Speciali Epoca

Auschwitz. La verità

Epoca ha letto i documenti segreti degli archivi sovietici

di Eric Conan e Denis Peschanski  

 

Quasi mezzo secolo è trascorso prima che fosse possibile accedere agli archivi sovietici della «soluzione finale»: 80 mila documenti prelevati ad Auschwitz nel 1945 ed oggi conservati negli Archivi centrali di Mosca, in via Vyborskaja 3. Si tratta di un importante progresso storico; non solo perché permette di avere una comprensione ormai completa della realizzazione e del funzionamento tecnico delle camere a gas e dei forni crematori, ma anche perché porta a riconsiderare la cronologia dello sterminio e a quantificare, in modo preciso e sicuramente definitivo, il numero delle vittime. L'autore di questo lavoro, il primo studioso ad aver consultato minuziosamente gli archivi di Auschwitz conservati dal Kgb, è un francese, Jean-Claude Pressac. Consulente presso il Museo di Auschwitz, consigliere all'Holocaust Museurn di Washington, farmacista di formazione, egli è l'incontestato specialista delle ricerche sulle tecniche dello sterminio nazista. Già autore di un'opera fondamentale (in inglese) sull'argomento (Auschwítz: tecnique and operation of the gas chambre, 1989), scritta in base ai dati degli archivi polacchi e tedeschi, non gli restava che accedere agli archivi sovietici per colmare numerose lacune e rispondere a molti interrogativi. Si arriva così all'opera che, d'ora in poi, fungerà da riferimento mondiale in materia: Les Crématoires d'Auschwitz. La machinerie du meurtre de masse. I forni crematori di Auschwitz. La macchina dello sterminio in massa, pubblicato in Francia dal Cnrs (il Consiglio nazionale delle ricerche storiche). Tutti i lavori sulla politica di sterminio nazista sono stati bloccati dal muro della dissimulazione: la decisione e l'esecuzione del genocidio degli ebrei furono avvolti dai loro autori in una nube di assoluta segretezza. Non esistono film o foto che documentino esecuzioni in camere a gas e nessun discorso ufficiale fa riferimento al progressivo evolversi dell'azione criminale. Le vane operazioni che portavano alla eliminazione fisica delle vittime venivano camuffate sotto un linguaggio burocratico («trattamento speciale», «azione speciale» eccetera). Non solo: al momento dell'evacuazione del complesso del campo di concentramento Auschwitz, nel gennaio 1945, le SS si preoccuparono di far saltare gli edifici in cui venivano compiuti i crimini (e solo questi) e di bruciare quasi tutti gli archivi della «sezione politica del campo. Rimasero intatti solo gli archivi della Direzione delle costruzioni, incaricata dei lavori di costruzione e di manutenzione e dei rapporti con le varie aziende che operavano nel campo. Questi archivi di grande importanza furono immediatamente ripartiti in due: i sovietici, che avevano liberato il campo, ne prelevarono due terzi (trasportati a Mosca e bloccati dal Kgb per una decina danni), mentre lo stato polacco conservò la parte restante negli archivi del Museo di Auschwítz.  

Le scarpe dei prigionieri ammassate in un magazzino

Le valigette in cui veniva chiuso tutto ciò che i prigionieri avevano potuto portare con sé nel loro ultimo viaggio

L'OLOCAUSTO NEGATO

Per lungo tempo, anche la piccola parte disponibile in Polonia non fu utilizzata. Innanzitutto perché sembrava che fossero sufficienti i racconti dei testimoni e di alcuni esecutori. Ma anche perché un'importante corrente della memoria ebrea rifiutava qualsiasi approccio razionale alla «soluzione finale», considerata un evento «indicibile ed impensabile». A partire dagli anni Settanta, la letteratura negazionista scelse proprio le modalità tecniche del genocidio come pianto d'attacco per contestare l'esistenza stessa delle camere a gas. Questa strategia del sospetto si limitava di fatto a rilevare sistematicamente le imprecisioni, le inverosimiglianze tecniche o gli errori, ovviamente numerosi nei racconti dei testimoni o nei testi sovietici e polacchi del dopo guerra che fecero di Auschwitz un tema di propaganda ideologica. Farmacista e scienziato, Jean-Claude Pressac condivise, inizialmente, molte obiezioni di ordine tecnico avanzate dai negazionisti. Si immerse allora nella lettura degli archivi polacchi giungendo ben presto a separare le inesattezza, facili da individuare qua e là, dalla realtà del genocidio. Si accorse tuttavia che, contrariamente alle apparenze, lo studio dettagliato dello sterminio degli ebrei non era ancora stato intrapreso. La storia tecnologica della "soluzione finale" doveva ancora essere scritta. In una prima fase, lo spoglio dei documenti disponibili in Polonia e in Germania gli permise di dimostrare i falsi dei negazionisti in quell'ambito tecnico che essi stessi avevano scelto. Questo lavoro, incoraggiato e pubblicato quattro anni fa dalla fondazione Beate Klarsfeld, metteva in luce le modalità delle esecuzioni compiute industrialmente ad Auschwitz: nonostante le consegne naziste di dissimulazione e la distruzione degli archivi politici del campo, lo studio degli archivi tecnici permetteva di delineare con precisione l'attività del lager e di rispondere a un certo numero di interrogativi rimasti aperti. Ma gli archivi polacchi (250 pratiche contenenti 50 mila documenti e planimetrie) e tedeschi, sufficienti per replicare ai negazionísti, non permettevano di ricostruire il procedimento nella sua totalità. Si capisce così l'importanza dell'apertura degli Archivi centrali (ex speciali) di Mosca dove, dal 1945, si trova la parte più importante degli archivi tecnici. Dopo due anni di lavoro sui documenti di Mosca e di Weimar (archivi dell'ex Germania dell'Est) Jean-Claude Pressac ci fornisce delle tecniche di sterminio, basandosi sulle sole fonti contemporanee scritte (e quindi indipendenti dalle testimonianze). Così, dietro Hitler, Himmler o Eichmann, appaiono nuovi personaggi, assai meno noti, ma che ebbero un ruolo decisivo: i funzionati di quella Direzione delle costruzioni (Bauleitung SS), ma anche gli ingegneri e i responsabili delle ditte civili incaricate dei lavori. Karl Bischoff il «Bauleiter». I suoi assistenti diretti, Walter Dejaco e Fritz Ertl. E soprattutto l'ingegnere capo Kurt Prüfer che dotò Auschwitz di crematori superpotenti, fabbricati dalla società per la quale lavorava, la Topf und Söhne di Erfurt, completamente associata nella impresa criminosa. Tutto ciò che fu progettato, studiato, costruito e riparato ad Auschwitz, comprese le camere a gas e i crematori, dipendeva dalla Bauleitung che annotava ed archiviava tutto. Quando avviava la costruzione e l'allestimento degli edifici, la Direzione tecnica preparava disegni, copie tecniche, preventivi dei materiali necessari e lanciava gare di appalto mirate a ditte regionali, in funzione della loro specializzazione (opere idrauliche, di sterro, di isolamento, di copertura). Jean Claude Pressac ha scoperto che la Bauleitung conservava anche i documenti delle aziende che avevano vinto gli appalti: planimetrie, stato di avanzamento dei lavori, distinte riassuntive dei lavori effettuati, lettere che riportavano eventuali difficoltà incontrate, fatture. Alla fine, ogni realizzazione era controllata ufficialmente dalla Bauleitung, il che comportava nuovi documenti elencanti i vari impianti che essa consegnava all'amministrazione del campo.

Un gruppo di donne ebree fotografate dopo la liberazione del campo, nel 1945, avvenuta ad opera delle truppe dell'Armata Rossa

Un gruppo di bambini ebrei dopo l'arrivo delle truppe russe vengono condotti fuori lungo il corridoio che portava alle docce e alla morte

INGEGNERIA CRIMINALE 

In questa massa di documenti, Jean-Claude Pressac ha ritrovato le prove dell'organizzazione delle uccisioni. Qua e là, e spesso a proposito di inevitabili questioni tecniche, la verità allora su un disegno, in un preventivo o in una lettera urgente, precise indicazioni tradiscono le consegne di segretezza comprovando così l'esistenza delle camere a gas di sterminio. Alcuni esempi possono illustrare questi "errori". Pur essendo molto prudente, lo stesso capo della Bauleitung, Karl Bischoff commette un lapsus in una lettera indirizzata il 29 gennaio 1943 al suo superiore a Berlino: indica l'obitorio 1 del crematorio Il come «cantina camera a gas». Il 6 marzo dello stesso anno, un tecnico del riscaldamento della Bauleitung, Rudolf Jährling, sollecita la ditta Topf affinché installi al più presto il sistema di riscaldamento dell'obitorio 1: un ambiente di questo tipo deve, per definizione, restare fresco, ma il suo impiego come camera a gas richiedeva una temperatura superiore ai 27 gradi per permettere la vaporizzazione rapida dello zyklon B (granuli dì silice impregnati di acido cianidrico). Il 14 marzo, un caporeparto civile della Topf, Heinrich Messing, si lascia sfuggire il termine «cantina-spogliatoio» a proposito di un locale del crematorio II. Il 31 marzo, Hans Kirschnek, ingegnere sottotenente SS della Bauleitung, segnala che l'obitorio 1 del crematorio II è munito di una porta a tenuta di gas con uno spioncino di vetro di 8 millimetri di spessore. Nella lettera e nel telegramma dell'11 e 12 febbraio 1943, scambiati dalla Bauleitung e dalla Topf è menzionata una soffieria in legno destinata a deaerare un locale indicato come «obitorio»: ciò prova che l'aria estratta non era più quella di un obitorio, ma aria contenente acido cianidrico, gas corrosivo, che non poteva essere aspirato da una soffieria classica in metallo. Lo stesso mese, proprio in occasione della posa di un sistema di ventilazione, la Bauleitung chiede alla Topf di inviarle dei rilevatori di gas che misurino i resti di acido cianidrico nel crematorio Il. Ebbene, in un vero obitorio, si usano dei disinfettanti (quali, all'epoca, candeggina o cresolo) ma non un prodotto destinato ad uccidere i pidocchi... Il crematorio III fu consegnato il 24 giugno 1943. Sulla bolla di consegna è riportato che «l'obitorio» include una «porta a tenuta di gas» e quattordici (false) docce, ciò che tradisce una volta ancora il suo uso come camera a gas. La ricchezza degli archivi russi permette di avere una comprensione quasi perfetta di tutti questi progetti di ingegneria criminale. La tecnica dei forni d'incenerimento ne fu l'elemento centrale: la principale difficoltà per i nazisti non fu tanto l'uccisione con il gas quanto l'eliminazione dei cadaveri. Il ritmo dello sterminio dipendeva quindi dal ritmo della cremazione. Da qui, l'importanza fondamentale rappresentata dalla progettazione di forni crematori aventi una capacità e una efficacia senza pari. Jean-Claude Pressac ricostruisce minuziosamente il ruolo fondamentale che ebbero la ditta Topf und Söhne, i suoi dirigenti ed in particolare uno dei suoi ingegneri, Kurt Prüfer, ritenuto allora un gemo della cremazione. Giorno dopo giorno, attraverso la storia di questa ditta, possiamo seguire gli sforzi di Prüfer e della sua équipe che faranno evolvere la tecnica dei crematori da uno stadio artigianale e esclusivamente sanitario nei primi campi di concentramento, verso la fabbrica di morte di Auschwitz Il-Birkenau che disponeva di complessi costituiti da camere a gas collegate (a volte mediante montacarichi aventi una capacità di 1500 kg) a forni di incenerimento. Partendo dal suo forno civile, modello 1934, funzionante a gas di città, Prüfer, per tentativi, adatta i forni al coke, migliora il tiraggio, la potenza delle soffierie a ventilazione forzata, l'isolamento. Obiettivo: ridurre al minimo la durata di incenerimento allo scopo di accelerare il ritmo. Riesce così a passare da pochi incenerimenti al giorno, in un forno normale, ad una resa di 1000 e anche 1500 incenerimenti nei crematori Il e III di Birkenau.  

Auschwitz fotografato da un ricognitore americano alcuni mesi prima della sua liberazione. Il cerchietto indica il fabbricato in cui gli alleati avevano già identificato un probabile centro di tortura

Le bocche di alcuni forni di incenerimento del campo di Birkenau così come sono stati conservati a testimonianza degli orrendi crimini nazisti

LE TANGENTI Di PRÜFER

È raro che tutti i crematori siano in funzione contemporaneamente. Alcuni sono abbandonati a causa della loro inefficienza dovuta ad un eccessivo sfruttamento oppure a causa di un difetto strutturale. La Bauleitung ha anche gravi problemi con i camini che, sottoposti a ritmi sempre più serrati, si crepano spesso per effetto del calore. La Topf, come tutte le ditte, ha dei contenziosi di pagamento con il suo cliente. Le capita di fare del dumping per estromettere i concorrenti (in particolare la Kori di Berlino) e per accaparrarsi il maggior numero di contratti possibili nei vari campi del Reich. Prüfer, che percepisce personalmente il 2 per cento degli utili delle vendite, vuole essere presente ovunque. Per la sua banalità, la cronaca della vita professionale di questi funzionari, tecnici e impiegati, è uno dei documenti più terribili sulla "soluzione finale". Perché è a causa di questo lavoro diligente di messa a punto di tecniche superpotenti di incenerimento che Auschwittz divenne un luogo di annientamento in massa degli ebrei. Le prime uccisioni con camere a gas avvennero ad Auschwitz I, il campo principale, nel dicembre 1941 (e non in settembre come finora creduto); le vittime furono prigionieri sovietici e ammalati cosiddetti «irrecuperabili». Nel 1942 e 1943, furono realizzati ad Auschwitz Il- Birkenau i crernatorí II, III, IV e V, dì grandissima capacità. I documenti sovietici studiati da Jean- Claude Pressac forniscono quindi delle conferme minuziose, decisive e irrefutabili di ciò che già si sapeva sui campi di sterminio. Gettano anche nuova luce sui procedimenti e sulla cronologia della «soluzione finale». La data di avvio della fase industriale dello sterminio appare così posteriore rispetto a quanto ritenuto dagli storici. Più precisamente, e a scapito dell'importanza fino ad ora accordata alla Conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942), la nuova cronologia dimostra che l'operazione si è svolta in due tempi. Quando, nel settembre 1941, Hitler ordina la  deportazione verso Est degli ebrei del Reich, egli ha chiaramente deciso di eliminarli in tempi più o meno lunghi, gradualmente o rapidamente, in funzione della resistenza degli organismi  sottoposti  a prove distruttrici. Questa procedura è estesa a tutti i territori occupati al momento della Conferenza di Wannsee. Ma solo a fine maggio-inizio giugno 1942 la volontà politico-ideologica di morte trova nelle innovazioni tecniche messe in atto ad Auschwitz (grazie a Prüfer) i mezzi di uno sterminio industriale, divenuto allora un obiettivo prioritario del regime nazista. La prima "selezione" risale quindi al 4 luglio 1942 e riguarda un convoglio di ebrei slovacchi: gli «idonei al lavoro» (uomini e giovani donne senza figli) erano separati dagli «inidonei al lavoro» (bambini, donne e vecchi), destinati alle camere a gas. Ed è precisamente alla fine del mese  di luglio che appare,  per la prima volta, l'espressione «trattamento speciale». A causa di frequenti guasti dei forni d'incenerimento del crematorio I, che non riesce ad assicurare una resa sufficiente a realizzare il programma di sterminio, da quel momento i responsabili della Bauleitung firmano con la Topf un contratto per l'installazione urgente di quattro nuovi crematori. Altro apporto decisivo consentito dallo studio dei documenti sovietici: il bilancio preciso delle vittime di Auschwitz, inferiore rispetto ai calcoli noti e già recente- mente ridimensionati. Varie cifre sbagliate erano state proposte dopo la guerra. Nel 1945 la Commissione sovietica di Auschwitz stimava che i morti fossero in tutto 5 milioni e mezzo. " Polonia comunista ha a lungo ritenuta valida la cifra di 4 milioni di vittime esposta, fino al 1990, sul sito di Auscbwitz Il-Birkenau e ripresa nel 1956 da Alain Resnais nel suo celebre film "Notte e nebbia". La prima stima seria stabilita dall'americano Raul Hilberg era di 1,2 milioni (1 milione di ebrei e 200 mila non ebrei) e quella più recente, proposta dallo storico polacco Francis Piper, è di un milione 100 mila.  

OTTOCENTOMILA VITTIME 

Jean- Claude Pressac ha potuto, da parte sua, basarsi per primo sull'eccezionale fonte rappresentata, per Birkenau, dai registri dei decessi dei deportati obbligati al lavoro (e quindi immatricolati), ossia 46 registri conservati a Mosca. Per le altre vittime, selezionate come «inidonee» e uccise nelle camere a gas subito dopo il loro arrivo (senza immatricolazione), Jean-Clau Pressac si serve dei dati tecnici allo scopo di modificare sensibilmente la valutazione del numero delle vittime polacche ed ungheresi. Ad Auschwitz sono state uccise circa 800 mila persone: 16 mila prigionieri di guerra sovietici, una decina di migliaia di zigani morti di tifo o nelle camere a gas, 13Omfla prigionieri, ebrei e non ebrei, morti di malattia o sfiniti dal lavoro, e 630 mila ebrei, adulti e bambini, assassinati nelle camere a gas subito dopo il loro arrivo. Un lavoro dello stesso tipo, sugli altri campi, condurrà indubbiamente ad altre revisioni e, parallelamente, a una rivalutazione della responsabilità della Webrmacht nelle operazioni di massacro degli ebrei e dell'importanza della mortalità nei ghetti. Ma la natura della «soluzione finale» resta immutata: milioni di uomini, donne e bambini sono morti, come ha scritto Arthur Koestler, solo per «essere nati nel letto sbagliato».

(©: L' Express, distribuito da New York Times Syndication Sales, e per l'Italia Epoca)

La divisa di un prigioniero di Auschwitz. Il numero di matricola veniva tatuato anche sulle braccia dell'internato

sommario