Panorama
Quante
storie
L’oblio della Shoah - Perché tante lacune a destra e a sinistra
di
Pierluigi Battista
Ora
che il Giorno della memoria è passato e si spegne l'eco delle celebrazioni
retoriche che, con il rituale richiamo al passato, evita di fare i conti con la
terribile attualità della furia antisemita diffusa in Europa con scusa della
lotta «antisionista», occorrerà pur chiedersi il perché dell’oblio che per
decenni ha oscurato il ricordo della Shoah. Si dimenticò (o si minimizzò) lo
sterminio degli ebrei per il senso di colpa dovuto alle complicità di cui
godettero
gli aguzzini in vasti strati della popolazione. E perché le classi dirigenti
dell'Occidente preferirono mettere una pietra sopra allo scandalo di uno
sterminio ideato e progettato nel cuore dell'Occidente. Non si sottolineò la
specificità tragica della cancellazione della presenza ebraica in Europa anche
per colpa di un atteggiamento culturale che ha dominato a lungo nella sinistra
internazionale, anche a decenni di distanza dalla liberazione di Auschwitz.
Molto opportunamente, Giovanni Belardelli sul Corriere della sera ha messo in
luce dettagli inquietanti presenti in passato nei manuali di storia oggi
accusati di faziosità. Faziosi, beninteso, sia da un punto di vista di «destra»
che da uno di «sinistra». Belardelli ha ricordato che «uno dei manuali di
storia più diffusi nei primi decenni della Repubblica, quello di Francesco
Moroni», certamente etichettabile come culturalmente ispirato alla destra, «dedicava
allo sterminio degli ebrei d’Europa appena quattro o cinque righe, per giunta
molto riduttive poiché vi si ricordava l'eliminazione di “centinaia di
migliaia” di ebrei e di appartenenti all’élite polacca». Ma la
minimizzazione non era solo prerogativa della destra. «Chi avesse consultato
il manuale di Armando Saitta, chiaramente orientato a sinistra» spiega
Belardelli «vi avrebbe trovato affermazioni del tutto analoghe a quelle di
Moroni e in più la totale assenza di qualsiasi riferimento alle dimensioni
assunte dallo sterminio. Tutto ciò, si noti, nel momento in cui invece
Saitta dedicava un’accurata trattazione, paese per paese, alla Resistenza
europea. Insomma, la Resistenza era un argomento rilevante, la Shoah no».
Questo perché, spiega Belardelli citando un interessante saggio di Giorgio
Israel, ha prevalso per anni nella sinistra l'idea che «lo sterminio razziale
fosse una messinscena dietro cui si nascondeva la vera matrice del crimine:
l'odio di classe». L'odio di «razza» come copertura del vero, autentico
odio di classe. Quanto questo presupposto culturale abbia contribuito, a
sinistra, a occultare a lungo la peculiarità dello sterminio razziale appare
evidente. Aver finalmente superato questa concezione classista della Shoah è un
grande passo in avanti. Lo sforzo ulteriore è quello di non ripetere simili
grossolani errori.
Da Panorama, 6 febbraio 2003, n. 6, per gentile concessione.