Patria indipendente
Barletta
eroica
Il 25 aprile la Città sarà decorata di M.O.
di Ilio Muraca
L’8
settembre 1943, all’armistizio dell’Italia seguirono, presso il quartier
generale di Hitler, due progetti strategici, altrettanto importanti: quello
sostenuto dal generale Rommel, designato a comandare le divisioni tedesche in
afflusso verso l’Italia, e quello propugnato da Kesselring, le cui unità
erano impegnate nel contrastare lo sbarco alleato in Sicilia. Il primo era per
l’abbandono di quasi tutta la nostra penisola e per una difesa ad oltranza
lungo il Po, a ridosso dell’insuperabile baluardo delle Alpi, in modo da
ritardare l’attacco alla nazione tedesca; il secondo era invece per la
resistenza lungo tutto il territorio italiano. Questa tesi ebbe il sopravvento
allorché, a seguito dell’insuccesso dello sbarco alleato di Salerno, Hitler
si rese conto che la guerra, in Italia, poteva essere prolungata a tempo
indeterminato, fino alla vittoria. Nulla importava al dittatore nazista che il
nostro Paese venisse messo a ferro e a fuoco, in un conflitto senza fine. E così
fu, a cominciare dal sud, ove le divisioni germaniche, sconfitte in Sicilia, si
andavano ritirando, devastando tutto il possibile e dimostrando il loro livore
per gli abitanti di un alleato che li aveva traditi. Ne è un esempio il
messaggio trasmesso da Kesselring alle unità dipendenti: «Il governo italiano,
nel concludere l’armistizio, ha commesso il più infame dei tradimenti... Le
truppe italiane dovranno essere invitate a proseguire la lotta al nostro fianco
… altrimenti saranno disarmate senza alcun riguardo. Per il resto, non vi dovrà
essere alcuna clemenza per i traditori». Così, la tesi del presunto
“tradimento” italiano, a condanna di un popolo che aveva invece tutto il
diritto di sottrarsi, ancorché troppo tardi, ad una innaturale ed imposta
alleanza che minacciava non solo la libertà dell’intera Europa ma anche la
propria, volse verso una serie infinita di vendette spietate, che avrebbero
coinvolto, per prime, le regioni del Mezzogiorno, dove la sorpresa
dell’armistizio e la fulmineità della repressione tedesca non potevano
concedere il tempo necessario per una qualche forma di resistenza organizzata. E
tuttavia, ci furono egualmente numerosi atti sporadici di ribellione, specie da
parte del popolino, come avvenne a Napoli, dove i tedeschi furono costretti ad
abbandonare la città. Meno frequenti, per il loro stesso carattere,
condizionato dalla disciplina, furono le reazioni dei militari, disorientati
dall’assenza di chiare disposizioni, da parte di comandanti interdetti davanti
al futuro e al timore di loro responsabilità. Ma non fu così dappertutto. Là
dove, come a Barletta, il comando era nelle mani di uomini decisi e abituati al
sentimento dell’onore, come il colonnello Francesco Grasso, l’ordine dato fu
quello di resistere, senza esitazione. E questo, mentre più al nord, in un
presidio contiguo, il suo comandante aveva già dato disposizioni per la totale
cessione delle armi e, al sud, a pochi chilometri, un comando superiore, a
contatto con i tedeschi, per sbarazzarsi della loro presenza, acconsentiva a
consegnare ad essi automezzi e carburante. Nel frattempo, a Barletta, venivano
invece costituiti i capisaldi a difesa e dati gli ordini perché la truppa fosse
pronta al combattimento. Eppure la situazione si presentava critica, per il
limitato armamento, ridotto alle sole esigenze di ordine pubblico.
Ciononostante, quei militari, con poca o nessuna esperienza di guerra e con il
cuore colmo di speranze per un prossimo ritorno a casa non esitarono un attimo a
obbedire ai loro ufficiali. Così, venuti a contatto con le avanguardie della
famigerata divisione SS di Göring, le impegnarono in violento combattimento,
tanto da costringerle alla ritirata e ad abbandonare sul terreno diversi morti,
numerosi prigionieri e alcuni mezzi corazzati in fiamme. Lo stesso Kesselring,
davanti a tanta tenacia, dovette ammettere, in un dispaccio inviato al quartier
generale del Führer, che la resistenza del presidio di Barletta si era fatta
particolarmente ostinata, tanto da disporre per l’immediato avvio di notevoli
rinforzi e dare l’allarme ad uno stormo di bombardieri, con l’ordine di
radere al suolo la città, in caso di ulteriore opposizione. Così, la
sproporzione delle forze divenne troppo elevata a favore degli attaccanti,
mentre il colonnello Grasso reiterava le sue richieste di aiuto, in rinforzi e
munizionamento, invano trasmesse al comando superiore di Bari, il quale si
ostinava nella domanda di ulteriori chiarimenti sul corso della lotta. I
combattimenti, di fronte ai vari posti di blocco finirono per esaurirsi, uno
dopo l’altro e il Grasso dovette accettare la resa. Mentre il tricolore veniva
ammainato sugli spalti del castello del presidio, i tedeschi, gonfi di rabbia,
si abbandonavano all’eccidio di tredici incolpevoli impiegati del comune
lasciandoli sul selciato. Se ne salvò solo uno, per il coraggioso intervento di
una donna. Per conto loro, i militari avevano fatto interamente il loro dovere,
e finirono prigionieri. In riconoscimento del loro valore e del sacrificio dei
suoi cittadini, il prossimo 25 aprile, nell’austero cortile del Quirinale, il
Capo dello Stato, alla presenza delle massime autorità, conferirà al gonfalone
di Barletta la più alta ricompensa al valor militare, con la motivazione di
fianco descritta.
LA
MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO
«L’8
settembre 1943, il presidio di Barletta, modestamente armato, ma sorretto dallo
spontaneo e fattivo sostegno dei cittadini, volle proseguire sulla via
dell’onore e della fedeltà alla Patria, opponendosi strenuamente alle
agguerrite unità tedesche e infliggendo loro notevoli perdite. Soltanto il 12
settembre, dopo l’arrivo di soverchianti rinforzi tedeschi, il presidio,
provato dalle perdite subite e sotto la minaccia della distruzione della città,
fu costretto alla resa. Le truppe nemiche, occupata Barletta, per ritorsione
trucidarono barbaramente 13 inermi cittadini che unirono così il loro
sacrificio al valore dei militari in comune anelito di libertà. La città di
Barletta, fulgido esempio delle virtù delle genti del meridione d’Italia,
consegna alle generazioni future il testimone dei valori scaturiti dalla
rinascita della Patria e dalla conquista della democrazia e della pace.
Barletta,
8-13 settembre 1943»
Patria
indipendente,
26 ottobre 2003