Diario
Pro memoria
Michele
Sarfatti
Il
primo dei documenti qui riprodotti si intitola Pro Memoria. Quindi è
destinato anche a noi, che nel Giorno della memoria scriviamo e leggiamo questo
Diario della Memoria. Esso riepiloga, con discreta capacità narrativa, i
gravi atti e le ancor più gravi minacce di fascisti ferraresi contro ebrei
ferraresi e sinagoghe ferraresi. Seguono due documenti descriventi vicende
similari, avvenute invece a opera di fascisti triestini contro ebrei triestini e
sinagoghe triestine. Mi è parso opportuno riproporli assieme, poiché tutti
avevano la finalità di relazionare, e perché il loro affiancamento da un lato
consente una sorta di completamento reciproco delle tre vicende e dall'altro
aiuta a comprendere meglio ciascuna di esse. L'una rispetto all'altra contiene
permanenze, differenze e crescendi. Sta di fatto che il Partito nazionale
fascista palesa ormai un'anima violentemente antiebraica, che ancora nel 1938
non esisteva o forse solo non si esprimeva, e che ora (tra l'autunno 1941 e gli
inizi del 1943) esiste e agisce pubblicamente, anche se concerne solo una parte
(quanto grande? quanto crescente?) del partito. Le forze addette all'ordine
pubblico attuano interventi di contenimento dello sviluppo della violenza
antiebraica, ma a Ferrara nel 1941 non evitano la chiusura per devastazione di
due sinagoghe, e a Trieste non evitano nel 1943 i «più gravi trascorsi»
paventati da quel presidente nel 1942, ovvero l'assedio fatto a centocinquanta
ebrei, per lo più donne e bambini, dentro la sinagoga principale e la
successiva «momentanea sospensione» del funzionamento di questa. Il fascismo
italiano marcia allegramente e con fierezza verso la fase della persecuzione
delle vite degli ebrei. Intanto picchia rabbini e ragazzini, nonché custodi e
negozianti. E distrugge libri religiosi, arredi religiosi, sedi religiose:
oltre a detestare gli ebrei, detesta anche la loro fede, il loro Dio. A
proposito, quando abbiamo letto l'ultimo articolo sostenente che il fascismo
era male ma non così male, che perseguitava ma senza violenza, che Mussolini
comunque..., che Bottai però..., che insomma cosa diavolo continuano a
insistere questi ebrei che ci vogliono rovinare (loro, oggi) il nostro passato?
Il crescendo persecutorio qui documentato fu in realtà composto da altri episodi,
come ho riferito brevemente nel libro Gli
ebrei nell'Italia fascista (Einaudi).
Fino all'estate 1943, ve ne furono di più lievi (specie nel 1940-1941) e di
peggiori (nel giugno 1942 a Spalato occupata). La lettura dei tre documenti non
necessita di particolari avvertenze, tranne forse quella di tenere sempre a
mente che si era in regime di dittatura totalitaria e in fase di guerra
irregimentatrice. In tali condizioni, solo il Partito fascista (o una sua forte
ala) poteva permettersi atti che costituivano reati, perché solo lo stesso
Partito fascista poteva garantire l'impunità ai devastatori e ai picchiatori.
E, sempre in tali condizioni, i responsabili delle Comunità ebraiche potevano
appellarsi solo alle leggi varate in epoca fascista (e precisamente ai decreti
che dieci anni prima avevano riformato l'ordinamento delle Comunità stesse) per
implorare ascolto presso il prefetto, il questore, il procuratore del re (il
quale - nel senso del re - aveva peraltro controfirmato le leggi antiebraiche
firmate da Mussolini). Qualche mese dopo l'ultimo documento qui riprodotto, il
fascismo ora repubblicano decise di arrestare gli ebrei e consegnarli a
uccisori specializzati stranieri, di sciogliere le Comunità, di confiscare le
sinagoghe e i beni tutti. Così, non vi furono più presidenti di Comunità
seduti alla loro scrivania, impegnati, con cuore irato e mano attenta, a
scrivere Pro Memoria.
Comunità
Israelitica di
Ferrara
Pro
Memoria dei fatti svoltisi nella Comunità Israelitica di Ferrara la sera del 21
settembre 1941 XIX -
Rosh. Ahanà 5702 - e sulla
situazione giorni seguenti
L'Ufficiatura
della prima sera di Capo d'Anno
si era svolta regolarmente e
terminò alle 20 circa. Il portone esterno fu chiuso. Alle 20.15 circa il
Rabbino Capo Ecc.mo Leone Leoni avvertiva in istrada un forte clamore e
constatava dalle finestre che circa un centinaio di uomini, che apparivano in
massima parte in divisa fascista, si era disposto minacciosamente davanti allo
stabile del Tempio. La colonna pare provenisse da un rapporto tenuto alla Casa
del Fascio dall'Ispettore del Partito Asvero Cravelli [Gravelli]. Grida
di «Vigliacchi», «Abbasso gli Ebrei», «A morte gli Ebrei» si elevarono.
Il Rabbino visto che i dimostranti gridavano «aprite» e dimostravano
l'evidente intenzione di penetrare nell'interno, provvedeva a dare avviso
telefonico alla Questura e al Presidente della Comunità. La questura
dichiarava che avrebbe subito provveduto. Terminato di telefonare il Rabbino
constatava che i dimostranti erano già riusciti ad oltrepassare il portone
esterno. Già si udivano violenti colpi miranti ad abbattere la porticina della
scaletta che conduce all'appartamento del Rabbino ed al Tempio Fanese. Il
Rabbino che aveva in casa i suoi due bambini di cui uno a letto con febbre,
decideva di consegnare, passandoli dalla finestra, i propri figlioli a un
vicino di casa e provvedeva in questo senso. Nel frattempo le cose precipitavano.
La porta della scala aveva ceduto ed era stata atterrata. Rumori fortissimi
provenienti dal pianerottolo e dal Tempio Fanese (vetri infranti, oggetti
spaccati, mobili rovesciati) denotavano che purtroppo il Tempio Fanese era
divenuto preda di furia devastatrice. Sempre nel breve tempo in cui il Rabbino
provvedeva a passare dalla finestra i propri figli, si udivano forti colpi
alla porta del suo appartamento che cedette proprio nel momento in cui il
Rabbino andava verso l'entrata. Fu la di lui moglie Signora Gemma Ravenna
Leoni che visto l'appartamento invaso da una diecina di dimostranti armati
di pugnali rivolse loro la parola: «Cosa volete: io ho due bambini piccoli».
Allora uno dei dimostranti, guardando la Signora e il Rabbino, disse: «Ai
bambini non facciamo niente!». Altri invece gridavano e imprecavano contro
gli ebrei. Risuonò specialmente la parola «Vigliacchi»! I dimostranti
chiesero dove fosse l'apparecchio Radio (che il Rabbino deteneva col
permesso della Questura coabitando con lui il suo cognato Ravenna Claudio
discriminato per molteplici benemerenze patriottiche), e raggiuntolo ne
tagliavano col pugnale gli attacchi e lo asportavano con atteggiamento di chi
avesse trovato chissà quale enorme corpo di reato. Altri aprivano le dispense
ove non trovarono che modestissime provviste. Fu asportata una mezza bottiglia e
un mezzo fiasco d'olio che la famiglia Leoni aveva riservato per le feste. Sul
tavolo si trovò della zucca, dei fagioli, delle acciughe e dei fichi che la
Signora Leoni aveva disposto per le rituali benedizioni della sera di Capo
d'Anno. Nulla dunque che fosse meno che lecito. I fatti si sono svolti in
pochissimi minuti. Il Rabbino constatava subito con raccapriccio che la
profanazione sacrilega del Tempio Fanese aveva raggiunto proporzioni dolorosissime. Il Sacro Armadio era stato violato. Le porticine di legno
giacevano a terra spezzate. I Sefarim tutti asportati dall'Armadio Sacro.
Alcuni a terra con i supporti di legno infranti: del pari giacevano a terra
rovesciati il Duhan del cantore, le panche dei fedeli, candelabri divelti, Taledod e fogli sparsi di libri di preghiera. Le finestre erano state
divelte. Rottami erano dappertutto, anche nel pianerottolo ove era stata
spaccata la stufa del calorifero del Tempio Maggiore e un armadio deposito
arredi rovesciato. Due casse di libri sparpagliati per la scala.
Sopraggiungeva allora qualche agente della Questura al comando di un V.
Brigadiere. Sul posto erano intanto anche il Prof. Silvio Magrini Presidente,
e l'Avv. Comm. Ausonio Ravenna Consigliere della Comunità. Nell'atrio a terreno
si erano trovati dei Sefarim, dei Rimonim e lampade e arredi d'argento del
Tempio a Rito Tedesco. Si ebbe così la prova che, certo contemporaneamente alla
distruzione del Tempio Fanese, si era svolta quella del Tempio a Rito Tedesco
che si trova a metà della scala principale. Come fu poco dopo constatato,
anche il Tempio a Rito Tedesco più vasto e più ricco di arredi era stato oggetto
di sacrilega devastazione. Neppure qui si salvarono i Sacri Sefarim. A terra
cumuli di rottami e pezzi di libri sacri, di argento, di lampade votive, Rimonim, ecc. Particolare stupore destava l'abbattimento della balaustra di
pesantissimo marmo ridotta a pezzi e che dimostrava come gli autori del
sacrilegio dovevano essere armati di pesanti arnesi per aver potuto compiere
in sì breve tempo una distruzione di portata tanto vasta. Dei fogli
abbruciacchiati denotavano anche che non esulavano dai dimostranti intenzioni
incendiarie. Il Tempio Italiano, al secondo piano, non fu per fortuna visitato
dai dimostranti. Mentre il Rabbino subito dopo il fatto dava relazione nel suo
appartamento al Presidente dell'accaduto, giungeva un Gerarca fascista, il Comm. Mario Vannini, il quale affermava di voler avere informazioni
sull'accaduto. Tra il Rabbino e il Comm. Vannini intercorse questo dialogo:
-
Sono entrati anche qui? - Sì. - Che cosa hanno fatto? - Hanno portato via la
Radio. Al che con mossa fulminea il Comm. Vannini lasciava andare un potente
schiaffo al Rabbino dicendo: «I fascisti non sono ladri, brutto idiota, non
sapete che voi la Radio non la potete tenere?». Il Rabbino intontito e
stupefatto per questo atto che colpiva la persona del Ministro di Culto dopo la
terribile devastazione delle Case di preghiera, riusciva a contenersi per
evitare ulteriori complicazioni. Altri si incaricava di parlare col Comm.
Vannini invitandolo a calmarsi perché nessuna offesa era stata fatta a lui né
ai fascisti, mentre sussisteva il fatto gravissimo dello scempio dei Templi di
una Religione che rappresenta un Culto ammesso dallo Stato. Il Comm. Vannini se
ne andava senza una parola di rammarico per tutto quanto era accaduto. Più
tardi giungeva un Commissario di P.S. il quale fatto il sopraluogo e
raccolte le dichiarazioni del Rabbino provvedeva alla compilazione del
relativo Verbale. Nella serata stessa venne restituito dalla Questura un
Rotolo della Bibbia e alcuni arredi di seta abbruciacchiati che erano stati
tolti a
una o più persone che ne
facevano oggetto di dileggio sulla pubblica piazza. Altri due Sefarim, libri di
preghiera, e per la commemorazione dei Defunti nonché un pezzo di argenteria
per il Sefer vennero restituiti dalla Questura nei giorni successivi. La
Questura fece altresì conoscere al Rabbino che il suo apparecchio Radio era
in quegli uffici ma che per prudenza non lo restituiva e procedeva invece al
sequestro come per gli apparecchi degli altri correligionari non discriminati.
Il giorno dopo il fatto il Presidente col Consigliere Dr. Enrico Bassani si
recarono in Prefettura ove, in assenza del Prefetto, furono ricevuti dal Capo di
Gabinetto. Per diversi giorni nei paraggi della Comunità e dell'Asilo stazionarono
Carabinieri e Agenti e in particolare vi fu un servizio d'ordine per Kippur
e per il 5 Ottobre come si dirà in seguito. Sempre la mattina dopo i fatti i
Templi devastati vennero visitati da altro Commissario di P.S. e da un Tenente
dei RR.CC. Questi ritornò alcuni giorni dopo dichiarando che doveva fare
una inchiesta e interrogò nuovamente sull'accaduto il Rabbino e il Dr. Bassani.
KIPPUR
[1 ottobre 1941]
Nell'imminenza
del Kippur il Presidente Prof. Magrini e il Dr. Enrico Bassani si recarono di
nuovo in Prefettura chiedendo al Capo di Gabinetto che per la circostanza
fosse intensificato il servizio di protezione da parte dell'Autorità. Il Capo
Gabinetto diede assicurazioni. Alle 17. della vigilia di Kippur, poco prima
dell'inizio del digiuno, il Rabbino veniva chiamato d'urgenza dal Questore
il quale dichiarò che egli sentiva il dovere di difendere e proteggere tutto
quanto si svolge nell'orbita della Legge. Il Rabbino ringraziava il Questore
per i propositi che manifestava assicurandolo che la Comunità si era rivolta
anziché alla Questura alla Prefettura perché questa è l'organo tutorio. Il
Questore chiedeva nuove indicazioni circa le Ufficiature di Kippur
assicurando il Rabbino che avrebbe provveduto perché nessun incidente
accadesse. Infatti un largo servizio d'ordine fu constatato per la prima sera di
Kippur e per tutto il giorno seguente e nessun incidente venne a turbare la
Sacra giornata nella quale gli Ebrei ferraresi si raccolsero nel Tempio Maggiore
a pregare doloranti per quanto accaduto ma confortati sempre dalla fede in Dio.
5
OTTOBRE
Il
4 Ottobre si apprendeva che l'indomani in occasione di cerimonie cittadine
sarebbe tornato a Ferrara per tenere un discorso l'Ispettore del Partito Gravelli Asvero. Alla mattina del 5 ottobre regnava fra i Correligionari una
certa apprensione perché nel giornale locale era apparso un violento articolo
antisemita a firma dello stesso Cravelli [Gravelli] ,
e dato che si era sparsa la voce
incontrollabile che taluni si proponevano di devastare i Templi e di rinnovare
dimostrazioni antisemite. Si recarono perciò in Questura il Rabbino e il
Presidente i quali esposero le preoccupazioni destate dalle voci correnti. Il
Questore assicurò che avrebbe compiuto indagini e provveduto. In effetti verso
le ore 16, ora di inizio delle cerimonie cittadine, nei paraggi dei Templi
stazionavano numerosi Carabinieri e Agenti. Alle 17.30 una colonna di
dimostranti si inoltrò per via Mazzini. Al Comando di un Commissario di P.S.
gli Agenti e Carabinieri si raccolsero davanti lo stabile della Comunità. Non
è possibile stabilire quali fossero realmente le intenzioni dei
dimostranti. Qualche voce si levò contro gli ebrei, ma sta di fatto che il
corteo non si fermò né all'andata né al ritorno davanti alla Comunità. Si
seppe che il servizio d'ordine era stato predisposto con grande larghezza e
che la Questura aveva pronte anche riserve di Agenti e Carabinieri per eventuali
necessità di rinforzo. Venne riferito che Agenti di Questura invitarono due
Correligionari fermi in un caffè ad allontanarsi per prudenza. Dopo
l'inventario compiuto degli arredi dei Templi non si è rintracciata una
Atarà e Rimonim che adornavano un Sefer del Tempio Fanese. Tutta
l'argenteria peraltro fu in massima recuperata. Ma molti oggetti sacri
d'argento, lampade ecc. furono ridotti a pezzi ed è certo che alcuni frammenti
e qualche targhetta sono andati dispersi. Un computo dei danni non è ancora
possibile, ma è certo che il ripristino dei Sacri Templi comporterebbe la
spesa di una somma elevatissima. La Comunità d!
Ferrara ha perduto due dei
suoi antichissimi Templi. Non sa ancora se sarà possibile od opportuno
ricostruirli e ripristinarli al Culto. Il Tempio a Rito Spagnolo fu anch'esso
per il momento chiuso. La Comunità si raccoglie ora nel Tempio Maggiore animata
dalla medesima fede che illuminò tante generazioni dei nostri Avi e invoca da
Dio non già la punizione dei colpevoli ma che sia ricondotta la pace tra gli
uomini.
[Documento privo di data; presumibilmente metà ottobre 1941]
Archivio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Fondo UCII 1934-1947,
b.38, fasc. 1941. Ferrara
Comunità
Israelitica di Trieste
Trieste,
20 luglio 1942 - XX
n. 5793
All'Ill.mo
Sig. Procuratore del Re Trieste
Il
sottoscritto Enrico HoritzkyOrsini nella sua qualità di Presidente della
Comunità Israelitica di Trieste denuncia alla s.y. Ill.ma i fatti seguenti:
Verso le ore 17.30 di sabato 18 luglio a.c. un gruppo di circa una ventina di
individui, tutti uomini di media età, muniti di mazze ferrate e di strumenti
da scasso comunemente chiamati «piè di porco», portavasi innanzi la casa di
via del Monte n. 7 nella quale è sito un oratorio religioso di questa Comunità.
Il custode Mario Canarutto all'approssimarsi della turba, sprangava il
portone. Senonché i detti individui con gli arnesi di cui erano muniti
riuscivano a sfondarlo ed indi, mentre alcuni di essi si lanciavano sul custode
e lo immobilizzavano, altri entravano nell'oratorio ove si davano a vandaliche
e sacrileghe distruzioni rovesciando e sfasciando i banchi e l'arca ove si
conservano i testi sacri, lacerando e disperdendo i libri di preghiere e
spezzando lampade, vetri e arredi sicché il tempietto in pochi istanti fu ridotto
ad un ammasso di rottami. Nell'atrio veniva frantumata una lapide di marmo che
ivi esisteva ricordante defunti benefattori della Comunità. Risultano
inoltre mancanti alcuni oggetti tra cui un tappeto. Dal tempietto gli
individui si portarono nella casa occupata dal Comitato di assistenza agli
Emigranti Ebrei ove furono schiantate alcune porte e frantumati oltre un
centinaio di lastre di vetro. Una scrivania fu gettata in mezzo alla strada e
il contenuto disperso. Dalla via del Monte il gruppo si portò al Tempio
Maggiore in piazza e via S. Francesco. Ivi, sempre con l'uso degli arnesi da
scasso sopra precisati, fu sfondato il cancelletto di ferro dell'entrata
laterale ed indi gli individui infrangendo le vetrate gotiche della porta, si
aprirono un varco all'aula maggiore del Tempio. Riusciti così a raggiungerla,
gli individui provvidero a rinchiudersi nell'interno in modo da poter procedere
indisturbati alla loro vandalica opera. Essi avevano recato seco anche una
quantità di trucioli (dei quali alcuni non distrutti dalle fiamme sono
rimasti sul posto) e fiaschi di spirito (ed anche di questi uno fu rinvenuto) ai
quali fu appiccato il fuoco. Contemporaneamente venivano rovesciati alcuni
banchi e la furia della sacrilega devastazione si scatenava contro l'altare.
Ivi venivano rovesciati e ridotti in pezzi quattro pilastri di marmo belga di
fattura antica, due maestosi candelabri di bronzo in parte smembrati in parte
contorti; gettati a terra e danneggiati vari candelabri ed altri sacri arredi.
Da segni manifesti risulta che gli aggressori colpirono, tentando di forzarla,
l'Arca sacra contenente i rotoli della Legge senza però riuscirvi. Intanto il
fuoco aveva intaccato alcuni banchi e libri di preghiera e le volute di fumo che
avevano invaso tutto l'ambiente si espandevano verso l'esterno. I custodi del
Tempio, impotenti ad opporsi alla turba armata, avvertivano i vigili del fuoco
che, prontamente accorsi, riuscivano a spegnere l'incendio prima che assumesse
più vaste proporzioni. Nel frattempo gli aggressori uscivano per la stessa
via attraverso la quale erano entrati e si allontanarono. La R. Questura
avvertita telefonicamente inviò su tutti i due posti delle invasioni propri
funzionari i quali però vi giunsero a devastazione compiuta. Gli atti che
qui si denunciano erano evidentemente intesi ad offendere la religione
israelitica, culto ammesso nello Stato, mediante distruzione e vilipendio
delle cose che ne formano oggetto e sono consacrate al culto o destinate
necessariamente all'esercizio dello stesso. Si è perciò che, rispetto alla
sacrilega devastazione del Tempio, passa in seconda linea il danno materiale,
il quale tuttavia ammonta a parecchie diecine di migliaia di lire (per oggetti
infranti, bruciati, danneggiati e mancanti – poiché anche dal Tempio
Maggiore risultano mancanti alcuni paramenti sacri
nonché
per gli ingenti danni occasionati dall'opera di spegnimento dell'incendio) a
tacere del fatto che andarono distrutti oggetti d'arte e cimeli insostituibili
e particolarmente cari al cuore di ogni ebreo triestino, quali le ghirlande con
bacche dorate e nastri tricolori con frange auree deposte ai piedi della lapide
che ricorda i venti ebrei triestini volontari di guerra caduti per la
redenzione di Trieste. Di quanto sopra il sottoscritto, al quale dalla legge è
commessa la conservazione dei beni della Comunità e la cura dell'indisturbato
esercizio del sacro culto, si fa un dovere dare comunicazione alla S.V. Ill.ma per quei provvedimenti che riterrà di dover prendere sia in ordine
all'accertamento degli incresciosissimi fatti intervenuti sia al fine di
impedire che la impunità di cui eventualmente riuscissero a fruire gli autori,
possa indurre gli stessi od altri a più gravi trascorsi.
Il
Presidente (Enrico Horitzky-Orsini)
[Copia,
inviata all'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, della denuncia al
Procuratore del re] Archivio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane,
Fondo UCII 1934-1947, b.38,
fasc. 1942. Trieste
Comunità
Israelitica di Trieste
Trieste,
1 febbraio 1943 -
XXI ll. 688
All'Eccellenza
il Cav. di Gr. Cr. Dottor Dante Almansi Presidente dell'Unione delle Comunità
Israelitiche Italiane Roma
Eccellenza!
mi permetto farVi una breve relazione degli atti ostili che si sono rinnovati
in questi giorni contro persone appartenenti alla Comunità Israelitica e la
sede della Comunità stessa. Sabato 30 gennaio alle 12.30 alcuni individui,
appostatisi nei pressi, affrontarono e colpirono con pugni, all'uscita del
Tempio, tre correligionari che avevano presenziato alla funzione che
giornalmente si tiene a quell'ora in suffragio delle anime dei defunti. Uno
degli aggrediti dovette farsi medicare alla Croce Rossa mentre gli altri se
la cavarono con leggere contusioni. Successivamente veniva colpito alla faccia
anche il nostro portiere sig. Bruno Piazza. Tra le ore 15.30 e le 16 dello stesso
giorno mentre si teneva al Tempio la consueta funzione pomeridiana dedicata
alla scolaresca, si raccoglieva intorno all'edificio un gruppo di una ventina
di elementi dell'ambiente squadrista, in atteggiamento minaccioso. L’autorità
di P.S. da noi preavvertita, accorsa sul luogo, tenne a distanza i
dimostranti, vietando l'uscita dal Tempio al pubblico ivi raccolto, circa 150
persone, in gran parte donne e bambini. Solo dopo mezz'ora di «assedio» e
dopo qualche discussione tra il ViceFederale intervenuto sul posto e il
Commissario dirigente la forza pubblica, il pubblico fu lasciato sfollare. Due
allievi della nostra Scuola Media usciti dall'edificio alla spicciolata,
furono aggrediti e percossi. Quest'oggi l° febbraio singoli elementi penetrati
nei negozi tenuti da ebrei, si diedero a percuoterne i titolari. Alcuni ebrei
vennero colpiti anche in esercizi pubblici. A seguito dei fatti sopra
descritti ed uniformandosi al consiglio dell'Autorità di P.S. la Comunità
deliberava la momentanea sospensione delle funzioni quotidiane al Tempio;
chiedeva però nello stesso tempo udienza all'Eccellenza il Prefetto per
sentirsi precisare i limiti entro cui possano trovare soddisfacimento i
bisogni religiosi degli israeliti nei sensi dell'art. I della Legge sulle
Comunità. Riservandomi di intrattenerVi sugli ulteriori sviluppi della situazione,
Vi porgo i miei migliori ossequi.
Il
Vice Presidente (Rag. Arrigo Ravenna)
[Archivio dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane,
Fondo UCII 1934-1947,
b. 38,fasc. 1943. Fatti
di Trieste]
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da «Diario del mese», 27 gennaio 2006, per gentile concessione |