Patria indipendente

Liana Millu Il n. A 5384 di Auschwitz Birkenau

 

di Remo Alloisio

 

Il 6 febbraio 2005 si è spenta all’Ospedale San Martino di Genova, Liana Millu, una delle voci più autorevoli del dramma della Shoah. Ho incontrato Liana l’ultima volta il 23 dicembre 2004, quando con il presidente dell’ANPI di Genova, Fulvio Cerofolini, e la “nostra” Sabrina ci siamo recati da lei, in via Trento, per il suo novantesimo compleanno appena compiuto. Il trascorrere degli anni non aveva scalfito quel suo modo pacato di parlare, misurato e carico di una compassione profonda. Per queste sue peculiarità avevo, più volte, notato negli incontri che avevamo con gli studenti, la sua capacità di suscitare l’attenzione e di ottenere il coinvolgimento degli ascoltatori per portarli al dialogo. «Cerco sempre di andare nelle scuole, diceva, perché noi superstiti siamo sempre meno, sempre più vecchi, più vicini alla fine del nostro gomitolo e abbiamo il dovere di dire, di informare». Col tempo cresceva in lei l’ansia di comunicare, soprattutto ai giovani «perché essi sono il futuro». Li chiamava i nuovi testimoni perché «se sentiranno dire che i Lager furono menzogne della propaganda potranno obiettare. Ma io, un giorno, ho parlato con una donna che c’era stata e aveva sul braccio il numero di matricola A 5384». «I giovani sono esseri in divenire e la memoria è antitetica alla giovinezza». Perciò parlando con gli studenti cercava di legare l’esperienza tragica del Lager al presente e spiegava loro l’effetto negativo che un ambiente disumano produce sull’individuo che lo subisce. La Millu trattava spesso il tema della violenza perché, sosteneva, «il mondo è impregnato di violenza ed è nostro compito riconoscerla nelle sue varie forme e combatterla. Il fatto di riconoscere la violenza è già un valore e i ragazzi ne hanno più bisogno di noi». Ribadiva con forza che la perversa concomitanza di violenza, disprezzo e indifferenza favorirono la realizzazione del diabolico piano per lo sterminio degli ebrei e dei diversi. La malvagità e l’indifferenza che oltre sessant’anni fa permisero la creazione dei Lager sono ancora presenti, il pericolo è sempre incombente, occorre vigilare. Liana Millu, nata a Pisa il 21 dicembre 1914, maestra elementare, nel 1937 collabora al giornale livornese Il Telegrafo, diretto da Giovanni Ansaldo. L’anno dopo, per le leggi razziali, viene licenziata dalla scuola e dal giornale e vive di lavori precari e mal retribuiti. Nel giugno 1940 si trasferisce a Genova e dal 1943 è membro attivo della Resistenza, nell’Organizzazione “Otto”, col delicato compito di comunicare informazioni e codici operativi. Nel marzo del 1944 viene arrestata a Venezia e deportata ad Auschwitz Birkenau. Un’esperienza drammatica che segna per sempre la sua vita e la spinge a scrivere, nel 1947, il suo primo libro “Il fumo di Birkenau”, tradotto poi in varie lingue, per fissare e far conoscere la sua devastante esperienza di sopravvissuta. Negli anni Ottanta pubblica “I Ponti di Schwerin” in cui narra la sua vita e il ritorno dal campo di sterminio. Del 1988 è la raccolta di racconti “La camicia di Josepha”. Nel settembre 1990 esce, edito da Morcelliana, un piccolo libro “Dopo il fumo - Sono il n. A 5384 di Auschwitz Birkenau”. Piero Stefani, curatore della pubblicazione scrive nell’ultima pagina del testo: «Straordinaria testimone di Auschwitz Birkenau, Liana Millu, entrata nel Lager atea e uscita agnostica, raccontò, una volta, che nelle lunghe ore dell’appello, mentre guardava il cielo immobile, mattina dopo mattina, le vennero in mente dei versi che erano effettivamente una preghiera: “Fa, o Signore, che io non divenga fumo/ fumo che si dissolve,/fumo in questo cielo straniero,/ma riposare possa laggiù nel mio piccolo cimitero…”». Ora che il riposo e la pace le sono concessi, conserviamone il ricordo perché le sue parole portino frutto e possano diventare un forte richiamo alla responsabilità.

 

L’ultima testimonianza di Liana Millu

 

Mi spiace non essere qui e iniziare nel solito modo. «Sono il numero A 5384 di Auschwitz-Birkenau». Le parole sono sempre le stesse, ma oggi risuonano con la forza di milioni di persone che parlare non possono più. Mi rivolgo a tutti, particolarmente ai ragazzi, perché conoscere quel passato è garanzia per il loro, per il nostro avvenire. Avvicinate quel passato, il vostro presente ne sarà rafforzato. Andate in quei luoghi funesti e non per un giorno. Studiarli porterà bene alla vostra vita, io lo so. Non limitatevi ad un giorno. Cercate soprattutto di vedere, di andare: tornerete migliori e più forti, la vostra coscienza ne sarà approfondita. Questo vi auguro. E vi benedico in nome di quelli che non poterono farlo. 27 gennaio, ripetete questa data, 27 gennaio: riguarda tutti, ci riguarda tutti. Che Dio vi benedica e vi aiuti a non dimenticare mai.

Liana Millu

Patria indipendente, 27 febbraio 2005

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