Diario

Destinazioni possibili.

Un Baedeker della salvezza per gli ebrei tedeschi nel 1938  

di Alessandra Minerbi

 

Nel corso della «notte dei cristalli», (9-10 novembre 1938), violenze e distruzioni naziste segnarono una svolta nella prassi antisemita in Germania: l’aggressionedimostrava che non esistevano più limiti nei confronti delle vittime designate. Poche settimane più tardi, uscì il Philo Atlas. Manuale per l’emigrazione ebraica, Philo Atlas. Handbuch für die jüdische Auswanderung, Philo Verlagsgesellschaft Bodenheim bei Mein, (ristampato di recente); vademecum per l’aspirante emigrante in cui erano elencate le possibili mete nel mondo. Abbandonare il Paese emergeva come l’unica possibilità di salvezza. Tra 1933 e 1938 circa 100 mila ebrei lasciarono la Germania. Se tanti avrebbero voluto partire, ma non vi riuscirono per la mancanza di mezzi o la difficoltà di procurarsi documenti, i più, almeno fino alle leggi di Norimberga del 1935, avevano pensato che fosse possibile ricavarsi una nicchia. Dopo le violenze del 1938, furono costretti ad ammettere che non vi era alternativa all’esilio. Questo libro è al contempo testimonianza di tale tragica lucidità e del fatto che la vita degli ebrei in Germania dopo l’avvento del nazismo non si ridusse a mera passività. Le organizzazioni ebraiche si raggrupparono dopo il 1933 a scopo difensivo, ma ognuna mantenne la propria specificità e le vicende di ciascuna denotano – con percorsi e caratteristiche diverse – l’instancabile attività per mantenere una propria identità culturale e spirituale, per aiutare coloro che volevano partire, ma anche per dare un senso alla vita di chi restavano. La loro esistenza tollerata dal governo nazista che, se fino all’ottobre del 1941 favorì l’emigrazione ebraica, era anche convinto della necessità che il ghetto, ancora invisibile, nel quale si trovarono rinchiusi gli ebrei, godesse di qualche struttura organizzata. La casa editrice Philo – che pubblicò l’atlante – era stata fondata nel 1919 dal Central Verein, associazione degli ebrei tedeschi più assimilati e progressisti. Molto attiva negli anni weimariani, continuò l’attività anche dopo il 1933 divenendo la casa editrice ebraica di maggior successo. Le pubblicazioni fino al 1936 dimostrano che fosse possibile restare in Germania, trovare una forma di convivenza. Quando la parola d’ordine divenne, «andarsene, ma con responsabilità» questo atlante fu la più concreta testimonianza di tale orientamento. Il Philo Atlas è prima di tutto un elenco in ordine alfabetico delle possibili terre d’esilio. Dalla voce Europa si desume quanto il vecchio continente fosse poco ospitale alla fine del 1938: vi si legge infatti che le possibilità di stabilirvisi sono scarsissime e riservate a coloro che hanno parenti già emigrati e in grado di farsi garanti per i nuovi arrivati. Le voci dedicate ai singoli Paesi europei ed extraeuropei offrono un quadro più preciso e sfaccettato: per ciascuno sono riportati i dati relativi alla presenza ebraica, alla possibilità di trovare lavoro, ai documenti necessari, ecc. A proposito dell’Italia si dice che con le leggi razziali non vi è speranza . I Paesi che pongono i minori ostacoli sono alcuni Stati latinoamericani mentre la stessa Palestina è difficile da raggiungere per la politica di immigrazione imposta dal governo britannico. Il Philo Atlas è però qualcosa di più che un insieme di dati materiali. È la testimonianza della coscienza di quanto fosse doloroso abbandonare il proprio Paese e di quanto fosse difficile adattarsi a vivere in un altro. Molti sono gli inviti – alla voce Alimentazione – ad adattarsi alla nuova realtà: non sarà possibile, si ricorda, mangiare patate e sarà anzi opportuno abituarsi subito ai nuovi sapori. Emigrazione affronta ancor più direttamente il tema affermando che tale scelta «rende necessario la capacità di superare notevoli difficoltà morali, spirituali e fisiche». È pertanto necessario essere disponibili ad accettare qualunque occasione di lavoro si presenti, disponibili a non valorizzare tutto il proprio passato intellettuale e professionale, ed è necessario impegnarsi per imparare la nuova lingua. Se nessuno nel 1938 poteva immaginare cosa sarebbe successo negli anni successivi già traspare la coscienza che si sarebbe probabilmente trattato di un cambiamento per la vita: la voce Emigrazione femminile afferma che è fondamentale che partano anche le donne per mantenimento e continuità delle comunità ebraiche soprattutto in Paesi con scarsa presenza di ebrei. Dei complessivamente quasi 300mila ebrei emigrati dalla Germania solo pochissimi avrebbero fatto ritorno alla fine della guerra, troppo profondo era il trauma subito, la lacerazione non poteva essere rimarginata; l’Atlas costituisce una tappa significativa in questo doloroso percorso di progressiva separazione.

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da «Diario del mese», 24 gennaio 2003, per gentile concessione

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