Diario
Questo
numero
Se
Primo Levi oggi fosse vivo, sarebbe un piccolo, puntuto signore torinese di 86
anni e parteciperebbe alle grandiose commemorazioni per il sessantesimo
anniversario
della liberazione del campo di sterminio Auschwitz-Birkenau da parte di un
reparto dell'Armata Rossa, la mattina del 27 gennaio 1945. Lui lo vide e così
scrisse all'inizio de La Tregua:
«La prima pattuglia russa giunse
in vista del campo verso il mezzogiorno del 2 7 gennaio 1945. Fummo Charles ed
io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di
Somogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la
barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura
non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti. Erano
quattro soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori
imbracciati,
lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono
a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno
strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi
pochi vivi... Non salutavano, non sorridevano: apparivano oppressi, oltre che da
pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro
occhi allo scenario funebre. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che
ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o
sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella
che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che
esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che
esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia
valso a difesa».
Il
soldato russo Yakov Vincenko aveva allora 19 anni e fu tra i primi a entrare nei
4 chilometri quadrati occupati dai 39 campi di lavoro, detenzione e
sterminio del complesso di Auschwitz, Birkenau e Monowitz:
«Io ho incontrato solo spettri. Donne, bambini,
malati, erano incapaci di muoversi. C'era una puzza asfissiante... sono passato
davanti a scheletri accovacciati nella melma gelata... La verità è che quel
27 gennaio nessuno di noi soldati si era reso conto di aver varcato un confine
da cui non si rientra... Pensai a qualche migliaio di morti, non allo Zyklon B e
alla fine dell'umanità». (Intervista
di Giampaolo Visetti, La Repubblica, 16 gennaio 2005)
Piera
Sonnino arrivò con la sua famiglia da Genova ad Auschwitz nell' ottobre del
1944I suoi primi ricordi del campo:
«Puntavamo gli occhi sul fango.
Uno straordinario fango che mai avevamo veduto. Non pareva terra e acqua, ma
qualcosa di organico che fosse andato in decomposizione, carne putrefatta,
divenuta liquame. E nello stesso tempo aveva una sua presenza. Come se dalla
morte fosse verminata una mostruosa forma di vita, subdola e insidiosa che ci
afferrava alle caviglie, che ci impediva di camminare veloci come ci veniva
ordinato».
(Piera
Sonnino, Questo è stato, Il Saggiatore, 2004)
Oggi,
27 gennaio 2005, il complesso concentrazionario di Auschwitz sarà il teatro di
una imponente e solenne manifestazione per celebrare la liberazione del luogo più
disperato che il mondo abbia ospitato. Ci saranno 48 tra capi di Stato,
governanti e teste coronate, sopravvissuti ebrei e rom, un drappello di quei
soldati russi che comparirono all'alba. Parleranno il presidente polacco
Alexander Kwasniewski, il presidente isrealiano Moshe Katsav, il presidente
russo Vladimir Putin, Simone Veil (detenuto 78651), Wladyslaw Bartszewski
(detenuto n. 4427) e Romani Rose (in rappresentanza della comunità rom);
saranno presenti, tra gli altri, Gerard Schroeder, Silvio Berlusconi, Jacques
Chirac, Andrew Windsor; verrà letto un messaggio di Karol Wojtyla, sarà
suonata la Sinfonia numero 3 di Mikolaj Gorecki e 42 postazioni sono state
allestite per le televisioni di tutto il mondo. Tre giorni prima, il 24 gennaio,
l'Onu si riunirà in seduta plenaria e ascolterà il discorso del premio Nobel
per la pace, ed ex internato, Elie Wiesel. Se fosse ancora in vita, avrebbe
parlato anche il detenuto 174517 Primo Levi. Forse avrebbe
detto ciò che scrisse a introduzione di Se questo è un uomo, nel 1958:
«A molti, individui o popoli, può
accadere di ritenere, più o meno consapevolmente che "ogni straniero è
nemico". Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come
infezione latente: si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta
all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma
inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine
della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo
portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione
sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di
distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo».
Avrebbe
meditato su quel luogo e sui suoi abitanti. Su chi ne ha pervicacemente cercato
di negare l'essenza; sulle tonnellate di capelli di donna tagliati alle uccise e
poi diventate musealmente imbarazzanti perché era difficile trovare delle
sostanze conservanti che ne impedissero il disfacimento; sulla pretesa di certe
monache cattoliche di innalzare croci; sulla volontà degli abitanti locali di
installare una discoteca. E avrebbe probabilmente sorriso con rispetto leggendo
l'avvertenza del comitato organizzatore comunicata a tutti i partecipanti del
grande evento:
«DATE
LE CONDIZIONI DEL TEMPO A GENNAIO NEL LAGER AUSCHWITZ - BIRKENAU (INVERNO,
FANGO) VI INFORMIAMO CHE SONO NECESSARI VESTITI CALDI E BUONE SCARPE».
Troppo
vero.
***
Diario
pubblica da cinque anni lo speciale Memoria e siamo contenti che questo numero
sia sempre accompagnato da una grande diffusione. Dalla promulgazione della
legge 20011, 20 luglio 2000, fortemente voluta dal deputato Furio Colombo che
chiede agli italiani di ricordare lo sterminio, di onorare le vittime e i
giusti che vi si opposero, nel nostro Paese le iniziative si sono
moltiplicate, vedendo scuole e istituzioni sempre più attive: nonostante i 60
anni passati e quindi l'evanescenza crescente delle testimonianze vive, il
bilancio è oltremodo positivo. Nel campo della politica spicca, in maniera
differente da quanto successo in altri Paesi europei, il radicale ripensamento
del principale partito della destra di origine postfascista, che, per merito del
suo segretario Fini (oggi ministro degli Esteri, e in questa veste presenzierà
all'assemblea plenaria dell'Onu) ha ripudiato e condannato nella maniera più
netta non solo l'antisemitismo, ma anche l'operatività antisemita della
Repubblica di Salò, a cui il postfascismo italiano continuava a fare
riferimento. Nel segnalare questa svolta, che permette all'Italia di avere ormai
solo scorie ufficiali di antisemitismo e razzismo valutabili alle elezioni in
pochissimi punti, non si può non ricordare come persista nel governo attuale un
ministro, l'onorevole Tremaglia, che si vanta di essere stato un combattente
di Salò; come un partito di governo, la Lega, faccia continuamente sfoggio di
verbalità razziste; come i fondi per la ricerca storica siano centellinati allo
studio dell'Olocausto italiano e siano invece profusi all'esaltazione
dell'italianità di Trieste; come la nostra televisione di Stato privilegi
proporre un'immagine autoassolutoria di italiani che niente videro, niente
seppero e sempre e solo furono guidati da un «mangia e fottitene» di piccole
amicizie, piccoli cibi e piccoli campanili.
***
In
questo numero di Memoria, prima di tutto il film dvd che è associato al
giornale in edicola:
Paragraph
175, il
primo grande documentario sulla persecuzione e sullo sterminio degli omosessuali
da parte dei nazisti (in allegato). E, nel numero, una guida dei libri per
ragazzi
sulla memoria.
Le
storie: - Una sinagoga a Mantova inaugurata e poi
distrutta, sempre dalla dinastia Savoia. -Il faticoso ritorno degli ebrei
italiani alle loro case e quello, altrettanto faticoso, degli alpini italiani
dalla Russia. - La lentissima abolizione delle leggi razziali.- Un calciatore troppo
bravo finito nel gulag. - alga, l'ebrea comunista ceduta a Hitler. -
Gli sconosciuti aviatori
di un bombardiere alleato caduto in VaI Badia. - Il più grande incidente
ferroviario italiano, tenuto nascosto. - Un tedesco molto curioso, molto
coraggioso e anche molto italiano, Hans Deichmann. - La strana coppia di un
ebreo americano e un tedesco della Wehrmacht- La ricerca di un figlio ucciso a
Forlì e le vacanze forzate di una famiglia.Un sommergibile italiano che
assomiglia al Kursk russo - Nella
psiche sofferente della Bosnia Erzegovina e delle nonne di Buenos Aires.- Il
generoso signor Lepetit - Un cavaliere, ma questa volta antifascista deciso.
L’antisemitismo
oggi, con gli scritti di Amos Luzzatto, Stefano Levi
Della Torre e Jorge Sempmn. Con un ricordo della antica censura sui silenzi di
Pio XII.
La
Spagna e le sue fosse comuni, con gli scritti di Javier Cercas e Valeria Saccone e le
decisioni del governo Zapatero.
Michele Sarfatti scopre invece che l'Albania fu ottima con i suoi ebrei. E sulle
fosse di Kathyn c'è un piccolo problema ortografico.
L'angelo
della morte. Joseph Mengele nelle agghiaccianti parole
di chi lo ha incontrato. (ED.)
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della settimana |
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da «Diario del mese», 21 gennaio 2005, per gentile concessione |