Patria indipendente

Stragi naziste

L’eccidio del dicembre 1944

Giustizia morale per i martiri di Castelfranco Emilia

 

di M.C.

 

Disseppellito dal colpevole silenzio dell’«armadio della vergogna», il fascicolo n. 663 è finalmente approdato a un tribunale della Repubblica. Si tratta dell’inchiesta – insabbiata al pari di tante altre – su un episodio efferato di cui si rese protagonista, nella fase finale della seconda guerra mondiale, un reparto della tristemente nota XVI Divisione delle SS. Il 14 dicembre 1944 settanta persone furono prelevate a Castelfranco Emilia in uno dei tanti rastrellamenti messi in atto dalle truppe naziste. Gli arrestati in un primo momento furono concentrati in un villino in cui risiedeva il capo del reparto, tenente Johannes Karl Schiffmann. Successivamente una parte veniva rilasciata, altri inviati alle carceri di Bologna, mentre alcuni furono rinchiusi nei locali dell’ammasso canapa, dove furono sottoposti a torture di particolare crudeltà ed efferatezza. Undici di loro furono assassinati il 17 dicembre. Ecco i nomi dei martiri: Roberto Pedretti, 37 anni, Lucio Tosi, 69 anni, Ettore Magni, 22 anni, Ezio Zagni, 24 anni, Sigialfredo Baraldi, 43 anni, Annibale Marinelli, 22 anni, Gabriella Degli Esposti, 32 anni, Gaetano Grandi, 23 anni, Dino Rosa, 39 anni, Livio Orlandi, 16 anni, Riccardo Zagni, 55 anni. A questi si deve aggiungere Mario Tosi, 36 anni, fucilato il 20 dicembre vicino a Sasso Marconi. Ma lasciamo la parola alla pronuncia del tribunale di La Spezia davanti al quale si sono svolti alcuni atti processuali: «Una delle persone rastrellate, Mario Tosi, ebbe una sorte diversa; questi, infatti, non fu condotto all’ammasso canapa, bensì sulla via Porrettana, dove fu ucciso. Al Tosi fu sottratto un libretto di risparmio della Banca Popolare di Castelfranco; in seguito, sotto la minaccia delle armi, il direttore della Banca e gli impiegati furono costretti dallo Schiffmann, accompagnato da altri due militari delle SS, a liquidare la somma di circa lire 100 mila e ad emettere due assegni al portatore di lire 100 mila ciascuno (oltre che assassini, anche ladri, questi nibelunghi delle armate di Hitler – N.d.R.)». Il documento prosegue: «Tra le persone imprigionate nell’ammasso canapa vi era anche una donna incinta, Gabriella Degli Esposti che, dopo essere stata sottoposta a torture indicibili e a umiliazioni morali, fu anch’ella prelevata e uccisa con un colpo alla nuca sul greto del fiume Panaro il giorno 17 dicembre 1944. Il giovane Ezio Zagni, seviziato a morte, fu deliberatamente mostrato a suo padre, Riccardo Zagni; questi, perso il controllo di sé, iniziò a correre e a gridare finché, nel tentativo di scavalcare un cancello, fu ucciso con una serie di colpi d’arma da fuoco. Il giovane Zagni fu poi ulteriormente torturato e impiccato con un filo di ferro». Ma abbandoniamo questo insopportabile museo degli orrori, che purtroppo potrebbe continuare a lungo, per tornare alla ricostruzione dei fatti più recenti. Emerso dalle nebbie il fascicolo da decenni occultato, la magistratura di La Spezia si attivò alla ricerca dei responsabili dell’eccidio. Erano tutti morti tranne uno, Johannes Karl Schiffmann, che fu quindi sottoposto a giudizio in contumacia. Accanto ai magistrati, si mobilitarono con un impegno più che ammirevole, le comunità a suo tempo colpite così duramente dalla barbarie nazista, alla ricerca di notizie, testimonianze, ricostruzioni che potessero essere utili all’accertamento della verità e all’individuazione delle responsabilità. Non soltanto, quindi, i cittadini di quei comuni si erano prestati in tutti i modi per ricordare ed onorare i loro caduti in circostanze tanto drammatiche, ma assunsero su di sé un compito di supplenza rispetto anche a istituzioni carenti – come è stato accertato in sede parlamentare – per una fortemente malintesa “ragione di Stato” che aveva portato all’insabbiamento delle inchieste. Anche questo risulta da atti giudiziari: «Il cavalier Guerzoni Gildo – si legge nella pronuncia del tribunale – nella sua qualità di Presidente della Sezione Combattenti e Reduci, segretario dell’ANPI di Castelfranco Emilia, ha svolto una preziosa attività di ricerca e raccolta, anche mediante fotografie (tra le quali quelle dell’ammasso canapa, ormai demolito per far spazio a nuove costruzioni) e registrazioni fonografiche, di ogni elemento utile a mantenere vivo il ricordo e la coscienza degli odiosi crimini perpetrati. Il cavalier Guerzoni, classe 1926, aveva aderito alla resistenza; tuttavia, avendo vissuto e operato a Nonantola nella Divisione Garibaldi “Natisone Gorizia”, egli non ebbe modo di conoscere direttamente i fatti in esame; cosicché è stato chiamato a riferire ciò che ha appreso nel corso degli anni, grazie alla meritevole attività di cui si è detto». Altri cittadini, tra i quali parenti dei caduti, hanno reso preziose testimonianze che avrebbero condotto a una sicura sentenza di condanna. L’ANPI di Castelfranco si è costituita parte civile. Tuttavia, il processo non si è potuto concludere per la morte dello Schiffmann intervenuta il 16 marzo di quest’anno. Pertanto, al tribunale non è restata alternativa rispetto al dichiarare il “non luogo a procedere” per estinzione del reato dovuta alla morte dell’imputato. Ma prima di arrivare a questa pronuncia – come è di rito – ha esaminato gli atti acquisiti per accertare se vi fosse possibilità di assoluzione piena per incontestabile inesistenza dei fatti addebitati. Ed è giunto alla conclusione che Schiffmann era tutt’altro che estraneo a quei fatti e che quindi non c’era spazio per un provvedimento assolutorio. Consideriamo di grande importanza questa vicenda che si riferisce a una pagina tutt’altro che commendevole della nostra storia. Essa dimostra infatti che, nonostante il decorso del tempo che rende sempre più difficile, se non impossibile, l’esito giudiziario, c’è tuttora campo per accertare le responsabilità storiche e politiche. Questo purtroppo non ci dà quella piena giustizia che sarebbe stato legittimo pretendere e ottenere, ma quanto meno costituisce un risarcimento morale per le vittime, i familiari e quanti operano in un contesto democratico che non può piegarsi all’oblio e alla dimenticanza di pagine ed episodi che hanno caratterizzato la storia della nostra comunità nazionale.

Motivazione della M.O. al valor militare a Gabriella Degli Esposti

Due tenere figliolette, l’attesa di un terzo, non le impedirono di dedicarsi con tutto lo slancio della sua bella anima alla guerra di Liberazione. In quindici mesi di lotta senza quartiere si mostrava instancabile ed audacissima combattente facendo della sua casa una base avanzata delle formazioni partigiane, eseguendo personalmente numerosi atti di sabotaggio e contribuendo alacremente alla diffusione della stampa clandestina. Catturata, fu sottoposta alle torture più atroci per indurla a parlare, le furono strappati i seni e cavati gli occhi, ma ella resistette imperterrita allo strazio atroce senza dir molto. Dopo dura prigionia con le carni straziate ma non piegata nello spirito fiero, dopo aver assistito all’esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione con il sorriso sulle labbra e cadeva invocando un’ultima volta l’Italia adorata. Leggendaria figura di eroina e di martire. Castelfranco Emilia, 17 dicembre 1944

Patria indipendente, 20 giugno 2004

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