Patria indipendente
I
Testimoni di Geova italiani nelle prigioni naziste
di Matteo Pierro
La
persecuzione dei testimoni di Geova da parte del regime nazista ha coinvolto
alcune decine di migliaia di persone di numerose nazioni europee. Infatti, man
mano che il regime di Adolf Hitler estendeva il suo dominio su altri Paesi
proseguiva la sua opera di repressione di questo pacifico gruppo religioso
iniziata, in Germania, fin dal 1933. Di conseguenza, finirono nelle prigioni o
nei lager nazisti credenti di Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Belgio, Francia,
Olanda e via dicendo. Vi furono testimoni di Geova italiani fra queste migliaia
di prigionieri? Finora ne sono stati identificati tre. Si tratta di Lugi
Hochrainer, Salvatore Doria e Narciso Riet. L’esiguo numero di testimoni di
Geova italiani vittime del nazismo dipende da un paio di fattori. Innanzitutto,
in Italia il movimento non contava più di 150/200 aderenti i quali, fin dagli
anni ’20 subirono le attenzioni del fascismo che ne ostacolò notevolmente la
crescita. Inoltre, molti dei testimoni di Geova prigionieri del regime fascista
poterono ritornare in libertà a seguito degli avvenimenti del 25 luglio e
dell’8 settembre 1943 riuscendo così a sottrarsi alla deportazione in
Germania. Ma cosa accadde ai summenzionati testimoni di Geova?
Luigi
Hochrainer nacque a Trens, in
provincia di Bolzano, il 9 febbraio 1902. Nel 1940 si trovava in Austria dove
predicava il messaggio della Bibbia insieme alla sua fidanzata Helene Delacher.
Scoperti dai nazisti vennero entrambi arrestati e condannati ad otto mesi di
prigione. Dopo di che l’Hochrainer, in quanto cittadino italiano, venne
espulso dal Paese e rientrò in Italia. La Delacher, invece, si trasferì a
Innsbruck dove proseguì nell’opera di evangelizzazione. Arrestata di nuovo
venne condannata a morte e giustiziata tramite decapitazione nella prigione di
Berlin-Plotzensee il 12 novembre 1943. Secondo una fonte, lei e un’altra donna
furono le uniche due austriache decapitate dal regime nazista per le loro
attività religiose. Luigi Hochrainer venne sottoposto in patria ad assidua
vigilanza e al controllo della corrispondenza ma, evidentemente, mantenne un
profilo basso, per cui non ebbe ulteriori problemi con il regime fino alla fine
della guerra. Salvatore
Doria nacque a Cerignola, in
provincia di Foggia, il 3 ottobre 1907. Fu tra i 26 testimoni di Geova che il 19
aprile 1940 vennero condannati dal Tribunale Speciale fascista. Il Doria
ricevette una condanna a 11 anni di reclusione. Venne dapprima, insieme a 3
confratelli, rinchiuso nel carcere di Civitavecchia dove continuò a manifestare
una stretta neutralità circa le questioni politiche. A tal proposito, Aldo
Natoli, recluso per motivi politici nello stesso carcere scrive: «I rapporti
fra comunisti e testimoni di Geova erano sempre corretti e leali. Si conversava
insieme, ci scambiavamo libri. Essi fecero sempre fronte comune contro la
vigilanza e la repressione ... Spingevano il loro rigore fino a rifiutare la
pasta asciutta che veniva offerta ai detenuti per festeggiare il 28 ottobre
fascista. Per questo venivano puniti duramente». Nel giugno del
1943 Salvatore Doria fu
trasferito nell’abbazia di Sulmona dalla quale non venne liberato dopo la
caduta del fascismo in quanto tra le sue altre imputazioni vi erano quelle di
“offese al Re”. Al riguardo, Giovanni Melodia, suo compagno di prigionia
(recentemente scomparso), scrive: «Non venne liberato d’autorità poiché
“Sua Maestà” aveva chiesto venissero esclusi da qualsiasi atto di clemenza
coloro che si erano macchiati di un così grave reato...». Quando il carcere
venne a trovarsi sotto il controllo dei tedeschi fu deportato nel lager di
Dachau dove arrivò il 13 ottobre 1943 ricevendo il numero di matricola 56477.
La permanenza a Dachau durò meno di tre mesi in quanto il 6 dicembre dello
stesso anno venne trasferito nel famigerato campo di Mauthausen dove riuscì a
sopravvivere fino alla liberazione, quando poté fare rientro nella sua città
natale. Narciso Riet era figlio
di immigrati italiani in Germania, dove nacque, a Muhlheim, il 30 settembre
1908. Aderì ai testimoni di Geova nel 1931 e, sfruttando la sua professione di
rappresentante di commercio tenne i contatti fra i credenti di varie nazioni.
Nell’estate del 1943, braccato dalla Gestapo, fuggì in Italia e si stabilì
con la moglie a Cernobbio. Per cinque mesi proseguì le sue attività religiose
traducendo dal tedesco la rivista La Torre di Guardia e provvedendo al suo smistamento in Italia,
coadiuvato dalla “libera vigilata politica” milanese Maria Maddalena Pizzato,
condannata anch’ella dal Tribunale Speciale fascista a 11 anni di reclusione.
Nel dicembre dello stesso anno fu scoperto ed arrestato dai nazisti. Tradotto in
Germania venne dapprima recluso a Dachau e quindi nella famigerata prigione di
Berlin-Plotzensee. Nel novembre del 1944 la Corte di Giustizia lo condannò a
morte. Motivando la condanna, la sentenza afferma: «Per loro la legge di Dio è
la legge suprema che […] è al di sopra di tutto, comprese le leggi dello
Stato nel caso queste a loro avviso non fossero in armonia con i comandamenti di
Dio. Questo è particolarmente evidente nel loro atteggiamento nei confronti
delle leggi dello Stato nazionalsocialista, che attaccano con particolare
astiosità attraverso i loro scritti illegali. La dottrina degli Studenti
biblici assume però in tempo di guerra un particolare rilievo politico a motivo
della loro posizione antimilitaristica. Ispirandosi al comandamento che dice di “non
uccidere”, rifiutano qualsiasi forma di partecipazione alla guerra come
la chiamata al servizio militare o al lavoro in industrie di armamenti e perfino
alla protezione antiaerea. [...] Gli Studenti biblici inoltre fanno propaganda
della loro posizione antimilitaristica in modo molto efficace psicologicamente,
in quanto insieme alle loro riviste illegali diffondono anche copie delle
lettere di addio di studenti biblici giustiziati per rifiuto al servizio
militare. Tutto ciò era a conoscenza dell’imputato, come anche si può
affermare che non ci sono dubbi sulla sua posizione importante. Come accecato,
sostenne pienamente l’attività clandestina degli Studenti biblici nonostante
tutti i divieti dello Stato. [...] In qualità di cittadino italiano,
l’imputato ha leso gravemente il proprio dovere di fedeltà nel confronti
della sua patria, ma anche nei confronti del nostro Reich, essendo questo il
paese in cui è nato, cresciuto e dove ha vissuto per alcuni anni, e al quale ha
voltato infedelmente le spalle combattendo la difficile battaglia del suo
destino». Narciso Riet venne trasferito nel braccio della morte del carcere di
Brandenburgo sul Rodano e quindi giustiziato nei primi mesi del 1945. In
conclusione si può affermare che anche i testimoni di Geova italiani, seppur in
minima misura, furono vittime della repressione nazista. Come le migliaia di
loro correligionari che nell’Europa nazista finirono sotto la macchina
repressiva del regime di Hitler, seppero mantenersi neutrali e vivere
coerentemente ai propri princìpi anche se questo significò dover affrontare la
prigionia, le sofferenze e la morte.
Patria
indipendente, 20 luglio 2003