Realizzò
in se stesso e sogno per gli altri un incontro ideale tra fede religiosa e
ragione umana. Per lui la Resistenza fu "scelta
dell'umano contro il disumano"
di
Primo De Lazzari
Tre mesi prima che il grande male lo consegnasse al traghetto
di Caronte - per quel viaggio che prevede solo l'andata - lo spirito indomito di
padre David Turoldo forse avrà avuto alti momenti di pace; certo, di rinnovata
consonanza con la sua scelta di vita. Esistenza terrena nella quale - mi disse
parecchi anni fa a Milano - tutti siamo provvisori ma unici nell'essere
dell'umanità. Erano, quelli, gli intensi momenti del novembre scorso quando,
assai sofferente ma sereno, si vide assegnare il premio Lazzati e tra i presenti
alla cerimonia c'era il suo vescovo. Rivolto al frate dell'Ordine dei Servi di
Santa Maria, il cardinale Martini disse parole di riparazione per gli ostracismi
e per i torti subiti dal vulcanico frate: «Vogliamo evitare di edificare
soltanto sepolcri ai profeti e dirti che se in passato non c'è stato
riconoscimento per la tua opera è perché abbiamo sbagliato». Certo,
divergenze di opinioni, talvolta contrapposizioni con la sua Chiesa, questo
frate - il più laico dei religiosi che mi sia accaduto di conoscere - ne aveva
avuti diversi nella sua inesausta ricerca di un incontro tra il divino e
l'umano. Uomo di rigorosa passione civile, nutrita da una fede vissuta
totalmente non meno che fiduciosa nella ragione umana e nella coscienza («Posso
rinunciare a tutto, all'incanto dell'alba e alla luce del tramonto, ma non alla
coscienza») padre Turoldo - come molti suoi conterranei friulani era schierato
con la Resistenza. Nella Milano della lotta partigiana aveva voluto farsi uomo di
parte perché, diceva, «già prima dell'8 settembre la Resistenza è stata
la scelta dell'umano contro il disumano». Così lo incontrai nel capoluogo lombardo, generoso e
partecipe, punto di necessario riferimento per scrivere la «Storia del Fronte
della Gioventù nella Resistenza» (1) (che gli Editori Riuniti pubblicheranno
nel '72 e ristamperanno nel'74). Tutto, dalle testimonianze che raccoglievo allo
studio dei documenti conservati all'lstituto nazionale per la storia del
Movimento di liberazione in piazza Duomo, consigliava il riferimento al
singolare frate Servita (e al confratello Camillo De Piaz) che nella fedeltà
alle radici del suo Ordine monastico (fondato nel XIII secolo, che comandano
preghiera, eremitaggio, fuga dal mondo) cercava integrazioni e rinvigorimenti
impegnandosi tra le passioni del mondo. E così avvenne, indirizzato da fra'
Camillo (con lui sodale fino all'ultimo istante terreno) e poi da Alberto Grandi
e Dino Del Bo - rappresentanti dei giovani cattolici nella Giunta centrale
d'intesa del Fronte diretta da Eugenio Curiel - da Gillo Pontecorvo, Ernesto
Treccani, Grazia Curiel, Quinto Bonazzola. La testimonianza di fra' David nella complessa, esaltante
vicenda del Fronte si rivelò contributo importante, così come furono preziosi
- dopo l'invio della prima stesura del dattiloscritto - riscontri, altre
notizie, l'arricchimento, sempre segnati, come volle precisare fra' Camillo, dal
fatto che «la nostra partecipazione alla Resistenza, di cui il Fronte della
Gioventù costituì una parte, fu un'esperienza totale. Un'esperienza in tutti i
sensi, religiosa, politica, culturale, esistenziale e sorgente di tutto il resto
che venne e ci accadde di fare dopo». E così fu, infatti, per tutta la successiva vicenda di
questo frate, uomo coraggioso e libero al massimo grado, come l'hanno definito
coloro che meglio lo conoscevano. Fra' Camillo lo ricorderà ancora nella
commovente, severa, omelia tenuta nella romana chiesa di San Marcello al Corso
per il vespro di trigesimo, parlando delle comuni imprese religiose e civili «prime
fra tutte la Resistenza, che rimane per noi una fonte e non un richiamo rituale».
Una fonte che percorre - come un sotteso lascito morale - la poesia di Turoldo,
partito Giuseppe dal Friuli e diventato David Maria al momento della vestizione
sacerdotale. La sera prima della quale, congedandosi dal suo superiore, volle
dirgli che lo salutava «per l'ultima volta come uomo; domani sarò più di un
uomo e meno di un uomo». Ecco, forse in questo segno, in un siffatto vissuto,
c'è la misura più vera, peculiare di fra' David. Anche per questo, penso,
l'associazione «Rosa Bianca» (2) lo invitò all'annuale seminario, a
Brentonico, sul significativo tema «Modernizzazione e destino dell'uomo». Come
lo scorso anno, andò con gioiosa partecipazione, respingendo il male che lo contrastava nel fisico - non nello spirito e
soprattutto nella coscienza che sempre elesse a ragione di vita - tra le
migliaia di giovani entusiasti che gremivano l'Arena di Verona per il raduno «Beati
i costruttori di pace». Un'attenzione per il mondo dei giovani che tempo
addietro lo vide impegnato in un cielo di colloqui alla Radio dedicati alle più
scottanti problematiche della gioventù, alle ansie e alle attese, alle ricerche
di certezze di questo mondo scosso da laceranti stravolgimento. Lo fece con
rigore, con ampia comprensione e disponibilità al dialogo, «perché - amava
dire - a loro, ai giovani, bisogna pure lasciare qualcosa». Senza alcun dubbio
il lascito di Turoldo al giovani, alla generazione della Resistenza tutta -
senza divisioni di schieramenti -, agli uomini impegnati, è assai più di
qualcosa.
Note (1) Fdg -
Fronte della Gioventù, organizzazione unitaria dei giovani di impegno
antifascista e patriottico, promosso a Milano nel novembre '43, costruito ed
esteso in tutto il centro-nord d'Italia principalmente per opera di Eugenio
Curiel, giovane docente universitario comunista, uccisodai
fascisti nel febbraio '45, medaglia d'oro della Resistenza. Nelle varie regioni
aderirono al Fdg comunisti, socialisti, cattolici, liberali, repubblicani,
azionisti, movimento dei cattolici comunisti, studenti. Il Fronte pubblicò
diversi giornaletti clandestini e costituì varie formazioniarmate
che si impegnarono a fondo nella lotta partigiana. Dopo la liberazione,
abbandonato da cattolici e liberali, l'organizzazione lentamente si sciolse.
Oggi, con unaincredibile operazione blasfema, il nomeè stato usurpato e viene
usato dal settore giovanile del MSI.
(2)
Rosa Bianca, gruppo antinazista tedesco, di tendenza cattolica, promosso
all'Università di Monaco dai fratelli Hans e Sophie Scholl, attivo soprattutto
dopo l'esiziale sconfitta germanica subita a Stalingrado. Il gruppo svolse
intensa attività attraverso manifestini, lettere, contatti, incontri e riunioni
clandestine. Catturati nel febbraio '43 e
condannati a morte, tutti i giovani
l'affrontarono con grande coraggio. Alcuni ragazzi, scampati, continuarono l'attività
costituendo in seguito, con studenti di altre università, il movimento di
opposizione antinazista Edelweiss.
Da
Patria
indipendente,
quindicinale della resistenza e degli ex combattenti, n. 6-7, 5-19 aprile
1992