Il nazismo  e i campi di concentramento

«Plus jamais ça»

mostra fotografica e documentale

 

IL CASTELLO DI HARTHEIM

 

L’Istituto per eutanasia durante il Nazionalsocialismo

 

1. L’Eutanasia: l’eliminazione delle vite umane “senza valore”

 

L’eutanasia fu la prima grande operazione di uccisioni in massa realizzata dal regime nazionalsocialista, condotta mediante una pianificazione sistematica avallata dal consenso statale. L’uccisione di invalidi fisici e psichici insieme a quella dei cosiddetti uomini “inferiori”, senza il diritto alla rispettabilità, scaturiva dai presupposti razzisti e dalle teorie darwiniane di cui il Nazionalsocialismo era imbevuto. Secondo gli studi sulle razze promosse dal Regime, non solo Ebrei, zingari ed altre minoranze razziali o etniche erano da considerarsi indegne di vivere: infatti, nella logica del crescente sviluppo ed affermazione del concetto di razza, dovevano essere eliminati anche i cosiddetti uomini inferiori appartenenti al proprio popolo. Le teorie dello scienziato Charles Darwin sulla lotta per l’esistenza, sulla selezione naturale e la conseguente affermazione dei più forti a scapito dei più deboli (la cosiddetta capacità di adattamento) furono trasferite dal regno animale alla società umana, e influirono pesantemente sulla concezione del mondo nazionalsocialista, tanto da permettere di parlare di “darwinismo sociale”. Tali teorie si attuarono nella realtà con barbare conseguenze. Nella Germania nazionalsocialista non c’era posto per gli esseri inutili, le esistenze “superflue” come gli invalidi psichici e fisici, perché anche la vita umana era assoggettata al calcolo impietoso di costi-benefici. Questi “esseri inferiori” venivano eliminati impedendo loro di riprodursi e attuando una vera e propria soppressione fisica. Nelle convinzioni più profonde del Nazionalsocialismo, la legge del 14.07.1933 che introduceva la sterilizzazione obbligatoria dei malati affetti da tare ereditarie, avrebbe prodotto i suoi effetti solo a lunga scadenza, quindi i medici teorici della razza passarono ad abbracciare la teoria dell’eutanasia. L’eliminazione degli invalidi e minorati permetteva di contrastare la selezione negativa causata dalla guerra: la guerra, infatti, significava morte o mutilazioni degli uomini sani e sopravvivenza di malati. Il pretesto immediato per attuare queste uccisioni di massa era data dalla necessità di creare ospedali per militari, di sgravare il personale di nosocomi e di risparmiare sui consumi di alimentari, medicine e simili. In questo modo, si riducevano i costi sociali, a vantaggio dell’economia del paese. I nazionalsocialisti cominciarono ad attuare ciò che a torto venne chiamata eutanasia (da greco: morte felice), ossia l’eliminazione di esseri umani indegni di vivere, partendo dai bambini ammalati: dall’estate del 1939 bambini affetti da deformità fisiche e da insufficienza mentale venivano rinchiusi in reparti speciali per l’infanzia e qui uccisi. Poco tempo dopo, sulla base di un’autorizzazione retrodatata di Adolfo Hitler, che non possedeva alcuna forza di legge né tantomeno alcuna forma di legalità, cominciò l’eutanasia degli adulti invalidi. Nel quadro di queste uccisioni organizzate dalla Cancelleria del Führer (chiamate “T4” dall’indirizzo di Berlino: Tiergartenstrasse, 4), una grossa parte dei pazienti delle case di cura e dei sanatori furono condotti in uno dei sei istituti per l’eutanasia esistenti nel Reich: Brandeburgo, Bernburg, Grafeneck, Hadamar, Sonnenstein ed Hartheim e qui uccisi con gas tossici.

 

2. Dal Castello all’Istituto per l’eutanasia

 

Il Castello di Hartheim fu a lungo proprietà dei principi di Starhemberg; nel 1898 venne regalato all’Ente di beneficenza dell’Austria superiore, allo scopo di farne una casa di accoglienza, gestita da religiose, per bambini invalidi. Nel 1939, nel quadro dell’annessione dell’Austria alla Germania hitleriana, il castello di Hartheim venne espropriato ed adibito ad Istituto per l’eutanasia. Allo scopo di annientare tutta quella parte di umanità che veniva destinata ad Hartheim, venne costruita una camera a gas e allestiti forni crematori. Gli eccidi di massa cominciarono ad Hartheim nel 1940, suffragati da “perizie mediche” che giustificavano queste morti, con l’inutilità e l’incapacità al lavoro. Il trasporto era curato da una organizzazione apposita e avveniva per ferrovia finoa Linz, proseguendo poi con due autobus. Dopo la svestizione, identificazione, registrazione dei denti d’oro e le foto, le vittime venivano uccise con i gas tossici (monossido di carbonio) in camere a gas camuffate da docce: la morte sopraggiungeva mediante un penoso soffocamento. Diceva il Dott. Renno, uno dei due medici dispensatori di morte: “Non era certo una cosa gravosa aprire il rubinetto!”. Dopo l’asportazione dei denti d’oro, i cadaveri venivano bruciati, le ossa macinate e le ceneri disperse nel Danubio. Per salvaguardare la legalità, fu costruito un raffinato sistema, la cui essenza consisteva in atti di morte falsificati, con cause di morte simulate ed errati luoghi di decesso. Nel programma eutanasia del nazionalsocialismo furono inseriti anche ragazzi sottoposti alla tutela di piccoli istituti religiosi, così come ospiti di case di cura e di case di riposo, che potevano rientrare nel novero dei “pazzi”. Dopo il blocco ingiunto da Hitler all’eutanasia degli adulti (T4), in seguito alle proteste della chiesa, nell’agosto del 1941, nell’ambito dell’azione “14 f 13”, vennero uccisi i detenuti incapaci di lavorare e invisi al Reich: infatti, più di 8.000 detenuti dei campi di concentramento di Dachau e Mauthausen trovarono la morte ad Hartheim. Inoltre, Hartheim serviva come istituto di morte per qualche centinaio di pazzi, che non potevano essere integrati nelle attività produttive dell’Austria.

 

3. Gli artefici

 

I responsabili di questi eccidi furono medici e impiegati publici che professavano una convinta ed annosa fede nazionalsocialista. Il direttore era uno psichiatra di Linz, dott. Rudolf Lonauer, organo di rappresentanza era il tedesco Dott. Georg Renno. Competenti per l’amministrazione, furono anche Christian Wirth, Franz Stangl, Gustav Wagner e Franz Reichleitner, che più tardi furono impiegati a treblinka, Belzec Sobibor così come a San Sabba (presso trieste) in qualità di comandanti di campi di concentramento. Molti collaboratori del “T4”, dopo lo stop (transitorio) all’eutanasia, avvenuto, come si è detto, nel 1941, furono assegnati all’ “azione Reinhard”, l’uccisione degli Ebrei di Polonia. Altri impiegati, come fuochisti, autisti, personale di custodia, vennero arruolati dal comando del Danubio superiore, in alcuni casi gli arruolamenti erano coatti. Tutti i collaboratori e collaboratrici, in totale circa 80 persone, venivano assoldati con il ferreo obbligo di mantenere il più totale segreto. Buoni stupendi, compensi extra e alcolici servivano per reggere il carico emotivo dovuto agli eccidi di massa, commessi quotidianamente.

 

4. La fine dell’istituto di morte

 

Allo scopo di cancellare le tracce dei crimini commessi, per ordine della Cancelleria del Führer, nel dicembre 1944 e gennaio 1945, 20 detenuti di Mauthausen dovettero rimuovere dal castello di Hartheim tutti i dispositivi e le apparecchiature tecniche collocate, per ripristinare l’originaria destinazione dell’edificio. Ritornarono le religiose e ricominciarono a prendersi cura dei bambini invalidi. Agli inizi del maggio 1945, la polizia militare statunitense trovò la cosiddetta “statistica di Hartheim”, una serie di rapporti attestanti i “risparmi” realizzati con l’azione T4. Le 70.273 “disinfezioni”, di cui 18.269 eseguite ad Hartheim, fecero risparmiare al Terzo reich più di 885 milioni di marchi dell’epoca (corrispondenti a più di 40 miliardi di scellini austriaci). La punizione legale dei crimini di Hartheim è stata inadeguata… Mentre il fuochista, Vincenzo Hohel fu condannato a morte e  giustiziato, il Dott. Renno fu assolto, a causa  di un vizio legale. Il Dott. Lonauer si suicidò nel maggio del 1945.

 

5. Il futuro del castello di Harteim

 

Dal 1948 il castello è ritornato all’Ente di beneficenza austriaco ed è stato adibito ad uso residenziale fino agli anni ’90. A ricordo delle vittime, nel 1969 fu allestito un sito di commemorazione in alcuni dei locali del castello, ove trovarono la morte 30.000 uomini. Nel 1995 è stato fondato l?ente indipendente “Castello di Hartheim”, che si occupa del restauro dell’edificio, dell’allestimento di siti di commemorazione e del futuro utilizzo del castello di Hartheim.

Da un documento donato da Ettore Zilli

 

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