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Tutti i misteri dei papi

Top secret – Si aprono gli archivi vaticani per gli anni tra 1922 e 1939. Si tratta di un periodo chiave per conoscere la politica della Chiesa cattolica nei confronti del nazismo e del comunismo. E per rispondere al dubbio: si fece ogni cosa per fermare Hitler?

di Ignazio Ingrao

I grandi faldoni grigi con lo stemma vaticano sono già pronti per essere riposti sulle interminabili scaffalature metalliche al primo piano sotto terra di un bunker in cemento armato, a pochi passi dalle stanze del Papa, nella Città del Vaticano. È il cuore dell’ Archivio segreto vaticano: un’immensa caverna di 31 mila metri cubi a temperatura e umidità costante, scavata per due piani sotto terra in corrispondenza con il cortile della Pigna e inaugurata nel 1980 da Giovanni Paolo II. All’ingresso bisogna lasciare tutto: cappotto, borse, cellulare, macchina fotografica. È vietato persino portare penne biro, pennarelli e stilo­grafiche. Solo matita e taccuino. Il gruppo più consistente di faldoni (circa 430) riporta incisa una scritta in oro: Nunziatura apostolica in Monaco di Baviera e via via gli anni di riferimento, dal 1922 al 1934. Seguono un centinaio di faldoni dell’archivio degli «affari ecclesiastici straordinari» per la Germania e una decina della Baviera per gli anni dal 1922 al 1939, che erano custoditi nella Torre dei Borgia dove tuttora si trova l’archivio della segreteria di Stato. All'appello mancano i circa cento faldoni della Nunziatura apostolica di Berlino, dal 1922 al 193O, che sono ancora in mano agli archivisti. Ma per il 15 feb­braio prossimo, rassicura padre Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio segreto vaticano, sarà tutto pronto e finalmente gli studiosi potranno consultare i documenti relativi ai rapporti tra la Santa sede e la Germania tra il 1922 e il 1939, il periodo che ha segnato l'ascesa del nazismo e del comunismo e ha preparato il grande conflitto mondiale. Due sono i protagonisti della politica vaticana di quel periodo: Papa Achille Ratti, Pio XI, ed Eugenio Pacelli, prima nunzio a Monaco e a Berlino, quindi cardinale e segretario di Stato. Il 2 marzo del 1939 Pacelli sarà eletto papa, prenderà il nome di Pio XII, e comincerà uno dei pontificati più discussi della storia. Per molti Pio XII resta il papa di Adolf Hitler, muto di fronte allo sterminio de­gli ebrei, così come lo hanno rappresentato il dramma di Rolf Hochhuth, Il Vicario, nel 1963, e Amen, la pellicola di Costantin Costa Gavras l'anno scorso. Sull'altro fronte, il postulatore della causa di beatificazione, il gesuita tedesco padre Peter Gumpel. e un nutrito gruppo di storici difendono Pio XII come il papa che cercò di salvare il maggior numero possibile di ebrei dallo sterminio e di fermare la follia del nazismo con gli strumenti della diplomazia. «Pacelli probabilmente non aveva il carisma del profeta ma era un uomo accorto e riflessivo» afferma il gesuita padre Giovanni Sale, storico de La Civiltà Cattolica. Ciascuna delle centinaia di buste custodite sotto chiave nei sotterranei vaticani contiene fino a mille fogli tra documenti, minute, lettere, dispacci provenienti dalle nunziature, copie di messaggi della segreteria di Stato spediti ai nunzi o al governo della Germania. A conti fatti sono oltre 600 mila pagine da consultare. Aprendo i grandi faldoni grigi esce, per esempio, tutto il fitto carteggio tra il nunzio Pacelli a Monaco e Papa Pio XI per la definizione del Concordato della Baviera del 1924. Si passa alle buste relative all'Archivio della segreteria di Stato per i rapporti con la Germania e vengono fuori le bozze del Concordato tra la Santa sede e il Terzo Reich assieme al carteggio tra il segretario di Stato, Pacelli, e la conferenza dei vescovi tedeschi, favorevole alla firma. Ma c’è molto altro da scavare tra le carte: «Ci aspettiamo di trovare documenti che chiariscano meglio i rapporti tra la Chiesa tedesca e il partito cattolico tedesco, lo Zentrumspartei» spiega Emma Fattorini, tra i principali studiosi di quel periodo storico. Ci sono poi le lettere che testimoniano l’impegno del nunzio e del segreta­rio di Stato per favorire l'emigrazione degli ebrei dalla Germania. Secondo lo storico Giorgio Rumi, questi potrebbero rivelarsi documenti «imbarazzanti» per alcuni paesi: è una documentazione che può confermare come ostacoli all'emigrazione degli ebrei dalla Germania sono stati posti proprio dai governi degli stati democratici, «mentre potrebbe emergere che il generale Franco, in Spagna, ha inaspettatamente largheggiato con i permessi per gli ebrei». Per altri documenti, invece, gli storici dovranno ancora pazientare: per esempio le bozze e le lettere relative alla cosiddetta «enciclica dimenticata» saranno consultabili solo a partire dal 2006, quando l’Archivio segreto vaticano metterà a disposizione tutti i documenti relativi al pontificato di Pio XI, dal 1922 al 1939. Era l'enciclica contro il razzismo e l’antisemitismo che nel giugno del 1938 Pio XI aveva fatto redigere al gesuita americano padre John LaFarge. La bozza dell'enciclica venne tenuta per mesi nel cassetto del superiore generale dei gesuiti e venne consegnata a Papa Ratti solo un mese prima della sua morte, quando ormai era gravemente ammalato. Così l'enciclica non vide mai la luce. Il contenuto è già noto agli studiosi ma dai documenti in possesso della Santa sede emergeranno particolari inediti per chiarire chi spinse il superiore generale dei gesuiti, padre Vladimir Ledòchowski, a non consegnare in tempo le bozze al Papa. Molti altri documenti sono andati distrutti o dispersi. È il caso di tutto l'archivio della nunziatura di Berlino per gli anni che vanno dal 1931 al 1944, polverizzato dai bombardamenti delle forze alleate. Si sono salvate solo alcune carte rimaste in possesso della famiglia del nunzio. Ciò che gli storici attendono con maggiore trepidazione sono i documenti del pontificato di Pio XII, dal 1939 al 1958. Per aprire gli archivi relativi a questo periodo bisognerà aspettare almeno vent'anni, prevede il prefetto dell'Archivio segreto vaticano, padre Pagano. «Non c'è alcuna volontà di tenere celato chissà quale segreto» spiega il prelato. «Il problema è rappresentato dall'enorme mole di lavoro che comporta la catalogazione dei documenti. L'Archivio segreto vaticano copre un periodo storico che va dall’anno Mille ai nostri giorni. Se mettessimo in fila tutti i volumi e le buste copriremmo 85 chilometri. Ma abbiamo solo 45 impiegati». Per lo storico Andrea Riccardi sarebbe invece interesse della Chiesa permettere di consultare tutti i documenti relativi alla Seconda guerra mondiale: «Oggi c'è molta attenzione a quel periodo storico. Tra vent'anni quei documenti probabilmente non interesseranno più nessuno mentre oggi aiuterebbero a fugare tanti pregiudizi». Documenti inediti di eccezionale valore sono anche celati in altri archivi. È il caso del «diario delle consulte» gelosamente custodito nell’archivio de La Civiltà Cattolica. Nessuno storico esterno alla Compagnia di Gesù ha mai potuto esaminare questo diario. Sono pagine che aiutano a «ricostruire la psicologia e il carattere di Papa Pacelli» spiega padre Giovanni Sale. Infatti, ogni 15 giorni l'allora direttore de La Civiltà Cattolica, padre Giacomo Martegani, si recava da Pio XII a mostrare le bozze della rivista. Era l'occasione per fare il punto sugli avvenimenti d'attualità: il Papa, in piena libertà, esprimeva le sue preoccupazioni. Tornato a via di Ripetta, padre Martegani riuniva il «collegio degli scrittori» della Civiltà Cattolica e riferiva del colloquio avuto con il Santo Padre. Della relazione del direttore veniva redatto un verbale, raccolto nel «diario delle consulte». I racconti di padre Martegani restituiscono un Pacelli «in presa diretta» che commenta i tragici avvenimenti del suo pontificato con una libertà sconosciuta ai discorsi ufficiali. «Il riferimento al dramma degli ebrei non compare molto spesso nelle chiacchierate tra padre Martegani e Pio XII» riconosce padre Sale. Tuttavia, «questa preoccupazione è sempre presente al pari di quella per lo sterminio dei cattolici polacchi e ai timori per i bombardamenti alleati sull'Italia». Dal diario, dice padre Sale, «emerge chiaramente come Pio XII considerasse nazismo e comunismo minacciosi e temibili in egual misura».

Da Panorama, 6 febbraio 2003, n. 6 per gentile concessione.

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