Auschwitz, la Polonia si difende.
Nell'ex lager nazista cominciano le commemorazioni della
liberazione. Sopravvissuti e capi di Stato in preghiera a Birkenau.
Walesa: non siamo antisemiti. La polizia in chiesa per
cacciare il rabbino Weiss
dal
nostro inviatoSandro
Scabello
AUSCHWITZ - La vigilia delle commemorazioni è stata turbata
da un ultimo scontro: il rabbino Avi Weiss, che aveva iniziato una protesta
nella chiesa di Birkenau, è stato espulso con la forza dalla polizia. Gli
agenti sono intervenuti su richiesta del parroco Jozef Szezepanski. Giunto da
New York con una dozzina di esponenti della comunità ebraica radicale, Weiss
sostiene che la chiesa di Birkenau e la croce eretta presso l'ex sede del
convento delle Carmelitane profanano la memoria degli ebrei sterminati (Ansa).
CRACOVIA - E adesso silenzio. L' invocano tutti, le comunità
ebraiche che hanno inondato fino a ieri di proteste Varsavia, i vescovi polacchi
che esortano alla comprensione, il comitato organizzatore che ritiene di aver
agito nel modo più corretto perché le celebrazioni «si svolgano in modo degno
e unitario». «Si è fatto troppo chiasso, sarebbe opportuno che il mondo
intero si raccogliesse in silenzio attorno ad Auschwitz», constata Arnold
Mostowicz, presidente dell'associazione degli ex combattenti. La prima delle
grandi ricorrenze del 1995, l'anno consacrato al cinquantenario della fine della
seconda guerra mondiale, parte dalla memoria dell'Olocausto. Da stamane - mentre
nel Collegium Majus dell'Università Jagellonica di Cracovia debutteranno le
commemorazioni ufficiali - gli ebrei giunti in Polonia da ogni parte del mondo
si riuniranno in preghiera a Birkenau. Qui una placca di marmo ai piedi del monumento internazionale rende giustizia
alla verità storica deformata dal potere comunista. Nella lapide rimossa 4 anni
fa si leggeva che «dal 1940 al 1945 quattro milioni di uomini, donne e bambini
sono stati torturati e uccisi dagli assassini nazisti». Oltre ad aver gonfiato
per ragioni propagandistiche il numero delle vittime che le ricerche più
recenti calcolano fra il milione e il milione e mezzo, i comunisti si erano «dimenticati»
di precisare che la maggior parte dei morti erano ebrei provenienti da diversi
Paesi d'Europa. Falso smascherato con i governi di Solidarnosc. «Che questo
luogo - recita la nuova iscrizione - sia sempre per l'umanità un grido di
dolore e di ammonimento». Le accuse di aver monopolizzato la ricorrenza conferendole un
carattere smaccatamente polacco e cattolico non intaccano la serenità degli
organizzatori. Il presidente Lech Walesa, che oggi nel castello reale di Wawel
stringerà le mani a sedici capi di Stato e ai membri di svariate famiglie
reali, liquida le polemiche: «C'è sempre chi non è soddisfatto di qualcosa».
E respinge le accuse di antisemitismo. «Sono provocazioni belle e buone. C'è
la storia a dimostrare come nel secoli passati la Polonia abbia offerto un
rifugio sicuro agli ebrei perseguitati che fuggivano dall'Europa. Ci siamo
comportati per secoli in modo esemplare e dovremmo essere di esempio al mondo.
Lasciamo perdere i piccoli conflitti e concentriamoci su ciò che è importante.
Le celebrazioni si svolgono in casa nostra, ma non vogliamo imporre nulla a
nessuno. Parleremo assieme e assieme lanceremo un appello contro l'intolleranza».
Gli orrori di Auschwitz, cinquant'anni dopo, devono unire non dividere: lo riafferma anche l'episcopato che in un lungo documento, nel ricapitolare la
storia delle relazioni fra polacchi ed ebrei (all'inizio dell'anno aveva
respinto la proposta avanzata dai vescovi tedeschi di firmare una dichiarazione
congiunta temendo potesse dare l'impressione che polacchi e tedeschi fossero
ugualmente responsabili del genocidio), invita la comunità ebraica a non vedere
nella Polonia «solo un enorme cimitero di ebrei» e i polacchi a capire le
vicissitudini patite dagli ebrei in Polonia senza catalogarli, come popolo
straniero. Denuncia inoltre le falsificazioni operate dai comunisti per
i quali le vittime del nazismo erano tutte antifasciste, condanna ogni forma di
«razzismo, xenofobia ed antipolonismo» e ricorda gli atti di eroismo compiuti
dai polacchi che nascondevano gli ebrei. Scorrono su teleschermi e giornali immagini, episodi, dichiarazioni di
intellettuali e sopravvissuti ai lager che raccontano le gesta delle «migliaia
di Schindler polacchi che rischiando la vita hanno strappato alle camere a gas
più di centomila ebrei!». La tv trasmette la «Lista di Wanda», documentario
girato dagli israeliani sui bambini ebrei, poi emigrati in Israele, salvati da
una polacca di Lodz che alla fine della guerra compilò la lista delle famiglie
a cui li aveva affidati. I giornali rievocano la commovente storia d'amore
sbocciata ad Auschwitz fra lo studente liceale polacco Edek e l'ebrea Mala.
Fuggono dal lager con l'aiuto di un militare tedesco, lui in uniforme da SS, lei
in tuta da idraulico, con un lavandino sulla testa. Il loro sogno finisce al
confine con la Cecoslovacchia: riportati ad Auschwitz subiscono atroci torture
(non riveleranno il nome del complice) prima di finire nelle camere a gas.