Corriere della sera
Carteggi
inediti – Un partito dei lord appoggiava Hitler
La
storia segreta dei nobili inglesi che simpatizzavano per il nazismo –
di Sergio Romano
Nell’Ulster,
in una località chiamata Mount Stewart, non lontano da Belfast, sorge una villa
principesca circondata da splendidi giardini, meravigliosamente arredata con
mobili e quadri della grande arte inglese fra il Settecento e l’Ottocento. In
questo palazzo di campagna, roccaforte dell’aristocrazia britannica
nell’Irlanda del Nord, lo studio del padrone di casa è una stanza elegante: boiseries
di quercia, mobili di mogano, vecchie stampe, ritratti di antenati, libri
rilegati in marocchino e pergamena, un grande camino per i lunghi inverni
uggiosi delle isole britanniche. Ma sul camino, fra i tanti oggetti, vi è un
soprammobile inatteso. È una statua in porcellana di Meissen, alta circa 45
centimetri, che ritrae un soldato nell’uniforme di parata delle SS: gambali di
cuoio, giacca stretta alla vita da una grande cintura, uno stendardo nella mano
destra, il grande elmetto calato sugli occhi e con i bordi rialzati ancora in
uso nell’esercito tedesco degli anni Trenta. È un trofeo di guerra? Un
ricordo della trionfale avanzata di Montgomery nelle regioni settentrionali del
Reich tra la fine dl 1944 e la primavera del 1945? No, quella statuetta,
spavaldamente esibita in una grande magione inglese, è semplicemente la
dimostrazione del rapporto di amicizia che legò il padrone di casa per alcuni
anni a Joachim von Ribbentrop, ministro degli Esteri di Hitler, e soprattutto
della sua simpatia per il regime nazista. Il padrone di casa era il marchese di
Londonderry, discendente da un’antica famiglia scozzese e pronipote di lord
Castlereagh, il grande ministro degli Esteri che creò con Metternich e
Talleyrand, dopo le guerre napoleoniche, l’Europa della Restaurazione. Gli
studiosi di storia britannica sanno che ministro dell’Aeronautica all’inizio
degli anni Trenta, presidente della Camera Alta, lord del Sigillo privato (una
specie di ministro senza portafoglio a
cui il premier affidava incarichi speciali). Sanno anche che fu favorevole a una
intesa con la Germania di Hitler, che fu un grande ammiratore di Göring, che
ebbe un lungo incontro con il Führer nel 1936 e che scrisse un anno dopo una
specie di manifesto dell’amicizia anglo-tedesca, intitolato Ourselves and
Germany, «Noi e la Germania».
L’edizione tascabile apparve presso l’editore Penguin nel 1938, l’anno
della conferenza quadripartita di Monaco, con un «strillo»
in copertina che diceva: «Dovrebbe la Gran Bretagna considerare la Germania il
suo potenziale nemico, o ricercare la sua amicizia? Lord Londonderry ritiene che
dovrebbe adottare una politica di amicizia con Hitler e dimostrare una migliore
comprensione degli scopi tedeschi». Confesso di avere sempre classificato lord
Londonderry nella categoria degli eccentrici che insaporiscono periodicamente la
vita pubblica del Regno Unito. Sono aristocratici, pittoreschi, ricchi,
narcisisti, amanti delle opinioni controcorrente, consapevoli della loro impunità
sociale e desiderosi di «dare scandalo». Che il raffinato Londonderry, educato
nelle migliori scuole britanniche e imparentato con la più antica nobiltà
inglese (era cugino di Churchill) ammirasse Göring,
vanitoso principe di cartapesta, mi era sempre sembrato il massimo dello
snobismo. Ma un libro recente di Ian Kershaw dimostra che il «caso
Londonderry» è politicamente più importante di quanto molti non pensassero.
Nel corso delle sue ricerche su Hitler, cui ha dedicato una importante biografia
in due volumi, Kershaw si è imbattuto nello sterminato epistolario di lord e
lady Londonderry: migliaia di lettere con amici inglesi e tedeschi, da cui
emergono l’importanza e l’influenza che il partito filotedesco ebbe in Gran
Bretagna durante gli anni Venti e Trenta. Alcuni degli esponenti di questo
partito sono effettivamente membri dell’aristocrazia britannica: lord
Rothermere, proprietario del quotidiano Daily Mail, lord Lothian, figura
di spicco del Partito liberale, il duca di Westminster, proprietario di quasi
tutta la terra su cui sorgono le case del centro di Londra, il duca di Buccleuch
e il duca di Bedford. Ma non sono né sciocchi, né sfaccendati. La loro
politica filotedesca è la conclusione di riflessioni ed esperienze che ebbero
un notevole peso, in quegli anni, anche nella classe dirigente di altri Paesi,
al di qua e al di là dell’Atlantico. Hanno ancora negli occhi e nella mente
il ricordo della Grande Guerra e dei suoi spaventosi massacri. Hanno assistito
con preoccupazione alla nascita in Russia di uno Stato bolscevico e ai moti
comunisti che hanno sconvolto alcuni Paesi europei dopo la fine del conflitto.
Sanno che gli Stati Uniti si sono rinchiusi in se stessi e non hanno alcuna
intenzione, per il momento, di partecipare alla gestione della sicurezza
collettiva dell’Europa. Sanno che la Francia è afflitta da una grave crisi di
instabilità politica e non è la maggiore potenza militare del continente.
Riconoscono che la Germania, a Versailles, è stata umiliata e punita al di là
delle sue responsabilità. Conoscono lo stato delle finanze britanniche e sanno
che il peso dell’impero impedisce al Regno Unito di assicurare
contemporaneamente con la sua forza la pace dell’Europa e il controllo degli
oceani. E sanno infine, soprattutto dopo il grande sondaggio di opinione
promosso dalla Società delle nazioni nella primavera del 1935 (il «Peace
Ballot»), che la grande maggioranza della società britannica non vuole una
nuova guerra. È questo il clima in cui parecchi esponenti della classe
dirigenti conservatrice guardano con interesse alla possibilità di una intesa
con la Germania e per certi aspetti con l’Italia di Mussolini. Come il
fascismo ha sventato la minaccia di una rivoluzione comunista nella penisola (fu
questa, in quegli anni, l’opinione di Churchill), così la Germania di Hitler
potrebbe diventare un efficace baluardo contro l’avanzata del comunismo
nell’Europa centro-occidentale. I laburisti e molti liberali non condividono
questa politica e non cessano di puntare il dito, soprattutto durante la guerra
di Spagna, contro la spregiudicata aggressività di Hitler e la sua politica
razziale. Ma i «realisti» ricordano che il riarmo (l’alternativa di
Churchill) richiede parecchio denaro e che l’opinione pubblica britannica non
sembra disposta a sopportare sacrifici. Fra i realisti Londonderry occupa un
posto particolare. Il personaggio che emerge a questo bel libro di Kershaw
appartiene ai grandi romanzi di Anthony Trollope ancor più che alla politica
britannica. È alto, elegante, signorile e colto. Ha sposato una bella donna,
instancabilmente mondana, ma intelligente. Ha denaro, castelli, amicizie
influenti, un seggio ereditario alla Camera dei Lord. Ma è ambizioso e vuole
per sé, nella storia del suo Paese, un posto simile a quello dell’antenato
Castlereagh. Come ministro dell’Aeronautica dimostra molta competenza e
lungimiranza. Ma è fragile, vulnerabile, ombroso e non sembra perseguire la sua
linea politica con sufficiente coerenza. È convinto che l’Inghilterra abbia
un forte interesse ad andare d’accordo con la Germania, ma la sua esasperata
tedescofilia, soprattutto fra il 1936 e il 1938, è anche una rivalsa per
l’umiliazione subita quando il primo ministro Stanley Baldwin gli ha tolto il
ministero dell’Aeronautica e, più tardi, anche gli altri incarichi pubblici
dignitosamente ricoperti per alcuni anni. Si spiegano così probabilmente la
lunga visita in Germania nel 1936, la battuta di caccia con Göring,
il cordiale incontro con Hitler, le lettere ricolme di ammirazione che lady
Londonderry invia all’adorato capo della Luftwaffe. Da questo momento, come ho
sempre sospettato, Londonderry è soltanto un eccentrico inglese, privo di reale
rilevanza politica. Non sono eccentrici, tuttavia, gli uomini politici, come
Neville Chamberlaain e lord Halifax, che credettero fino all’ultimo momento
nella razionalità di Hitler e sperarono di costruire una nuova Europa sulla
base di un nuovo patto di convivenza fra i quattro grandi dell’incontro di
Monaco. Il disegno non era privo di un certo interesse e avrebbe forse
risparmiato la distruzione dell’Europa. Clamorosamente sbagliata, tuttavia, fu
l’idea che fosse possibile fare, con Hitler, una politica razionale.
Charles
Stewart Henry Vane Tempest-Stewart, settimo marche di Londonderry, nacque
nel 1878 e morì nel 1949
Deputato
dal 1906, ricoprì importanti cariche a Belfast e a Londra, tra cui quella
di ministro dell’Aeronautica. Nel 1935 il premier Stanley Baldwin lo
escluse dal governo.
Nel
1936 tornò entusiasta da un viaggio in Germania e in seguito sostenne la
necessità di buoni rapporti tra Londra e il terzo Reich.
30
gennaio 1933 – Hitler diventa cancelliere: nel giro di pochi mesi
s’instaura in Germania un brutale regime totalitario e razzista.
7
marzo 1936 – In spregio al trattato di Versailles, Berlino decide la
rimilitarizzazione della Renania. Parigi e Londra non reagiscono.
12
marzo 1938 – Le truppe naziste entrano in Austria. Gran Bretagna e Francia
si limitano a una semplice protesta.
30
settembre 1938 – Accordi di Monaco. Hitler ottiene da francesi e
britannici il via libera per annettere i Sudati, territori della
Cecoslovacchia popolati prevalentemente da tedeschi.
16
marzo 1939 – La Wehrmacht entra a Praga. Il primo ministro inglese
Chamberain dichiara che non saranno tollerate altre aggressioni.
1
settembre 1939 – Hitler invade la Polonia. Londra e Parigi dichiarano
guerra al Terzo Reich.
Dal Corriere della sera, 27 agosto 2005