Diario
La
città degli ebrei
Pochi
lo sanno ma questo era Auschwitz
prima di essere
un lager.
Un luogo ricco di storia
e di cultura alla
cui vita contribuiva la maggioranza ebraica
Marcello
Pezzetti
Per
il grande pubblico «Auschwitz» sta a significare il luogo trasformato dai
nazisti nella più grande fabbrica della morte che l'uomo abbia mai concepito.
Esso è divenuto, giustamente, simbolo per eccellenza dello sterminio: degli
ebrei, innanzitutto, degli zingari e, in parte, di altri gruppi. Pochi sanno,
tuttavia, che esso era anche una città. Una città ricca di storia, di cultura,
di tradizioni, abitata da una parte rilevante di cittadini di religione
ebraica. Questo lavoro è un omaggio alla loro memoria. Il villaggio di Oswiecim nasce agli inizi dell'XI secolo con la cristianizzazione della Slesia
(1); successivamente, dalla metà del 1200, lì incominciano a
installarsi coloni tedeschi su invito dei sovrani polacchi della dinastia Piast (2). Dopo essersi dotato di una struttura giuridica germanica attraverso
lo Ius Lambergense, nel 1300 esso diventa a tutti gli effetti una città
tedesca, passando, nel 1348, sotto lo stesso Impero tedesco (3). Con una
popolazione composta in maggioranza da oltre 1.400 coloni, la sua denominazione
non è più Oswiecim ma Auschwitz; la lingua ufficiale non è più il polacco ma
il tedesco. Nel 1457, il ducato di Auschwitz è venduto alla corona polacca
ed è proprio in questa data che compaiono le prime testimonianze di una
presenza di ebrei nella zona (4). Tuttavia, quasi sicuramente la città
era stata già dall'XI secolo meta di vari passaggi e soggiorni di ebrei che
scappavano dalla Germania a causa dei violenti Pogrom scatenati contro di
essi dai crociati (5). Dalla metà del 1500, la città diventa un
possesso feudale della corona polacca e lo rimarrà fino alla spartizione
del Paese. In questo lungo periodo, la piccola comunità ebraica
- nel 1580
gli ebrei residenti sono solo poco più di 130 (6) - gode di una situazione
di relativa tranquillità e autonomia. Gli ebrei di Oswiecim non subiscono
alcuna cacciata fuori dalle mura a opera della popolazione cattolica, cosa che
avveniva «normalmente» in gran parte del Paese (7). Non si hanno
notizie di ripercussioni negative nei loro confronti nemmeno in occasione
della quasi totale distruzione della città da parte dell'esercito svedese nel
1655 (8). Nel 1772, avviene la prima spartizione della Polonia: la città
diventa parte dell'Impero austriaco e la sua denominazione ritorna a essere
Auschwitz. Dopo un breve periodo di appartenenza al Deutsche Bund (Confederazione
germanica), dal 1866 la città, come del resto tutto il territorio della
Galizia, ottiene una consistente autonomia, soprattutto amministrativa, pur
rimanendo sempre all'interno dell'Impero (9). Viene permesso l'uso ufficiale
della lingua polacca ed essa assume un'altra volta la denominazione Oswiecim.
La maggioranza dei suoi abitanti, tuttavia, non è cattolica di lingua
polacca, ma ebraica di lingua yiddish-tedesca: nel 1867, infatti, gli ebrei sono
1.447, ovvero il 51,8 per cento del totale, mentre i cattolici solo 1.345. In
questo periodo si assiste alla nascita di un fattore determinante per il futuro
della comunità ebraica: l'industrializzazione, favorita dalla scelta della
città come luogo di sosta ferroviaria. Tra le città slesiane di Gleiwitz,
Myslowitz e Tarnowitz viene creato un importante
polo industriale che coinvolge
anche la città di Auschwitz/Oswiecim. E in essa avviene un'esplosione
demografica tale per cui la sua popolazione passa a quasi 10 mila unità alla
vigilia della prima Guerra mondiale, con gli ebrei sempre in maggioranza - 56,2
per cento nel 1914 (10). Tuttavia, mentre i cittadini cattolici rimangono
nella quasi totalità impiegati nel settore agricolo, gli ebrei contribuiscono
in modo determinante all'industrializzazione, costruendo piccole e grandi
industrie e fondando banche. Grazie anche al contemporaneo processo di
emancipazione, la città viene addirittura chiamata «Oswiecimer Jerusalem»
(«Gerusalemme di Oswiecim»). Questo processo di emancipazione, tuttavia, non
porta a un'assimilazione simile a quella in corso soprattutto nella società
tedesca (12): qui gli ebrei rimangono prevalentemente ortodossi e hassidìm, i matrimoni misti sono quasi inesistenti e numerose sono le
associazioni sioniste. Pur mantenendo una rigorosa identità religiosa e
sociale, essi tuttavia partecipano attivamente alla vita politica della città:
cospicua è infatti la loro presenza nell'amministrazione comunale (non sarà
mai loro accessibile, comunque, la carica di borgomastro, ma solo quella di
vice). Durante la Prima guerra mondiale, nella zona limitrofa alla stazione
ferroviaria viene costruito un villaggio di baracche per lavoratori stagionali
in transito tra la Polonia e la Prussia e nel 1918, quando la città passa
sotto l'amministrazione del nuovo Stato polacco (Voivodato di Cracovia), il
campo-baracche viene requisito dall'esercito nazionale. Nel periodo del primo
dopoguerra, questo campo diventa un rifugio per la popolazione polacca che
abbandona le zone di confine assegnate, grazie a un plebiscito, alla
Cecoslovacchia e la città diventa sede di varie associazioni nazionaliste. La
vita della comunità ebraica locale incomincia progressivamente a deteriorarsi,
fino a subire, negli anni Trenta, delle umilianti limitazioni (si pensi solo
al divieto di balneazione nel fiume Sola o a quello di entrata nel parco
cittadino). L’apice viene toccato nel 1937, quando il «regime dei colonnelli»
promulga una legislazione antiebraica. Nel 1939, alla vigilia dell'invasione
tedesca, il numero degli ebrei è di oltre ottomila, su un totale di
quattordicimila. Essi rappresentano ormai quasi il 60 per cento dell'intera
popolazione. L'1 settembre del 1939, primo giorno di guerra, la stazione
ferroviaria di Oswiecim viene attaccata e l'esercito polacco ripara a
Cracovia. Molti abitanti, tra cui un alto numero di ebrei, fugge verso l'Est e
il 3 settembre i nazisti arrivano in città. Le prime vittime sono otto ebrei e,
subito dopo; inizia l' «arianizzazione» selvaggia dei loro beni: i loro
negozi vengono chiusi prima della fine del mese (13). In queste prime
settimane di guerra, diversi ebrei religiosi - quindi più facilmente
individuabili - sono costretti a subire umiliazioni e violenze pubbliche da
parte di soldati della Wehrmacht e di membri della Einsatzgruppe z.b.V., un «Gruppo
speciale» delle Ss, formato su ordine diretto di Himmler e posto sotto il
comando di von Woyrsch, che procede alle prime uccisioni di ebrei e di membri
polacchi dell'Intelighentzia nazionale (14). Dopo un periodo di
discussioni sul nuovo assetto geopolitico della Polonia occidentale, gli
occupanti decidono che la striscia di territorio immediatamente a Est della Oberschlesien (Alta Slesia) , ovvero l'ex zona austro-galiziana chiamata
ora Oststreifen (striscia orientale), proprio per la sua importanza industriale
debba essere anch'essa annessa al Reich. Il 26 ottobre, Auschwitz dunque
diventa una città tedesca e Himmler pensa conseguentemente di «germanizzarla».
Sorge l'idea di inviare nella zona gruppi di tedeschi del Reich e di
Volksdeutsche (persone di origine «etnica» tedesca) dal Sudtirolo, ma questi
rifiutano la proposta, giudicando non «invitante» una loro collocazione a
fianco di ebrei, polacchi, russi e slovacchi. Subito dopo, tuttavia, arrivano i
primi funzionari Volksdeutsche, formando un'amministrazione civile che si
affianca a quella militare. Questa nuova amministrazione procede immediatamente
a isolare gli ebrei del luogo dal resto della popolazione e li obbliga a
effettuare lavori forzati. Alla fine del 1939, inizia l'espulsione degli ebrei
residenti nei villaggi della zona. Essi, da questo momento, devono risiedere
obbligatoriamente solo nella città di Auschwitz. Si tratta di un vero e proprio
processo di ghettizzazione, anche se, in questo caso, il ghetto non è
ermeticamente chiuso da un muro come a Varsavia o Cracovia (15). Agli
inizi del 1940, Himmler decide di istituire un grande Kl (campo di concentramento)
nei territori annessi; la scelta cade proprio su Auschwitz, soprattutto per
la presenza di un nodo ferroviario di così grande rilevanza e di un campo già
esistente formato da baracche (16). Il Kl viene istituito il 4 maggio
con la nomina di Rudolf Höss come comandante. Anche se in esso vengono
imprigionati soprattutto oppositori polacchi al regime nazista, la comunità
ebraica locale viene da subito sfruttata per i lavori di costruzione di questa
nuova struttura concentrazionaria: circa 300 ebrei locali sono obbligati a
ripulire le ex baracche dell'esercito polacco per far posto ai primi
prigionieri (17). Alla fine dello stesso anno, il più potente gruppo
industriale chimico tedesco, la Ig Farben, che sta cercando una zona lontano
dal centro della Germania per installarvi un complesso di fabbriche per la
produzione della la benzina sintetica (la «Buna»), prende in considerazione
proprio un territorio vicino al Kl (18). Agli inizi del febbraio del
1941, dopo che Otto Ambros, membro del consiglio della Ig, compie un sopralluogo
ad Auschwitz, la Ig Farben decide di dare avvio al progetto. I dirigenti del
complesso pensano a un grande insediamento «tedesco» costituito dalle loro
fabbriche e da una vasta zona «residenziale» attigua per alloggiarvi i
lavoratori che, in linea di principio, dovrebbero essere in maggioranza
tedeschi. Perché questo possa realizzarsi, essi chiedono, come «conditio sine
qua non», l'espulsione di tutti gli ebrei della
zona - circa
settemila (I9) - e lo sfruttamento
della popolazione cattolica locale abile al lavoro. Questa richiesta, in
linea del resto con le stesse intenzioni del comando del KL (20), che
proprio l'11 febbraio aveva realizzato un piano di espulsione verso il
Governatorato generale (2I), viene inoltrata a Himmler attraverso Göring
(22). Il 26 febbraio, Himmler accetta le richieste della Ig Farben:
ordina l'immediata espulsione di tutti gli ebrei; i polacchi cattolici possono
rimanere (23). Viene decretata, in questo modo, la fine di una comunità
ebraica esemplare, composta da onesti cittadini che avevano contribuito, nel
corso di quasi un secolo, in modo determinante allo sviluppo della città.
Con questo atto, d'altra parte, possiamo affermare che la Ig Farben ha anche
giocato un ruolo attivo nella concretizzazione della Endlösung (soluzione
finale). In marzo, dopo la prima visita di Himmler nel KL (24), vengono
messo in atto le prime retate. Tra il 7 e il 9, agli ebrei vengono concessi
venti minuti di tempo per abbandonare i loro alloggi. Essi vengono deportati
nella regione di Tarnów (25). Ma la grande Aktion viene scatenata agli
inizi di aprile (26). Tra il 2 e il 9, gli oltre cinquemila ebrei di
Auschwitz sono deportati con due trasporti non più nel Governatorato Generale
(27), ma nei due ghetti più capienti dell'Oststreifen, quelli di Bendzin
(Bendsburg) e Sosnowiec (Sosnowitz), a poco più di 30 km di distanza. Le
vittime sono costrette a pagare anche i costi dei trasporti. All'interno di
questi enormi ghetti i giovani vengono ciclicamente selezionati per il lavoro
coatto dalla Dienststelle Schmelt, un'organizzazione delle Ss creata per lo
sfruttamento della forza lavoro ebraica in questo territorio. Nell’autunno
dello stesso anno, i nazisti decidono comunque l'uccisione di tutti gli ebrei
rinchiusi nei ghetti. Quelli del territorio annesso del Warthegau,
prevalentemente rinchiusi nel ghetto di Lódz, sono inviati a morire nei
Gaswagen (camion al cui interno viene fatto confluire il
gas di scarico) a Chezmno;
quelli imprigionati nei ghetti del Governatorato generale finiscono nelle
camere a gas dei tre campi di sterminio dell' «Aktion Reinhardt», Belzec,
Sobibór e Treblinka; tutti gli altri sono deportati proprio ad
Auschwitz-Birkenau e uccisi con il gas Zyklon-B nelle installazioni di messa a
morte appena costruite. I ghetti di Bendzin e Sosnowiec, dove erano finiti gli
ebrei di Auschwitz, vengono «liquidati» in due fasi caratterizzate da una
violenza estrema: la prima, che tocca soprattutto i «non abili» al lavoro,
nell'agosto del 1942; la seconda, definitiva, nei mesi di giugno e agosto del
1943 (28). Gli ebrei di Auschwitz, dopo mesi di sofferenze indicibili,
vengono dunque riportati nel luogo dove erano nati e avevano vissuto per
essere barbaramente uccisi. Alla fine della guerra, si sarebbero contati solo
poco più di 70 sopravvissuti. Quasi nessuno sarebbe ritornato a vivere a Oswiecim (29).
Note
1
Cfr. Aleksander Gieysztor, Storia della Polonia, Bompiani, Milano 1983,
pp. 26-32.
2
Cfr. Norman Davies, Histoire de la Pologne, Fayard, Paris 1986, pp.
312-319.
3
Gli storici Debóra
Dwork e Robert jan van Pelt fissano la data della fondazione della città nel
1270, tuttavia, essa è da collocare almeno all'epoca dell'accettazione dello lus
Lambergense, che è antecedente a tale data. Cfr.
Debóra
Dwork e Robert jan van Pelt, Auschwitz. 1270
to the Present, W.W.
Norton & Company, New York, London 1996, p. 27.
4
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Germanisierungspolitik und
judenmord in Ostoberschlesien, K.G. Saur, München 2000, p. 33.
5
Cfr. Michael Toch, Die juden im mittelalterlichen Reich, Oldenbourg, MUnchen
1998; Friedrich Battenberg, Das europiiische Zeitalter der juden. Zur
Entwicklung einer Minderheit in der nichtjiidischen Umwelt Europas, voI. 1,
Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 199°.
6
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Germanisierungspolitik
8
Debora Dwork e Robertjan van Pelt, Auschwitz. 1270
to the Present, cit.,
p. 34.
9
Cfr. François Fejto, Requiem per un impero defunto. La dissoluzione del
mondo austro-ungarico,Mondadori, Milano 1990, pp. 145-147.
10
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Gerrnanisierungspolitik und
judenmord in Ostoberschlesien, cit., pp. 37-38.
11
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Germanisierungspolitik und
judenmord in Ostoberschlesien, cit., p. 36; cfr. Daniel Tollet, Histoire
des juifs en Pologne du XVle sièc/e à nos jours, ppg. 229-253.
12
Cfr. George L. Mosse, Ebrei
in Germania fra assimilazione e antisemitismo, Giuntina,
Firenze 1991, pp. 45-63, e George L. Mosse, Il
dialogo ebraico-tedesco. Da Goethe a
Hitler, Giuntina, Firenze
1988, pp.
11-34.
13
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Germanisierungspo/itik und
judenmord in Ostoberschlesien, cit., p. 55.
14
Helmut
Krausnick, Hitlers Einsatzgruppen. Die Truppe des Weltanschauungskrieges 19381942,
Fischer,
Frankfurt
(Main), 1981, p. 54. 15
Sybille Steinbacher, «Musterstadt» Auschwitz. Germanisierungspolitik und
judenmord in Ostoberschlesien, cit., pp. 167-168.
16
Lettera di Glücks a
Himmler del 21/2/1940 sulla possibilità
di costruire un
Kl ad Auschwitz, in
Nurnberger Prozess, documento
NO 034.
17
Luciana Fili p, juden
in Oswiecim 1918-1941, Verlag
Scientia, Oswiecim, 2005, pp. 178-179.
18
Bernd C. Wagner,
IG Auschwitz. Zwangsarbeit und Vernichtung von Häftlingen des Lagers Monowitz 1941-1945,
K.G.
Saur, München
2000, pp. 41-51; Piotr Setkiewicz, Ausgewahlte Probleme
aus der Geschichte des IG
Werkes Auschwitz, in
Hefte
von Auschwitz,
numero
22,
2002, pp. 13-19.
19
Lettera del borgomastro di Auschwitz al Landrat Bielitz del 6/1/1941, Apmo
(Archivio del Museo statale di Auschwitz), Bürgermeister
Oswiecim, fascicolo 6, vol. 29.
20 Lettera del borgomastro di Auschwitz al Regierungspräsident del 22/1/1941 sull'evacuazione degli ebrei dalla città, Apmo Bürgermeister Oswiecim, fascicolo 6, vol. 29.
21
Rapporto della commissione Höß dell'11/2/1941, in H.G. Adler, Hermann Langbein,
Ella Lingens-Reiner, Auschwitz. Zeugnisse
und
Berichte, Europäische Verlagsanstalt,
p.
19.
22
Ordine di Göring del 18/2/1941 sull'evacuazione degli ebrei
23
Ordine di Himmler del
26.2.1941 sull'evacuazione degli ebrei da
Auschwitz, in Nürnberger
Prozess, documento
Nl 11086.
24
Peter Witte e
altri (a cura di), Der Dienstkalender Heinrich Himmlers 1941/1942,
Christians, Hamburg 1999, p. 123; Rapporto di
Schwarz del
17/3/1941 sulla visita
di
Himmler, Apmo, D-Aul-3a, Inventarnummer
29720.
25
Luciana Filip, Juden in Oswiecim 1918-1941,
cit., p. 180.
26
Cronaca del parroco di Oswiecim dell'aprile del 1941 sull'evacuazione di
polacchi ed
ebrei dalla città, Apmo, Materialien, voI.
25, foglio 8-18.
27
Il 15 marzo
del 1941, Himmler
ordina che gli ebrei e i polacchi
delle zone annesse
non vengano più inviati nel Governatorato generale. Cfr.
Werner Prag
e Wolfgang Jacobmeyer, Das
Diensttagebuch des deutschen Generalgouverneurs in Polen 1939-1945,
Deutsche Verlags-Anstalt,
Stuttgart 1975, pp.
336-337.
28
Natan
Eliasz Szternfinkiel, Zaglada
Zydow Sosnowca, Katowice
1946, pp.
71-74;
Danuta Czech, Kalendarium der Ereignisse im Konzentrationslager
Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Rowohlt, Reinbek
bei Hamburg 1989, cfr.
i mesi di agosto 1942
e giugno e
agosto 1943.
29
Luciana Filip,
Juden in Oswiecim 1918-1941, cit.,
p. 101.
©diario
della settimana |
Via
Melzo, 9 - 20129 Milano - Tel. 02 2771181 - Fax 02 2046261 |
Internet: http://www.diario.it/ - Email: redazione@diario.it |
da «Diario del mese», 27 gennaio 2006, per gentile concessione |