Diario

Charlie in Tomania

Qui vi ritroverete insieme a un grand'uomo piccolo di statura che denunciò, parodiandolo, un piccolissimo uomo di statura criminale. Ritorno a un gran film con la sua musica naturale

Il grande dittatore è il primo film sonoro di Charlie Chaplin. Già nel 1937, molto prima che l'opinione pubblica americana si accorgesse dei metodi di propaganda del dittatore tedesco, Chaplin incominciò le riprese per uscire nel 1940 sugli schermi dove compare in un doppio ruolo: il dittatore megalomane Adenoid Hynkel che governa il Paese di Tomania e il suo sosia ebreo, un piccolo barbiere. Chaplin unisce rappresentazione da pantomima con le nuove possibilità del sonoro, il dittatore si lascia andare a interminabili profluvi di parole ampiamente accompagnati da gesti. Nel 2004 a Schwerin nell'ambito del progetto Verfemte Musik (musica messa al bando), Michael Chaplin parlò della genesi del film e Gottfried H. Wagner dell'impiego che viene fatto del preludio del primo atto del Lohengrin di Richard Wagner. Cosa ha a che fare il Lohengrin con Il grande dittatore e quindi con Hitler? Perché una delle leggende della storia del cinema associa contro Hitler i suoni presi dall'opera romantica sul mondo del Graal e redenzione? Che cosa hanno a che fare le idee ossessive di vittoria finale e soluzione finale e i seducenti sottofondi sonori di Wagner con immagini e suoni di Chaplin per la piccola gente e le sue disperate visioni di speranza in un futuro migliore? Il viaggio,che seguite in queste pagine va da Bayreuth a Hollywood e Auschwitz - nel film manca l'allusione all'Olocausto ancora sconosciuto che alla luce dell'esperienza storica non può essere lasciata da parte - nonostante risate su Adenoid Hynkel alias Hitler e sul barbiere ebreo, il suo pallido sosia. A ragionare i discendenti dei clan nemici: Michael, terzo figlio di Chaplin, e Gottfried, pronipote del titano dell'opera Richard Wagner e nipote di Winifred Wagner, direttrice del Festival di Bayreuth nel periodo nazista. Consapevoli che né Chaplin che disprezzava Hitler né Winnie, amica di Hitler, protonazista e nuora di Wagner, si sarebbero mai seduti allo stesso tavolo. Lo scambio di idee è stato promosso dalla sorella di Michael Chaplin Victoria che li aveva fatti incontrare a Sacile nell'ottobre 2003 durante Le giornate del cinema muto. Il risultato è un confronto critico - aperto dalla prima di Adenoid im Graal per piano del compositore italiano Paolo Colombo (qui sopra lo spartito) con proiezioni di immagini di Gottfried Wagner - con le opere degli illustri antenati e un contributo di responsabilità personale sulla memoria.

 

Note inquietanti

Dal «Lohengrin» a «Il grande dittatore» ci sono diversi passaggi che esulano dalla musica per arrivare al rapporto tra Hitler e Wagner

Gottfried Wagner

Traduzione Maurizio Camerini

La musica di Richard Wagner in relazione a Il grande dittatore di Chaplin provoca molte domande. Per rispondere alle quali bisogna tenere ben presente il contesto storico in cui maturò il film e le biografie di Wagner, Hitler e Chaplin. Per prima cosa bisogna chiarire quale messaggio volesse annunciare Wagner con l'opera romantica Lohengrin e la sua magica musica. Prendiamo per esempio il preludio del primo atto: il messaggio viene comunicato in forma cifrata dalla musica, dal libretto, dai commenti relativi all'opera e autobiografici. Richard Wagner suggerisce qui con il chiaro la maggiore della sua strumentazione per violini nel registro più alto e tecnica tonale flagioletto, come pure intessitura con la solenne melodia, l'arrivo del redentore Lohengrin dal Sacro Graal. La sua missione sulla Terra ha nel dramma una pretesa messianica. Vietando domande sulla sua origine, esige da tutti ubbidienza incondizionata e fede reli­giosa in sé. E anche se alla fine dell'opera rivela il suo nome e la sua origine, la sua provenienza dal Graal si rivela una raffinata speculazione, irrazionale, irreale, non verificabile: come una missione fallita sulla Terra. Lohen­grin lascia dietro di sé dopo il suo improvviso ritorno nel Sacro Graal due catastrofi: una privata e una pubblica. L’opera termina con la guerra di espansione contro il nemico a oriente e con il suicidio della sposa Elsa. Dopo il fallimento della rivolu­zione del 1849, dalla quale si aspettava innanzitutto un vantaggio economico e sociale, Wagner dichiarò negli scritti raccolti in Arte come religione che «l'artista raggiungendo l'inconsapevole consapevolezza che apre la stretta porta dell'ispirazione, diventa artista del soprannaturale». L’artista ha d'ora in avanti da dire ciò che va al di là dell’artistico. Come messia, egli esige fede assoluta: l'artista romantico come superuomo annuncia la sua missione che, a causa dell'inadeguatezza dell’uomo, può essere solo di breve durata, e perciò condannata al fallimento. Il secondo messaggio che Wagner sviluppa con sempre maggiore chiarezza a partire dal Lohengrin è la questione del sangue. Un tema che affronta incominciandolo come un rebpus con la «perdita della più piccola falange». Già qui si manifesta in Wagner un patrimonio ideologico extra­musicale che comprende anche il razzismo. La sua musica suggerisce a partire dal Lohengrin la sua nuova ideologia di un antisemitismo rivoluzionario che avrebbe fatto di lui, dalla stesura di Giudaismo nella musica del 1850 fino agli Scritti di rigenerazione degli anni dal 1879 al 1881, il messia di annunciatori di salvezza di destra e di sinistra. Nel periodo tra 1850 e 1881 si compie il cammino di Wagner dal Lohengrin al Parsifal, l'artista come redentore del sangue ariano da quello giudaico e fondatore della pura arte come religione dell'Umanità del futuro. L'opera d'arte totale diventa un monologo dell'artista Wagner come politico. Essa indica il tenebroso carattere di Wagner come avanguardia di regimi totalitari e della loro arte nel futuro. Sicuramente non è casuale il ristretto riferimento tonale della maggiore del preludio del Lohengrin né la fine dell'opera di redenzione Parsifal con carattere di la maggiore.

Il culto di Hitler per Wagner. Volendo dare un'idea del significato che aveva Richard Wagner per Hitler, lo si può sintetizzare in questo modo: già a 16 anni Hitler considerava Richard Wagner e la sua opera come il suo modello politico-culturale a cui restò fedele per tutta la vita. Un amore che si riscontra in Mein Kampf. In particolare segnalo il saggio su Hitler: Germany: Jeckyll & Hyde -1939 - Deutschland von innen betrachtet (Knaur) dello storico Sebastian Haffner, che riconosce la rilevanza ideologico-culturale di Wagner su Hitler nota, riguardo agli obiettivi di Hitler già nel 1939:

        1) assumere e ampliare il suo po­tere personale;

2) vendicarsi di tutte le persone ed istituzioni verso le quali prova odio, e sono molte;

3) allestire scene delle opere di Wagner e quadri nello stile (del pittore austriaco Hans) Ma kart in cui Hitler è l'eroe principale.

Dal Lohengrin al Parsifal. Importante, per la discussione sulle interpretazioni delle opere teatrali di Wagner da parte di Hitler, è la visione che quest'ultimo aveva del Parsifal, una visione che illustra la stretta connessione dei mondi del Graal tra le due opere. Hitler trovò, come si può desumere dalle sue conversazioni con Hermann Rauschning del 1940, nel mondo ariano del Graal «il puro, nobile sangue per la cui protezione ed esaltazione si è riunita la comunità degli iniziati. In ogni fase della mia vita ritorno a... Wagner... che vede nella battaglia il senso della vita, sale gradualmente i gradini di una nuova nobiltà. La mia pedagogia è dura. Il debole deve essere martellato via. Nelle rocche del mio ordine crescerà una gioventù alla vista della quale il mondo si spaventerà. Voglio una gioventù violenta, imperiosa, impavida, spietata...».

Chaplin e Hitler. Di grande importanza per capire Il grande dittatore è il saggio di Hannah Arendt La tradizione nascosta del 1976, dove vengono messi in stretta relazione i film di Chaplin, e soprattutto Il grande dittatore, con la storia della cultura ebraica. Scrive la Arendt: «Molto prima che l'individuo sospetto, nelle sembianze dell’ "apolide" diventasse il vero simbolo della condizione di paria... Chaplin ha rappresentato, ammaestrato dalle esperienze fondamentali della sua infanzia, la plurisecolare paura ebraica del poliziotto nella quale prende corpo un ambiente ostile e la saggezza ebraica che l'astuzia umana di Davide può prevalere sulla forza bestiale di Golia. Risultò che al paria, che sta al di fuori della società ed è sospetto a tutto il mondo, andava la simpatia del popolo che ritrovava evidentemente in esso tutto ciò che all'essere umano nella società non va per il verso giusto». Con paria Hannah Arendt si riferisce al barbiere ebreo nel film. Ma con lo stesso termine si intende anche il grande sosia, e cioè il grande dittatore e quindi Hitler. È noto che Hitler, prima dell'ingresso sulla scena mondiale, visse come il suo paria, e che, esattamente come Richard Wagner, per tutta la vita cercò di cancellare le tracce della sua origine familiare, forse ebraica. Wagner e Hitler: il superuomo come politico e quindi artista. Di ciò Charlie Chaplin era consapevole fino a un certo punto. Ciò che egli non sapeva era quanto agisse su Hitler l'antisemitismo di Richard Wagner: lo intuì solo durante la preparazione e la produzione del film. Come è documentato da Wolfram Tichy in Chaplin (Amburgo, 2002), l'interessamento dell'artista per Hitler assunse caratteri patologici. Nel corso della preparazione al film non esitò a trasformarsi, assumendo lo stesso atteggiamento sprezzante in una miscela di alta considerazione e disprezzo. Il suo oggetto, e anche se stesso come suo interprete, gli diventarono sospetti. Questo conflitto ha conseguenze come si può provare nei dualismi dei personaggi del barbiere e del dittatore. Invece che di due personaggi antitetici si tratta in fin dei conti di una stessa personalità sdoppiata, come riconobbe Sebastian Haffner fin dal 1939. Dietro a Mister Hyde, il mite barbiere che ha perso la memoria nella Prima guerra mondiale, sta Hitler che, come è noto, fu decorato come soldato. Ciò viene confermato anche dalla scena del barbiere nel palazzo con allusione a Hitler e Mussolini sulle surreali poltrone da barbiere. Chaplin conosceva il background sociale della personalità sdoppiata dei due personaggi del suo film e la vita di Hitler fino nei dettagli: l'ascesa di Hitler, dal paria con dubbi riguardo alla sua origine ariana, con inclinazioni artistiche, come pittore, architetto e musicista, al Führer. Egli conosceva però anche l'ascesa del paria dalla propria vita. Si trattava anche di convertire lo sdoppiamento del piccolo borghese Adolf Hitler, nella trasformazione artistica come barbiere e Führer, nel mezzo di comunicazione film, ciò che comprendeva anche la falsificazione da parte di Hitler della propria possibile ascendenza ebraica per parte del nonno Schickelgruber. Il tema della cancellazione del proprio passato svolge un ruolo nella seconda scena nel palazzo. Poiché prima della danza col mappamondo con la musica del Lohengrin di Wagner si svolge fra Hynkel e l'agitatore e ministro della propaganda Garbitsch - con chiara allusione a Joseph Goebbels e al romanzo Professar Unrat (I905) di Heinrich Mann - una discussione su un mondo privo di ebrei. Un'idea che Hitler trovò anche negli scritti e nelle opere teatrali di Wagner. Illuminante è la trasformazione di Hitler come artista nel Grande Dittatore: nel corso del film si presenta sempre di nuovo anche come sensibile pianista alla tastiera che, come politico, trae dalla musica di Wagner le sue visioni di vittoria e soluzione finali. Ciò rammenta l'identificazione con Wagner di Hitler, che vide sempre se stesso coma artista incompreso, come Wagner prima del suo periodo di Bayreuth. La visione di un mondo privo di ebrei come sogno danzato con il pallone-globo terrestre e potere infinito al suono del limpido preludio del Lohengrin in un ideale futuro mondo ariano del Graal scoppia, nel vero senso della parola, come effetto cinematografico comico-poetico con grande effetto: si ride, ma il riso rimane bloccato in gola, poiché si sa ciò che ne deriva.

Il «secondo» Lohengrin. Diventa perciò molto problematica un'interpretazione per il secondo impiego del preludio del Lohengrin alla fine del film. Il la maggiore di Wagner riecheggia di nuovo dopo il vero discorso del barbiere travestito da dittatore sulla grande libertà democratica del futuro. Ma non più come discorso pubblico, bensì come saluto personale del barbiere ebreo travestito alla sua fidanzata ebrea Hannah nell'Osterlich occupata. Il film termina con la magica musica di Wagner dal preludio del primo atto e con l'incantevole ragazza Hannah come visione da happy end hollywoodiano che è in contrasto con il messia ariano Lohengrin e la catastrofe pubblica e privata dell'opera. Perché, viene da chiedersi, que­sto contrasto? A tale riguardo è importante conoscere alcune commenti che Chaplin fece sul periodo della genesi del film. Malgrado tutti i timori che Il grande dittatore potesse incontrare difficoltà con la censura, Chaplin non aveva alcun dubbio di voler portare a termine il suo film. Egli scriveva: «lo ero lo stesso deciso a continuare, poiché su Hitler si doveva ridere. Se avessi saputo qualcosa degli orrori nei campi di concentramento tedeschi non sarei riuscito a realizzare Il grande dittatore, non avrei potuto farmi beffe della follia assassina dei nazisti. Ma io volevo mettere in ridicolo la loro mistica assurdità riguardo a una razza dal sangue puro». Rimangono questioni aperte anche riguardo a una corretta cronologia per Chaplin. Se avesse conosciuto in tutti i dettagli l'antisemitismo di Wagner e l'effetto su Hitler, Chaplin avrebbe forse riconsiderato ancora una volta il suo ingenuo impegno del preludio del Lohengrin come suono e messaggio finale. Così, l'impiego come colonna sonora dell’happy end, non può che lasciare un retrogusto amaro. La musica del Lohengrin alla fine del film lascerà, alla luce dell'esperienza di Auschwitz - della quale Charlie Chaplin poté venire a conoscenza soltanto dopo la fine delle riprese del film e dei successivi avvenimenti della storia mondiale - un'ombra oscura. In futuro non si potrà più rimuovere e passare sotto silenzio il rapporto che intercorre fra Il grande dittatore di Charlie Chaplin, Richard Wagner e Adolf Hitler.

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da «Diario del mese», 27 gennaio 2006, per gentile concessione

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