenne testa per tre giorni, dal 25 al 27 agosto ’44, a 3.000 militari tedeschi e fascisti. Pochi giorni dopo l’eccidio, alcuni parenti delle vittime salirono alla Benedicta per recuperare le salme dei loro congiunti. Trovarono più di novanta corpi sotterrati in due fosse comuni… Li ricomposero nelle bare che avevano portato sui carri, nascoste sotto il fieno, e scavarono una fossa per ciascuno di loro. Sono rimasti sepolti alla Benedicta fino alla fine della guerra. «Finita la guerra, un gruppo di parenti e volontari risalì alla Benedicta per restituire i corpi alle famiglie e ai cimiteri dei paesi. Li hanno portati a valle nelle nuove casse su delle slitte trainate dai buoi.  Poi con le bare sui camion sono arrivati a Serravalle, alla Porta Genova, dove aspettava la gente, tantissima gente… una fiumana, che ha accompagnato in corteo i Martiri della Benedica alla piazza del Mercato, dove sono stati vegliati tutta la notte…». Con la fine della guerra la gente ha tirato un sospiro di sollievo. Ma in molte case le sofferenze non terminarono… Molte famiglie si ricomponevano per il ritorno a casa dei congiunti dalla guerra. Di alcuni di loro non si avevano notizie da molto tempo. Ma di altri non si ebbero mai più notizie… Molti, come i ragazzi della Benedicta, ritornarono in una bara… Ora riposano insieme nella cappella del cimitero costruita per loro. Ormai non si ricordano più come “i ribelli”, e neanche come “partigiani”, ma al mio paese vengono chiamati “Martiri”, perché sono «Morti nel tramonto della tirannia e Risorti nell’alba della libertà». Al centro del mio paese c’è una lapide che ammonisce «Non dimenticate i Martiri della Benedica».


Alcune delle stragi nazifasciste nel periodo 1943-’45

19 settembre 1943 Boves (Cuneo), 45 cittadini trucidati; 350 case incendiate.  
19 settembre 1943 Curtatone (Mantova), fucilati 10 giovani militari sbandati.  
25 settembre 1943

Vallecannella (Foggia), militari tedeschi in ritirata fucilano 11 militari italiani sbandati.

12 ottobre 1943 Caiazzo (Caserta), militari tedeschi in ritirata uccidono 22 tra donne, vecchi e bambini.  
29 ottobre 1943 Blera (Viterbo), 14 assassinati.  
30 ottobre 1943 S. Martino al Cimino (Viterbo), 46 assassinati.  
25 novembre 1943 Campegine (Reggio Emilia), fucilazione dei 7 fratelli Cervi.
5 dicembre 1943 Canale Monterano (Roma), 18 vittime  
ott./dicem. 1943 Saturnia (Grosseto), 32 morti fra la popolazione.  
19 febbraio 1944 Vennetri Pratone, 14 civili trucidati  
18 marzo 1944 Chivasso (Torino), uccisione di 4 giovani da parte delle SS.  
24 marzo 1944 Forlì, fucilati 6 giovani renitenti alla leva tra cui due fratelli.  
24 marzo 1944 Roma, alle Fosse Ardeatine sono massacrati 335 civili per feroce rappresaglia all’attentato di via Rasella (33 nazisti furono uccisi).  
15 aprile 1944 Caluso (Torino), fucilati 16 prigionieri prelevati dalle carceri di Ivrea e di Torino.  
27 aprile 1944 Stia (Arezzo), fucilati 8 partigiani dell’8ª Brigata.
11 giugno 1944 Buglio al Monte (Sondrio), trucidati alcuni civili, 70 case incendiate e saccheggiate.  
20 giugno 1944 Fondotoce di Verbania (Novara), fucilati 42 ostaggi tra cui una donna in attesa di un bimbo.  
23 giugno 1944 Bettola (Reggio Emilia), trucidati 32 abitanti per rappresaglia.  
12 luglio 1944 Fossoli (Modena), sterminati 68 prigionieri di cui 4 di Lecco.
17 luglio 1944 Crespino (Rovigo), rastrellati 44 civili che lavoravano nei campi e fucilati assieme al loro Parroco.  
29 luglio 1944 Sestri Levante (Genova), fucilati 5 giovani partigiani.  
10 agosto 1944 Milano, piazzale Loreto, fucilati 15 ostaggi partigiani.  
12 agosto 1944 S. Anna di Stazzema (Alta Versilia), trucidati 560 civili in gran parte donne, vecchi e bambini, compresi i due Parroci.  
15 agosto 1944 Feletto (Torino), distrutte 262 case ed uccisi 4 partigiani.  
21 agosto 1944 Forno di Canale (Belluno), 29 civili uccisi e 17 partigiani caduti in combattimento, 108 case distrutte, 645 abitanti su mille rimasti senza tetto.  
6 settembre 1944 Figline di Prato (Firenze), 29 partigiani trucidati dai tedeschi.  
12 settembre 1944 Valenza (Alessandria), 27 partigiani fucilati.  
Settembre 1944

Bassano del Grappa (Vicenza), 171 impiccati, 603 fucilati, 804 deportati, 285 case bruciate.

10 ottobre 1944 Valsassina (Como), 9 morti, 17 fucilati, 18 feriti.
5-18 ottobre 1944 Marzabotto (Bologna), massacrati 1.830 civili fra cui donne, bambini, sacerdoti.  
17 novembre 1944 Cudine di Corio (Torino), trucidati 35 partigiani, in gran parte ex carabinieri.  
30 dicembre 1944 Cimitero di Camerlata (Como), fucilati 5 partigiani del Centro Lago.  
21 gennaio 1945 Cima di Porlezza (Como), fucilati 6 giovani partigiani tra cui una donna, Livia Bianchi, decorata con Medaglia d’Oro della Resistenza.  
8 marzo 1945 Pessano con Bornago (Milano), fucilati dalle SS 7 partigiani.  
10 marzo 1945 Belluno, impiccati 10 partigiani al Bosco delle Castagne.  
24 marzo 1945 Solcio di Lesa (Novara), trucidati per rappresaglia 10 giovani partigiani fra cui il comasco Severino Gobbi.  
19 aprile 1945 Dongo/Garzeno (Como), trucidati 5 partigiani della Formazione che fermerà la colonna di Mussolini.  

Patria indipendente, 30 giugno 2005

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